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Economia

Pechino si prende le centrali idroelettriche russe

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.

 

 

Imprenditori siberiani alla ricerca di investimenti dalla Cina. Mosca deve potenziare le forniture energetiche tra il lago Bajkal e il fiume Amur. I cinesi vogliono il controllo delle nuove strutture. Secondo critici russi, l’apertura ai soldi di Pechino va contro l’interesse nazionale.

Secondo accordi degli ultimi giorni, entro settembre si inizieranno a costruire nuove centrali idroelettriche nelle regioni siberiane dell’Amur e di Khabarovsk, che confinano con la Cina.

 

Da tempo le imprese russe della zona chiedevano ai cinesi d’investire nelle strutture energetiche locali, dove lavorano diversi ingegneri provenienti dalla Cina. Ora i nuovi complessi potrebbero finire nelle mani di Pechino.

 

Con un rapporto ufficiale al presidente Vladimir Putin, gli imprenditori russi hanno fatto sapere che questa scelta sarà indispensabile per assicurare forniture energetiche nell’area tra il lago Bajkal e il fiume Amur.

 

Da tempo le imprese russe della zona chiedevano ai cinesi d’investire nelle strutture energetiche locali, dove lavorano diversi ingegneri provenienti dalla Cina. Ora i nuovi complessi potrebbero finire nelle mani di Pechino

Le nuove centrali saranno costruite lungo il bacino dell’Amur e sugli affluenti Niman e Selemdža, allo scopo di «sviluppare il sistema energetico della regione federale dell’Estremo oriente, con le necessarie misure di prevenzione delle alluvioni», come si legge nella relazione. I mezzi finanziari per tale operazione non sono specificati: «La questione è in stato di elaborazione, e sarà necessario attrarre al più presto gli investimenti opportuni».

 

Per sistemare i bacini acquiferi orientali, a inizio agosto il vice premier per l’Estremo oriente, Jurij Trutnev, aveva conferito l’incarico di presentare proposte al ministero dell’Energia e all’Agenzia statale per l’energia elettrica Rusgidro.

 

Anche il governatore ad interim di Khabarovsk, Mikhail Degtarev (che sostituisce il titolare Sergej Furgal, in prigione da quasi un anno), ha suggerito varie soluzioni per contenere le tracimazioni dal bacino dell’Amur. Una di queste è la costruzione di nuove centrali: «Così tutta la [tratta ferroviaria] Bam [Bajkalo-Amurskij Magistral] sarà elettrificata».

 

Dalla fine di luglio le regioni dell’Oltre-Bajkal, di Khabarovsk e quella Ebrea autonoma di Birobižan si trovano in stato di emergenza a causa delle inondazioni. Le forti piogge hanno provocato l’innalzamento fuori controllo dei fiumi Amur e Zeja. Molte strade sono rimaste allagate e centinaia di case e campi coltivati sono stati travolti ed evacuati. I cicloni tormentano la regione dell’Amur dall’inizio di giugno, provocando danni per oltre 6 miliardi di rubli (quasi 70 milioni di euro).

 

Le nuove centrali andranno ad aggiungersi alle due già esistenti di epoca sovietica nelle regioni di Khabarovsk e Amur, che hanno funzioni di regolazione delle acque dei bacini, e hanno ormai raggiunto i limiti delle proprie capacità (oltre 30 miliardi di tonnellate d’acqua).

 

Le discussioni sulla necessità delle nuove centrali si protraggono dal 2013, al tempo delle precedenti inondazioni, e già allora le autorità avevano firmato un accordo da 230 miliardi di rubli (2,7 miliardi di euro) con il gruppo cinese CTGC  (China Three Gorges Corporation). L’obiettivo era quello di realizzare in comune progetti energetici sul territorio russo. La parte russa avrebbe mantenuto il 51% delle nuove strutture. I cinesi si sono ritirati però dall’accordo nel 2016.

 

Ora i russi sono tornati a discutere con la CTGC e altre imprese cinesi, che stavolta imporranno il controllo della maggioranza per accettare di investire nelle centrali russe.

 

Dai primi sondaggi, i cinesi sono pronti a realizzare le nuove strutture «chiavi in mano», tenendosi però ben stretta quella della cassaforte.

 

Qualche voce di protesta si è levata contro questa iniziativa, come quella di Sergej Sasim, direttore del Centro di ricerca elettro-energetica della Scuola superiore di economia di Mosca. A suo parere questi accordi vanno contro gli interessi nazionali: «Bisognerebbe usare un sistema di finanziamento ripagabile con gli interessi sull’energia prodotta».

