Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

Amsterdam contro i turisti inglesi

Pubblicato

il

Il comune di Amsterdam sta lanciando una campagna digitale per scoraggiare i giovani britannici dall’organizzare festini nella città neerlandese.

 

La nuova campagna, intitolata senza tanti complimenti «Stay Away» («Stai lontano»), si rivolgerà a uomini britannici di età compresa tra i 18 e i 35 anni che sui motori di ricerca scrivono «addio al celibato Amsterdam», «hotel economici Amsterdam» o «giro di pub Amsterdam», con pubblicità che li dissuade dalle conseguenze del bere troppo, assumere droghe o causare caos nella capitale dei Paesi Bassi.

 

«Queste pubblicità mostreranno i rischi e le conseguenze del comportamento antisociale e dell’uso eccessivo di droghe e alcol, come essere multati, essere arrestati dalla polizia, avere precedenti penali, essere ricoverati in ospedale e danneggiati nella salute» dice il comune di Amsterdam in un comunicato. «Gli avvertimenti sui rischi e sulle possibili conseguenze scoraggeranno alcuni dei visitatori a venire. La campagna sarà valutata e possibilmente ulteriormente sviluppata nei prossimi mesi».

Gli inglesi ubriachi che bazzicano il quartiere a luci rosse, vomitando nei canali, urinando in pubblico e persino scatenando risse tra ubriachi sono fenomeni noti ad Amsterdam.

 

Il vicesindaco Sofyan Mbarki (con delega agli affari economici e all’«approccio al centro città») ha dichiarato che «i visitatori rimarranno i benvenuti, ma non se si comportano male e causano fastidio».

 

Dei 20 milioni di turisti che annualmente si recano ad Amsterdam almeno un milione è costituito da britannici.

 

La BBC non ci sta e accusa: «le campagne pubblicitarie mirate sono discriminatorie e basate su stereotipi ingiusti».

 

Tuttavia, il comportamento dei cittadini britannici in vacanza ha già ricevuto attenzione pubblica in patria a causa dei casi rilevanti che esso produce – comprese le morti.

 

Un esempio conclamato è la Grecia. Nel 2022 un turista britannico ebbro è stato arrestato già all’atterraggio all’aeroporto di Iraklio. Nella stessa estate, a Rodi, la polizia arrestò turisti inglesi in un resort. Lo scorso settembre un passeggero EasyJet fu arrestato per rissa alcolica in volo. Nel 2016 un ubriaco britannico rubò un’ambulanza e la fece schiantare. Corfu nel 2017 chiese apertamente la repressione dei turisti inglesi.

 

Il fenomeno era conosciuto già 15 anni fa, quando il governo di Sua Maestà denunciò «un numero preoccupante di visitatori britannici viene arrestato o ferito in risse alimentate dall’alcol».

 

«La Spagna ha registrato un aumento del 33% negli arresti di cittadini britannici – 2.032 da aprile 2006 a marzo 2007 – secondo un rapporto del Foreign Office britannico» scriveva il New York Times. «Gli arresti sono aumentati anche a Cipro, dove due britannici sono stati condannati a tre anni di carcere per un incidente stradale che ha ucciso un adolescente e ferito un altro. E in Grecia il mese scorso, una turista britannica di 20 anni è stata accusata di infanticidio dopo aver dato alla luce nella sua camera d’albergo un bambino che poi è stato trovato morto».

 

Il governo di Londra dava la colpa all’alcol. «Siamo preoccupati dal fatto che l’alcol abbia un ruolo in molte di queste situazioni» aveva dichiarato l’allora sottosegretario agli Ester, in un’intervista alla BBC.

 

In alcuni casi, come nel 2003, ci scappò il morto accoltellato nella rissa. Nel 2009 morì dopo una colossale bevuta il fratellastro del difensore dell’Aton Villa Luke Young, per «ferite alla testa». Nel 2017 un ragazzino invece perì cadendo dalle scale di una discoteca – un caso che poi divenne più complesso, con accuse di omicidio. Un altro morto a Creta nel 2015. Idem nel 2022. Di due giorni fa il caso dell’inglese morto in uno strip club polacco dopo che gli sono stati serviti 22 shottini.

 

I giornali inglesi, ad un certo punto, arrivarono a chiederselo: come mai queste cose succedono solo a noi? Come mai i coetanei di altre nazioni europee non si comportano così? La risposta non è ancora stata data, mentre la barbarie del turismo giovanile britannico continua a terrorizzare l’Occidente e anche l’Oriente.

