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Essere genitori

Obiezione vaccinale attiva, la lettera di due genitori

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Pubblichiamo questa esemplare lettera di Alessandro Corsini e sua moglie, sostenitori e amici di Renovatio 21 sin dalla prima ora. 

 

Chi lo desiderasse, può utilizzare questa lettera a mo’ di modulo scaricando da questo link, inserendo e sostituendo i propri dati per spedire alle istituzioni interessate.

 

 

 

 

RACCOMANDATA A.R.

 

Spett.le Azienda Unità Sanitaria Locale 

 

e p.c.

Al Sig. Sindaco del Comune 

 

 

In base alle argomentazioni esposte in questa lettera, esercitiamo il nostro diritto a non sottoporre nostra figlia alle vaccinazioni previste da calendario

 4 maggio 2020

 

                                                            

 

Oggetto: Obiezione Attiva alle Vaccinazioni obbligatorie ai sensi del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73

 

 

Gentilissimo Responsabile,

Noi sottoscritti Corsini Alessandro e D.G.F., genitori della minore C.G.,  attenti e sensibili al tema delle vaccinazioni, preso atto della copiosa documentazione medico-scientifica da noi consultata responsabilmente negli ultimi anni e delle sentenze intervenute (anche di recente) siamo consapevoli della possibile comparsa di reazioni avverse in seguito alle vaccinazioni.

 

Siamo consapevoli della possibile comparsa di reazioni avverse in seguito alle vaccinazioni

Tali reazioni possono causare un ventaglio ampio di danni più o meno gravi alla salute, sia a breve che a medio/lungo termine, e in alcuni casi dimostrati, persino condurre alla morte.

 

Con riferimento alla convocazione del 14/05/2020  per effettuare le vaccinazioni, in qualità di genitori, esercenti la potestà genitoriale e responsabili per la salute del minore oggetto della convocazione, vogliamo affermare con chiarezza che è nostro preciso dovere tutelare, nel prevalente e superiore interesse del medesimo, la sua salute.

 

Con la presente intendiamo sinteticamente esporre le profonde motivazioni che ci spingono, al momento, a rinunciare alle vaccinazioni pediatriche, proposteci dalla AUSL

Pertanto, con la presente, intendiamo sinteticamente esporre le profonde motivazioni che ci spingono, al momento, a rinunciare alle vaccinazioni pediatriche, proposteci dalla AUSL, per nostra figlia G.; tali informazioni reperite negli anni attraverso una ricerca libera e priva di ogni possibile pregiudizio, si basano su fatti evidenti, riscontrabili da tutti, che non possono e non devono lasciarci indifferenti in quanto coinvolgono financo aspetti etici e morali profondi, nei confronti dei quali, come genitori cristiani, abbiamo il dovere di opporci.

 

Contenuto dei vaccini

Iniziamo citando il famoso studio degli scienziati Montanari e Gatti e pubblicato il 23/01/2017 dal titolo New Quality Control Investigations on Vaccines: Micro and Nanocontamination, in cui, al fine di fornire nuove informazioni mai approfondite prima, è stato applicato un metodo di indagine finalizzato alla verifica della presenza di contaminanti solidi mediante un microscopio elettronico a scansione ambientale dotato di una micro-sonda a raggi X.

 

Informazioni reperite negli anni attraverso una ricerca libera e priva di ogni possibile pregiudizio, si basano su fatti evidenti, riscontrabili da tutti, che non possono e non devono lasciarci indifferenti in quanto coinvolgono financo aspetti etici e morali profondi, nei confronti dei quali, come genitori cristiani, abbiamo il dovere di opporci

I risultati di questa nuova indagine mostrano la presenza di micro e nano particelle, composte da elementi inorganici, nei campioni di vaccini analizzati.

 

Una parte considerevole di questi contaminanti è riportata in letteratura come non biodegradabile e non biocompatibile.

 

In questa circostanza ci limiteremo ad approfondire i due vaccini più utilizzati per le campagne vaccinali degli ultimi anni in Emilia Romagna (anche se avremmo i dati per approfondire le problematiche di molti dei vaccini somministrati ai bambini nelle aziende USL della nostra regione): l’Esavalente Infanrix Hexa e il  quadrivalente Priorix Tetra.

 

Nel dettaglio, gli studiosi hanno verificato la presenza in molti casi, di sali di alluminio, oltre alla presenza di micro, submicro e nanoparticelle, veri e propri corpi estranei inorganici (che vanno da 100 nm a circa dieci micron), la cui presenza non è dichiarata nei foglietti illustrativi dei vaccini stessi (vedere l’estratto di tabella seguente in cui abbiamo evidenziato i due vaccini in esame; Gatti AM, Montanari S (2016) New Quality Control Investigations on Vaccines: Micro- and Nanocontamination):

 

Una parte considerevole di questi contaminanti è riportata in letteratura come non biodegradabile e non biocompatibile

 

Come si può notare, sono state individuate nanoparticelle contenenti nichel (di cui, tra l’altro, risulta essere ufficialmente allergica F., la madre di G.), oro, tungsteno ecc. (addirittura nel vaccino Infanrix Hexa sono state identificate particelle contenenti acciaio inossidabile).

 

Lo studio pubblicato da Montanari e Gatti evidenzia come queste particelle, attraverso nano-bio-interazioni con il nostro organismo, possano a medio/lungo termine indurre effetti avversi, poiché non riconosciute dal nostro corpo.

Lo studio pubblicato da Montanari e Gatti evidenzia come queste particelle, attraverso nano-bio-interazioni con il nostro organismo, possano a medio/lungo termine indurre effetti avversi, poiché non riconosciute dal nostro corpo

 

La tabella seguente riassume il numero e la morfologia dei “detriti” identificati, in termini di singole particelle, gruppi di particelle o aggregati (composti organici-inorganici), mentre il grafico mostra il numero totale di particelle (particelle più cluster più aggregati) identificati per 20 microl di ogni vaccino.