 

In un modo o nell’altro, le nuove centrali verranno comunque costruite, e i cinesi non rimarranno certo a mani vuote.

 

Il commercio russo-cinese è in continua espansione. Il 31 agosto il ministro della Repubblica russa della Čuvašja, Alina Semenova, ha reso noto un accordo di esportazione in Cina dei liquori di Čeboksary, sugli Urali. Il suo valore è 8,5 milioni di euro.

 

Nel Priangarje, la regione siberiana di Irkutsk, un cittadino cinese è stato accusato di contrabbandare legna per centinaia di milioni di rubli, estendendo oltre ogni regola il business cinese nei boschi siberiani.

 

 

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Immagine di ShinePhantom via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

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Economia

Trump grazia l’ex CEO del gigante delle cripto Binance

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Il presidente statunitense Donald Trump ha concesso la grazia presidenziale a Changpeng Zhao, noto come «CZ», fondatore ed ex amministratore delegato di Binance, la principale piattaforma di scambio di criptovalute a livello globale. Lo riporta il Wall Street Journal.

 

L’annuncio, proveniente dalla Casa Bianca, giunge dopo mesi di vigorose attività di lobbying e rappresenta un cambiamento significativo nella politica americana verso il settore delle criptovalute, con chiare ripercussioni sugli interessi familiari di Trump.

 

La grazia corona una serie di iniziative prolungate da parte di Zhao e della sua azienda per ottenere indulgenza, tra cui il sostegno attivo a World Liberty Financial, la piattaforma crypto associata alla famiglia Trump. Questa iniziativa, promossa dai figli del presidente Eric e Donald Jr., ha registrato un’impennata di valore – valutata in oltre 5 miliardi di dollari di ricchezza teorica – grazie a collaborazioni con entità legate a Binance, come un’intesa da 2 miliardi di dollari con un fondo degli Emirati Arabi Uniti che ha impiegato lo stablecoin USD1 di World Liberty per investimenti azionari.

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Zhao, un tempo tra i leader più influenti nel panorama degli asset digitali, era stato condannato nell’aprile 2024 a quattro mesi di detenzione dopo un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense nel 2023. L’intesa prevedeva un’ammissione di responsabilità per violazioni antiriciclaggio, una sanzione record di 4,3 miliardi di dollari per Binance e una multa personale di 50 milioni per CZ, che aveva lasciato la carica di CEO.

 

Gli inquirenti federali avevano imputato alla piattaforma di aver favorito operazioni illecite con soggetti sanzionati, inclusi gruppi terroristici, e di non aver adottato misure sufficienti contro il riciclaggio di denaro. Il procedimento contro Zhao è stato uno dei casi più rappresentativi della campagna dell’amministrazione Biden contro le grandi exchange crypto, vista da molti come un’eccessiva stretta repressiva.

 

Completata la pena in una prigione federale a bassa sicurezza in California e poi in un centro di reinserimento, Zhao era stato liberato nel settembre 2024. Ci sono voluti quasi dodici mesi di sforzi per ottenere la grazia: all’inizio del 2025, l’azienda ha assunto il lobbista Ches McDowell, legato a Donald Trump Jr., per influenzare i decisori a Washington.

 

Fonti informate indicano che il team di Trump ha colto nel caso di Zhao l’occasione per avviare una «nuova era» nelle normative sulle criptovalute, favorendo l’innovazione anziché la repressione. Numerosi collaboratori del presidente considerano le imputazioni come motivazioni politiche, tipiche della più ampia «guerra alle crypto» promossa da Biden.

 

La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha giustificato la scelta con toni decisi: «il presidente Trump ha esercitato il suo potere costituzionale concedendo la grazia al signor Zhao, perseguitato dall’amministrazione Biden nella sua guerra alle criptovalute». E ha proseguito: «la guerra dell’amministrazione Biden contro le criptovalute è terminata». Interrogato dalla stampa, Trump ha sminuito l’importanza: «Molte persone sostengono che non avesse commesso alcun illecito. L’ho graziato su indicazione di persone affidabili, pur non conoscendolo di persona».

 

La decisione non manca di polemiche. Critici come la senatrice democratica Elizabeth Warren l’hanno bollata come un «evidente conflitto di interessi»: «Prima CZ si dichiara colpevole di riciclaggio, poi sostiene un’impresa crypto di Trump e fa lobbying per la grazia. Oggi Trump ricambia il favore».