 

Chi scrive ricorda un viaggio in autobus fatto da un aeroporto svedese servito da Ryanair fino alla città di Stoccolma (cioè, classicamente, distanza di centinaia di chilometri) fatto di notte in compagnia di una gigantesca comitiva di ragazzini inglesi, il cui volo era atterrato in modo concomitante: fu un incubo senza fine, tra schiamazzi, puzze di ogni tipo, discorsi idioti e perfino improvvisi episodi di mooning, che è l’atto di mostrare le nude natiche a qualcuno, in quel caso l’intero autobus precipitato nell’inferno della gioventù alcolica di Albione.

 

Chi scrive conserva altresì una mappa estesa dell’isola di Ibiza scritta da un esperto, dove, tra le tante annotazioni sui posti da visitare, era segnato bene in evidenza di evitare San Antoni: «Inglesi ubriachi», diceva la cartografia in modo sintetico. Si tratta, di fatto, di una specie a sé, oramai molto conosciuta.

 

Anche l’India ha la sua variante dei turisti invasivi: sono quelli che gli autoctoni chiamano «Israeli Chilum Smokers», i fumatori di chilum (la pipa per fumare l’hashish) israeliani, conosciuti per il loro comportamento a volte insofferente e distruttivo. Il subcontinente, negli anni, è diventato una delle mete preferite dei ragazzi israeliani che hanno finito il servizio militare (che dura tre anni), e che quindi magari vogliono farsi uscire dalla testa alcune cose, o forse solo drogarsi e vivere senza regole per un po’.

 

L’India tuttavia ha trovato il modo di assimilare anche loro: chi scrive lo ha capito quando, ai piedi dell’Himalaya ha visto negozi con insegne in hindi e in ebraico, senza che vi fosse una parola in inglese.

 

Per i Paesi europei, tuttavia, gli «inglesi ubriachi» sono più difficili da metabolizzare. Anzi, Amsterdam, e magari in futuro altri, chiedono di fatto una Brexit invertita.

 

 

 

 

 

Immagine di M F Flaherty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

Continua a leggere

Geopolitica

Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»

Pubblicato

il

Da

Il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato che Volodymyr Zelens’kyj deve fare i conti con la realtà del conflitto contro la Russia e con l’urgenza di indire nuove elezioni.

 

Il mandato presidenziale quinquennale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma il leader ucraino ha sempre escluso il voto per via della legge marziale in vigore. Vladimir Putin ha più volte sostenuto che lo Zelens’kyj non può più essere considerato un interlocutore legittimo e che la sua posizione renderebbe giuridicamente problematico qualsiasi accordo di pace.

 

Mercoledì Trump ha affrontato la questione Ucraina in una telefonata con i leader di Regno Unito, Francia e Germania. «Ne abbiamo parlato in termini piuttosto netti, ora aspettiamo di vedere le loro risposte», ha riferito ai giornalisti alla Casa Bianca.

 

«Penso che Zelens’kyj debba essere realista. Mi domando quanto tempo passerà ancora prima che si tengano le elezioni. Dopotutto è una democrazia… Sono anni che non si vota», ha aggiunto Trump, sottolineando che l’Ucraina sta «perdendo moltissima gente».

Iscriviti al canale Telegram

Il presidente americano ha poi sostenuto che l’opinione pubblica ucraina sia largamente favorevole a un’intesa con Mosca: «Se guardiamo i sondaggi, l’82 % degli ucraini vuole un accordo – è uscito proprio un sondaggio con questa cifra».

 

Trump ha insistito sulla necessità di chiudere rapidamente il conflitto: «Non possiamo permetterci di perdere altro tempo».

 

Secondo Axios e RBC-Ucraina, Kiev ha trasmesso agli Stati Uniti la sua ultima proposta di pace. Zelens’kyj , che fino a ieri escludeva elezioni in tempo di legge marziale, ha dichiarato mercoledì di essere disposto a indire il voto, a patto però che Stati Uniti e alleati europei forniscano solide garanzie di sicurezza.

 

Il consenso verso Zelens’kyj è precipitato al 20 % dopo uno scandalo di corruzione nel settore energetico che ha travolto suoi stretti collaboratori e provocato le dimissioni di diversi alti funzionari. Trump ha più volte invitato il leader ucraino a tornare alle urne, ribadendo che la corruzione endemica resta uno dei problemi più gravi del paese.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

Continua a leggere

Geopolitica

Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela

Pubblicato

il

Da

Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.   L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.   «Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.   Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».   Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.  

Iscriviti al canale Telegram

Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.   Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.   Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.   Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».   Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.   Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.   «L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.   Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».   Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da Twitter

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

Pubblicato

il

Da

La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

Sostieni Renovatio 21

«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

Continua a leggere

Più popolari