Economia
Come si è espansa la bolla dei derivati nel 2023
Secondo l’International Swaps and Derivatives Association (ISDA), c’è stato un rapido aumento della bolla globale dei derivati, che viene segnalata almeno fino alla fine di giugno 2023. Da allora, senza dubbio, è continuata.
Il valore nozionale globale dei derivati OTC – ossia negoziati tra le parti fuori dai mercati regolamentati – in circolazione è aumentato del 13% nell’anno terminato il 30 giugno 2023, raggiungendo i 715mila miliardi di dollari, riferisce la famigerata Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI).
Ciò seguì un periodo di circa un decennio in cui tale crescita fu scarsa; ad esempio, nell’anno terminato il 30 giugno 2022 la BRI ha dichiarato una crescita di appena l’1,8% nel totale globale dei derivati OTC.
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Un fattore è chiaramente la conquista del dominio da parte dei più grandi hedge fund nei segmenti a breve termine del mercato dei titoli del Tesoro statunitense: l’enorme crescita dei derivati chiamati «basis trade» nei titoli del Tesoro (una forma di scambio di derivati su tassi di interesse), riguardo ai quali l’economista Mark Zandi di Moody’s Analytics (assieme a molti altri) ha messo in guardia in novembre e dicembre, e per i quali la Securities and Exchange Commission (SEC) sta «considerando» una restrizione.
Secondo Bloomberg la SEC, in una data futura, sta andando richiedere che tutte le negoziazioni del Tesoro passino attraverso «una camera di compensazione». La SEC non chiarisce quando ciò avverrà; ma l’annuncio delle intenzioni rafforza il fatto che la SEC è preoccupata per i pericoli sistemici derivanti dalla massiccia «base negoziazione» di titoli del Tesoro.
Un articolo del 20 gennaio sul Financial Times scrive che «i fondi pensione USA del valore di 1,5 trilioni di dollari aggiungono rischio attraverso la leva finanziaria», poiché i più grandi fondi pensione statunitensi hanno fatto ricorso massiccio a investimenti con leva finanziaria e ai derivati per generare «rendimenti» in parti illiquide dei loro portafogli, riporta EIRN.
Questa è la famigerata strategia LDI (liability-driven investments, ossia investimenti basati sulla leva finanziaria) esposta nei più grandi fondi pensione britannici e che ha causato la crisi obbligazionaria britannica del dicembre 2022, poco più di un anno fa.
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A quel tempo si diceva che i fondi pensione statunitensi non utilizzassero l’LDI; ad esempio, un’analisi pubblicata dalla Federal Reserve Bank di Chicago ha affermato che nessun grande fondo pensione statunitense aveva una leva debitoria pari al 10% delle sue attività. Che lo facessero o meno allora, importa relativamente, perché lo fanno adesso, secondo il Financial Times.
Uno studio dell’Institute of International Finance (IIF) apparso lo scorso settembre riporta che il debito globale ha raggiunto un nuovo massimo di 307 trilioni dollari.
A fine dicembre 2022 statistiche ufficiali sui derivati pubblicate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali ha mostrato un aumento del 7% per la prima metà del 2022.
Come riportato da Renovatio 21, secondo alcuni calcoli, a fine 2022 i titoli finanziari derivativi si sono avvicinati alla cifra di 2 quadrilioni di dollari.
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Le Filippine approvano una nuova criptovaluta per agevolare le rimesse dall’estero
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
La Banca Centrale delle Filippine ha dato l’approvazione per il lancio di PHPC, una stablecoin agganciata al peso filippino in modo da ridurne la volatilità. La piattaforma Coins.ph punta a raggiungere tra i 20 e i 30mila utenti nel primo mese. Sono circa 10 milioni i lavoratori all’estero che con la nuova moneta digitale sperano di abbattere i costi di transazione.
Le Filippine hanno approvato l’emissione di un nuovo tipo di criptovaluta, una stablecoin (letteralmente: «moneta stabile») chiamata PHPC che sarà ancorata al peso filippino. Una risorsa che potrebbe abbattere i costi di transazione nell’invio delle rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero.
A differenza delle criptovalute «tradizionali», infatti, il valore delle stablecoin è legato a quello di un asset di riserva stabile. In questo modo la volatilità è ridotta, o meglio, è più prevedibile e misurabile. (…)
Dopo aver ricevuto il via libera dalla Bangko Sentral ng Pilipinas – la Banca centrale – la principale piattaforma di blockchain del sud-est asiatico, Coins.ph, ha annunciato di essere pronta a emettere la criptovaluta PHPC entro l’inizio di giugno per provare a raggiungere, nel primo mese, dai 20 ai 30mila utenti.
Uno degli utilizzi principali per cui è stata pensata la nuova moneta digitale è l’invio di rimesse da parte dei filippini che vivono all’estero, pari a circa 10 milioni in tutto il mondo. Rispetto agli altri canali, come le banche o i cosiddetti «pera padala», enti finanziari locali, l’invio di rimesse tramite criptovalute è più economico e disponibile 24 ore su 24.
La diaspora filippina ha finora utilizzato le stablecoin agganciate al dollaro statunitense, dovendo quindi pagare una serie di tariffe per la conversione in pesos. Con la PHPC questi costi di transazione verrebbero eliminati: «il parente che riceve il denaro non dovrà più convertire i dollari in pesos», ha commentato Wei Zhou, amministratore delegato di Coins.ph, spiegando che da circa un anno il progetto era in discussione con la Banca centrale delle Filippine.
Zhou ha aggiunto che la nuova stablecoin delle Filippine verrà resa disponibile anche in altri exchange di criptovalute (le piattaforme online per il trading), in modo che diventi accessibili anche su altri mercati e permetta l’invio di rimesse da tutto il mondo.
«Si può immaginare che se la PHPC è quotata sui nostri exchange di criptovalute partner, ad esempio in Australia, o a Singapore, o negli Stati Uniti, allora i nostri familiari e possono acquistare la PHPC e inviarla direttamente ai portafogli di Coins.ph», ha commentato Zhou.
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Immagine di jopetsy via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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