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Terrorismo

Segretario di Stato ed ex capo della CIA dà il benvenuto a Nuova York al fondatore dell’al-Qaeda siriana a New York Jolani

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A sole due settimane dalle commemorazioni del 24° anniversario degli attacchi dell’11 settembre, Ahmad al-Sharaa, noto anche come Abu Mohammad al-Jolani, ex leader di al-Qaeda e fondatore del Fronte al-Nusra, ha fatto il suo ingresso sulla scena internazionale come presidente autoproclamato della Siria. A riceverlo David Petraeus, ex generale USA della campagna afghana e direttore della CIA, poi finito a lavorare per il megafondo finanziario KKR.

 

Il Jolani è il primo capo di Stato siriano a partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) dal 1967, segnando un momento storico e controverso per Damasco, che non vi aveva partecipato per quasi sessanta anni sotto la dinastia Assad.

 

Secondo l’agenzia di stampa statale siriana SANA, la visita rappresenta «un importante momento diplomatico» per la Siria, che torna al tavolo delle Nazioni Unite a livello di leadership dopo più di mezzo secolo . Tuttavia, il passato di Sharaa getta un’ombra sulla sua presenza a New York.

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Come riportato da Renovatio 21, fino a pochi mesi fa, sulla sua testa pendeva una taglia da 10 milioni di dollari emessa dagli Stati Uniti per il suo ruolo alla guida del Fronte al-Nusra, organizzazione designata come terroristica.

 

La svolta è arrivata lo scorso dicembre, cioè agli sgoccioli dell’amministrazione Biden, quando il suo gruppo, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ha rovesciato il governo di Bashar al-Assad, assumendo il controllo di Damasco. In seguito, gli Stati Uniti hanno revocato la taglia e l’ex presidente Donald Trump ha annunciato l’intenzione di rimuovere le sanzioni contro la Siria.

 

Il Jolani, che in passato ha combattuto contro le truppe americane in Iraq e ha orchestrato attentati suicidi come emissario del leader dell’ISIS Abu Bakr al-Baghdadi, è stato accolto a Nuova York da figure di spicco come l’ex direttore della CIA David Petraeus.

 

Durante un evento pubblico, Petraeus ha ricordato a favore di camera il loro passato conflitto, chiedendo a Sharaa di spiegare la sua trasformazione da leader jihadista a figura politica. «Un tempo eravamo in combattimento, ora passiamo al discorso», ha risposto Jolani-Sharaa, aggiungendo: «Non possiamo giudicare il passato con le regole di oggi, né il presente con quelle del passato».

 

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Il Petraeus, che nella sua carriera è passato anche per la base americana di Vicenza, condusse la guerra in Afghanistan dopo che il generale Stanley McChrystal lasciò il comando tra misteri e polemiche, divenendo comandante delle operazioni, oltre che in Afghanistan, anche in Pakistan, Arabia e parti dell’Africa. In seguito assurse al ruolo di direttore della CIA sotto Obama, per poi dimettersi in seguito a voci su una relazione con la sua biografa Paula Broadwell.

 

Petraeus divenne quindi nel 2013 paretner del grande fondo di Private Equity KKR, un gruppo finanziario con un fatturato di oltre 20 miliardi annui.

 

Chi conosce la vicenda di Petraeus e della Siria sa che già dieci anni fa aveva stupito – non Renovatio 21– con l’ammissione della strategia secondo cui si poteva fermare l’ISIS usano l’al-Qaeda siriana, cioè al-Nusra, cioè Jolani. Tutto torna.

 

La presenza del Jolani nella Grande Mela è una svolta troppo allucinante per non suscitare critiche. Post sui social media mostrano sbigottimento dinanzi alle foto del Jolani che posa a Central Park o che scende in abiti firmati dal suo aereo privato.

 

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Durante gli incontri a Nuova York, non è stata menzionata la situazione delle minoranze in Siria, dove si segnalano massacri di alawiti, drusi e cristiani attribuiti a gruppi legati a HTS. Insieme a Jolani, è presente negli Stati Uniti anche il ministro degli Esteri siriano Asaad al-Shaibani, un altro ex membro di alto rango di Al-Qaeda in Siria.

