Geopolitica
La guerra a Gaza traina gli arresti palestinesi: Netanyahu vuole nuove carceri

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Dal 7 ottobre sono almeno 4mila gli arresti di «sospetti terroristi». Il numero di prigionieri palestinesi è salito a circa 9mila, da circa 5.200 di prima del conflitto. Ampio ricorso al fermo amministrativo. Scontri nella notte fra polizia e musulmani con l’inizio del Ramadan, a dispetto delle promesse la polizia israeliana limita gli accessi ad al’Aqsa.
Un ricorso estensivo alla controversa pratica del «fermo amministrativo», che ha contribuito ad alimentare il sovraffollamento delle carceri tanto da pianificare ulteriori spazi nelle prigioni nelle prossime settimane, in previsione di una nuova ondata di arresti.
Anche questa è una delle conseguenze della guerra lanciata da Israele a Gaza, in risposta all’attacco terrorista di Hamas del 7 ottobre; una escalation militare che rischia di infiammarsi ulteriormente con l’inizio la notte scorsa del Ramadan, il mese sacro di digiuno e preghiera islamico, che ha fatto registrare già i primi scontri intorno alla Spianata delle moschee.
A febbraio gruppi attivisti hanno stimato che il numero di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane era salito a circa 9mila, dai circa 5.200 dei primi di ottobre. Da qui l’appello di ieri del premier Benjamin Netanyahu, il quale ha ordinato agli enti coinvolti di preparare le carceri per un afflusso di migliaia di detenuti. Rivolgendosi ai responsabili del ministero della Difesa, della Sicurezza nazionale, delle Finanze, all’esercito (IDF) e ai servizi (Shin Bet), egli ha presentato stime che prevedono il fermo di «migliaia di terroristi» nell’anno in corso, determinando «una mancanza di spazi, se non ci si prepara».
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Dall’inizio del conflitto nella Striscia, sono stati effettuati circa 4mila arresti di sospetti terroristi, la maggior parte dei quali a Gaza, ma se ne contano anche in Cisgiordania. Il Servizio carcerario israeliano ha presentato piani a breve e medio termine per un aumento, che lo stesso Netanyahu ha voluto approvare in tempi stretti. La scorsa settimana IDF e Shin Bet hanno rilasciato 40 sospetti detenuti in regime di «fermo amministrativo» proprio per liberare spazio «per detenuti con un livello di minaccia più elevato» anche se il loro rilascio era già previsto per il mese prossimo.
La detenzione amministrativa applicata da Israele permette di fermare un sospetto per lunghi periodi, anche senza accuse precise o processo, e può essere rinnovato ogni sei mesi in modo unilaterale. Tale misura, un tempo applicata solo verso militanti palestinesi, ora vale anche per gli israeliani sebbene i critici si mostrino scettici sulle modalità di applicazione.
Questo strumento, fonte di polemiche e proteste per la violazione dei diritti delle persone fermate, viene solitamente utilizzato quando le autorità dispongono di informazioni che collegano un sospetto a un crimine, ma non hanno prove sufficienti per sostenere le accuse in un tribunale. Le detenzioni devono essere rinnovate da un tribunale militare ogni sei mesi e i prigionieri possono rimanere in carcere per anni. Mentre alcuni palestinesi sono detenuti senza accuse note, i motivi più comuni per il fermo vanno dagli appelli alla violenza online alle (presunte) attività terroristiche.
Intanto nella notte si sono registrati scontri fra palestinesi e polizia israeliana all’esterno della moschea di al-Aqsa, in concomitanza con l’inizio del Ramadan, il mese sacro musulmano di digiuno e preghiera, reso incandescente quest’anno dalla guerra e dai proclami di Hamas. Fonti locali rilanciate dal Times of Israel (TOI) riferiscono di agenti di polizia che hanno aggredito a colpi di manganello fedeli musulmani all’ingresso della Spianata delle moschee (Monte del tempio per gli ebrei).
I poliziotti avrebbero impedito l’accesso ad alcuni arabi israeliani e a «centinaia» di palestinesi di Gerusalemme Est, violando le rassicurazioni di Netanyahu, mentre il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir aveva previsto forti restrizioni agli ingressi.
Diversi filmati mostrano agenti di polizia aggredire arabi con manganelli. Abraham Initiatives, organizzazione che promuove la convivenza, riferisce di cittadini bloccati dalla polizia che ha deliberatamente ignorato le direttive del premier di libertà di accesso. I poliziotti pattugliano le strade strette della città vecchia a Gerusalemme, dove decine di migliaia di fedeli sono attesi ogni giorno nel complesso di al-Aqsa, il terzo sito più sacro dell’islam, per il Ramadan.
La Spianata è stata spesso uno dei luoghi simbolo delle violenze fra israeliani e palestinesi in passato e per questo è stata sottoposta a vincoli e restrizioni. Eppure ancora ieri Benny Gantz, alto esponente del gabinetto di guerra, aveva promesso libertà di accesso: «la nostra guerra – ha dichiarato – non è contro l’islam, ma contro coloro che feriscono i valori dell’islam. Contro coloro che commettono crimini contro l’umanità e hanno cercato di distruggere la società israeliana e il nostro futuro comune».
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Immagine di IDF Spokesperson’s Unit photographer via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Geopolitica
Orban: Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e prendersi ancor più potere

