Economia
Catastrofe nella seconda più grande miniera del mondo: il rame alle stelle

Un grave incidente avvenuto nella miniera di Grasberg, in Indonesia – la seconda maggiore fonte di rame al mondo – ha costretto Freeport-McMoRan (FCX) a dichiarare forza maggiore sulle forniture contrattuali. L’evento ha provocato una brusca impennata dei prezzi del rame, mentre gli analisti avvertono che l’impatto sull’offerta globale potrebbe protrarsi per anni.
Secondo quanto riportato dalla stessa Freeport, l’incidente – verificatosi l’8 settembre scorso – ha causato una fuoriuscita di circa 800.000 tonnellate di fango nei livelli sotterranei della miniera, con la conferma di due vittime e cinque lavoratori ancora dispersi. Le operazioni nel sito, situato nella provincia di Papua Centrale, sono state completamente sospese.
Le squadre di soccorso stanno lavorando 24 ore su 24 per rimuovere detriti e cercare di raggiungere le aree in cui si trovavano gli operai al momento del disastro. Nel frattempo, Freeport ha rivisto al ribasso le previsioni di produzione per il terzo trimestre: -4% per il rame e -6% per l’oro rispetto alle stime di luglio.
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L’impatto è significativo: Grasberg rappresenta circa il 30% della produzione globale di rame della compagnia statunitense e oltre il 70% della sua produzione di oro. Secondo le proiezioni aggiornate, nel 2026 Freeport produrrà il 35% in meno rispetto alla guida precedente, pari a 270.000 tonnellate di rame e 1,04 milioni di once d’oro in meno.
Il piano di ripartenza è graduale: due blocchi su cinque torneranno operativi a metà novembre, mentre la piena capacità non sarà ripristinata prima del 2027.
La situazione è stata definita dagli analisti di Goldman Sachs come un «evento cigno nero», ovvero un evento imprevedibile con impatti estremi sul mercato. In una nota interna, James McGeoch, esperto in materie prime della banca d’investimento, ha anche sottolineato che, sommando altre criticità globali come quelle delle miniere Cobre, Komao e Los Bronces, l’intero settore sta affrontando una crisi di offerta su vasta scala.
I mercati hanno reagito con forza: il rame con consegna a tre mesi è balzato fino al 3,7%, raggiungendo 10.341 dollari a tonnellata sul London Metal Exchange – il più ampio rialzo giornaliero dal 10 aprile.
Al contrario, le azioni Freeport-McMoRan sono crollate fino all’11%, mentre i titoli dei rivali hanno beneficiato dell’incertezza: Glencore ha guadagnato il 3,6%, Teck Resources il 6%, Antofagasta Plc ha registrato un +9,6% e Southern Copper Corp. è salita del 10% a New York.
L’incidente di Freeport segue a distanza di pochi giorni la decisione di Hudbay Minerals di sospendere le operazioni presso il sito di Constancia, in Perù, a causa delle proteste politiche.
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Secondo Grant Sporre, responsabile del settore metalli presso Bloomberg Intelligence, prima dell’interruzione Grasberg rappresentava il 3,2% dell’offerta globale di rame estratto nel 2025. Per un mercato già in tensione, si tratta di una perdita difficilmente compensabile nel breve periodo.
La dichiarazione di forza maggiore da parte di Freeport segna un nuovo capitolo critico per il mercato globale dei metalli. In un contesto di domanda crescente e offerta sempre più vulnerabile, l’incidente di Grasberg evidenzia quanto i mercati delle materie prime siano esposti a shock operativi.
«Un incidente di tale portata è inaudito nella storia di Freeport» ha dichiarato Bernard Dahdah, analista della banca d’affari francese Natixis.
Il rame, secondo molti osservatori, potrebbe aver appena acceso la miccia di una nuova corsa rialzista.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia; ingrandita.
Economia
Orban: i burocrati di Bruxelles corrono in giro come polli in preda al panico

