Economia
Anche il mercato immobiliare finlandese sta crollando
Il mercato immobiliare in Finlandia sta affrontando una flessione poiché la costruzione di nuove abitazioni è crollata a livelli mai visti dalla Seconda Guerra Mondiale, ha riferito martedì Bloomberg.
La costruzione di nuove case si è più che dimezzata quest’anno, per un totale di circa 16.000 rispetto alle oltre 37.000 costruite nel 2022, ha riferito il quotidiano citando i dati della Confederazione delle industrie edili finlandesi.
Si prevede che quest’anno il settore edile finlandese subirà un calo complessivo del 10%.
«A causa del crollo della produzione immobiliare, nei prossimi due anni il numero degli appartamenti completati rischia di scendere ai livelli degli anni Quaranta», ha affermato in una nota il gruppo edilizio. «L’aumento dei tassi di interesse e dei costi ha congelato sia la domanda dei consumatori che quella degli investitori per nuovi appartamenti, nonché per la costruzione di alloggi sovvenzionati dal governo».
Secondo il capo economista della Confederazione Jouni Vihmo, l’attività edilizia in Finlandia non migliorerà finché le prospettive dei tassi d’interesse non si saranno stabilizzate, aggiungendo che una ripresa del mercato immobiliare richiederebbe un calo dello stock di nuove case e una ripresa per quelle più vecchie.
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L’economista ha inoltre avvertito che il settore edile finlandese, che impiega circa 160.000 persone, potrebbe presto perdere fino a 30.000 posti di lavoro.
Come riportato da Renovatio 21, segnali di allarme in questi giorni sono arrivati anche dal sistema immobiliare tedesco, dove si sta registrando un crollo dei prezzi.
La crisi immobiliare sta investendo anche la Cina, che dopo anni di barcollamento, malamente nascosto dalle autorità cinesi, pare finalmente essere in procinto di crollare.
Negli USA già un anno fa si parlava del fatto che una nuova bolla immobiliare è stata creata, e sarebbe pure peggiore di quella del 2007-2008: già tre anni fa era più grande del 25% rispetto al grande disastro economico di fine anni 2000. In Giappone la bolla avrebbe già superato quella del 1990, allo scoppio della quale è partita una depressione economica durata decenni.
Nel frattempo è stato riportato che il mega-fondo Blackstone avrebbe approntato la cifra record di 50 miliardi per accaparrarsi immobili durante l’imminente crollo del settore.
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Immagine di Mikko Muinonen via Flickr pubblicata su licenza Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Economia
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