 

“Dopo essere state iniettate, quelle microparticelle, nanoparticelle e aggregati possono rimanere attorno al sito di iniezione formando gonfiori e granulomi. Ma possono anche essere trasportati dalla circolazione sanguigna, sfuggendo a qualsiasi tentativo di previsione su quale sarà la loro destinazione finale.  Riteniamo che in molti casi vengano distribuiti in tutto il corpo senza causare alcuna reazione visibile, ma risulta probabile che, in alcune circostanze, raggiungano alcuni organi, nessuno escluso e compreso il microbiota, in discrete quantità”

 

Traducendo letteralmente dalla pubblicazione degli scienziati modenesi evidenziamo come “La quantità di corpi estranei rilevati e, in alcuni casi, le loro insolite composizioni chimiche, ci hanno sconcertato. Le particelle inorganiche identificate non sono né biocompatibili né biodegradabili, ciò significa che sono  biopersistenti e possono indurre effetti evidenti sia nell’immediatezza dell’iniezione che in un tempo più dilatato. È importante ricordare che le particelle (cristalli e non molecole) sono corpi estranei all’organismo e si comportano come tali. Di più, in particolare, la loro tossicità è per alcuni aspetti diversa da quella degli elementi chimici che li compongono, aggiungendo a quella tossicità che, comunque, è sempre presente, quella tipica dei corpi estranei. Per tale motivo, inducono una reazione infiammatoria. Dopo essere state iniettate, quelle microparticelle, nanoparticelle e aggregati possono rimanere attorno al sito di iniezione formando gonfiori e granulomi. Ma possono anche essere trasportati dalla circolazione sanguigna, sfuggendo a qualsiasi tentativo di previsione su quale sarà la loro destinazione finale.  Riteniamo che in molti casi vengano distribuiti in tutto il corpo senza causare alcuna reazione visibile, ma risulta probabile che, in alcune circostanze, raggiungano alcuni organi, nessuno escluso e compreso il microbiota, in discrete quantità. Come succede con tutti i corpi estranei, in particolare quelli piccoli, potrebbero indurre una reazione infiammatoria cronica perché la maggior parte di quelle particelle non possono essere smaltite. Inoltre, l’effetto della corona proteica (dovuto a una nano-bio-interazione) può produrre particelle composite organiche/inorganiche in grado di stimolare il sistema immunitario in modo indesiderato. È impossibile non aggiungere che particelle di dimensioni come quelle individuate nei vaccini  potrebbero entrare nei nuclei cellulari interagendo con il DNA stesso”.

Priorix Tetra: è stato poi individuato “DNA genomico contaminante (inteso come residuo di lavorazione) in quantità notevolmente elevate rispetto a quelli riscontrabili in altri vaccini (…), di cui il 78% è DNA genomico umano, il 4% è estratto da cellule embrionali di pollo e il 14% da virus della varicella”

 

 

Oltre allo studio pubblicato da Montanari e Gatti evidenziamo anche le analisi su vari lotti di vaccini commissionate dall’associazione Corvelva, con il sostegno dell’Ordine Nazionale dei Biologi, in cui sono emerse diverse criticità tra le quali: antigeni mancanti, presenza di molecole appartenenti alla categoria delle tossine e molteplici contaminazioni chimiche.

 

In riferimento al Priorix Tetra, vaccino antimorbillo, parotite, rosolia e varicella, sono state riscontrate varianti genetiche degli antigeni rispetto all’antigene dichiarato nella scheda tecnica: il genoma del virus della varicella contenuto nel vaccino ha mostrato quattro mutazioni (…); il genoma del virus della parotite contenuto nel vaccino ha mostrato una mutazione”.

 

È stato poi individuato “DNA genomico contaminante (inteso come residuo di lavorazione) in quantità notevolmente elevate rispetto a quelli riscontrabili in altri vaccini (…), di cui il 78% è DNA genomico umano, il 4% è estratto da cellule embrionali di pollo e il 14% da virus della varicella”. Le analisi, secondo Corvelva, hanno anche evidenziato l’”assenza dell’antigene (RNA) della rosolia”, che invece dovrebbe essere presente.

 

nell’Infanrix hexa ci aspettavamo di trovare i tre tossoidi e gli altri antigeni non modificati dai trattamenti con formaldeide e glutaraldeide, separabili tra loro e digeribili dall’enzima specifico per le proteine (tripsina). È stato invece trovato un vero e proprio polimero, insolubile e indigeribile, costituito dall’insieme degli antigeni legati chimicamente tra loro. Questa macromolecola non è stata riconosciuta dalle banche dati delle proteine, quindi, di fatto, risulta essere un composto solido di struttura chimica sconosciuta”

E veniamo all’Infanrix hexa, esavalente pediatrico per difterite, tetano, pertosse, epatite B, poliomielite e Haemophilus influenzae b. Nell’esposto si legge che è stata riscontrata “assenza (o presenza dubbia) degli antigeni virali della poliomielite”. Oltre alle prime analisi, Corvelva ha commissionato ulteriori indagini chimiche e metagenomiche in cui sono emersi ulteriori dati preoccupanti sulle contaminazioni e sulla natura di questi prodotti. 

 

Per esempio”, spiegano gli scienziati coinvolti nello studio, “nell’Infanrix hexa ci aspettavamo di trovare i tre tossoidi e gli altri antigeni non modificati dai trattamenti con formaldeide e glutaraldeide, separabili tra loro e digeribili dall’enzima specifico per le proteine (tripsina). È stato invece trovato un vero e proprio polimero, insolubile e indigeribile, costituito dall’insieme degli antigeni legati chimicamente tra loro. Questa macromolecola non è stata riconosciuta dalle banche dati delle proteine, quindi, di fatto, risulta essere un composto solido di struttura chimica sconosciuta. Oppure ancora, nel Priorix Tetra sono state individuate tracce associabili a diversi antibiotici, a diserbanti, erbicidi, acaricidi e metaboliti della morfina. Insomma, riteniamo sia assolutamente necessario che le autorità sanitarie e la magistratura vadano a fondo della questione senza nascondere la testa sotto la sabbia”.

 

Esaurendo in questa breve sintesi le tematiche fisiche e chimiche legate al contenuto assai discutibile di alcuni vaccini (ci siamo soffermati sui più utilizzati dalle AUSL), passiamo ora a evidenziare brevemente un tema per noi fondamentale e cruciale: la presenza nei vaccini di linee cellulari di feti abortiti.

