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Economia

AI, capitalismo ultra-finanziario e erosione dei diritti fondamentali dell’uomo

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Renovatio 21 pubblica il comunicato del Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB).

 

Parere (n. 26): sull’erosione dei diritti fondamentali dell’uomo causata dalla diffusione del capitalismo ultra-finanziario e digitale e dell’intelligenza artificiale

 

È indubbio che la caratteristica principale del capitalismo contemporaneo è la sua dipendenza dalla creazione di crescenti volumi di liquidità diretti a sostenere i mercati finanziari, a fronte della demolizione sistematica dell’economia reale fondata sulla produzione di beni e servizi destinati al consumo di massa.

 

Questo processo è iniziato negli anni Settanta, con l’introduzione su larga scala dell’automazione nei processi produttivi: da allora, il capitale non ha più potuto, o voluto, riassorbire la massa di lavoro salariato che si andava progressivamente disoccupando e ha preferito trovare rifugio nei mercati finanziari, dove il danaro fa lavorare il danaro, e non le persone.

 

Il carattere fittizio dell’economia post-industriale si è accentuato ulteriormente con la rivoluzione neoliberista degli anni Ottanta, quando la frenesia speculativa – specialmente sulle obbligazioni, titoli di debito societari e sovrani – ha iniziato ad assumere vita propria, estendendosi nel tempo fino a travolgere ogni possibile corrispondenza tra i titoli negoziati e il loro valore reale. 

 

Oggi, sembra di essere giunti a un punto di non ritorno: se, per qualsiasi motivo, l’appetito per le obbligazioni viene meno, la legge dell’auto-espansione del capitale fa sì che scendano in campo le banche centrali per stampare denaro contante e consentire, così, l’acquisto dei titoli obbligazionari rimasti invenduti.

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La gestione centralizzata di questa bolla di debito, dove la «crescita» viene letteralmente simulata grazie a massicce iniezioni di credito a opera delle Banche Centrali, costituisce l’ultimo baluardo a difesa dei mercati finanziari e, in definitiva, dell’intero sistema economico contemporaneo.

 

Non a caso questa operazione di soccorso è ormai divenuta permanente, tenuto conto del fatto che l’alternativa a una politica inflattiva consisterebbe solo nell’aumento sostenuto dei tassi di interesse, che a sua volta provocherebbe il crollo dei mercati, la polverizzazione di capitali a tutti i livelli e, a cascata, fallimenti d’impresa, licenziamenti di massa e conseguenti ondate di caos sociale.

 

In altri termini, se la scelta è tra affossare la valuta per salvare il sistema o affossare il sistema per salvare la valuta, non stupisce che l’opzione seguita dalle banche centrali – e caldeggiata dalle élites – sia quella di proteggere a ogni costo il sistema, ossia i mercati, anche a costo di abbassare i tassi di interesse, ossia il costo del denaro, per creare ulteriore liquidità inflattiva: e quindi affossare la valuta per generare altro debito. 

 

Un dato può tornare utile: tra l’ultimo semestre del 2019 e il primo del 2020, proprio mentre il mondo cominciava a essere distratto dall’emergenza COVID, la banca centrale degli Stati Uniti d’America ha elargito alle banche d’affari a corto di liquidità l’astronomica e sbalorditiva cifra di 48mila miliardi di dollari, più del doppio del PIL statunitense di allora. (1)

 

Questo dato permette di comprendere a un tempo perché espansioni monetarie e distorsioni finanziarie siano diventate endemiche e necessarie al sistema e perché la sopravvivenza del capitalismo ultra-finanziario dipende dalla sua capacità di tenere sotto controllo popolazioni sempre più improduttive, impoverite e superflue, gestendo un declino sociale che vede le classi medie proletarizzarsi a fronte della frammentazione del vecchio proletariato industriale in una moltitudine di disoccupati, sottoccupati, precari e soggetti che rinunciano tout court a cercare lavoro. 

