Terrorismo
Strage all’«Università del Jihad», ucciso leader talebano
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Colpita alla vigilia del Ramadan la madrassa Darul Uloom Haqqania a 60 chilometri da Peshawar. Obiettivo dell’attentato il suo leader Hamidul Haq Haqqani, figura chiave del dialogo tra gli islamisti pachistani e l’attuale governo afghano. La matrice probabile nell’antagonismo con lo Stato Islamico – Provincia del Khorasan.
Un importante leader religioso dei talebani pachistani e cinque altri fedeli sono stati uccisi oggi in un attentato suicida avvenuto durante la preghiera del venerdì nella madrassa Darul Uloom Haqqania che si trova a circa 60 chilometri da Peshawar nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa.
L’attacco è particolarmente significativo sia per l’obiettivo – un centro islamico soprannominato l’«Università del Jihad» – sia per il giorno in cui è avvenuto – alla viglia dell’inizio del mese sacro del Ramadan.
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Obiettivo dell’attentato era con tutta probabilità il religioso rimasto ucciso: Hamidul Haq Haqqani, capo della sua fazione del Jamiat Ulema Islam (JUI) e guida della madrassa, situata nella città di Akora Khattak, nel distretto di Nowshera. Nato nel 1968, Hamidul Haq era diventato capo del gruppo dopo la morte del padre Maulana Sami ul Haq, considerato in Pakistan il «padre dei talebani». Nell’attacco vi sono stati anche almeno 20 altri feriti.
La madrassa Darul Uloom Haqqania diffonde la scuola Deobandi dell’islam sunnita ed è frequentata da circa 4mila studenti. Era stata fondata nel 1947 da Maulana Abdul Haq sulla falsariga del seminario Darul Uloom Deoband in India, dove aveva insegnato. Tra i suoi ex studenti vi sono gran parte dei leader talebani, tra cui Akhtar Mansour, il successore del mullah Omar alla guida dei talebani afghani, e Sirajuddin Haqqani, l’attuale ministro degli interni del governo di Kabul.
Tra le accuse alla madrassa di Nowshera c’è anche quella di essere stata coinvolta nell’assassinio dell’ex premier Benazir Bhutto nel 2007.
Hamidul Haq Haqqani – il leader religioso ucciso nell’attentato di oggi – è stato membro dell’Assemblea nazionale del Pakistan dal novembre 2002 al 2007 ed era stato nominato presidente del JUI dopo l’assassinio del padre nel 2018. L’anno scorso aveva guidato una delegazione di studiosi religiosi pakistani in Afghanistan nell’ambito della «diplomazia religiosa», dove ha incontrato i leader talebani.
Parlando della visita, Hamid aveva detto al quotidiano pachistano Dawn che avrebbe contribuito a rimuovere la sfiducia tra Islamabad e Kabul. Da tempo in Afghanistan il governo dei talebani – e il clan degli Haqqani in particolare – si trova a fare i conti con l’antagonismo dello Stato Islamico – Provincia del Khorasan, in una guerra interna al fronte islamista.
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Terrorismo
L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA
Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.
Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.
Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.
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Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.
«Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.
Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.
Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.
Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.
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