Geopolitica
Scholz denunciato per aver «aiutato e favorito» il genocidio a Gaza
Gli avvocati tedeschi, che rappresentano le famiglie di due cittadini di Gaza, hanno presentato una denuncia penale «contro funzionari del governo tedesco, per il reato di favoreggiamento e favoreggiamento del genocidio contro il popolo palestinese a Gaza fornendo armi a Israele e rilasciando i relativi permessi di esportazione».
La causa è stata intentata presso l’ufficio del procuratore federale tedesco. Sono accusati il cancelliere Olaf Scholz, il suo ministro degli Esteri Annalena Baerbock, il ministro dell’Economia Robert Habeck e il ministro delle Finanze Christian Lindner, nonché membri dell’agenzia governativa tedesca per le licenze per l’esportazione di armi.
Il deposito è stato annunciato il 22 febbraio dalla «Justice and Accountability for Palestine Initiative», una rete globale di esperti legali palestinesi e internazionali e difensori dei diritti umani formata congiuntamente nel gennaio 2024 dal Centro Europeo di Supporto Legale (ELSC), dall’Istituto Palestinese per la Diplomazia pubblica (PIPD) e Law for Palestine, per coordinare indagini e azioni legali contro individui ed entità implicate in crimini in Palestina.
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Il comunicato stampa della Justice and Accountability Initiative chiarisce le accuse contro Scholz e gli altri si basa sulla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 26 gennaio sul caso sudafricano secondo cui Israele starebbe compiendo un genocidio a Gaza: «il diritto penale tedesco richiede un motivo di sospetto iniziale per avviare le indagini su un potenziale reato commesso. La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia ha mostrato chiaramente che esiste un motivo di sospetto iniziale quando si tratta del crimine di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza», si legge nel comunicato stampa.
«Quando si tratta di favoreggiamento, questo può essere fatto attraverso il supporto logistico, finanziario o materiale, ma anche creando condizioni favorevoli per il reato principale. In particolare, il favoreggiamento comprende l’autorizzazione all’esportazione di armi e il sostegno politico» precisa la press release.
Come prova di questa accusa viene citato l’aumento di dieci volte delle esportazioni di armi tedesche verso Israele nel 2023 rispetto al 2022, la maggior parte delle esportazioni è stata approvata dopo il 7 ottobre.
Il comunicato cita Nora Ragab, una delle querelanti nel caso che ha parenti a Gaza: «noi, palestinesi della diaspora, non resteremo a guardare un genocidio commesso contro le nostre famiglie e il nostro popolo. Utilizzeremo tutti i mezzi a nostra disposizione, dalle proteste nelle strade alle azioni legali nei tribunali penali. Oggi miriamo a ritenere il governo tedesco responsabile della sua complicità nel genocidio di Gaza».
Lanciata ad Amsterdam il 22 gennaio, la Justice and Accountability Initiative ha messo in guardia i funzionari pubblici di Austria, Francia, Germania e Paesi Bassi «che potrebbero essere individualmente responsabili per il loro ruolo nell’aiutare e nel favorire i crimini di guerra israeliani e i crimini contro l’umanità e il crimine di genocidio attraverso il loro coinvolgimento nel fornire sostegno militare, economico e politico a Israele».
Questa nuova causa «invia un messaggio chiaro ai funzionari tedeschi: non si può continuare a rimanere complici di tale crimine senza conseguenze. Vogliamo responsabilità», ha detto Nadija Samour, l’avvocato dell’ELSC che ha presentato le accuse.
Come riportato da Renovatio 21, ad una conferenza stampa congiunta dello scorso novembre, Scholz stette in silenzio quando Erdogan, al suo fianco, disse pubblicamente che la Germania non può parlare liberamente di Israele a causa dell’Olocausto.
