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Catastrofi

Testimonianza dal terremoto in Birmania: «L’esercito saccheggiava mentre scavavamo tra le macerie»

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un’operatrice sanitaria racconta ad AsiaNews la fuga dal suo villaggio a Mandalay a causa dei bombardamenti della giunta golpista proseguiti anche dopo le scosse del terremoto. Solo ieri sera i militari hanno annunciato un cessate il fuoco di 20 giorni nelle aree più colpite per facilitare gli aiuti. Ma molti birmani non si fidano di queste parole.

 

La giunta golpista birmana ha annunciato ieri sera una cessazione delle ostilità di 20 giorni per permettere che gli aiuti e i soccorsi provenienti da alcuni Paesi stranieri raggiungano la popolazione nelle aree devastate dal terremoto di magnitudo 7.7 che nei giorni scorsi ha colpito il Myanmar. Molti birmani, però, non si fidano degli annunci dell’esercito, che nel 2021 ha condotto un colpo di Stato sfociato in una brutale guerra civile. Nel frattempo, oggi, il capo della giunta militare, il generale Min Aung Hlaing è volato a Bangkok, in Thailandia, per presenziare a un vertice del BIMSTEC, un’iniziativa di cooperazione tra i Paesi che si affacciano sul Golfo del Bengala.

 

Secondo i dati ufficiali si contano ormai oltre 3mila morti accertati per il terremoto, in un bilancio che è presumibilmente molto più alto. Lo stato delle infrastrutture, pesantemente danneggiate, e le comunicazioni spesso interrotte, stanno ostacolando gli sforzi delle squadre di soccorso. Vi sono anche denunce precise di casi in cui l’esercito del Myanmar avrebbe espressamente sabotato le operazioni di aiuto nei villaggi controllati dai ribelli. Ed è quanto emerge anche da questa testimonianza di un’operatrice sanitaria giunta ad AsiaNews e che riportiamo qui sotto, che parla di un totale disinteresse dei militari nei confronti delle vittime. Si tratta di voci che fanno fatica ad emergere e ci sembra invece quanto mai importante rilanciare.

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Il terremoto del 28 marzo ha fatto crollare case e ucciso persone soprattutto nella regione del Sagaing, colpendo anche il villaggio di Min Kun, già teatro di conflitti. Qui uno dei sopravvissuti è Khin Mar Hlaing, una paramedica di 40 anni la cui esperienza incarna gli effetti di un terremoto e l’impatto del conflitto armato.

 

Min Kun era una zona di guerra già prima del terremoto. Gli scontri tra la Forza di difesa del popolo (PDF) e l’esercito birmano hanno avevano già seminato il panico nel villaggio alimentato dall’incessante suono delle sirene di allarme che precedono i bombardamenti. Gli attacchi indiscriminati avevano già distrutto le case della gente e ferito gli abitanti del villaggio.

 

Durante gli scontri, «ho curato le vittime delle mine e i civili colpiti dai proiettili. La situazione era terrificante. Ho anche sentito che alcune donne sono state violentate e aggredite sessualmente dai soldati dell’esercito birmano», ha raccontato Khin Mar Hlaing riguardo la sua esperienza di assistenza ai feriti.

 

Con l’aggravarsi dei combattimenti, la popolazione, nel tentativo di salvarsi, è scappata e ha cercato rifugio nel principale monastero buddista, ritenuto il luogo più sicuro. Ma il terremoto ha rivelato che non era così. «All’inizio ho pensato che fosse un altro attacco aereo. La terra ha tremato violentemente». L’intero gruppo di rifugiati è corso fuori quando il monastero ha iniziato a crollare.

 

Durante la confusione, Khin Mar Hlaing ha aiutato ad estrarre gli abitanti del villaggio intrappolati dalle macerie e ad assistere i feriti. Ma le difficoltà non erano finite qui. «Dopo la terza scossa, circa 100 soldati del Consiglio di amministrazione dello Stato (SAC, come si fa chiamare la giunta militare al potere ndr) sono entrati nel villaggio. Solo cinque di loro hanno contribuito alle operazioni di salvataggio e hanno assistito le vittime», ha spiegato la donna. «Gli altri saccheggiavano le stanze del monastero e le case del quartiere, minacciando gli abitanti».

