Geopolitica
Sri Lanka, bloccati giornalisti che volevano raccontare gli scontri per la terra tra tamil e singalesi
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nei giorni scorsi un gruppo è stato fermato a un posto di blocco senza che venissero fornite chiare informazioni sulla mancata concessione del permesso. Nell’area di Mayilathamadu si erano verificate tensioni tra allevatori tamil e agricoltori singalesi, che secondo le accuse della popolazione locale avrebbero sottratto alcuni terreni con la forza.
Un’unità di sicurezza ha bloccato a un posto di blocco un team di giornalisti partiti dalla capitale Colombo che si stava recando a Mayilathmadu per parlare con gli agricoltori del posto, mentre altre persone sono state lasciate passare, secondo le loro testimonianze.
Mayilathamadu è un’area che di recente è stata teatro di scontro tra la maggioranza tamil, concentrata nella produzione di prodotti caseari, e gli agricoltori singalesi. I produttori di latte sostengono che i terreni dove pascolano circa 500 mila mucche e bufali sono stati presi con la forza dagli agricoltori di altri distretti.
Nei giorni scorsi almeno sei studenti tamil che erano stati arrestati per aver protestato contro la confisca dei terreni sono stati rilasciati su cauzione, accusati di aver partecipato a un «assembramento illegale».
Il team dei media, composto da giornalisti locali e stranieri, aveva contattato telefonicamente l’ufficiale della stazione di polizia di Karadianaru, che gestisce il checkpoint, per ottenere il permesso di visitare la zona, che è stato rifiutato per “problemi”. ma ha informato il team che il permesso non poteva essere dato perché «c’è un problema».
In un secondo momento il vice ispettore generale della polizia responsabile della Provincia orientale, che avrebbe dovuto concedere l’autorizzazione a procedere, è stato contattato due volte per telefono, ma non è stata data loro alcuna risposta.
I dettagli personali dei giornalisti, comprese le carte di identità e gli indirizzi di residenza e delle testate, erano stati raccolti dal Dipartimento dell’informazione del governo, ma una volta arrivati al posto di blocco gli esperti di informazione sono stati fermati per circa due ore.
Mentre erano in attesa hanno però visto altre persone passare senza essere ostacolate, hanno raccontato. Oltre alla polizia e all’esercito, due persone del dipartimento di intelligence hanno anche scattato foto e video del veicolo in cui il gruppo ha viaggiato.
I giornalisti sono del parere che le forze di sicurezza e il governo non vogliano fare in modo che venga esposta la verità.
Interpellato da AsiaNews, Ruki Fernando, attivista ed editorialista che era nel gruppo, ha detto: «riteniamo che questa sia una violazione dei nostri diritti costituzionali alla libertà di parola, espressione e pubblicazione, libertà di movimento e non discriminazione». Si tratterebbe anche, ha aggiunto, di un reato di restrizione illecita, secondo il codice penale.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di S J Pinkey via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Geopolitica
Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti
Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.
I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».
I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.
Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».
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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.
Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.
Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.
Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.
Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.
Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.
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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.
Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.
Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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