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Geopolitica

Biden promuove morte e distruzione a Natale. La Russia attacca massivamente l’Ucraina

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Nel giorno di Natale 2024 Joe Biden ha ordinato al Dipartimento della Difesa di continuare a inviare aiuti letali all’Ucraina, portando avanti ulteriormente il suo programma anti-pace nonostante la carneficina irreparabile della guerra.

 

La decisione di Biden arriva dopo un attacco massivo condotto dalla Russia sulle infrastrutture energetiche ucraine. Il presidente USA in scadenza ha condannato l’attacco definendolo «oltraggioso» e ha affermato che gli Stati Uniti «continueranno a lavorare instancabilmente per rafforzare la posizione dell’Ucraina nella sua difesa contro le forze russe».

 

«Lo scopo di questo oltraggioso attacco era quello di tagliare l’accesso del popolo ucraino al riscaldamento e all’elettricità durante l’inverno e di mettere a repentaglio la sicurezza della sua rete. Voglio essere chiaro: il popolo ucraino merita di vivere in pace e sicurezza. Gli Stati Uniti e la comunità internazionale devono continuare a sostenere l’Ucraina finché non trionferà sull’aggressione della Russia».

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A Biden del Natale, e della pace sembra non importare nulla: invece di facilitare colloqui di pace in buona fede – o di lasciare tutto com’è in attesa che prenda il timone tra tre settimane il vincitore della tornata elettorale presidenziale, Donald J. Trump – il presidente vegliardo prosegue a favorire anche in queste ore, come nel resto suo mandato, il massacro di un’intera generazione di ucraini e la distruzione della loro patria.

 

L’impegno del presidente a fornire ulteriori armi all’Ucraina arriva a meno di un mese dal giuramento del presidente eletto Donald Trump, il 20 gennaio. Washington ha già impegnato 175 miliardi di dollari in aiuti per l’Ucraina. Prima della sua vittoria alle elezioni statunitensi di quest’anno, il presidente eletto Donald Trump ha ripetutamente promesso di porre fine alla guerra che dura da quasi tre anni tra Ucraina e Russia «entro 24 ore».

 

Continuando ad armare Kiev, Biden agisce a dispetto dell’opinione pubblica negli Stati Uniti e in Ucraina. Sondaggi recenti mostrano che la maggioranza degli americani si oppone all’invio di armi per alimentare la lotta contro la Russia e che la maggior parte degli ucraini cerca una fine negoziata della guerra piuttosto che continuare a combattere fino alla morte.

 

L’esercito russo ha attaccato nel giorno di Natale l’infrastruttura energetica dell’Ucraina, colpendo una centrale termoelettrica e costringendo gli ucraini a trascorrere le mattine di Natale in rifugi sotterranei. L’operazione è stata il 13° attacco alla rete elettrica del paese invaso quest’anno. Secondo l’aeronautica militare ucraina, gli attacchi hanno coinvolto circa 80 missili e oltre 100 droni, la maggior parte dei quali è stata intercettata. L’assalto avrebbe lasciato centinaia di migliaia di persone senza riscaldamento.

 

Gli attacchi hanno preso di mira le centrali elettriche nella città di Kharkov, nel nord-est dell’Ucraina, e nella regione sud-orientale di Dnipropetrovsk (Dnipro per gli ucraini), uccidendo almeno una persona e ferendone altre sei mentre il Paese si risvegliava il giorno di Natale, riporta ABC News.

 

 

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«Putin ha deliberatamente scelto il Natale per un attacco. Cosa potrebbe essere più disumano?» ha scritto il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj su X. «Continuano a combattere per un blackout in Ucraina».

 

Secondo quanto riportato, in seguito agli attacchi missilistici russi, mezzo milione di persone nella regione di Kharkiv sono rimaste senza riscaldamento, con temperature di pochi gradi Celsius sopra lo zero, mentre si sono verificati blackout nella capitale Kiev e altrove.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Verkhovna Rada, il Parlamento monocamerale ucraino, mesi fa ha votato per spostare ufficialmente il Natale dal 6 gennaio (data del Natale ortodosso) al 25 dicembre, per sincronizzarsi con l’Occidente di cui l’Ucraina anela di far parte. Si è trattato quindi del primo Natale che l’Ucraina ha festeggiato il 25 dicembre. La risposta della Russia pare essere quindi anche di natura simbolica.

