Geopolitica
Londra schiera una nave da guerra in Guyana nel mezzo della disputa territoriale con il Venezuela
Secondo quanto riportato dalla stampa britannici, Londra ha deciso di schierare la nave da guerra della Royal Navy HMS Trent in Guyana dopo Natale.
La nave da guerra prenderà parte ad esercitazioni navali congiunte con l’ex colonia britannica e membro del Commonwealth. La decisione sarebbe stata motivata dall’attuale divampare della disputa territoriale tra Guyana e Venezuela.
«La HMS Trent visiterà la Guyana, alleata regionale e partner del Commonwealth, alla fine di questo mese come parte di una serie di impegni nella regione durante il suo dispiegamento nell’Atlantic Patrol Task», ha detto un portavoce del Ministero della Difesa britannico.
L’HMS Trent è un pattugliatore d’altura di classe Batch 2 River, che prende il nome dal fiume Trent. Comandata dal comandante Tim D. Langford, è progettata per svolgere compiti che includono «lotta alla pirateria, lotta al contrabbando, protezione della pesca, pattugliamento delle frontiere, lotta al terrorismo, aiuti umanitari, ricerca e salvataggio, pattugliamenti generali e diplomazia di difesa», scrive il sito web della Marina di Sua Maestà.
La nave da guerra resterà alle Barbados, la regione caraibica delle Americhe, durante il periodo natalizio, dopodiché farà rotta verso la Guyana. Secondo quanto riferito, le sue attività saranno svolte in mare e non comporteranno l’attracco nella capitale della Guyana, Georgetown.
Leaving Gibraltar 12 days ago TRENT has traveled 3200 miles across the Atlantic and is now ready to operate in its new area of operations. The first port of call is Bridgetown, Barbados where the crew will enjoy a stand down over the Xmas period. @RoyalNavy @UKScottFW pic.twitter.com/t5ZanN4H0c
— HMS Trent (@HMSTrent) December 18, 2023
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All’inizio di dicembre, quando il ministro degli Esteri britannico per le Americhe e i Caraibi, David Rutley, aveva visitatola Guyana, si era detto che avesse affermato che il Regno Unito avrebbe lavorato a livello internazionale «per garantire che l’integrità territoriale della Guyana fosse rispettata».
Il confine tra Guyana e Venezuela, che attraversa la regione Guyana-Essequibo, nota per le sue abbondanti riserve petrolifere, è da diversi decenni motivo di disputa territoriale.
Quando il Venezuela ottenne l’indipendenza dalla Spagna nel 1845 riconobbe Essequibo – una zona di 160.000 kmq – come parte del suo territorio sovrano. Nel 1899, tuttavia, il Regno Unito presentò e vinse una richiesta di arbitrato per riconoscere Essequibo come parte della sua allora colonia caraibica della Guyana britannica, riporta Sputnik.
La Guyana indipendente ha deferito la controversia alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) nel 2018. Ciò è avvenuto dopo che il presidente del Venezuela Nicolas Maduro si è opposto alla concessione da parte dell’ex presidente della Guyana David Granger dei diritti di esplorazione petrolifera al largo della costa di Essequibo alla ExxonMobil, la multinazionale petrolifera franco-americana.
Il Venezuela ha tenuto un referendum all’inizio di questo mese in cui quasi il 96% della popolazione ha votato a favore dell’annessione da parte di Caracas della regione di Essequibo. Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha presentato una proposta al Parlamento, suggerendo la creazione del 24° stato del Venezuela, denominato Guyana-Essequibo, producendo quindi una nuova mappa che mostra la regione contesa di Essequibo come parte del Venezuela.
Oltre a riferirsi ad Essequibo come ad una «zona di difesa integrale», il presidente venezuelano ha proposto un termine di tre mesi affinché le compagnie petrolifere interrompano le operazioni offshore nell’area.
Inoltre, Maduro ha firmato un decreto che facilita la creazione di unità specializzate all’interno della compagnia statale di petrolio e gas PDVSA – PDVSA Essequibo e della Guyana Venezuelan Corporation – CVG Essequibo. Per supervisionare lo Stato appena formato, il maggiore generale Alexis Rodriguez Cabello è stato nominato unico capo del 24esimo neo-Stato federato venezuelano.
Venezuela e la Guyana hanno concordato di non minacciare o usare la forza in nessuna circostanza per risolvere la controversia, come da una dichiarazione congiunta pubblicata dal presidente venezuelano Nicolas Maduro.
Le parti hanno inoltre concordato di incontrarsi in Brasile entro i prossimi tre mesi per «considerare qualsiasi questione con implicazioni per il territorio in controversia» e istituire immediatamente una commissione congiunta a livello di ministro degli Esteri ed esperti per affrontare la controversia.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa un editoriale apparso sul Financial Times – considerabile come il quotidiano della City di Londra – esortava Washington a reimporre sanzioni complete al Venezuela e rovesciare il governo Maduro.
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Immagine di Shaun Roster via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0 (OGL v1.0)
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior. In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW — Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA. President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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