Immigrazione
Tra i morti nel naufragio in Calabria anche una giocatrice della nazionale pakistana di Hockey
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Shahida Raza veniva dal Belucistan, dove la minoranza etnica è perseguita e dove nel mese di febbraio si è registrato un aumento delle violenze da parte dei talebani pakistani. Faceva parte anche di una squadra di calcio. Finora sono 17 i migranti dal Pakistan sopravvissuti alla tragedia in mare nei pressi di Crotone.
C’è anche una giocatrice della nazionale pakistana di hockey tra i 67 migranti rimasti uccisi nel naufragio di Steccato di Cutro, in Calabria, nel Sud Italia.
Si chiamava Shahida Raza, aveva 27 anni e apparteneva alla minoranza etnica hazara, di fede perlopiù islamica sciita e originaria dell’Afghanistan centrale. Una comunità da sempre perseguitata e che in Pakistan si concentra nella città di Quetta, capoluogo della provincia del Belucistan, dove di recenti si è registrato un aumento nel numero di attentati.
Soprannominata Chintoo, Shahida Raza aveva preso parte all’Asian Hockey Federation Cup nel 2009 e nel 2012, ma giocava anche per la squadra di calcio femminile del Balochistan United, con la quale ha partecipato a otto campionati nazionali.
Una passione, ma anche un’importante fonte di reddito, scriveva, parlando della sua esperienza, il giornale pakistano Tribune nel 2013: i bonus in denaro per le prestazioni di spicco vanno infatti dalle 5mila alle 30mila rupie nei tornei più importanti (pari a circa 17 e 105 euro), ma l’importo destinato alle giocatrici varia a seconda della percentuale che il club decide di trattenere per gli allenamenti.
Secondo un profilo tracciato dal Quetta Literary Festival di cui era stata ospite nel 2022, Raza è stata anche campionessa di kung fu a livello nazionale e internazionale.
Il primo ministro del Belucistan, Mir Abdul Quddus Bizenjo, ha espresso il suo «profondo dolore» per la morte dell’ex giocatrice, che ha «illuminato il nome della provincia e del Paese nel campo dell’hockey», mentre il ministero degli Esteri pakistano ha comunicato che i connazionali che hanno perso la vita nel naufragio e sono stati riconosciuti dalle famiglie sono due.
I sopravvissuti sono 17, mentre un altro cittadino pakistano al momento risulta disperso.
La vicenda ha riacceso i riflettori sulle difficoltà che gli hazara devono affrontare anche in Pakistan. La comunità di Quetta è stata perseguitata dal gruppo estremista sunnita Lashkar-e Jhangvi, propaggine dell’organizzazione terroristica anti-sciita Sipah-e-Sahaba Pakistan, nata negli anni ‘80
Nel gennaio 2013 Lashkar-e Jhangvi ha rivendicato un attacco a Quetta in cui sono morti più di 200 hazara, ma dal 2004 al 2019 si stima che almeno 2 mila hazara siano stati uccisi.
A febbraio sono aumentati anche gli attacchi dei talebani pakistani (Tehreek-e Taliban Pakistan o TTP) in Belucistan, dove, secondo il Pakistan Institute for Conflict and Security Studies, sono stati registrati almeno 22 aggressioni in cui sono morte 25 persone e 61 sono rimaste ferite.
Nell’ultimo mese in tutto il Paese, invece, ci sono stati 58 attentati (il 32% in più rispetto a gennaio), una cifra che non si registrava dal giugno 2015.
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Immigrazione
Gli stranieri sono responsabili del 77% dei casi di stupro risolti a Parigi nel 2023
Dati riportati dal quartier generale della polizia di Parigi, hanno rivelato che il 77% dei casi di stupro risolti nella capitale nel 2023 sono stati commessi da persone che non possiedono passaporti francesi, con la maggior parte dei crimini sessuali avvenuti all’interno e nei dintorni di aree turistiche come il Campo di Marte. Lo riporta il sito European Conservative.