 

Nella pratica orwelliana di cambiare le date alle festività nazionali, il grottesco è stato raggiunto quando, dopo aver spostato il Natale, è stata avanzata la proposta di istituire un Giorno del Ringraziamento in Stile USA, una misura grottesca tuttavia meno violenta della repressione attuata contro la Chiesa Ortodossa canonica d’Ucraina (UOC), espropriata dei suoi spazi come la Lavra di Kiev, con soldati e agenti del regime Zelens’kyj che si scontrano con sacerdoti e fedeli, arresti di religiosi e chiese e monasteri trasformati in cinema o set televisivi per programmi culinari.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2022 Putin offrì una tregua di Natale, ma l’Ucraina rifiutò. Lo scorso gennaio l’Ucraina ha bombardato l’ospedale di Donetsk alla vigilia del Natale ortodosso. Nel 2023 Kiev attaccò Donetsk anche durante la celebrazione della Pasqua.

 

La città russa di Belgorod, situata a circa 40 chilometri dal confine, è stata bersaglio di attacchi missilistici e bombardamenti ucraini dal 30 dicembre 2023, quando un massiccio attacco ha causato la morte di 24 persone e il ferimento di oltre 100 persone. Secondo l’esercito russo, le forze di Kiev hanno utilizzato munizioni a grappolo vietate nel loro attacco.

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Geopolitica

La Von der Leyen lancia un ultimatum alla Serbia

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La Serbia non potrà entrare nell’UE senza un pieno allineamento alla politica estera del blocco, incluse tutte le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.   La Serbia, che ha richiesto l’adesione all’UE nel 2009 e ha ottenuto lo status di paese candidato nel 2012, è tra i pochi stati europei a non aver imposto restrizioni a Mosca. Belgrado ha sottolineato i suoi storici legami con la Russia e la dipendenza dalle sue forniture energetiche.   Mercoledì, durante una conferenza stampa a Belgrado accanto al presidente serbo Aleksandar Vucic, von der Leyen ha ribadito che la Serbia deve compiere «passi concreti» verso l’adesione e mostrare un «maggiore allineamento» con le posizioni dell’UE, incluse le sanzioni, evidenziando che l’attuale livello di conformità della Serbia alla politica estera dell’UE è del 61%, ma ha insistito che «serve fare di più», sottolineando il desiderio di Bruxelles di vedere Belgrado come un «partner affidabile».

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Vucic ha più volte dichiarato che la Serbia non imporrà sanzioni alla Russia, definendo la sua posizione «indipendente e sovrana». Tuttavia, il rifiuto di Belgrado ha attirato crescenti pressioni da parte di Bruxelles e Washington.   La settimana scorsa, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Petroleum Industry of Serbia (NIS), parzialmente controllata dalla russa Gazprom Neft, spingendo la Croazia a interrompere le forniture di greggio. Vucic ha avvertito che tali misure potrebbero portare alla chiusura dell’unica raffineria petrolifera serba entro novembre, mettendo a rischio l’approvvigionamento di benzina e carburante per aerei.   Come riportato da Renovatio 21proteste sempre più violente si susseguono nel Paese, che Belgrado attribuisce a influenze occidentali volte a destabilizzare il governo.   Le proteste hanno già portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic e all’arresto di diversi funzionari, tra cui un ex ministro del Commercio, con l’accusa di corruzione.   Il presidente Aleksandar Vucic ha affermato che i disordini sono stati fomentati dall’estero e ha denunciato quella che ha definito «violenza mascherata da attivismo»: «mancano pochi giorni prima che inizino a uccidere per le strade» aveva detto lo scorso agosto davanti all’ennesima ondata di proteste violente.   Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.

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Come riportato da Renovatio 21, lo scorso mese il servizio di Intelligence estero russo (SVR) ha sostenuto che l’UE starebbe cercando di orchestrare un «Maidan serbo» per insediare un governo filo-Bruxelles. Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.   Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.   Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri Pietro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.