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Economia
L’UE ha speso 8,7 miliardi di euro in importazioni dalla Russia in tre mesi

Nei primi tre mesi del 2025, gli Stati membri dell’UE hanno importato merci russe per 8,7 miliardi di euro (10,2 miliardi di dollari), secondo i dati dell’Istituto economico tedesco riportati dalla testata germanica Bild.
Nel primo trimestre, la bilancia commerciale UE-Russia ha favorito leggermente Mosca, con l’Unione che ha acquistato più di quanto ha venduto. Le principali importazioni, indicate dalla Bild, includono gas naturale per 4,4 miliardi di euro e petrolio greggio per 1,4 miliardi di euro.
Dopo l’escalation del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022, l’UE ha annunciato l’intenzione di tagliare i legami economici con Mosca. Sebbene le importazioni di gas e petrolio russi siano diminuite, diversi Paesi UE continuano a dipendere dalla Russia per l’energia.
Alcuni Stati membri hanno visto le loro industrie perdere competitività globale passando a fonti energetiche più costose. Secondo la Bild, tra i principali prodotti importati nel 2025 ci sono anche fertilizzanti russi, ferro, acciaio e nichel.
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A inizio anno, la Commissione europea ha proposto la RePowerEU Roadmap, che prevede l’eliminazione graduale delle importazioni energetiche russe entro il 2027.
Ungheria e Slovacchia, fortemente dipendenti dall’energia russa, si sono opposte al piano, sostenendo che metterebbe a rischio la loro sicurezza energetica. A inizio settembre, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha accusato alcuni Stati membri di «ipocrisia», affermando che acquistano «petrolio russo di nascosto» tramite intermediari asiatici.
Ad agosto, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha ammesso che la Germania «non sta solo affrontando un periodo di debolezza economica, ma una crisi strutturale», citando il calo dei profitti delle case automobilistiche tedesche.
Ad aprile, la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha commentato le difficoltà economiche dell’UE, definendole «il vero costo dell’agenda anti-russa dell’UE». «La russofobia è un’ossessione costosa», ha dichiarato la diplomatica moscovita.
Come riportato da Renovatio 21, sette mesi fa era emerso che, ancora una volta, le importazioni UE di gas russo aumentano grandemente.
Il Cremlino ha lamentato a fine 2024 che gli USA avrebbero tentato di bloccare le esportazioni di gas russo verso la UE, che non ha mai in verità fermato gli acquisti. Diverse nazioni dell’UE, tra cui Austria, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca e Italia, continuano a fare affidamento sul gas russo per soddisfare il loro fabbisogno energetico e non hanno smesso di acquistare la materia prima nonostante le pressioni dei pari all’interno del blocco – vi sarebbe anche vari casi in cui la quantità di gas russo importato è, invece che diminuita, aumentata, con panico di personaggi come certi deputati neerlandesi.
Il Regno di Spagna rimane uno dei principali importatori di gas russo. Secondo il vice ministro russo Aleksandr Novak, la Russia triplicherà le esportazioni di gas entro il 2030.
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Come riportato da Renovatio 21, il Regno del Belgio ha chiesto che la UE vieti del tutto l’idrocarburo di Mosca. L’Austria ha invece richiesto una revisione del divieto europeo del gas russo; alcuni politici tedeschi pure.
La settimana scorsa è giunto l’ultimatum del presidente americano Donald Trump che ha intimato agli alleati NATO di non più comprare petrolio dalla Federazione russa.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa è emerso che gli USA acquistavano petrolio russo nonostante il divieto di importazione.
Due settimane fa il presidente ucraino Zelens’kyj ha dichiarato che non consentirà il transito verso la Slovacchia di petrolio e gas nella tratta ucraina degli oleodotti qualora essi fossero di origine russa.
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Immagine © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Economia
Peggiora la bolla dell’economia USA

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