 

 

Implicazioni morali ed obiezione di coscienza

Un tema per noi fondamentale e cruciale: la presenza nei vaccini di linee cellulari di feti abortiti

Gli studi resi noti da CDC, (Centers for Disease Control) e l’NCBI, il National Center for Biotechnology Information (Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche degli Stati Uniti), parlano apertamente di WALVAX 2 e delle altre linee cellulari che lo hanno preceduto (WI-38, MRC-5, RA 27-3, WI-26 VA4, HEK 293, PER C-6).

 

In uno degli articoli troviamo detto quanto segue: “Abbiamo sviluppato un nuovo ceppo di cellule diploidi umane, Walvax-2, che abbiamo derivato dal tessuto polmonare di un feto di 3 mesi”.

 

E ancora: “Abbiamo ottenuto 9 feti attraverso uno screening rigoroso basato su criteri di inclusione accuratamente specificati. Il ceppo di Walvax-2 ha soddisfatto tutti questi criteri e si è rivelata la migliore linea cellulare dopo un’attenta valutazione. Quindi è stato usato per creare un ceppo di cellule diploidi umane. Walvax-2 è stato derivato da un tessuto polmonare fetale, simile a WI-38 e MRC-5, ed è stato ottenuto da un feto femminile di 3 mesi”.

 

Anche riguardo alla “qualità” del feto, l’NCBI non si fa problemi a descrivere nel dettaglio le modalità di ricerca e di sperimentazione ottenute anche grazie al Dipartimento Ginecologico di Yunnan: “Il materiale fetale è stato fornito dal Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Yunnan, con accordi legali ed etici del donatore. Prima dello studio, abbiamo utilizzato criteri d’inclusione rigorosa e completa per garantire un ceppo di cellule di alta qualità: 1) età gestazionale da 2 a 4 mesi; 2) l’induzione del parto con il metodo del water bagging”.

 

Nel foglietto illustrativo del quadrivalente Priorix Tetra, la GlaxoSmithKline stessa indica, nella composizione qualitativa e quantitativa del vaccino, la dicitura “coltivato in cellule diploidi umane MRC-5

Per tornare ai vaccini proposti e offerti dal PNPV, non c’è nemmeno bisogno di affaticarsi in faticose ricerche in quanto, per esempio, nel foglietto illustrativo del quadrivalente Priorix Tetra, la GlaxoSmithKline stessa indica, nella composizione qualitativa e quantitativa del vaccino, la dicitura “coltivato in cellule diploidi umane MRC-5” (vedere immagine sotto):

 

 

 

 

Senza pretendere di approfondire in questo documento assai contenuto l’orribile e omicida campionario di immoralità che si nascondono dietro a tutte le linee cellulari umane contenute in molti vaccini, ne elenchiamo le due più utilizzate:

La linea WI-38 è stata sviluppata dal tessuto polmonare di una bambina svedese che è stata abortita nel 1962, a circa tre mesi di gestazione, perché “la famiglia aveva troppi bambini

 

LINEA CELLULARE WI-38 (Winstar Institute 38, numero ATCC®, CCL-75)

(contenuta in MMRVaxPro come indicato dal bugiardino stesso)

La linea WI-38 è stata sviluppata dal tessuto polmonare di una bambina svedese che è stata abortita nel 1962, a circa tre mesi di gestazione, perché “la famiglia aveva troppi bambini”. Questo feto è stato scelto appositamente dal Dr. Sven Gard per essere utilizzato come coltura per produrre vaccini. Fu preparato e sviluppato da Leonard Hayflick nel 1964 [L. Hayflick, 1965; G. al di et di Sven., 1969] e fu catalogato come biomateriale al registro ATCC numero CCL -75. WI-38 è usato per la preparazione del vaccino storico RA 27/3 contro la rosolia [S.A. Al di et di Plotkin 1965].

 

È possibile reperire ulteriori informazioni che comprovano la veridicità di tali fatti alla sezione “collezioni di colture“, disponibile sul sito governativo del Ministero della Salute britannico, dalla quale è possibile consultare altre preziose informazioni in merito a descrizione, specie, tessutomorfologiametodo di sviluppoprofilo del DNA, sottocolture, cariotipo, prodotti e sostanze utilizzate nella preparazione di questa linea colturale “finalizzata alla preparazione di vaccini destinati ad esseri umani“.

 

LINEA CELLULARE MRC-5 (Medical Research Council 5, numero ATCC®, CCL-171)

(contenuta in Priorix Tetra come indicato dal bugiardino stesso)

La linea cellulare umana MRC-5, con fibroblasti di polmone umano, proviene da un feto maschio di 14 settimane abortito per “ragioni psichiatriche

La linea cellulare umana MRC-5, con fibroblasti di polmone umano, proviene da un feto maschio di 14 settimane abortito per “ragioni psichiatriche” da una donna di 27 anni nel Regno Unito. L’aborto è stato intenzionale, non eseguito per scopi di sviluppo del vaccino, ma MRC-5 è stato comunque preparato e sviluppato da J.P. Jacobs nel 1966 [J.P. Al di et di Jacobs 1970]. Anche in questo caso ulteriori informazioni sono accessibili alla voce collezioni di colture“, disponibile sul sito governativo del Ministero della Salute britannico, dalla quale si apprende che “questa collezione si compone di oltre 1100 linee cellulari provenienti da più di 45 specie diverse e una grande varietà di tessuti“. Alcune varianti di tale linea cellulare rappresentano un derivato clonale del noto SV40, il virus delle scimmie che fu involontariamente trasmesso negli anni ’50 a milioni di persone attraverso i vaccini antipolio di prima generazione.

 

Posti innanzi ad un fatto morale così grave, che in teologia viene comunemente chiamato “cooperazione al male materiale”, crediamo fermamente che debba essere garantito a noi genitori cattolici il diritto all’obiezione di coscienza

Orbene, posti innanzi ad un fatto morale così grave, che in teologia viene comunemente chiamato “cooperazione al male materiale”, crediamo fermamente che debba essere garantito a noi genitori cattolici il diritto all’obiezione di coscienza. A tal proposito, citiamo di seguito un estratto dal documento “RIFLESSIONI MORALI CIRCA I VACCINI PREPARATI A PARTIRE DA CELLULE PROVENIENTI DA FETI UMANI ABORTITI” pubblicato nel 2005 dalla Pontificia Accademia per la Vita:

 

“Ai fedeli e ai cittadini di retta coscienza (padri famiglia, medici, ecc.) spetta di opporsi, anche con l’obiezione di coscienza, ai sempre più diffusi attentati contro la vita e alla ‘Cultura della Morte’ che li sostiene. E da questo punto di vista, l’uso di vaccini la cui produzione è collegata all’aborto provocato costituisce almeno una cooperazione materiale passiva mediata remota all’aborto, e una cooperazione materiale passiva immediata alla loro commercializzazione. Inoltre, sul piano culturale, l’uso di tali vaccini contribuisce a creare un consenso sociale generalizzato all’operato delle industrie farmaceutiche che li producono in modo immorale”.