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Pakistan e Afghanistan concordano il cessate il fuoco

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Afghanistan e Pakistan hanno dichiarato un cessate il fuoco temporaneo, mettendo fine agli scontri iniziati mercoledì mattina tra le loro forze. Più di una dozzina di civili sono stati uccisi nell’ultimo conflitto armato tra i due paesi vicini.

 

Il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato, alcune ore dopo lo scontro, che Kabul e Islamabad hanno concordato una tregua di 48 ore, con inizio alle 18:00 ora locale di mercoledì.

 

Nella sua nota, il ministero ha sottolineato che entrambe le parti «si impegneranno sinceramente attraverso il dialogo per trovare una soluzione positiva ai loro problemi complessi ma risolvibili».

 

In precedenza, il portavoce dei talebani afghani Zabihullah Mujahid aveva scritto su X che le forze pakistane avevano avviato un attacco, utilizzando «armi leggere e pesanti», causando la morte di 12 civili e il ferimento di oltre 100 persone.

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Il portavoce aggiunto che le forze afghane hanno risposto al fuoco, uccidendo un «gran numero» di soldati, confiscando armi e carri armati pakistani e distruggendo installazioni militari.

 

Ali Mohammad Haqmal, portavoce del distretto di Spin Boldak, in Afghanistan, luogo dello scontro, ha stimato che le vittime civili siano state 15. Secondo l’AFP, un funzionario dell’ospedale locale ha riferito che tra i feriti ci sarebbero 80 donne e bambini.

 

Islamabad ha definito le accuse «oltraggiose» e «palesi menzogne», sostenendo che i talebani afghani abbiano iniziato le ostilità attaccando una postazione militare pakistana e altre aree vicino al confine. L’esercito pakistano ha dichiarato di aver respinto l’assalto, uccidendo 37 combattenti talebani in due operazioni distinte.

 

Secondo l’agenzia Reuters, che cita fonti di sicurezza anonime, lo scontro sarebbe durato circa cinque ore.

 

Il conflitto segue un’escalation di scontri avvenuta nel fine settimana, durante la quale Afghanistan e Pakistan si sono accusati a vicenda per le vittime. I talebani hanno affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani, mentre Islamabad ha dichiarato di aver conquistato 19 posti di frontiera afghani.

 

Le tensioni transfrontaliere tra Afghanistan e Pakistan sono aumentate negli ultimi anni, con entrambe le parti che si accusano ripetutamente di ospitare militanti.

 

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Israele accusa Hamas di aver restituito il corpo sbagliato

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Uno dei corpi restituiti martedì da Hamas non appartiene a nessuno degli ostaggi tenuti prigionieri dal gruppo armato palestinese a Gaza, hanno affermato le Forze di difesa israeliane (IDF).   Lunedì Hamas ha liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani ancora in vita in cambio del rilascio di quasi 2.000 prigionieri palestinesi, nell’ambito di un accordo mediato da Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia. Martedì, il gruppo ha iniziato a consegnare i cadaveri dei prigionieri deceduti a Israele, restituendone sette in due lotti tramite la Croce Rossa.   Tuttavia, le IDF hanno dichiarato mercoledì in una dichiarazione su X che un esame presso l’istituto forense Abu Kabir ha rivelato che uno dei quattro corpi del secondo lotto «non appartiene a nessuno degli ostaggi». Si ritiene che i resti appartengano a un palestinese, hanno aggiunto.     Gli altri tre corpi sono stati confermati come appartenenti ai prigionieri. Sono stati identificati come il sergente maggiore Tamir Nimrodi, 18 anni, Uriel Baruch, 35 anni, ed Eitan Levy, 53 anni, si legge nel comunicato.   Il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato in precedenza che Israele «non avrà pace finché non restituiremo tutti [gli ostaggi]. Questo è il nostro dovere morale, nazionale ed ebraico». Hamas detiene ancora i corpi di 21 prigionieri deceduti.   Questa settimana, rifugiati palestinesi e combattenti di Hamas sono tornati a Gaza City e in altre aree dell’enclave, dopo il ritiro parziale delle forze dell’IDF, in linea con l’accordo. A Gaza sono stati segnalati scontri sporadici tra Hamas e fazioni rivali.  

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