Brussels wants war to impose a common debt and seize more power, stripping competences from the member states. The arms industry wants war for profit. Meanwhile, powerful lobbies want to exploit war to expand their influence. In the end, everyone is trying to cook their own meal… pic.twitter.com/9GPzyH5SCS
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Brussels has chosen a strategy of wearing Russia down through endless war. This means pouring billions into Ukraine, sacrificing Europe’s economy, and sending hundreds of thousands to die at the front.
❌ Hungary rejects this. Europe must negotiate for peace, not pursue endless… pic.twitter.com/iA5LmpuDLI — Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Geopolitica
Il Venezuela segnala un volo «illegale» di un F-35 USA vicino ai suoi confini

Il Venezuela ha accusato gli Stati Uniti di aver effettuato voli «illegali» con caccia F-35 vicino ai suoi confini, in un contesto di crescenti tensioni nei Caraibi.
Il ministro degli Esteri Yvan Gil Pinto ha dichiarato che l’«incursione illegale» è stata rilevata giovedì a circa 75 chilometri dalla costa, vicino alla città di Maiquetia. Ha definito le manovre una «provocazione che minaccia la sovranità nazionale e viola il diritto internazionale».
Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez ha riferito che almeno cinque F-35 sono stati avvistati in volo a una velocità di 400 nodi e a un’altitudine di 35.000 piedi, sottolineando che si tratta della prima volta che aerei di questo tipo sono stati impiegati nella regione.
Le tensioni sono aumentate il mese scorso, quando gli Stati Uniti hanno intercettato quattro imbarcazioni venezuelane in acque internazionali, accusate di trasportare presunti trafficanti di droga.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha successivamente dispiegato una flotta navale nella regione, accusando Caracas di collaborare con cartelli «narco-terroristici» per colpire gli Stati Uniti. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha respinto le accuse, promettendo di difendere il suo Paese da qualsiasi aggressione.
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Lunedì, il New York Times ha riportato che i principali collaboratori di Trump lo hanno esortato a destituire Maduro. Il presidente statunitense ha negato piani per un cambio di regime, pur avendo imposto dure sanzioni al Venezuela durante il suo primo mandato.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Caracas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
Settimane fa il presidente venezuelano ha definito il premier britannico Keir Starmer come «pazzo diabolico». I rapporti sono tesi anche con Buenos Aires, con Milei a chiedere alla Corte Penale Internazionale l’arresto del Maduro.
Due settimane fa l’account di Maduro è stato rimosso da YouTube.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Jeffrey Sachs: USA «regime fantoccio» di Israele, Washington «governo del Mossad»

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