“Ai fedeli e ai cittadini di retta coscienza (padri famiglia, medici, ecc.) spetta di opporsi, anche con l’obiezione di coscienza, ai sempre più diffusi attentati contro la vita e alla ‘Cultura della Morte’ che li sostiene” Pontificia Accademia per la Vita (2005)

 

“Pertanto, i medici e i padri di famiglia hanno il dovere di ricorrere a vaccini alternativi (se esistenti), esercitando ogni pressione sulle autorità politiche e sui sistemi sanitari affinché altri vaccini senza problemi morali siano disponibili. Essi dovrebbero invocare, se necessario, l’obiezione di coscienza rispetto all’uso di vaccini prodotti mediante ceppi cellulari di origine fetale umana abortiva”.

 

“Ugualmente dovrebbero opporsi con ogni mezzo (per iscritto, attraverso le diverse associazioni, i mass media, ecc.) ai vaccini che non hanno ancora alternative senza problemi morali, facendo pressione affinché vengano preparati vaccini alternativi non collegati a un aborto di feto umano e chiedendo un controllo legale rigoroso delle industrie farmaceutiche produttrici”.

 

L’uso di tali vaccini contribuisce a creare un consenso sociale generalizzato all’operato delle industrie farmaceutiche che li producono in modo immorale

Tenendo ben ferma e prioritaria la questione etica, non ci sfugge chiedervi conto persino delle conseguenze in termini di sicurezza che tali aberrazioni farmaceutiche potrebbero avere sull’organismo di un neonato.

 

Cosa accade dopo avervi iniettato DNA umano combinato con virus?

 

Studi recenti dimostrano come si possano formare cellule con un DNA virus/cellula-fetale/vaccinato che potrebbero essere riconosciute come estranee scatenando una «risposta autoimmune» nei soggetti che presentano una predisposizione.

Studi recenti dimostrano come si possano formare cellule con un DNA virus/cellula-fetale/vaccinato che potrebbero essere riconosciute come estranee scatenando una «risposta autoimmune» nei soggetti che presentano una predisposizione

 

Sarà un caso, ma oggi le malattie autoimmuni (oltre un’ottantina, tra cui: diabete tipo-1, artrite reumatoide, lupus, tiroidite, sclerosi, ecc.) sono in crescita esponenziale tra la popolazione infantile e adulta.

 

Inoculando nel corpo di un neonato di due/tre mesi privo di un sistema immunitario maturo, batteri, virus, metalli pesanti (come alluminio e mercurio), antibiotici, formaldeide si corrono gravissimi rischi: disbiosi intestinali, infiammazioni, tra cui le pericolosissime encefaliti, malattie autoimmuni, allergie, ecc.

 

Ma cosa succede quando a finire nel sangue sono frammenti di DNA “alieno”?

 

Esistono studi che dichiarino false le ricerche della Dr.ssa Theresa Deisher, ricercatrice in Fisiologia Cellulare e Molecolare presso la Stanford University, la quale a più riprese ha incolpato i frammenti di DNA fetale umano presenti nei vaccini come una delle cause d’insorgenza dell’autismo correlata alla pratica vaccinale?

Esistono studi che dichiarino false le ricerche della Dr.ssa Theresa Deisher che ha incolpato i frammenti di DNA fetale umano presenti nei vaccini come una delle cause d’insorgenza dell’autismo correlata alla pratica vaccinale?

 

Allo stesso modo, la Dr.ssa Theresa Deisher incolpa i frammenti di DNA fetale umano presenti nei vaccini come una delle cause d’insorgenza di cancro infantile. Può essere provato che tutto ciò sia falso?

 

Capite come ogni dettaglio risulti per noi molto importante al fine di avere una chiara e trasparente visione di una tematica così strettamente legata alla morale, alla nostra Fede e alla salute di nostra figlia.

 

 

Sicurezza e reazioni avverse

La Dr.ssa Theresa Deisher incolpa i frammenti di DNA fetale umano presenti nei vaccini come una delle cause d’insorgenza di cancro infantile

A proposito di sicurezza, crediamo sia molto interessante farvi pervenire i dati ufficiali richiesti alla Regione dal “Coordinamento Libera Scelta Emilia Romagna” sul tema reazioni avverse e risarcimenti ai sensi della Legge n.210 del 1992 (INDENNIZZO A FAVORE DEI SOGGETTI DANNEGGIATI DA COMPLICANZE DI TIPO IRREVERSIBILE A CAUSA DI VACCINAZIONI OBBLIGATORIE, TRASFUSIONI).

 

I dati sono stati acquisiti tramite accesso agli atti (FOIA), relativi ai danneggiati ufficialmente riconosciuti in Emilia Romagna secondo la Legge 210/92 e s.m.i. a seguito di complicanze irreversibili dovute alla vaccinazione, esclusi i danni da trasfusioni ed emoderivati, a partire dal trasferimento delle competenze di cui alla Legge 210/92 dal Ministero della Salute alle Regioni (DPCM 26/05/2000), a loro volta trasferite dalla Regione Emilia Romagna alle singole AUSL (LR 18/02/2002, n.2). I dati sono stati elaborati al fine di sintesi e divulgazione:

Capite come ogni dettaglio risulti per noi molto importante al fine di avere una chiara e trasparente visione di una tematica così strettamente legata alla morale, alla nostra Fede e alla salute di nostra figlia.

 

  • Risarcimenti al 31/12/2018: 6 milioni di euro
  • 5 decessi confermati
  • 44 danneggiati gravi in maniera irreversibile

 

Evidenziamo come tali dati siano sottostimati rispetto alla realtà dei casi, in quanto non tutte le AUSL hanno risposto alla richiesta di dati. 