 

Lunedì, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha condiviso il palco con Sharaa, elogiando il ruolo della Siria nella presunta «diffusione della democrazia» in Medio Oriente.

 

 

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Notevoli anche le feste di Macron, con a fianco il qatarino al-Thani e pure il presidente del Senegal lì di passaggio, al già terrorista takfiro.

 

 

La presenza di un leader di al-Qaeda a Nuova York, città massacrata – secondo la narrazione dell’establishment – dal gruppo jihadista, tocca un nuovo record di bassezza per la politica estera americana, che a questo punto non è nemmeno più possibile definire «imperiale».

 

Si tratta di qualcosa di uno spettacolo rivoltante, dove i macellai stragisti vengono premiati al centro del mondo, mentre i cristiani (e gli alawiti, e i drusi, etc.) vengono massacrati senza pietà nelle terre dove vivono da millenni.

 

Chi può porre fine a questo scempio?

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Terrorismo

Il Pentagono pubblica il video della «vendetta» sui terroristi siriani

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Il Pentagono ha reso pubblici video di combattimento che documentano le forze statunitensi e alleate impegnate in massicci attacchi contro presunti obiettivi terroristici dello Stato Islamico in Siria, nell’ambito della risposta di Washington all’uccisione recente di personale americano.   In un post pubblicato venerdì sera su X, il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha reso noto che le truppe americane e giordane hanno colpito oltre 70 bersagli nella Siria centrale, impiegando più di 100 munizioni a guida di precisione. Il Pentagono ha precisato che gli attacchi rientrano nell’Operazione Hawkeye Strike e hanno visto l’impiego di caccia statunitensi, elicotteri d’attacco, artiglieria e velivoli da combattimento giordani.   Le immagini diffuse mostrano raid aerei ed esplosioni che colpiscono presunte posizioni di militanti in varie località, con obiettivi identificati come infrastrutture terroristiche e depositi di armi.  

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  «Questa operazione è cruciale per impedire all’ISIS di ispirare complotti terroristici e attacchi contro il territorio statunitense», ha dichiarato il comandante del CENTCOM, ammiraglio Brad Cooper. «Continueremo a inseguire senza tregua i terroristi che intendono danneggiare gli americani e i nostri partner in tutta la regione».   Dall’attacco del 13 dicembre contro le forze statunitensi e alleate, le truppe americane e dei partner hanno effettuato dieci operazioni in Siria e Iraq, che hanno portato all’eliminazione o alla cattura di 23 presunti membri dell’ISIS, secondo il CENTCOM. Negli ultimi sei mesi, in Siria sono state condotte oltre 80 missioni antiterrorismo, ha aggiunto.   Il presidente Donald Trump ha affermato che il nuovo governo siriano era stato informato dell’operazione di rappresaglia e l’ha appoggiata, mentre il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha sottolineato che si è trattato di una «dichiarazione di vendetta» e non di una guerra.   Gli Stati Uniti mantengono da anni una presenza militare in Siria, sostenendo le Forze Democratiche Siriane (SDF) – gruppo a guida curda e che controllano il Nord-Est – e gruppi ribelli minori nel Sud del Paese. Dopo il repentino collasso del regime di Bashar al-Assad alla fine dell’anno scorso e l’ascesa al potere degli islamisti guidati da al-Sharaa, il Pentagono ha ampliato la cooperazione militare anche con le nuove autorità.   Negli ultimi mesi, forze di sicurezza statunitensi e siriane hanno effettuato numerose operazioni congiunte, presumibilmente dirette contro le cellule dell’ISIS. Gli USA avevano schierato fino a 2.000 militari in Siria, ma l’amministrazione Trump ha annunciato all’inizio del 2025 l’intenzione di ridurre la presenza e il numero di basi gestite dal Pentagono nel Paese.  

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Terrorismo

Generale russo assassinato a Mosca

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Un generale russo è rimasto ucciso nell’esplosione di un’autobomba a Mosca, ha comunicato il Comitato investigativo. Lo riporta la stampa russa.