 

Binance, che aveva visto prelievi per un miliardo dopo che CZ si era dichiarato colpevole, ha accolto la notizia come «incredibile» e ha espresso gratitudine a Trump per il suo impegno a trasformare gli Stati Uniti nella «capitale mondiale delle crypto».

 

Zhao, azionista di maggioranza di Binance fondata nel 2017, ha scritto sui social: «Profondamente grato per la grazia di oggi e al presidente Trump per aver difeso equità, innovazione e giustizia. Ci impegneremo al massimo per fare dell’America la capitale delle crypto».

 

Questa grazia non è solo una rivalsa personale per CZ, che ora potrebbe riprendere il controllo attivo di Binance, ma un segnale politico netto: l’amministrazione Trump mira a favorire il settore del Bitcoin e delle criptovalute, dissipando le ombre del passato.

 

In un contesto in cui Trump ha già graziato figure come Ross Ulbricht (come aveva promesso in campagna elettorale), ideatore della piattaforma di scambio del dark web Silk Road, il messaggio è inequivocabile: Washington è disposta a puntare sulle criptovalutea anche a costo di controversie.

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Come riportato da Renovatio 21, tre mesi fa la società Trump Media aveva investito 2 miliardi in bitcoini. Il bitcoin in quelle settimane toccava il record di 120.000 dollari.

 

In primavera i figli di Trump con il vicepresidente USA JD Vance avevano presenziato alla conferenza Bitcoin di Las Vegas esaltano le criptovalute. Eric Trump, figlio di Donald, ha avuto a dichiarare che con cripto e blockchain in dieci anni potremmo assistere all’estinzione degli istituti bancari.

 

Trump – che ha nominato le criptovalute come riserva strategica nazionale – aveva ospitato, sotto gli auspici del suo zar per l’AI e le crypto Davis Sacks, un grande evento per le monete elettroniche alla Casa Bianca praticamente appena insediatosi. Tra i primi decreti esecutivi firmati da Trump vi è quello che vieta le CBDC, cioè le valute digitali delle Banche centrali.

 

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Immagine di Web Summit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Economia

Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia

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I prezzi del petrolio sono aumentati notevolmente in seguito all’annuncio da parte degli Stati Uniti di sanzioni contro i colossi russi Rosneft e Lukoil.   I future sul greggio Brent, benchmark globale, sono saliti di oltre il 5% a 65,99 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) statunitense è salito del 5,6% a 61,79 dollari giovedì.   Nonostante i prezzi siano leggermente scesi nelle prime contrattazioni di venerdì, entrambi i benchmark sono rimasti sulla buona strada per un aumento settimanale del 7%, il più grande dall’inizio di giugno.   La Casa Bianca ha descritto le ultime sanzioni come un passo per «incoraggiare Mosca ad accettare un cessate il fuoco». La Russia afferma di rimanere aperta alla diplomazia, ma insiste sul fatto che qualsiasi accordo di pace debba affrontare le cause profonde del conflitto. Ha accusato Kiev e i suoi sostenitori occidentali di rifiutarsi di negoziare in buona fede e di minare gli sforzi di pace attraverso le sanzioni.

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Secondo quanto riportato dai media, che citano fonti commerciali, le sanzioni hanno spinto le principali compagnie petrolifere statali cinesi a sospendere gli acquisti di greggio russo via mare a breve termine. Fonti del settore hanno inoltre avvertito che le raffinerie in India, il maggiore acquirente di petrolio russo via mare, e in Turchia, il terzo, potrebbero ridurre le importazioni nelle prossime settimane.   «I flussi verso l’India sono a rischio in particolare… le sfide per le raffinerie cinesi sarebbero più contenute, considerando la diversificazione delle fonti di greggio e la disponibilità delle scorte», ha detto a Reuters Janiv Shah, vicepresidente dell’analisi dei mercati petroliferi presso Rystad Energy.   Si prevede che le misure avranno ripercussioni sul mercato, poiché gli acquirenti di greggio russo cercheranno alternative finché non ci sarà chiarezza sull’applicazione delle misure, ha dichiarato al Wall Street Journal Richard Bronze, responsabile geopolitica di Energy Aspects. Bronze prevede che il Brent potrebbe avvicinarsi ai 70 dollari al barile nei prossimi giorni. «Solo la decisione di fare questo annuncio provocherà un’onda d’urto notevole sul mercato», ha affermato.   La Russia ha da tempo avvertito che le sanzioni sono illegali e si ritorcono contro chi le impone. Commentando le nuove restrizioni giovedì, il presidente Vladimir Putin le ha definite una «mossa ostile», ma ha affermato che non avrebbero avuto un impatto significativo sull’economia russa. Ha aggiunto che le sanzioni rappresentano un altro tentativo di Washington di fare pressione su Mosca, sottolineando che «nessun Paese che si rispetti agisce mai sotto pressione».  