 

Nella pagina seguente riportiamo l’elenco dei danneggiati per AUSL di competenza, tipo di vaccino, danno riconosciuto, soggetto in carico o deceduto: 

 

Considerato che oggi si nega pubblicamente senza pudore quanto è già provato e assodato, se non dai dati stessi, da una Legge dello Stato esistente dal 1992 che regola i risarcimenti da danno da vaccinazione (perché mai prevederla se i vaccini sono così sicuri?), a cosa va incontro chi questi danni li sta subendo ora, sulla propria pelle o su quella dei propri figli, in virtù di scelte politiche che erodono i diritti di tutti e che per sopravvivere devono necessariamente negare queste evidenze?

 

 

Questo è quanto già riconosciuto dallo Stato ufficialmente: una sottostima di quello che emergerà dopo cause di riconoscimento troppo spesso interminabili e sfiancanti per le famiglie coinvolte.

Il raddoppio negli ultimi due anni sarebbe difficilmente spiegabile senza tirare in ballo l’imposizione obbligatoria di  un alto numero di vaccinazioni, coincidente nel 2017 con il picco evidenziato (Legge “Lorenzin”?)

 

Considerato che oggi si nega pubblicamente senza pudore quanto è già provato e assodato, se non dai dati stessi, da una Legge dello Stato esistente dal 1992 che regola i risarcimenti da danno da vaccinazione (perché mai prevederla se i vaccini sono così sicuri?), a cosa va incontro chi questi danni li sta subendo ora, sulla propria pelle o su quella dei propri figli, in virtù di scelte politiche che erodono i diritti di tutti e che per sopravvivere devono necessariamente negare queste evidenze?

 

Nel grafico seguente vengono indicate le segnalazioni di eventi avversi in seguito alla somministrazione di farmaci e vaccini, dal 1999 al 2018 in Emilia Romagna.

 

Il raddoppio negli ultimi due anni sarebbe difficilmente spiegabile senza tirare in ballo l’imposizione obbligatoria di  un alto numero di vaccinazioni, coincidente nel 2017 con il picco evidenziato (Legge “Lorenzin”?).

 

A nostro parere, poco importa che il 67% dei casi censiti gravi sia di carattere transitorio; ricordiamoci sempre che stiamo parlando di vite umane, nella stragrande maggioranza dei casi appena sbocciate tra le braccia dei propri genitori, che le hanno viste nascere sane e che di colpo, a causa di un trattamento sanitario reso obbligatorio da una legge coercitiva dello Stato, vedono i propri figli peggiorare anche gravemente nelle condizioni di salute, spesso senza spiegazioni da parte di chi li dovrebbe assistere nella trasparenza e nell’obiettività

 

Vogliamo consultare una fonte ancora più attendibile e difficilmente manipolabile? 

 

Consultiamo allora il Rapporto Vaccini 2018 dell’AIFA:  Nella tabella 4 a pagina 23 di questo documento è riportato l’andamento delle segnalazioni inserite nel solo 2018 per anno di insorgenza della reazione e per gravità (ovviamente l’indagine è allargata a tutto il territorio nazionale):

 

 

Si può notare come ben il 16,5% delle reazioni avverse segnalate nel 2018 siano catalogate come gravi, ben 1202 casi su 7267 totali. 

 

Approfondendo la lettura del documento dell’AIFA e andando, per esempio, ad individuare le reazioni avverse dell’esavalente Infanrix Hexa scopriamo che nel solo 2018 sono state inserite 779 segnalazioni di cui il 16,3% identificate come gravi (127 casi); come atteso in base al calendario vaccinale, la maggior parte delle segnalazioni si riferisce a bambini sotto i due anni di età (85%) e alla somministrazione contemporanea di esavalente e altri vaccini.

 

Dove c’è un rischio, dove c’è una possibilità di danno, qualsiasi tipo di danno, ci deve essere libertà di scelta

La somministrazione del vaccino Priorix Tetra nel 2018 ha causato ben 1201 segnalazioni di cui il 22% con caratteristiche gravi (264 casi). La quasi totalità delle segnalazioni a seguito di vaccinazione MPRV si riferisce a bambini sotto i 12 anni.

 

A nostro parere, poco importa che il 67% dei casi censiti gravi sia di carattere transitorio; ricordiamoci sempre che stiamo parlando di vite umane, nella stragrande maggioranza dei casi appena sbocciate tra le braccia dei propri genitori, che le hanno viste nascere sane e che di colpo, a causa di un trattamento sanitario reso obbligatorio da una legge coercitiva dello Stato, vedono i propri figli peggiorare anche gravemente nelle condizioni di salute, spesso senza spiegazioni da parte di chi li dovrebbe assistere nella trasparenza e nell’obiettività. Dove c’è un rischio, dove c’è una possibilità di danno, qualsiasi tipo di danno, ci deve essere libertà di scelta.

“Un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato. Questa persona riceve innanzitutto un’informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente, ritirare il proprio consenso”. Convenzione internazionale sui diritti umani (1997)

 

Ricordiamo come il 4 aprile 1997, ad Oviedo, fu stipulata una Convenzione internazionale sui diritti umani, particolarmente mirata a salvaguardare il corpo umano e la sua integrità, mettendo al primo posto la persona, come scopo del trattamento medico e non viceversa; l’articolo 5 infatti recita che “un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato. Questa persona riceve innanzitutto un’informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente, ritirare il proprio consenso”.

 

In base alle argomentazioni esposte in questa lettera, che coinvolgono soprattutto aspetti morali e religiosi, in mancanza, al momento, di valide alternative eticamente accettabili e prive di zone d’ombra dal punto di vista della sicurezza, noi genitori di G., esercitiamo il nostro diritto a non sottoporre nostra figlia alle vaccinazioni previste da calendario.

 

In attesa di un Vostro cortese riscontro, 

 

porgiamo Distinti Saluti.

 

 

I Genitori

 

Alessandro Corsini

 

F.D.G.