 

Ovviamente, la rischiosa combinazione tra impoverimento e reazione della popolazione deve essere controllata in qualche modo: e se guerre, epidemie e derive eutanasiche non bastassero a eliminare i «quattro miliardi di mangiatori inutili» lamentati da esponenti delle élites finanziarie, a ciò provvede efficacemente la gestione totalitaria della società, che punta al soggiogamento delle masse mediante la propaganda del terrore fondata sulla manipolazione dei dati scientifici, siano essi di natura sanitaria, climatica, ambientale, energetica, geo-politica o strategica. 

 

L’emergenzialismo permanente è ideologicamente integrale alla prospettiva totalitaria: la crisi sanitaria causata dal COVID ha permesso di introdurre uno strumento di controllo – il Green Pass ispirato al sistema di credito sociale e ai principi dell’economia comportamentale – la cui ratio è stata ripresa e ampliata nell’ambito del processo di digitalizzazione dei flussi finanziari e delle valute, che sta portando all’adozione delle Central Bank Digital Currency (CBDC) (2); la sola minaccia di una escalation dei conflitti armati – dall’Ucraina alla Palestina – fa rifluire ancora una volta enormi quantità di denaro sui mercati obbligazionari ritenuti sicuri; l’inarrestabile diffusione dell’Intelligenza Artificiale (IA) costituisce indubbiamente il passo definitivo verso una dimensione post-umana destinata ad azzerare i diritti fondamentali dell’uomo e a cancellare il primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, sancito dall’art. 2 della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina del 1997, ma curiosamente continua a essere celebrata, da istituzioni e decisori politici, come la prova suprema per superare retrivi tabù antropologici e culturali, come un vero e proprio percorso iniziatico alla gnosi, da intraprendere a tutti i costi: ciò che spiega anche la necessità, avvertita a vari livelli, di dissimulare i rischi conseguenti, vuoi presentandoli come retaggi oscurantistici, vuoi promuovendo l’adozione di strumenti che, di fatto, conducono a risultati opposti a quelli dichiarati. 

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Emblematico, in questo senso, è il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2024/1689, del 13 giugno 2024 (3), che, da una parte, enfatizza la necessità di salvaguardare i «diritti fondamentali» (espressione che ricorre ben 97 volte nel testo regolamentare), ma che, dall’altra, lascia chiaramente trasparire la volontà del legislatore europeo di sottrarre la concreta azionabilità dei diritti in parola all’iniziativa dei singoli individui – che pure ne sono i titolari – per rimetterla alle decisioni di agenzie, comitati e istituti in vari modi controllati della Commissione Europea: organismo che, come noto, non è eletto e, di fatto, risponde solo a se stesso.

 

In un mondo che appare sempre più sospeso tra collasso economico e soluzioni totalitarie, il CIEB continua a sollecitare i cittadini affinché sviluppino la consapevolezza critica necessaria per dubitare della bontà e dell’efficacia delle soluzioni emergenziali proposte da apparati di governo sempre più insensibili ai diritti fondamentali dell’uomo, perché organici alle élites finanziarie che di quelle emergenze hanno fatto una ragione d’essere, e per aprire la strada a reali alternative sistemiche.

 

CIEB

 

31 ottobre 2024

 

Il testo originale del Parere è pubblicato in: www.ecsel.org/cieb

 

 

NOTE

1) Cfr. www.newyorkfed.org/markets/OMO_transaction_data.html#rrp. La cifra riflette l’ammontare complessivo dei contratti Repo (Repurchase Agreement) – corrispondenti ai «pronti contro termine» – erogati dalla Federal Reserve alle Banche di importanza sistemica globale (Globally Systemic Important Banks o G-SIBs). Si tratta, in sostanza, di prestiti a breve termine in cui il debitore riceve liquidità in cambio di un titolo a garanzia (in genere, titoli di Stato) che s’impegna a riacquistare a un prezzo più elevato alla scadenza prefissata, scadenza che, però, viene generalmente prorogata.

2) Secondo i principi dell’economia comportamentale, in condizioni di incertezza il giudizio umano tende a non allinearsi alle soluzioni indicate dalla teoria economica e, per questo motivo, deve essere guidato, «whatever it takes», verso le opzioni indicate dai decisori politici: gli individui obbedienti saranno poi ricompensati con oggetti, anche virtuali (come i token), o con la possibilità di accedere a determinati servizi o prestazioni (secondo l’esperienza del Green Pass).

