Geopolitica
Utero in affitto, per il mercato internazionale il vento sta cambiando

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
La maternità surrogata internazionale è spesso insultata come un sistema in cui gli occidentali, per lo più bianchi, sfruttano i corpi delle donne nei Paesi sottosviluppati, che sono spesso donne di colore. Una caratteristica tipica dei media mostrerà immagini di donne povere e gravide in sari [vestito femminile tipico indiano, ndr] che dormono in un dormitorio affollato.
Ma questa non è l’immagine della maternità surrogata in Giappone, spiega Yoshie Yanagihara, sociologa dell’Università di Tokyo Denki in un affascinante articolo sulla rivista Bioethics.
«Per i clienti asiatici, gli occidentali possono essere facilmente considerati come “altri” che possono utilizzare per le loro esigenze riproduttive»
Dopo aver studiato le rappresentazioni della maternità surrogata nei media giapponesi, conclude che «L’attuale situazione in Asia ribalta questa prospettiva, con le donne bianche considerate come bersagli più facili per lo sfruttamento da parte di ricchi di colore. Per i clienti asiatici, gli occidentali possono essere facilmente considerati come “altri” che possono utilizzare per le loro esigenze riproduttive».
La studiosa sostiene che i corpi delle donne ovunque – a Mumbai o Los Angeles – debbano essere protetti «indipendentemente dalla nazionalità, etnia, colore della pelle o religione».
La Yanagihara sottolinea che le forme di maternità surrogata sono state istituzionalizzate nelle tradizioni di Cina, Corea e Giappone, anche nel 20° secolo, anche se il governo moderno hanno ora lo vieta.
Le forme di maternità surrogata sono state istituzionalizzate nelle tradizioni di Cina, Corea e Giappone, anche nel 20° secolo, anche se il governo moderno hanno ora lo vieta
In Corea , ad esempio, le coppie senza eredi maschi usavano madri surrogate chiamate ssi-baji. Se una di queste donne aveva un figlio, lo consegnava al cliente e veniva pagata profumatamente. Se aveva una femmina, teneva il bambino e riceveva una quota inferiore. Anche sua figlia è diventata una ssi-baji. Cina e Giappone avevano sistemi simili, guidati dall’imperativo per gli eredi maschi.
Quando la maternità surrogata in stile americano con fecondazione in vitro è emersa in Giappone, ha ricevuto un’accoglienza fredda ed è stata considerata uno sfruttamento commerciale.
Tuttavia, una coppia di celebrità televisive , Aki Mukai e Nobuhiko Takada, ha utilizzato surrogate americani all’inizio degli anni 2000. Alla fine hanno perso una lunga battaglia legale per far diventare i bambini cittadini giapponesi, ma uno tsunami di pubblicità positiva per i loro figli ha contribuito a trasformare l’opinione pubblica giapponese.
In libri, serie TV e articoli di riviste, la star TV nipponica Mukai ha idealizzato le sue surrogate americane, Cindy e Sandra, come donne amorevoli «piene di maternità» e persino «sacre». Il cristianesimo, suggerì Mukai, rendeva queste donne naturalmente altruiste.
In libri, serie TV e articoli di riviste, Mukai ha idealizzato le sue surrogate americane, Cindy e Sandra, come donne amorevoli «piene di maternità» e persino «sacre». Il cristianesimo, suggerì Mukai, rendeva queste donne naturalmente altruiste.
Questo tema sembra spesso essere enfatizzato nella cultura pop in Giappone. Ad esempio, la celebrità televisiva Izumi Maruoka ha trovato una madre surrogata in Russia nel 2018.
In un’intervista televisiva successiva, ha affermato che «la motivazione della madre surrogata russa era basata sul suo cristianesimo. La spiegazione di Maruoka rifletteva il mito giapponese condiviso secondo cui la motivazione più importante per molte donne bianche occidentali a diventare madri surrogate è il loro cristianesimo».