 

Per Khin Mar Hlaing e molti altri, le azioni dei militari sono state una spaventosa continuazione della consapevolezza che il terremoto non era l’unico pericolo per le loro vite. «Nei giorni successivi, circa 60 di noi sono dovuti fuggire dal villaggio attraverso la giungla. Avevamo paura: dei militari, di altri attacchi aerei e di quello che sarebbe potuto accadere dopo», ha continuato l’operatrice sanitaria.

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Il cammino verso un posto sicuro è durato tre giorni e durante i quali sono stati costretti ad attraversare anche le aree montuose con solo un po’ di cibo e acqua potabile. Alla fine hanno raggiunto un altro monastero a Mandalay che ospitava gli sfollati interni.

 

«Secondo il mio punto di vista il SAC sta usando questo disastro per promuovere le operazioni militari e gli attacchi aerei, soprattutto a Sagaing e in altre zone etniche e nel Myanmar centrale», ha commentato ancora Khin Mar Hlaing.

 

La sua storia di sopravvivenza, ha aggiunto infine, vuole anche essere un appello al mondo affinché presti attenzione non solo al disastro naturale, ma anche alle violazioni dei diritti umani che si stanno verificando ancora una volta anche dopo il terremoto.

 

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Catastrofi

Varsavia chiede la sospensione delle indagini sul sabotaggio del Nord Stream

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La Germania sta agendo contro gli interessi della NATO proseguendo con un’indagine penale sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream, ha dichiarato Slawomir Cenckiewicz, capo della sicurezza nazionale polacca, invitando Berlino a interrompere l’inchiesta.   I gasdotti Nord Stream, che trasportavano gas russo in Germania attraverso il Mar Baltico, sono stati gravemente danneggiati da esplosioni sottomarine nel settembre 2022. La Russia, promotrice del progetto, ha definito l’incidente un atto di terrorismo di Stato, mentre diversi Paesi occidentali, inclusa la Polonia, hanno accolto con favore gli attentati.   I procuratori tedeschi hanno attribuito il sabotaggio a un gruppo di sette cittadini ucraini che avrebbero utilizzato uno yacht a noleggio per eseguire l’attacco. Mosca ha respinto questa versione, definendola «assurda» e sostenendo che la complessità dell’operazione implica il coinvolgimento di un attore statale.   Diversi sospettati sono stati arrestati in vari Paesi dell’UE, tra cui uno in Polonia e uno in Italia, con l’accusa di aver distrutto i gasdotti. Tuttavia, Varsavia si è rifiutata di estradare a Berlino il sospettato detenuto in Polonia.

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Cenckiewicz, in un’intervista al Financial Times, ha dichiarato che è nell’interesse della Polonia proteggere chiunque sia collegato all’operazione, definendo l’indagine tedesca «una chiara contraddizione di interessi tra Polonia e Germania». Ha aggiunto che l’inchiesta «non ha senso, non solo per gli interessi della Polonia, ma per l’intera alleanza [NATO]».   Cenckiewicz ha sostenuto che continuare le indagini «serve l’ingiustizia russa» e ha chiesto la loro chiusura, sottolineando che la Polonia non estraderà i sospettati ucraini detenuti.   Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro polacco Donald Tusk si è opposto all’estradizione, affermando che «il problema del Nord Stream 2 non è che sia stato distrutto, ma che sia stato costruito». Il ministro degli Esteri ungheresi Pietro Szijjarto ha quindi accusato Tusk di «difendere i terroristi».   Nel frattempo, i funzionari russi hanno insistito che dietro il sabotaggio ci sia probabilmente un attore statale e hanno accusato la Germania di occultare prove e di aver escluso Mosca dall’inchiesta.   Nel 2023, il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh ha pubblicato un reportage in cui affermava che gli Stati Uniti, su ordine dell’allora presidente Joe Biden, avrebbero orchestrato il sabotaggio con l’ausilio di sommozzatori della Marina e il supporto norvegese durante l’esercitazione NATO BALTOPS 22. Washington e Oslo hanno smentito tali accuse.  

