Spirito
Bergoglio vuole vuole «demascolinizzare» la Chiesa
Giovedì 20 novembre 2023, festa di Sant’Andrea Apostolo, Papa Francesco ha ricevuto i membri della Commissione Teologica Internazionale. Aveva preparato un discorso che non ha potuto leggere a causa della sua malattia e che è stato consegnato ai partecipanti. Tuttavia, ha tenuto un discorso a dir poco sorprendente.
Come preambolo, il Papa incoraggia i teologi presenti. Poi aggiunge: «ma c’è qualcosa di voi che non mi piace, scusate la sincerità». Secondo il resoconto, continua: «una, due, tre, quattro donne: povere donne! (…) Su questo dobbiamo andare avanti!» e ha aggiunto che «le donne hanno una capacità di riflessione teologica diversa da quella degli uomini».
Condivide la sua esperienza personale. Poi precisa: «questa teologia femminile non è così profonda, ma è bella, è creativa. E ora, nel prossimo incontro dei nove cardinali, rifletteremo sulla dimensione femminile della Chiesa».
Dopo aver affermato che «la Chiesa è donna», aggiunge che «se non capiamo cos’è una donna, cos’è la teologia della donna, non capiremo mai cos’è la Chiesa». Afferma poi che «uno dei grandi peccati che abbiamo commesso è stato quello di “mascolinizzare” la Chiesa». Conclude: «per favore, demascolinizzate la Chiesa».
Pensiero confuso ed errato
Bisogna sottolineare che i Padri della Chiesa, dei quali sarebbe strano dire che non sapessero cosa fosse la Chiesa, non conoscevano una «teologia della donna». Ci sono stati, lungo tutta la storia della Chiesa, degli scritti di solida teologia fatti da donne. Pensiamo alle sante Teresa d’Avila, Caterina da Siena o Ildegarda, ma non risalgono a un periodo lontano.
Quanto a questo «grande peccato» della mascolinizzazione della Chiesa, cosa rappresenta nel pensiero del Papa? Si riferisce solo ai teologi – o forse al magistero? – Considera la nostra Santa Madre Chiesa troppo mascolina? Mentre il titolo di Sposa di Cristo risale allo stesso San Paolo (Efesini, cap. 5) ed è stato sempre e ovunque onorato?
L’assimilazione tra la Chiesa e la Vergine Maria può essere data anche come esempio della femminilità attribuita in ogni tempo a Colei che Cristo ha amato e per la quale ha dato se stesso (Ef 5,25). E la presenza della Madre di Dio vicino alla Croce, mentre la Chiesa sgorgava dal costato trafitto del Salvatore, è un’altra conferma di questa verità sempre creduta, affermata e vissuta.
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Allora in che senso dobbiamo interpretare questo «grande peccato»? Un passaggio del discorso di Francesco afferma: «mi ha illuminato molto il pensiero di Balthasar: il principio petrino e il principio mariano. I due principi ci sono. Il principio mariano è più importante del principio petrino, perché c’è la Chiesa sposa, la Chiesa donna, senza essere maschile».
L’opposizione o almeno la distinzione tra i due principi, petrino e mariano, e l’affermazione che il secondo è il più importante, sembrano insinuare che il passato abbia posto troppa enfasi sul primo a discapito del secondo. Potrebbe essere questa la mascolinizzazione di cui il Papa vuole parlare? Ciò dimostrerebbe un’ignoranza che difficilmente può essere attribuita al Santo Padre.
Come ignorare, infatti, lo sviluppo del dogma mariano e della devozione alla Madre di Dio presso tutti i popoli cristiani, che hanno lasciato tante testimonianze tangibili, come le magnifiche chiese dedicate alla Vergine Maria, nonché tutti i trattati teologici o opere spirituali a lei dedicate?
Una disgiunzione di poteri contraria alla Rivelazione
Resta un modo solo di intendere l’affermazione del Papa: questo «grande peccato» risiede nell’esclusività data agli uomini nella gerarchia della Chiesa e nella giurisdizione ecclesiastica. Ed è qui senza dubbio che bisogna cercare questa terribile colpa secondo il successore di Pietro.
Del resto, la politica sistematica di femminilizzazione della Curia, condotta da anni da Francesco, appare come una «riparazione» per questo peccato e questo errore. Ma allora ci troviamo in opposizione alla dottrina della Chiesa e di Cristo, di cui il Papa è vicario.