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«Parlo liberamente perché non dobbiamo nulla a Israele. Se fossimo in debito, non potremmo parlare così liberamente», dichiarò il presidente turco. «Chi è indebitato non può parlare liberamente. Non abbiamo vissuto l’Olocausto e non ci troviamo in una situazione del genere».
🇩🇪🇹🇷🚨‼️ FULL ADDRESS: Erdogan and Scholz!
Erdogan: “We have no debt to Israel.
Those with debts cannot speak freely!
We did not go through the Holocaust.” pic.twitter.com/JRUXwPhQKI
— Lord Bebo (@MyLordBebo) November 18, 2023
Mentre gli USA negano vi siano segni di genocidio tra le 29 mila persone ammazzate a Gaza negli ultimi mesi, anche i riferimenti a genocidi biblici – Amalek – fatti dal governo israeliano sono stati ritirati come «fraintendimenti».
La complicità europea è stata sottolineata dall’eurodeputata irlandese Clare Daly che ha apostrofato la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen come «frau genocidio».
In precedenza, il ministro spagnuolo per i diritti sociali Ione Belarra aveva accusato Bruxelles di inerzia di fronte a quello che lei chiamava «genocidio» in atto a Gaza.
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Immagine di Deutsche Bundesbank via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
L’UE e la Casa Bianca condannano gli «estremisti israeliani» che attaccano i convogli umanitari
Below is eyewitness footage of one aid convoy being attacked. Sent by Sapir Sluzker Amran, a peace activist who tried to stop the protests. She said those who attacked the convoy were mostly Israeli settlers. The border crossing was located at Tarqumiya in the occupied West Bank pic.twitter.com/5w9qrb9vtu
— Emmet Lyons (@EmmetlyonsCBS) May 14, 2024
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«Hanno iniziato qualche mese fa, raccolgono molti soldi e hanno molti sostenitori nel governo», ha detto Amran alla CBS, sostenendo che l’esercito e la polizia israeliani hanno fatto trapelare l’ubicazione dei convogli di aiuti destinati al gruppo. Ha anche affermato che uno dei coloni l’ha colpita durante l’incidente di lunedì e che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno invece protetto l’aggressore. Tsav 9 è un gruppo che si è impegnato a bloccare tutti gli aiuti a Gaza mentre tutti gli ostaggi israeliani rimarranno nelle mani di Hamas, l’organizzazione militante palestinese che ha catturato oltre 200 prigionieri durante l’incursione del 7 ottobre dello scorso anno. La polizia israeliana ha affermato che stava indagando sull’attacco al convoglio e aveva arrestato «diversi sospetti». Come riportato da Renovatio 21, dopo che erano state annunziate sanzioni nelle settimane precedenti, lo scorso mese gli Stati Uniti hanno accusato cinque unità dell’esercito israeliano di violazioni dei diritti umani. Come riportato da Renovatio 21, abusi da parte dei militari israeliani sono diffusi sui social, come ad esempio il canale Telegram «72 vergini – senza censura», dove vengono caricati dagli stessi militari video ed immagini di quella che si può definire «pornografia bellica». Vantando «contenuti esclusivi dalla Striscia di Gaza», il canale 72 Virgins – Uncensored ha più di 5.000 follower e pubblica video e foto che mostrano le uccisioni e le catture di militanti di Hamas, nonché immagini dei morti.(1)היום בצהריים, מחסום טרקומיא.
— Sapir Sluzker Amran (@Sapir_SLAM) May 13, 2024
עשינו מה שיכולנו כדי לעצור מאות מתנחלים להשמיד מזון שהיה אמור להאכיל עשרות אלפים בעזה ולרגע היה נראה שהצלחנו, אבל היינו רק שתיים. בפעם הבאה נגיע מאות.
קרדיט לתמונות ולסרטונים: ספיר סלוצקר עמראן ונטע חממי טביב.