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Economia

La Volkswagen affronta la crisi dei chip dopo chel’Olanda ha sequestrato la fabbrica cinese

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La principale casa automobilistica tedesca, Volkswagen, rischia di sospendere la produzione in un importante stabilimento a causa della carenza di semiconduttori, provocata dal sequestro di un produttore di chip di proprietà cinese da parte dei Paesi Bassi. Lo riporta il tabloide tedesco Bild, citando fonti anonime.

 

A fine settembre, il governo olandese ha preso il controllo dello stabilimento Nexperia di Nimega, adducendo problemi legati alla proprietà intellettuale e alla sicurezza. La settimana scorsa, il New York Times, dopo aver esaminato documenti di un tribunale di Amsterdam, ha rivelato che la decisione è stata influenzata dalle pressioni di funzionari statunitensi.

 

Wingtech, la società madre di Nexperia, è stata inserita nella lista nera di Washington nel 2024, nell’ambito della guerra commerciale con la Cina.

 

All’inizio di ottobre, Pechino ha reagito vietando a Nexperia l’esportazione di chip finiti dalla Cina, componenti essenziali per le centraline elettroniche dei veicoli Volkswagen.

 

Mercoledì la Bild ha riferito che Volkswagen, proprietaria anche di Skoda, Seat, Audi, Porsche, Lamborghini e Bentley, non sembra avere attualmente alternative ai chip di Nexperia. Fonti interne hanno indicato che, a causa della carenza di semiconduttori, la produzione nello stabilimento di Volsburgo potrebbe essere interrotta a partire da mercoledì prossimo, iniziando con la Volkswagen Golf e poi estendendosi ad altri modelli.

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Se la situazione non dovesse migliorare, la sospensione della produzione potrebbe riguardare anche gli stabilimenti di Emden, Hannover, Zwickau e altri, secondo una fonte informata.

 

Secondo il rapporto, Volkswagen ha avviato negoziati con le autorità tedesche per un programma di riduzione dell’orario di lavoro, sostenuto dallo Stato, per decine di migliaia di dipendenti.

 

Bild ha avvertito che la crisi dei chip potrebbe colpire anche altre case automobilistiche tedesche. Rappresentanti di BMW e Mercedes hanno dichiarato al giornale di stare monitorando la situazione. L’industria automobilistica tedesca è già in difficoltà a causa degli elevati costi energetici, legati alle sanzioni dell’UE contro la Russia per il conflitto in Ucraina, e all’aumento dei dazi americani.

 

Un portavoce dello stabilimento Volkswagen di Zwickau ha definito «errato» il rapporto di Bild, secondo quanto riferito all’agenzia AFP. Tuttavia, una lettera interna visionata dalla stampa ha ammesso che «non si possono escludere ripercussioni sulla produzione a breve termine» a causa della carenza di semiconduttori.

 

La tensione nelle relazioni Washington-Pechino, in ispecie con riguardo i microchip – che costituiscono, almeno per il momento, lo «scudo» contro l’invasione di Taiwan da parte dell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese – tocca sempre più apertamente non solo Cina e USA, ma l’intera economia mondiale, con effetti devastanti sull’Europa, che non è riuscita, nonostante i tentativi, di crearsi una sua autonomia sovrana sulla produzione di questo componente essenziale.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che le fabbriche di semiconduttori con tecnologia avanzata olandese presenti a Taiwan potrebbero essere spente da remoto nel caso di invasione dell’isola da parte di Pechino. In particolare si tratterebbe delle fabbriche del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che impiega tecnologie ultraviolette di estrema precisione (chiamate in gergo EUV) fornite da un’azienda olandese, la ASML. Tali macchine, grandi come un autobus e dal costo di circa 217 milioni di dollari cadauna, utilizzano onde luminose ad alta frequenza per stampare i chip più avanzati al mondo.

 

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Immagine di Michael Barera via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

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