Perché la gerarchia della Chiesa è una, ma ha tre poteri distinti: ordine, insegnamento – o magistero – e giurisdizione. Questi tre poteri furono uniti da Cristo in un unico detentore: il Papa, in modo supremo, e i vescovi, ciascuno per la sua diocesi. Di per sé non sono separabili.
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Se Francesco riconosce che il sacramento dell’Ordine può essere conferito solo agli uomini – escludendo le donne – come ha sottolineato recentemente il cardinale Pietro Parolin, non può, senza illogicità, voler affidare la giurisdizione alle donne. Eppure è quello che sta cercando di fare con la costituzione Praedicate evangelium con cui ha riformato la Curia.
Ma voler fare qualcosa non significa che sia possibile. Va inoltre notato che questa disgiunzione è contraria alla lettera stessa del Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium. Qualunque cosa si pensi di quest’ultimo testo, si tratta semplicemente di una contraddizione interna, che il cardinale Gerhard Müller non ha mancato di sottolineare, e che un articolo su FSSPX.Attualità ha messo in luce (cfr. articolo correlato).
Conclusione
Per cercare di dirimere l’errore, notiamo che bisogna distinguere diversi aspetti della Chiesa. L’aspetto «femminile», che fa parte della Rivelazione, la distingue da Cristo pur unendola a Lui. Riguarda la santificazione delle anime. Questa sposa feconda del Salvatore comunica grazia ed educazione ai figli che le dona, come fa una madre. In questo senso la Chiesa è pienamente femminile.
La Chiesa è anche una società soprannaturale che compie il suo destino nel mondo come ogni società, ma come società la Chiesa è gerarchica, secondo la volontà del suo fondatore. E questa gerarchia è composta da uomini. In questo senso la Chiesa non è donna, ma accoglie le donne.
Queste ultime possono svolgere un ruolo in questa organizzazione: possono essere superiore religiose, oppure produrre scritti teologici. Ma il potere dei superiori non è un potere di giurisdizione in senso pieno. Ed è come «donne appartenenti alla Chiesa», e non come aventi il potere di insegnare dalla gerarchia, che donano questi scritti intrisi del genio del loro sesso.
Si verifica quindi un passaggio indebito dal «la Chiesa è donna» al «la Chiesa deve essere demascolinizzata», perché si tratta di due piani nettamente diversi, che confondono due aspetti del mistero della Chiesa.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Il Vaticano rifiuta di formulare un «giudizio definitivo» sulle donne diacono
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Papa Leone XIV inaugura il suo magistero aereo
Come il suo predecessore, Leone XIV adottò la pratica di tenere conferenze stampa in aereo al ritorno dal viaggio apostolico. Il 2 dicembre 2025, il pontefice rispose a domande su vari argomenti: il sinodo tedesco, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente e il dialogo con l’Islam. Su questi argomenti, le sue risposte, spesso convenzionali, erano in netto contrasto con le dichiarazioni a volte esplosive di Francesco.
Si guadagna quota a 10.000 metri ? La domanda è lecita. In ogni caso, questo era l’ obiettivo dichiarato della prima conferenza stampa aerea del nuovo pontificato. L’intervista è iniziata con una domanda sul fatto che Leone XIV fosse un «papa americano» nel contesto del processo di pace in Medio Oriente e sui suoi rapporti con i leader chiave della regione e con l’ amministrazione Trump.
Il pontefice ha ribadito con forza la sua convinzione che una pace duratura sia possibile e ha confermato di aver parlato con diversi capi di Stato e con Washington. Ha promesso di proseguire questi sforzi, personalmente o tramite la Santa Sede, per realizzare questa aspirazione alla pace.
Fu poi affrontato il caso del Libano, gravemente colpito dal conflitto tra Israele e Hezbollah. Leone XIV ha confidato che la diplomazia vaticana non si limitava a dichiarazioni pubbliche: agiva attivamente «dietro le quinte». Rivelò che durante il suo viaggio aveva incontrato rappresentanti di vari gruppi coinvolti in conflitti interni e internazionali.
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Interrogato su possibili contatti con Hezbollah – attore chiave nella regione – il Santo Padre ha confermato che gli scambi sono avvenuti. Senza entrare nei dettagli, ha ribadito la posizione coerente della Chiesa: è imperativo deporre le armi e sedersi al tavolo dei negoziati, unico modo efficace per porre fine alla violenza.
