Geopolitica
Gaza: la guerra uccide anche i cristiani e travolge gli ospedali
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Almeno due morti nelle ultime ore nella piccola comunità locale: una anziana molto conosciuta e freddata mentre cercava di raggiungere la propria casa per recuperare effetti personali. Oggi un uomo anziano e malato, deceduto per l’impossibilità di cure mediche. L’esercito israeliano ha fatto irruzione nell’ospedale di al-Shifa, ma testimonianze drammatiche continuano a giungere anche dall’anglicano al-Ahli. L’appello per la pace dell’arcivescovo Hosam Naoum.
Fedeli anziani uccisi, chiese circondate, ospedali teatro di incursioni dei militari o vittime «collaterali» di attacchi e bombardamenti.
La guerra a tutto campo lanciata da Israele contro Hamas a Gaza colpisce anche i cristiani, come ha sottolineato oggi un sito protestante che rilancia la notizia di un «accerchiamento» a una chiesa di Gaza, citando fonti interne alla comunità.
Intanto è ancora vivo il dolore per la morte di una donna cristiana battista di 84 anni, che aveva trovato rifugio nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia per cercare riparo dai raid aerei dell’aviazione con la stella di David; in molti hanno voluto ricordarla con un messaggio sui social o renderle omaggio per un ultimo saluto.
E sempre sui social arriva oggi la notizia della morte di un anziano cristiano deceduto nella chiesa in cui aveva trovato rifugio, perché seppur ammalato non ha potuto essere trasportato in ospedale per cure mediche.
Figlia di una nota poetessa palestinese, Elham Farah è morta il 12 novembre scorso colpita da un cecchino nella Striscia. Fonti locali raccontano che era uscita dall’area in cui sorge la chiesa per recuperare alcuni effetti personali rimasti nella propria abitazione nel quartiere di al-Rimal, a Gaza City, e verificarne le condizioni dopo giornate di intensi bombardamenti. Tuttavia, è stata colpita lungo il tragitto lasciandola a terra sanguinante. Sebbene fosse ferita in modo grave alla gamba, nessuno ha potuto avvicinarsi al suo corpo e prestarle aiuto per non rischiare di essere a sua volta centrato dai proiettili dei militari appostati nell’area.
L’anziana donna è deceduta per dissanguamento e, secondo una testimonianza, un carro armato avrebbe anche travolto il cadavere riverso a terra e recuperato solo a distanza di un giorno. Prima della guerra insegnava musica ed è ricordata dai cristiani di Gaza per il suo sorriso, la gioia espressa sin dal suo cognome che è la parola araba per «felicità».
Fra le prime a dare notizia della morte la nipote Carol, che in un messaggio su X (ex Twitter) la ricorda come persone «carina e gentile» che «continuava a mandarmi versetti della Bibbia e canti di adorazione questa settimana con la poca elettricità che aveva». Un altro utente ha scritto un messaggio su un social con il suo nome come hashtag: «credo che a Gaza non ci sia nessuno che non l’abbia incontrata per strada. Fermava sempre le persone, sorrideva loro e iniziava a parlare con loro. Era un’icona di Gaza in termini di cultura, conoscenza e consapevolezza. Continueremo a pregare per lei e a parlare di lei. L’unica consolazione è che ha vissuto la sua vita suonando». Un ex studente ha aggiunto che «ci piaceva molto ascoltare la sua musica, era una delle lezioni più belle».
Intanto l’esercito israeliano (IDF) continua le operazioni militari attorno ai principali ospedali della Striscia, da quello di al-Shifa teatro di una irruzione notturna a quello anglicano perché al loro interno troverebbero rifugio miliziani di Hamas o costudirebbero basi del movimento. In queste ore attorno all’al-Ahli Arab Hospital, il nosocomio gestito dagli anglicani e luogo di «cura e convivenza» colpito il mese scorso e sulla cui responsabilità vi è stato un continuo rimpallo di accuse fra IDF e Hamas, si respira un clima di forte tensione.
In questi giorni i medici lanciano ripetuti appelli per la fornitura immediata di aiuti medici, chirurghi, infermieri, tecnici di radiologia e tecnici di sala operatoria per far fronte al crescente carico di pazienti e di civili in cerca anche solo di un rifugio. La struttura è tornata operativa a fine mese scorso e cerca di sopperire come può, e con una grave insufficienza di mezzi e risorse, all’emergenza umanitaria e sanitaria in atto.
Fadel Naim, medico a capo del dipartimento di ortopedia, evidenzia la carenza di personale: «in questo momento – afferma in un vocale rilanciato da alcuni media il 13 novembre – l’unico ospedale funzionante è l’ospedale Al-Ahli, quindi stiamo ricevendo [un] numero enorme di persone con ferite complicate». Le sue parole erano inframezzate da esplosioni legate ai bombardamenti in atto. «Il nostro – ha aggiunto – è un piccolo ospedale, non è pronto per essere un ospedale traumatologico», ma «lo stiamo modificando per soddisfare le esigenze».
Fra i più attivi a rilanciare notizie dal nosocomio il medico e blogger Ghassan Abu Sitta, che sul proprio profilo social documenta video di bombardamenti nei pressi della struttura e denuncia le criticità quotidiane. In uno degli ultimi accusa: «abbiamo ricevuto oltre 20 ferite da arma da fuoco al petto e al collo sparate dai droni israeliani Quadcopter. Questo è un drone da basso volo che svolge il compito di un cecchino. Quando si tratta di uccidere sono così innovativi».