L’emittente francese Europe 1, che ha visto il rapporto del quartier generale della polizia di Parigi, ha rivelato che nella capitale sono stati registrati 97 stupri nel 2023, una cifra in aumento del 2% rispetto a quelli del 2022. Prima dell’anno scorso, il numero era rimasto relativamente stabile dal 2018. Dei casi totali registrati, 30 sono stati risolti con l’arresto di 36 autori.
Secondo il rapporto, oltre al fatto che la stragrande maggioranza degli autori dei reati non erano francesi, la maggior parte erano tossicodipendenti, senzatetto e disoccupati. Venti erano già noti alla polizia, di cui quattro per atti di violenza sessuale.
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Grégory Joron, segretario generale dell’Unité SGP Police-Force Ouvrière, uno dei più grandi sindacati di polizia francesi, si è lamentato dei risultati del rapporto.
«Si tratta ancora di uno stupro ogni tre giorni a Parigi… Ciò solleva una vera questione poiché è stabile dal 2018 circa e, nel complesso, possiamo vedere che è un fenomeno che non riusciamo a estinguere».
Per il capo del sindacato, i risultati del rapporto sono particolarmente preoccupanti alla luce dei prossimi Giochi Olimpici, dove si prevede che Parigi accoglierà – e manterrà la sicurezza e l’incolumità – circa 15 milioni di visitatori.
«Dovrebbero essere luoghi con lo 0% di delinquenza perché aspettiamo di accogliere milioni di turisti per le Olimpiadi, ma per il momento sono ancora luoghi dove purtroppo abbiamo ancora molti problemi tra le mani. Dopo un certo tempo, di notte, purtroppo esiste ancora il rischio che una donna cammini da sola per tornare da una festa o anche dal lavoro».
La notizia del rapporto dal quartier generale della polizia di Parigi arriva pochi giorni dopo che il ministro federale degli Interni tedesco Nancy Faeser ha presentato il rapporto annuale sulle statistiche sulla criminalità dell’Ufficio federale della polizia criminale (BKA), che dipingeva un quadro simile della situazione in Germania.
Come i dati di Parigi, anche i numeri nazionali tedeschi hanno rivelato che i titolari di passaporti stranieri erano massicciamente sovrarappresentati tra i sospettati di violenza sessuale a livello nazionale. La tendenza è stata registrata negli ultimi anni anche in Svizzera, Finlandia, Danimarca e altrove in tutta Europa.
Per Parigi si tratta di una situazione delicata, perché si avrà tra pochi mesi l’avvio delle Olimpiadi 2024 nella capitale francese.
L’Eliseo sta correndo ai ripari come può: non solo chiedendo, con Macron, una bizzarra «tregua» ai conflitti mondiali in occasione dei Giochi (lui che ha ripetuto la possibilità di truppe NATO in Ucraina!), ma anche con grandi operazioni di rilocazione che prevedono lo spostamento degli immigrati nei paesi di campagna.
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Come riportato da Renovatio 21, un anno fa i dati pubblicati indicavano che il 70% di tutte le rapine violente a Parigi perpetrate da stranieri.
Erano immigrati i protagonisti di violenze di alto profilo come l’attacco ad una poliziotta parigina ripreso da un video poi divenuto virale, gli accoltellamenti alla Gare de Lyon, l’assalto ad un teatro di Hauts-de-Seine con furti e ulteriori accoltellamenti. Senza contare episodi che hanno sconvolto la Francia come quello dell’insegnante Samuel Paty, decapitato nel 2020 da uno studente islamico.
Tuttavia, questi episodi non sono nulla rispetto alle rivolte etniche della scorsa estate – dette delle banlieues, ma qui la periferia c’entra meno che la questione etno-religiosa – che hanno dimostrato quanto la società francese sia di fatto divenuta fragile, sottoposta al ricatto continuo delle masse immigrate.