Il papa ha poi risposto a domande più personali sui suoi inizi come Pastore Supremo e sui sentimenti provati al momento della sua elezione. Con umorismo, ha raccontato di aver pensato di più al suo futuro ritiro quando il Sacro Collegio lo ha scelto. Riguardo al conclave, il successore di Francesco ha sottolineato la segretezza che lo circonda e si è rammaricato per le fughe di notizie avvenute dopo la sua elezione.
Al momento di accettare il pontificato sovrano, colui che pochi secondi prima era immobile, il cardinale Robert Prevost, ha affermato di aver praticato il «lasciar andare» di fronte alla volontà divina, frutto in particolare della lettura di La Pratica della Presenza di Dio, di frate Lorenzo della Resurrezione, un carmelitano scalzo francese del XVII secolo.
Affrontando le tensioni tra NATO e Russia, il Papa ha sottolineato la complessità dei conflitti moderni. Ha espresso una visione sfumata delle iniziative di pace in Ucraina: mentre gli Stati Uniti possono proporre piani, il pieno coinvolgimento dell’Europa nei negoziati rimane, a suo avviso, una questione cruciale. Ha sottolineato in particolare il ruolo dell’Italia, che, in virtù della sua storia e cultura, possiede, a suo avviso, una «capacità unica di mediazione» che la Santa Sede è pronta a incoraggiare per raggiungere una «pace giusta».
Il pontefice ha poi delineato i suoi programmi di viaggio: l’Africa ha avuto un ruolo di primo piano, con una preferenza personale per l’Algeria; l’America Latina (Argentina, Uruguay, Perù) è rimasta una possibilità in una fase successiva.
Riferendosi alla situazione esplosiva in Venezuela, ha sottolineato che la Chiesa locale e il nunzio apostolico stavano lavorando instancabilmente per allentare le tensioni per il bene della popolazione, principale vittima del conflitto. Interrogato su possibili minacce di intervento militare o di operazioni volte a «eliminare» l’attuale governo, Leone XIV si è mostrato molto cauto e ha chiaramente favorito la ricerca del dialogo.
Interrogato sull’Islam, che molti cattolici percepiscono come una minaccia all’identità cristiana dell’Occidente, il Papa ha ripetuto alcuni luoghi comuni: le paure sono spesso «strumentalizzate» da «chi si oppone all’immigrazione», e ha presentato il Libano come una «lezione» di convivenza tra musulmani e cristiani, a rischio di apparire estraneo alla realtà vissuta da molti.
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Interrogato sul Cammino sinodale tedesco e sulla sua influenza sulla Chiesa, Leone XIV si mosse con cautela, riconoscendo che la sinodalità può essere vissuta in modo diverso a seconda del contesto, ma espresse una preoccupazione: alcuni aspetti del Cammino sinodale in Germania potrebbero non riflettere fedelmente le aspirazioni dei cattolici tedeschi. Ribadì l’ importanza del dialogo continuo tra i vescovi tedeschi e la Curia romana per garantire che il «Cammino sinodale tedesco» non si allontani dal cammino della Chiesa universale.
Infine, il Papa ha concluso spiegando il significato del suo motto, In Illo Uno Unum («In Colui che è Uno, noi siamo uno»), in risposta a una domanda sul contributo dei cristiani orientali all’Occidente. In un mondo segnato dall’individualismo , ha portato come esempio quei cristiani capaci di offrire un «bacio» o un «abbraccio» nonostante le ferite della guerra.
A suo avviso, quanto più l’umanità promuoverà l’amicizia, il dialogo e la comprensione, tanto più si allontanerà dalla guerra e dall’odio. Un appello nobile nelle sue intenzioni, ma che non può essere realizzato senza una conversione soprannaturale e genuina alla fede nell’unico Signore Gesù Cristo.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine screenshot da YouTube
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Mons. Viganò: «chi non riconosce Maria Santissima come Regina e Signora, non riconosce Gesù Cristo come Re»
Salve, Regina. Con queste parole inizia una delle preghiere più dense di dottrina e di spiritualità, e allo stesso tempo più care al popolo cristiano. È il saluto semplice, composto, reverente, di una schiera infinita di anime che da ogni parte del mondo – e dalle pene… pic.twitter.com/2fH1Ro36Oq
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) December 1, 2025
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