3) In GU serie L del 12 luglio 2024.

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Economia

Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros

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Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.   L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.   L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.

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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».   Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.   La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.   Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.   Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».

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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.   L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.   Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.

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Economia

L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo

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Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.

 

A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.

 

Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.

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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.

 

Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.

 

Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.

 

Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».

 

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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

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Economia

La BCE respinge il ladrocinio dei fondi russi congelati proposto dalla Von der Leyen

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La Banca Centrale Europea ha declinato di avallare il progetto della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per un finanziamento di 140 miliardi di euro a beneficio dell’Ucraina, da assicurare mediante i patrimoni russi immobilizzati. Lo riporta il Financial Times, attingendo a fonti informate sui negoziati.   Il quotidiano britannico ha precisato che la BCE ha ritenuto l’iniziativa della Commissione – che fa leva sugli attivi sovrani russi custoditi presso Euroclear, la società depositaria belga – estranea al proprio ambito di competenza.   Bruxelles ha impiegato mesi a sondare l’utilizzo delle riserve congelate della banca centrale russa per strutturare un «mutuo di indennizzo» da 140 miliardi di euro (equivalenti a 160 miliardi di dollari) in appoggio a Kiev. Il Belgio ha più volte espresso allarmi su potenziali controversie giudiziarie e pericoli finanziari in caso di attuazione del meccanismo.

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In base alla bozza elaborata dalla Commissione, i governi degli Stati membri dell’UE offrirebbero garanzie pubbliche per distribuire il peso del rimborso del prestito ucraino.   Tuttavia, i rappresentanti della Commissione hanno segnalato che i Paesi UE potrebbero non riuscire a reperire celermente risorse in scenari di urgenza, con il pericolo di generare turbolenze sui mercati finanziari.   A quanto risulta, i funzionari UE hanno sollecitato alla BCE se potesse intervenire come prestatore estremo per Euroclear Bank, la branca creditizia dell’ente belga, al fine di scongiurare una carenza di liquidità. Gli esponenti della BCE hanno replicato alla Commissione che tale opzione è impraticabile, ha proseguito il Financial Times, basandosi su interlocutori vicini alle consultazioni.   «Un’ipotesi di tal genere non è oggetto di esame, in quanto verosimilmente contravverrebbe alla normativa dei trattati UE che esclude il finanziamento monetario», ha chiarito la BCE.   Bruxelles starebbe ora esplorando vie alternative per assicurare una provvista temporanea a supporto del mutuo da 140 miliardi di euro.   «Assicurare la liquidità indispensabile per eventuali obblighi di restituzione dei beni alla banca centrale russa costituisce un elemento cruciale di un eventuale mutuo di indennizzo», ha dichiarato FT, citando un portavoce della Commissione.

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La direttrice di Euroclear, Valerie Urbain, ha ammonito la settimana scorsa che l’iniziativa verrebbe percepita a livello mondiale come una «espropriazione delle riserve della banca centrale, che erode il principio di legalità». Mosca ha reiteratamente definito qualsiasi ricorso ai suoi attivi sovrani come un «saccheggio» e ha minacciato ritorsioni.   L’urgenza del piano si inserisce in un frangente in cui l’UE, alle prese con vincoli di bilancio, deve reperire risorse per Kiev nei prossimi due anni, aggravata dalla congiuntura di liquidità critica ucraina, con gli sforzi per attingere ai fondi russi che si acuiscono mentre Washington avanza una nuova proposta per dirimere il conflitto. Gli analisti prevedono che l’Ucraina affronterà un disavanzo di bilancio annuo di circa 53 miliardi di dollari nel quadriennio 2025-2028, al netto degli stanziamenti militari extra.   L’indebitamento pubblico e garantito dal governo del Paese ha raggiunto picchi storici, oltrepassando i 191 miliardi di dollari a settembre, ha comunicato il Ministero delle Finanze. Il mese scorso, il Fondo Monetario Internazionale ha aggiornato al rialzo le stime sul debito ucraino, proiettandolo al 108,6% del PIL.  

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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