 

 

 

 

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Essere genitori

L’allattamento al seno è meglio del latte artificiale, ma le mamme devono limitare l’esposizione alle sostanze chimiche: studio

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Secondo un nuovo studio, il latte materno delle madri di tutto il mondo contiene un’ampia gamma di sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, tra cui bisfenoli, sostanze perfluorurate, pesticidi, ritardanti di fiamma e plastificanti, che possono alterare gli ormoni e potenzialmente danneggiare lo sviluppo.

 

Secondo un nuovo studio, il latte materno delle madri di tutto il mondo contiene un’ampia gamma di sostanze chimiche che interferiscono con il sistema endocrino (IE), come bisfenoli, sostanze perfluorurate, pesticidi, ritardanti di fiamma e plastificanti, che possono alterare gli ormoni e potenzialmente danneggiare lo sviluppo.

 

I ricercatori sottolineano che il latte umano è ancora l’alimento più raccomandato per i neonati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia l’allattamento esclusivo al seno per i primi sei mesi di vita, perché il latte umano protegge i neonati dalle infezioni e apporta benefici per tutta la vita, tra cui un minor rischio di disturbi dell’apprendimento, diabete, obesità e ipertensione.

 

«I neonati allattati al seno possono essere esposti a miscele di interferenti endocrini attraverso il latte materno, il che può comportare rischi per lo sviluppo precoce della vita, in particolare per lo sviluppo neurologico e la funzionalità tiroidea», ha affermato la ricercatrice principale, la dottoressa Katherine E. Manz, professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze della Salute Ambientale presso la Facoltà di Sanità Pubblica dell’Università del Michigan.

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Tuttavia, i benefici generali dell’allattamento al seno per la salute sono ancora evidenti e sostanziali. È importante non scoraggiare l’allattamento al seno, ma piuttosto concentrarsi sulla creazione di ambienti che limitino l’esposizione materna a queste sostanze chimiche, ove possibile.

 

I risultati evidenziano la necessità di una migliore comprensione e regolamentazione dell’esposizione alle sostanze chimiche che si accumulano nel corpo delle donne e che possono essere trasmesse ai bambini attraverso l’allattamento al seno, un percorso che, secondo gli autori, è stato a lungo trascurato.

 

La revisione globale di 71 studi sulla lingua inglese, pubblicata il 25 novembre su Current Environmental Health Reports, ha documentato livelli misurabili di sostanze chimiche prodotte dall’industria, note per influenzare gli ormoni coinvolti nella crescita, nello sviluppo del cervello, nel metabolismo e nella funzione immunitaria.

 

I problemi di salute più comuni legati all’esposizione precoce agli interferenti endocrini presenti nel latte materno sono stati gli effetti sullo sviluppo cerebrale e le alterazioni dei normali livelli di ormone tiroideo, come emerge dalla revisione. Gli impatti negativi più significativi sullo sviluppo cerebrale sono stati legati a livelli più elevati di ritardanti di fiamma e pesticidi.

 

Ad esempio:

 

  • Una maggiore esposizione ai ritardanti di fiamma polibromurati è stata associata a punteggi più bassi nei test di sviluppo di Bayley , che misurano il pensiero, il movimento e lo sviluppo socio-emotivo nei neonati e nei bambini piccoli.

 

  • Numerosi pesticidi organoclorurati presenti nel latte materno sono stati associati a peggiori risultati cognitivi e linguistici durante l’infanzia, e alcuni di essi sono stati associati a un rischio maggiore di ADHD.

 

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Oltre alla tossicità neuroevolutiva, numerosi studi hanno riscontrato associazioni tra la quantità di sostanze chimiche presenti nel latte materno e i livelli alterati dell’ormone tiroideo, hanno scritto gli autori.

 

Ad esempio, uno studio ha rilevato un’associazione tra lo squilibrio dell’ormone tiroideo nelle madri e l’accumulo di PBDE (etere di difenile polibromurato), in particolare nel latte materno subito dopo il parto.

 

Un altro studio ha scoperto che alcuni pesticidi presenti nel latte materno erano associati, nel sangue del cordone ombelicale dei neonati alla nascita, a livelli più bassi di ormone stimolante la tiroide e dell’ormone IGF-1, che svolge un ruolo importante nella crescita infantile.

 

Gli interferenti endocrini entrano nell’organismo attraverso l’inalazione, l’ingestione o il contatto cutaneo e sono stati precedentemente rilevati nel sangue del cordone ombelicale e nella placenta. Poiché molti interferenti endocrini si accumulano nell’organismo nel tempo, potrebbero passare nel latte materno durante l’allattamento, suggerisce lo studio.

 

Sebbene le concentrazioni delle sostanze chimiche variassero notevolmente a seconda della regione e del tipo di sostanza chimica, gli scienziati affermano che 13 degli studi hanno riportato che i neonati ingerivano livelli di esposizione agli interferenti endocrini più elevati di quelli raccomandati nel latte materno.

 

Tuttavia, gli studi non hanno valutato l’assunzione giornaliera in modo coerente, affermano i revisori. Solo due hanno applicato i criteri di sicurezza raccomandati per i neonati. Gli altri hanno stimato l’esposizione nei neonati utilizzando gli stessi limiti di sicurezza degli adulti, aggiustando solo per il peso corporeo del bambino.

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Gli studi hanno dimostrato la presenza di:

 

  • I bisfenoli (come il BPA), utilizzati nei rivestimenti delle lattine per alimenti, nei contenitori di plastica e nelle ricevute termiche, sono stati rilevati in tutto il mondo. Queste sostanze chimiche possono imitare gli ormoni e altri studi hanno collegato l’esposizione precoce al BPA a un aumento del rischio di malattie cardiache, ictus, diabete di tipo 2 e obesità in età adulta.

 

  • I pesticidi organoclorurati, molti dei quali utilizzati in agricoltura e nel controllo dei parassiti e persistenti nel suolo e negli alimenti, sono stati rilevati frequentemente, tra cui 36 diverse sostanze chimiche in 11 studi. Ricerche precedenti hanno collegato l’esposizione a tumori infantili, disturbi neurologiciinfertilità, parto prematuro e problemi metabolici e riproduttivi.

 

  • I ritardanti di fiamma polibromurati, utilizzati in schiume per mobili, componenti elettronici e tessuti, e i policlorobifenili (PCB), un tempo utilizzati in apparecchiature elettriche e materiali industriali e ancora presenti nel suolo, nell’acqua e negli alimenti, sono stati rilevati in tutti i 10 studi che li hanno valutati. L’esposizione è stata associata a punteggi più bassi nello sviluppo infantile, a un maggiore rischio di problemi comportamentali e a squilibri ormonali tiroidei.