I giapponesi sono consapevoli che la maternità surrogata è, o può essere, una forma di sfruttamento, ma se sono coinvolte donne di colore. Si ritiene che le donne bianche, dall’Ucraina o dagli Stati Uniti, lo facciano per altruismo cristiano.
Il mito giapponese condiviso secondo cui la motivazione più importante per molte donne bianche occidentali a diventare madri surrogate è il loro cristianesimo»
La Yanagihara conclude:
«La maternità surrogata è stata a lungo considerata una transazione tra donne bianche e donne di colore o occidentali e “Altri”. Tuttavia, la struttura di potere dell’attuale divario globale nord-sud globale sta cambiando drasticamente».
«Gli economisti prevedono che la Cina diventerà la più grande economia del mondo e manterrà questa posizione nel prossimo decennio. Il numero crescente di clienti dell’Asia orientale impegnati nella maternità surrogata transfrontaliera nei paesi occidentali continuerà probabilmente ad aumentare».
«Il crescente mercato della maternità surrogata dell’Asia orientale creerà (o, nel caso del Giappone, ha già creato) una retorica sulle madri surrogate occidentali
«Pertanto, il crescente mercato della maternità surrogata dell’Asia orientale creerà (o, nel caso del Giappone, ha già creato) una retorica sulle madri surrogate occidentali. Una volta che il trionfo della retorica persuasiva rende le donne occidentali surrogate “convenienti”, le espone a diventare un obiettivo di offerta per il mercato».
Michael Cook
Direttore di BioEdge
Droga
Trump: «gli attacchi degli Stati Uniti alle imbarcazioni venezuelane sono un atto di gentilezza»

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito gli attacchi recenti contro presunte navi dei cartelli della droga al largo del Venezuela come «un atto di gentilezza», sostenendo che l’operazione abbia salvato migliaia di vite negli Stati Uniti.
Da settembre, gli Stati Uniti hanno distrutto almeno quattro imbarcazioni in acque internazionali, mentre Trump continua ad accusare il governo venezuelano di sinistra di utilizzare «narcoterroristi» per introdurre illegalmente droga nel suo Paese.
Parlando domenica alla cerimonia per il 250° anniversario della Marina degli Stati Uniti a Norfolk, in Virginia, Trump ha lodato l’esercito per il suo supporto agli sforzi «volti a far saltare in aria i terroristi del cartello».
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«È una cosa piuttosto dura quella che stiamo facendo, ma bisogna vederla in questo modo. Ognuna di quelle imbarcazioni è responsabile della morte di 25.000 americani e della distruzione di intere famiglie», ha dichiarato. «Quindi, se la si vede in questo modo, quello che stiamo facendo è in realtà un atto di gentilezza».
Trump ha sottolineato che gli attacchi hanno interrotto una rotta marittima cruciale per il traffico di fentanyl e altre droghe verso gli Stati Uniti. «Nessuno vuole più andare in acqua», ha aggiunto il 45° e 47° presidente USA.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le accuse di gestire cartelli, affermando che il suo governo ha «eliminato tutte le principali reti di traffico e sgominato le bande più importanti».
Maduro ha accusato Washington di utilizzare la lotta contro i cartelli come pretesto per destabilizzare il suo governo e appropriarsi delle risorse naturali del Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, l’amministrazione washingtoniana ha rotto le relazioni diplomatiche con Caracas, che a sua volta ha avvertito della possibilità di attacchi da parte di estremisti contro l’ambasciata.
La settimana scorsa, il New York Times ha riferito che alcuni alti funzionari hanno esortato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a perseguire la rimozione di Maduro, sebbene il leader statunitense abbia smentito piani per un cambio di regime.
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Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga.
Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di Panama, Groenlandia, Canada, e perfino il Messico.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Fico: l’UE «si spara sulle ginocchia»

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Geopolitica
Il colonnello Macgregor: gli USA «di nuovo in rotta di collisione con l’Iran»

«Il potenziale di degenerazione incontrollata dei conflitti in Ucraina e con l’Iran è enorme. Sembra che siamo di nuovo in rotta di collisione con l’Iran». Lo sostiene il colonnello Douglas Macgregor, uno dei più noti esperti americani di questioni militari e di sicurezza globale, nonché ex consigliere del presidente Donald Trump durante il suo primo mandato, rispondendo a LifeSiteNews che chiedeva se «gli Stati Uniti si stanno preparando per una guerra più grande?»