<< pic.twitter.com/LiSD9UXNmm
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Geopolitica
La polifonia vaticana sulla guerra in Ucraina
Mentre il conflitto tra Ucraina e Russia entra nel suo terzo anno, nelle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede sono emersi diversi punti di vista, sia da parte del Santo Padre che dei servizi diplomatici della Segreteria di Stato.
Sinfonia? Cacofonia? Dissonanza intenzionale? Che si sia entusiasti o meno dell’attuale pontificato, varia notevolmente l’apprezzamento delle differenze di tono che si osservano al di là del Tevere nella trattazione del conflitto russo-ucraino.
Da parte del Papa, Papa Francesco ripete da mesi costantemente i suoi appelli alla pace per la ragione che «la guerra è sempre una sconfitta» e che coloro che vincono sono i “fabbricanti di armi”. È una posizione che ha il merito di restare immutata.
In un’intervista alla televisione svizzera RTS del 2 febbraio 2024, andata in onda a marzo, il Papa ha invitato l’Ucraina ad avere «il coraggio di negoziare»: «credo che il più forte sia chi vede la situazione, chi pensa del popolo, che ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare», ha dichiarato, chiedendo che la mediazione venga effettuata da un paese che lo ha offerto, come la Turchia.
Sarà un negoziato necessario per evitare il «suicidio» del Paese. Il Papa ha poi risposto a una domanda sul tema del «bianco», parlando delle virtù del bianco ma anche della «bandiera bianca». Le sue dichiarazioni hanno innescato una crisi diplomatica tra Santa Sede e Ucraina, ma che avrebbero lo scopo di sottolineare la posizione pacifista di un Papa che mette la sacralità della vita al di sopra di ogni altra cosa.
Per il capo della diplomazia ucraina, a cui si uniscono le voci più critiche all’interno della Chiesa nei confronti dell’attuale Romano Pontefice, si tratterebbe di un atteggiamento che evoca la «neutralità osservata da Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale».
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Il Vaticano ha tentato di chiudere la polemica: «il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare una cessazione delle ostilità, una tregua raggiunta con il coraggio del negoziato», ha spiegato il direttore della Lo ha affermato la Sala Stampa della Santa Sede.
Il 24 aprile Francesco insisteva e affermava in una nuova intervista concessa al canale americano CBS: «cercate di negoziare. Cerca la pace. Una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine», sottolinea il Sommo Pontefice, alludendo sia alla guerra in Ucraina che alla situazione a Gaza.
Da parte della Segreteria di Stato i toni non sono esattamente gli stessi. Dall’inizio del conflitto, la diplomazia vaticana non ha mai difeso una capitolazione dell’Ucraina. In più occasioni, i suoi due più alti funzionari, il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Gallagher, hanno ammesso pubblicamente la legittimità di una guerra difensiva, inviando anche armi per realizzarla.
In una recente intervista con la rivista America del 25 marzo 2024, l’arcivescovo Gallagher ha affermato di ritenere che «la Russia non stabilisce le condizioni necessarie [per negoziare]. Le condizioni necessarie, che sono nelle mani della Russia, sono fermare gli attacchi, fermare i missili». Afferma anche della Santa Sede che «non sosteniamo che i confini dei paesi debbano essere modificati con la forza».
I gesuiti della Civiltà Cattolica – rivista influente in Italia, e teoricamente vidimata dalla Santa Sede prima della pubblicazione – hanno difeso una posizione diversa da quella di Papa Francesco e della Segreteria di Stato, sostenendo una futura controffensiva ucraina e un sostegno più forte dall’Europa e dalla NATO per l’Ucraina. Cosa si può dire di questo concerto a più voci?
Un funzionario vaticano, citato in condizione di anonimato da La Croix, riassume la situazione dipingendo un quadro sfumato della più antica diplomazia del mondo: «Siamo neutrali ma senza indifferenza etica. La storia è più complessa di un mondo in bianco e nero. Per noi Ucraina e Russia non sono due realtà sociopolitiche completamente separate…»
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
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