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Ancora un terremoto nelle Filippine. Morti e allarme tsunami

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Un forte terremoto di magnitudo 7,4 ha colpito le Filippine meridionali venerdì, innescando un allarme tsunami e spingendo i residenti delle aree costiere a cercare rifugio in zone più elevate.

 

Le autorità hanno riportato due vittime a Mati City, nella provincia di Davao Orientale. Diversi edifici hanno subito danni, le strade si sono crepate e sono state segnalate interruzioni di corrente nelle zone colpite.

 

L’epicentro è stato localizzato a est di Manay, sempre nella provincia di Davao Orientale, a una profondità di circa 10 km. L’Istituto filippino di vulcanologia e sismologia (Phivolcs) e il sistema di allerta tsunami statunitense hanno emesso avvisi per le coste vicine, avvertendo della possibilità di onde alte fino a un metro o più rispetto alla marea normale.

 

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Il Pacific Tsunami Warning Center ha esteso gli allarmi alle regioni entro 300 km dall’epicentro, incluse alcune aree dell’Indonesia. La maggior parte degli allarmi nelle Filippine è stata successivamente revocata dopo che sono state rilevate solo lievi variazioni del livello del mare.

 

Le autorità locali hanno invitato i residenti a spostarsi in aree più alte, a verificare la sicurezza degli edifici e a prepararsi per possibili scosse di assestamento, che potrebbero raggiungere una magnitudo di 6,4, secondo Phivolcs.

 

Le Filippine, situate nella «Cintura di Fuoco» del Pacifico, dove i confini tettonici causano frequenti attività sismiche, sono state colpite pochi giorni prima da un devastante terremoto di magnitudo 6,9 a Cebu, che ha causato almeno 74 morti e ha messo sotto pressione le capacità di risposta alle emergenze.

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Tifone provoca 51 morti in Vietnam: le immagini

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Il tifone Bualoi ha causato la morte di oltre 50 persone in Vietnam, con 14 dispersi e 164 feriti, secondo quanto riportato dalle autorità. La tempesta ha provocato devastazioni nelle province centrali questa settimana, danneggiando più di 230.000 abitazioni e sommergendo vasti terreni agricoli.   Secondo i dati governativi diffusi venerdì, il danno economico è stimato in 15,9 trilioni di dong (circa 513,5 milioni di euro), con la situazione ancora in evoluzione. Quasi 89.000 ettari di coltivazioni di riso e altre colture sono stati distrutti, e decine di migliaia di famiglie sono senza elettricità.   Bualoi ha raggiunto la costa centro-settentrionale all’inizio della settimana, colpendo le province di Ha Tinh e Nghe An con venti fino a 133 km/h e onde alte 8 metri. La tempesta ha costretto migliaia di residenti delle aree costiere e di pianura a evacuare. Quattro aeroporti sono stati chiusi, e i servizi aerei e ferroviari sono stati sospesi.   Il ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale ha riferito che inondazioni e frane hanno devastato infrastrutture come strade, scuole ed edifici governativi. Gli operatori umanitari stanno cercando sopravvissuti nelle aree montuose, dove l’accesso è complicato. Secondo i media statali, alcune comunità restano isolate.    

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La Banca Centrale vietnamita ha disposto che le banche ristrutturino o congelino i prestiti per le imprese colpite. Le autorità hanno promesso sostegno finanziario alle famiglie che hanno perso case e mezzi di sussistenza. Le organizzazioni internazionali si sono offerte di fornire assistenza, anche se il governo non ha ancora richiesto aiuti esterni.   Il tifone Bualoi ha colpito anche i Paesi vicini, causando sette morti e migliaia di sfollati in Thailandia e almeno 11 vittime nelle Filippine.   In Vietnam, il governo ha schierato migliaia di soldati, agenti di polizia e volontari per supportare le operazioni di soccorso e recupero. Le autorità hanno avvertito che ulteriori piogge potrebbero causare nuove inondazioni, con i fiumi ancora in piena.   Il Bualoi è tra i tifoni più intensi che hanno colpito il Vietnam negli ultimi anni, arrivando in una stagione delle tempeste che spesso porta eventi meteorologici estremi nella regione.  

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