Secondo l’ex ufficiale, uno dei principali fattori di rischio per l’escalation sarebbe la svolta di Donald Trump sulla questione ucraina. L’ex presidente, infatti, avrebbe abbandonato la sua iniziale posizione di non intervento, adottando una linea più vicina a quella dell’amministrazione Biden.
Come riporta il New York Post, «Trump ha accettato di fornire a Kiev informazioni di Intelligence statunitensi per sostenere attacchi alle infrastrutture energetiche nel profondo della Russia, aiutando l’Ucraina a portare la guerra fino alle porte del presidente Vladimir Putin».
Un ulteriore elemento di rischio, secondo Macgregor, è rappresentato dall’aumento delle critiche internazionali contro la politica israeliana a Gaza. Le crescenti denunce di genocidio e le pressioni internazionali potrebbero, secondo il colonnello, spingere Israele a una reazione drastica: il primo ministro Benjamin Netanyahu, afferma Macgregor, «deve agire al più presto o rischia di perdere il sostegno incondizionato al progetto del Grande Israele».
Durante un incontro svoltosi il 30 settembre a Quantico, in Virginia, il presidente Trump e il Segretario alla Difesa Pete Hegseth hanno riunito centinaia di alti funzionari militari provenienti da tutto il mondo. Il messaggio, scrive LifeSiteNews, è stato chiaro: il «dipartimento woke» è finito e il Pentagono sarà trasformato in un «Dipartimento della Guerra», con l’invito a dimettersi rivolto a chi non condivide la nuova linea.
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Alla domanda sul significato di questa mossa, Macgregor ha risposto: «Il POTUS [cioè il presidente USA, ndr]è tutto una questione di apparenza e glamour. Il messaggio riguardante la forma fisica e l’avanzamento basato sul merito era genuino, ma il resto era un flusso di coscienza poco chiaro. Non siamo pronti a combattere una guerra importante a questo punto. Farlo sarebbe sciocco e pericoloso».
Alla richiesta di confermare i segnali di una crescente attività militare, il colonnello ha aggiunto: «Le forze statunitensi si stanno concentrando in modi che ricordano l’ultimo scontro tra Israele e Iran. Sembra che siamo di nuovo in rotta di collisione con l’Iran».
Riguardo a un possibile scenario di guerra, Macgregor ha ribadito: «il potenziale di degenerazione incontrollata dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente con l’Iran è enorme. Il recente sequestro francese di una petroliera russa in mare è un atto di guerra. La NATO è senza leadership a seguito della decisione di Trump di adottare la politica di Biden nei confronti di Mosca. In Medio Oriente, siamo in balia delle azioni di Israele. Nei Caraibi siamo pronti a scatenare un nuovo conflitto con il Venezuela».
Le critiche alla politica israeliana nei confronti di Gaza stanno aumentando anche negli Stati Uniti. Persino la CNN ha pubblicato un articolo dal titolo: «Come le azioni israeliane hanno causato la carestia a Gaza». Diversi paesi europei hanno preso posizione contro Israele, mentre anche nel campo conservatore americano si registrano segnali di cambiamento.
Secondo Macgregor, «Israele sta perdendo il sostegno popolare negli Stati Uniti, ma controlla ancora Washington e la Casa Bianca. Il primo ministro Netanyahu deve agire al più presto o rischia di perdere il sostegno incondizionato al progetto del Grande Israele. Gli Stati Islamici in Medio Oriente e in Egitto si stanno allineando al sostegno della Cina e della Russia. Non c’è alcun incentivo per Israele a scendere a compromessi o a ritardare l’azione».
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Immagine di Neil Hester via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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