Come riportato da Renovatio 21, la possibilità di un grande evento sportivo di essere totalmente rovinato dalle orde extracomunitarie si era materializzata nel caso della finale di Champions League Liverpool-Real Madrid nel 2021, quando serque di immigrati stazionanti fuori dallo stadio di Saint Denis crearono disordini e molestarono senza requie i tifosi lidpuliani.
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Immagine di Katerina Athanasaki via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic
Immigrazione
Belgio, boom del voto musulmano a Bruxelles
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Immigrazione
La bandiera pakistana sventola sull’Abbazia di Westminster
Una bandiera nazionale Pakistana è stata issata sopra l’Abbazia di Westiminster, il più importante luogo di culto già cattolico e poi anglicano di Londra, in pratica uno dei segni più alti del Cristianesimo in terra anglica.
La bandiera con la luna musulmana era lì in riconoscimento del Pakistan Day, una festa nazionale che commemora l’approvazione della risoluzione di Lahore, in base alla quale il 23 marzo 1940 fu approvata una nazione separata per i musulmani dell’impero indiano britannico richiesta dalla Lega musulmana, e l’adozione della prima Costituzione del Pakistan il 23 marzo 1956, rendendo il Pakistan la prima Repubblica Islamica del mondo.
🇵🇰 The Pakistani flag is being flown from Westminster Abbey, Britain’s most important Anglican Church. Chilling. pic.twitter.com/4A5dNVYpl6
— Ben Kew (@ben_kew) March 26, 2024
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La separazione di India e Pakistan a seguito della dipartita dei britannici – la cosiddetta Partition – causò almeno un milione di morti e un numero tra i 10 e 20 milioni di profughi, nonché tensioni geopolitiche mai risolte che ora possono sfociare in un confronto tra due potenze atomiche.
All’interno dell’Abbazia si è tenuto un evento di preghiera, a cui hanno partecipato funzionari dell’Alto Commissariato pakistano. Il problema, come alcuni hanno sottolineato, è che il Pakistan ha ancora leggi brutali sulla blasfemia e una storia di persecuzione dei cristiani.
I filmati dell’accaduto hanno scioccato molti utenti della rete. Molti cittadini inglesi si sono inoltre chiesti come mai l’Union Jack, la bandiera nazionale del Regno Unito, non fosse in alcun modo visibile. In pratica, la bandiera britannica pareva essere stata, letteralmente, sostituita…
Westminster Abbey @wabbey marks Pakistan Day with Special Service.
Pakistan's flag hoisted on the rooftop of Westminster Abbey.
As per tradition, the Westminster Abbey organized a Special Evensong to mark the Pakistan Day.
Special prayers were offered for the progress and… pic.twitter.com/5Do5XYvbGw
— Pakistan High Commission London (@PakistaninUK) March 22, 2024
L’attuale sindaco di Londra Sadiq Kham è di origine pakistana: la sua famiglia è di sunniti Muhajir, ossia di musulmani indiani emigrati in Pakistan dopo la partition. I nonni del Khan emigrarono da Lucknow dall’India britannica al Pakistan nel 1947. Suo padre Amanullah e sua madre Sehrun arrivarono a Londra dal Pakistan nel 1968. La famiglia ha continuato ad inviare denaro ai parenti in Pakistan, «perché siamo fortunati ad essere in questo Paese».
Nel 2018, a Khan è stato conferito Sitara-e-Pakistan – il più alto encomio della Repubblica Islamica del Pakistan – per i suoi servizi ad Islamabad dal presidente pakistano Mamnoon Hussain.
Durante la pandemia, il Khan istituì uno dei lockdown più duri del mondo, imprigionando di fatto l’intera popolazione della megalopoli inglese. Nel luglio 2021, il sindaco pakistano ha mantenuto l’obbligo della mascherina sui trasporti londinesi, nonostante il governo abbia rimosso l’obbligo a livello nazionale, citando il rischio di trasmissione del virus.
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Immagine screenshot da Twitter
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