 

Le autorità hanno identificato la vittima nel tenente generale Fanil Sarvarov, responsabile dell’addestramento operativo presso lo Stato Maggiore. Secondo la nota ufficiale, un ordigno esplosivo era stato collocato sotto l’autoveicolo su cui viaggiava il militare ed è detonata lunedì mattina nella zona meridionale della capitale russa.

 

I media hanno riferito che l’esplosione ha provocato danni anche ad altri veicoli vicini e ha causato gravi ferite all’autista di Sarvarov.

 


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Le autorità russe hanno indicato che una delle piste principali è quella di un omicidio commissionato dai servizi segreti ucraini, ricordando che Kiev ha già fatto ricorso a ordigni esplosivi per eliminare in modo mirato funzionari e figure pubbliche.

 

Lo scorso dicembre, una bomba nascosta in un monopattino elettrico aveva ucciso il tenente generale Igor Kirillov, comandante delle truppe di difesa nucleare, chimica e biologica della Russia, insieme al suo aiutante, in un attentato che gli inquirenti hanno attribuito all’Ucraina.

 

Secondo il sito del Ministero della Difesa, Sarvarov era un ufficiale di carriera con esperienza di combattimento maturata durante le operazioni antiterrorismo nel sud della Russia tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000. Il 56enne era stato nominato nel 2016 a capo del dipartimento incaricato della preparazione degli ufficiali superiori nelle esercitazioni di stato maggiore e in altri eventi. In precedenza aveva partecipato al dispiegamento russo in Siria.

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Terrorismo

Netanyahu colpirà l’Iran?

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Il massacro di ebrei a Sydney, in Australia, durante una celebrazione di Hanukkah potrebbe innescare una nuova escalation bellica nel Medio Oriente? Se lo chiede EIRN.   L’agenzia di notizie ricorda come politici israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente IsaccoHerzog, hanno reagito con veemenza, affermando che «il sangue delle vittime è sulle mani del governo» per non aver contrastato con maggiore decisione l’antisemitismo. Netanyahu ha richiamato in particolare una lettera inviata ad agosto al primo ministro australiano Anthony Albanese, in cui criticava la scelta del governo di appoggiare la creazione di uno Stato palestinese in sede ONU. Tale posizione, secondo Netanyahu, ha incoraggiato «l’odio per gli ebrei che ora infesta le vostre strade».   Lo Herzog ha aggiunto che il sostegno a uno Stato palestinese ha provocato «un’enorme ondata di antisemitismo» che sta «affliggendo la società australiana». Anche il ministro della Sicurezza Nazionale, l’ultrasionista kahaniano Itamar Ben-Gvir, si è unito alle critiche.   Queste accuse sono arrivate prima che le autorità completassero la raccolta di prove sui responsabili, uno dei quali è stato abbattuto dalla polizia e l’altro versa in condizioni critiche.   A Teheran si teme che Netanyahu possa sfruttare l’episodio come pretesto per un nuovo attacco contro l’Iran. Fonti nei media e nella sicurezza iraniana hanno confermato che il Paese è in massima allerta, dato che Netanyahu ha più volte minacciato di far pagare all’Iran un prezzo elevato per qualsiasi aggressione contro Israele. Ad esempio, il 19 ottobre ha dichiarato a Channel 14 israeliana che la minaccia iraniana è «ben lungi dall’essere finita… la nostra attenzione rimane sull’Iran».   Il governo iraniano ha emesso una condanna formale della strage, respinta dal ministero degli Esteri israeliano, che ha accusato l’Iran di «cercare costantemente di uccidere israeliani ed ebrei in tutto il mondo».   Alcune fonti israeliane hanno riferito che Netanyahu sarebbe frustrato per essere stato ostacolato dal presidente statunitense Donald Trump nel lanciare un nuovo attacco contro l’Iran. L’idea è che, con Trump impegnato nei negoziati con la Russia per chiudere il conflitto in Ucraina, l’attacco in Australia potrebbe servire a Netanyahu come motivazione per colpire l’Iran.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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