 

  • Sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS, o «sostanze chimiche perenni»), utilizzate in pentole antiaderenti, tessuti antimacchia, imballaggi alimentari e processi industriali, sono state comunemente rilevate, tra cui PFOA e PFOS. Lo studio suggerisce che queste sostanze chimiche potrebbero essere più concentrate nel latte materno. L’esposizione è stata associata a cancro, malattie della tiroide, danni al fegato, indebolimento del sistema immunitario e problemi di sviluppo.

 

  • Gli ftalati, comunemente presenti nella plastica, nei prodotti per la cura della persona e negli imballaggi alimentari, sono stati rilevati frequentemente, con metaboliti come MEHP, MiBP e MnBP che sono comparsi in tutti gli studi. Sebbene gli ftalati vengano eliminati rapidamente dall’organismo, sono ampiamente presenti nei beni di consumo. L’esposizione precoce è stata collegata a problemi riproduttivi, malattie metaboliche e problemi dello sviluppo neurologico.

 

  • I parabeni, conservanti comuni utilizzati in lozioni, cosmetici, shampoo e alcuni alimenti confezionati, sono stati identificati in 10 studi, e il metilparabene è presente in tutti. In quanto interferenti endocrini, i parabeni possono essere collegati a problemi riproduttivi, cancro al seno, obesità e disturbi della tiroide.

 

  • Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), un tipo di inquinante atmosferico prodotto dalla combustione di combustibili fossili, dai gas di scarico del traffico, dal fumo di tabacco e dalle emissioni industriali, sono stati rilevati frequentemente. L’esposizione agli IPA è stata associata a problemi metabolici, respiratori, riproduttivi e dello sviluppo.

 

Nonostante queste associazioni, i ricercatori affermano che la concentrazione delle sostanze chimiche rilevate negli studi in un dato momento non determina da sola il rischio. Molte si accumulano nell’organismo nel tempo.

 

Inoltre, le soglie di sicurezza variano a livello internazionale e spesso non sono progettate specificamente per i neonati, osservano i ricercatori. Alcuni studi hanno stimato l’esposizione infantile al di sopra dei limiti raccomandati, mentre altri hanno riscontrato livelli inferiori.

 

Le differenze da regione a regione potrebbero essere dovute a normative in continua evoluzione, differenze nell’attività industriale, contaminazione ambientale, occupazione e variazioni naturali nella composizione del latte durante l’allattamento, osservano gli autori. Pochi studi monitorano i neonati nel tempo e i metodi di raccolta dati mancano di coerenza, complicando i confronti.

 

Secondo gli autori, un campionamento standardizzato e una maggiore quantità di dati provenienti da popolazioni diverse potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere meglio in che modo l’esposizione a sostanze chimiche durante l’infanzia possa influenzare la salute a lungo termine.

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Per comprendere veramente i rischi a cui sono esposti i neonati allattati al seno, sostengono che sia essenziale sapere come le sostanze chimiche passano nel latte materno e come il livello di esposizione della madre influisce sulla quantità di interferenti endocrini nel suo latte.

 

«Negli studi futuri, bisognerebbe concentrarsi sul miglioramento delle tecniche di rilevamento, sull’integrazione di misure di controllo della qualità e sulla valutazione dell’esposizione agli interferenti endocrini in più matrici biologiche nel tempo, per ottenere stime di esposizione più precise nei neonati allattati al seno», hanno affermato.

 

«Inoltre, sono necessari dati più solidi per caratterizzare i livelli di EDC sia in base alla popolazione che alla regione e per chiarire le loro associazioni con esiti negativi sulla salute, al fine di formulare raccomandazioni più complete sull’allattamento».

 

Per ridurre l’esposizione agli interferenti endocrini, preferire alimenti freschi a quelli confezionati. Scegliere prodotti per la cura della persona che riportino sull’etichetta la dicitura «senza ftalati». Inoltre, filtrare l’acqua potabile, pulire regolarmente con un aspirapolvere con filtro HEPA o utilizzare un purificatore d’aria ed evitare l’uso di pesticidi non necessari in casa.

 

Pamela Ferdinand

 

Pubblicato originariamente da US Right to Know.

Pamela Ferdinand è una giornalista pluripremiata ed ex borsista del Massachusetts Institute of Technology Knight Science Journalism, che si occupa dei determinanti commerciali della salute pubblica. 

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Immagine di Anton Nosik via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

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Essere genitori

Livelli pericolosamente elevati di metalli tossici nei giocattoli di plastica per bambini

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Un recente studio brasiliano ha rilevato concentrazioni allarmanti di metalli tossici nei giocattoli per bambini commercializzati nel Paese. Lo riporta Science Daily.   Ricercatori di due università brasiliane hanno esaminato un vasto campionario di giocattoli di plastica, sia di produzione nazionale che importati, conducendo l’indagine più completa mai realizzata sulla contaminazione chimica di questi articoli.   Il dato più inquietante riguarda il bario: in molti campioni la sua concentrazione è risultata fino a 15 volte superiore al limite di sicurezza previsto dalla normativa brasiliana. L’esposizione prolungata al bario è associata a gravi danni cardiaci e neurologici, inclusa la paralisi.   «Sono state rilevate anche elevate quantità di piombo, cromo e antimonio. Il piombo, associato a danni neurologici irreversibili, problemi di memoria e riduzione del QI nei bambini, ha superato il limite nel 32,9% dei campioni, con alcune misurazioni che hanno raggiunto quasi quattro volte la soglia accettata» scrive Science Daily. «L’antimonio, che può scatenare problemi gastrointestinali, e il cromo, un noto cancerogeno, erano presenti al di sopra dei livelli accettabili rispettivamente nel 24,3% e nel 20% dei giocattoli».