Dall’ospedale di al-Shifa, teatro di una irruzione dei militari nella notte, giungono notizie frammentarie nel quadro di una operazione di vasta scala tuttora in corso. Secondo alcuni testimoni oculari i soldati avrebbero ordinato a tutti gli uomini fra i 16 e i 40 anni di abbandonare l’edificio, con la sola eccezione di quanti sono impegnati in pronto soccorso e nelle sale operatorie.
Altri avrebbero sparato colpi in aria per costringere le persone rimaste all’interno a uscire, installando dispositivi di scansione e rilevamento all’interno del quale hanno fatto passare i fuoriusciti. Voci che si rincorrono e che faticano a trovare – almeno sinora – immagini e filmati indipendenti di conferma, in una situazione che resta di forte tensione e confusione.
Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus definisce «profondamente preoccupante» l’incursione dell’esercito. «Abbiamo perso di nuovo – ha aggiunto – i contatti col personale sanitario. Siamo molto preoccupati per la sicurezza loro e dei pazienti». Un video rilanciato dal sito attivista Eye on Palestine denuncia su Telegram bombardamenti nei pressi dell’ospedale indonesiano, anch’esso secondo Israele base e rifugio per i miliziani di Hamas.
Sulla situazione dei cristiani a Gaza è intervenuto anche l’arcivescovo anglicano di Gerusalemme Hosam Naoum, inviando un videomessaggio al sinodo generale della Church of England in cui sottolinea il compito «difficile e controverso» di cercare pace e riconciliazione in Terra Santa.
Egli ha inoltre esortato la comunità internazionale a lavorare per una risoluzione del conflitto e ad attuare un cessate il fuoco immediato per garantire corridoi umanitari e la protezione dei civili. «Il linguaggio della riconciliazione… può essere difficile e può essere controverso. Ma qui in Terra Santa – conclude – abbiamo bisogno di quel linguaggio di pace e riconciliazione più che maiK.
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Kiev ha rimosso la clausola anticorruzione dal piano di pace degli Stati Uniti
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Geopolitica
Orban: l’UE deve smettere di finanziare la «corrotta mafia di guerra ucraina»
L’Unione Europea deve smettere di alimentare il conflitto ucraino versando denaro alla «mafia corrotta della guerra» di Kiev e puntare invece sulla pace: lo ha dichiarato martedì il primo ministro ungherese Vittorio Orban, proprio mentre l’Ucraina è travolta da un maxi-scandalo di corruzione.
La scorsa settimana il NABU (Ufficio nazionale anticorruzione sostenuto dall’Occidente) ha aperto un’inchiesta su un’«organizzazione criminale di alto livello» guidata da Timur Mindich, ex socio d’affari di Zelensky, accusata di aver intascato circa 100 milioni di dollari in tangenti dall’operatore nucleare statale Energoatom.
«Scegliamo il buon senso», ha scritto lo Orban su X. «Smettiamo di finanziare una guerra che non può essere vinta, insieme alla corrotta mafia bellica ucraina, e concentriamoci sulla costruzione della pace».
Bruxelles sta cercando di racimolare altri 135 miliardi di euro (156 miliardi di dollari) per Kiev, ma «semplicemente non ha i soldi», ha sottolineato il premier ungherese. Le tre opzioni sul tavolo portano tutte allo stesso «vicolo cieco brussellese».
€135 billion. That’s how much money the head of the Brusselian bureaucracy, President @vonderleyen, wants to scrape together for Ukraine. This is the price of prolonging the war.
The President has one problem: she doesn’t have this money. What she does have are 3 proposals on… pic.twitter.com/XFic4Fsgmr
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) November 20, 2025
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Il presidente della Commissione UE Orsola Von der Leyen «ha un problema: non ha questi soldi. Ha solo tre proposte sul tavolo»:
«1. Che gli Stati membri contribuiscano. Volentieri e con entusiasmo, attingendo ai propri bilanci. Come se non avessero niente di meglio da fare».
«2. Un noto “trucco magico” brussellese: il prestito congiunto. Oggi non ci sono soldi per la guerra, quindi saranno i nostri nipoti a pagare il conto. Assurdo».
«3. Una proposta per sequestrare i beni russi congelati. Una soluzione comoda, ma dalle conseguenze impossibili da prevedere. Lunghi battibecchi legali, una valanga di cause legali e il crollo dell’euro. Ecco cosa ci aspetta se scegliamo questa strada».
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni il premier magiaro è sbottato varie volte sull’argomento UE e guerra Ucraina, sostenendo che un prestito congiunto europeo farebbe ricadere «sui nostri nipoti i costi della guerra russo-ucraina» e che finanziare la «mafia di guerra» di Kiev è come la vodka per un alcolizzato.
Dopo essersi scagliato plurime volte contro la «rete mafiosa bellica» di Zelens’kyj, in settimana Orban aveva dichiarato che il conflitto in Ucraina sta uccidendo l’economia UE.
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Immagine da Twitter
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L’UE respinge il piano di pace per l’Ucraina proposto dagli Stati Uniti
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