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Attraverso la spettrometria di massa al plasma, lo studio ha identificato ben 21 elementi tossici: argento (Ag), alluminio (Al), arsenico (As), bario (Ba), berillio (Be), cadmio (Cd), cerio (Ce), cobalto (Co), cromo (Cr), rame (Cu), mercurio (Hg), lantanio (La), manganese (Mn), nichel (Ni), piombo (Pb), rubidio (Rb), antimonio (Sb), selenio (Se), tallio (Tl), uranio (U) e zinco (Zn).   «Questi dati rivelano uno scenario preoccupante di contaminazione multipla e mancanza di controllo. Tanto che nello studio suggeriamo misure di controllo più severe, come analisi di laboratorio regolari, tracciabilità dei prodotti e certificazioni più stringenti, soprattutto per i prodotti importati», ha dichiarato uno degli autori principali della ricerca.   Gli studiosi hanno inoltre calcolato i tassi di rilascio delle sostanze: la percentuale che effettivamente passa dal giocattolo al bambino durante l’uso normale (inclusa la pratica di portarli alla bocca). I valori oscillano tra lo 0,11% al 7,33%, quindi solo una piccola parte del contaminante viene assorbita. Tuttavia, le elevatissime concentrazioni iniziali e l’esposizione quotidiana prolungata (per mesi o anni) rendono il rischio sanitario comunque significativo.   I ricercatori ritengono che i metalli pesanti entrino nei giocattoli soprattutto durante la produzione, in particolare con le vernici e i pigmenti utilizzati. Le correlazioni tra gli elementi rilevati suggeriscono, in molti casi, una fonte comune di contaminazione.   In studi precedenti, lo stesso gruppo aveva già documentato la presenza nei giocattoli di interferenti endocrini (sostanze che alterano l’equilibrio ormonale), associati a problemi di fertilità, disturbi metabolici e aumento del rischio oncologico.

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Essere genitori

I bambini con cellulare prima dei 12 anni corrono un rischio maggiore di obesità, depressione e sonno scarso

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Ran Barzilay, MD, Ph.D., autore principale di uno studio pubblicato lunedì su Pediatrics e psichiatra infantile e adolescenziale presso il Children’s Hospital di Philadelphia, ha dichiarato a The Defender che spera che i genitori considerino in che modo la decisione di dare un cellulare ai propri figli possa influire sulla loro salute.

 

Secondo una ricerca pubblicata lunedì su Pediatrics, i bambini che possiedono un cellulare entro i 12 anni corrono un rischio maggiore di obesità, depressione e mancanza di sonno rispetto ai bambini che non ne hanno uno. Inoltre, più sono piccoli quando ricevono il telefono, maggiore è il rischio che diventino obesi e abbiano difficoltà a dormire.

 

Ran Barzilay, MD, Ph.D., autore principale dello studio e psichiatra infantile e adolescenziale presso il Children’s Hospital di Philadelphia, ha dichiarato a The Defender che spera che i genitori considerino in che modo la decisione di dare un cellulare ai propri figli possa influire sulla loro salute.

 

«Non dovrebbe essere qualcosa che fai e poi dimentichi», ha detto Barzilay. «Piuttosto, i genitori dovrebbero comunicarlo ai loro figli e collaborare per capire come il possesso di uno smartphone influisca sul loro stile di vita e sul loro benessere».

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Gli autori dello studio hanno condotto analisi statistiche dei dati su oltre 10.000 dodicenni statunitensi nell’ambito dell’Adolescent Brain Cognitive Development Study, descritto come «la più ampia analisi a lungo termine sullo sviluppo cerebrale dei bambini condotta negli Stati Uniti fino ad oggi».

 

Il team di Barzilay ha riunito ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia, della Penn Medicine, dell’Università della California, Berkeley e della Columbia University.

 

Oltre a prendere in considerazione i dodicenni che già possedevano un cellulare, hanno monitorato anche i dodicenni che non ne avevano uno all’inizio dell’anno, ma che ne avevano ricevuto uno all’età di 13 anni.

 

«Quando hanno compiuto 13 anni», ha detto Barzilay, «quelli che avevano ricevuto uno smartphone in quell’anno avevano maggiori problemi di salute mentale e di sonno rispetto ai ragazzi che ancora non ne avevano uno».

 

Ciò era vero anche quando gli autori tenevano conto della salute mentale e dei problemi di sonno dei bambini dell’anno precedente, ha aggiunto.

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I genitori devono parlare con i loro figli dell’uso del cellulare

Barzilay ha sottolineato che i cellulari non sono intrinsecamente dannosi. «Offrono vantaggi significativi, connettendo le persone e fornendo accesso a informazioni e conoscenze», ha affermato.

 

Ha empatizzato con i genitori che devono decidere per quanto tempo aspettare a dare un cellulare ai propri figli e che devono stabilire dei limiti di tempo una volta che lo fanno.

 

I genitori possono stare tranquilli che i cellulari non sono ammessi nella stanza dei bambini durante la notte e che è opportuno dedicare loro del tempo per socializzare e fare attività fisica, ha affermato.

 

Barzilay ha anche incoraggiato i genitori ad aiutare i propri figli a sviluppare «abitudini tecnologiche sane» parlando regolarmente con loro dell’uso del cellulare e di come li fa sentire.

 

«Quando gli adolescenti capiscono che queste conversazioni nascono da un impegno genuino nei confronti della loro salute, sono più propensi a collaborare con i genitori, riconoscendo che entrambe le parti condividono l’obiettivo comune di sostenere il loro benessere generale», ha affermato.

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I social media sono solo una parte del problema

Lo studio di Pediatrics si è concentrato sul possesso di cellulari, non sul tipo di contenuti a cui i bambini accedono quando li usano.

 

Tuttavia, parte della controversia sull’uso del cellulare da parte dei bambini riguarda l’impatto negativo dei social media su di loro. Ad esempio, The Defender ha recentemente riportato la notizia di una ragazzina di 12 anni che si è tolta la vita appena tre settimane dopo aver iniziato ad assumere Prozac, in seguito ad anni di dipendenza dai social media che, secondo i suoi genitori, avevano contribuito alla sua depressione.

 

Sua madre è ora coinvolta in una causa che accusa TikTok, Snapchat e YouTube di aver preso di mira i bambini vulnerabili con contenuti dannosi.

 

A gennaio, i ricercatori dell’organizzazione no-profit Sapien Labs hanno riferito che sentimenti di aggressività, rabbia e allucinazioni erano in forte aumento tra gli adolescenti negli Stati Uniti e in India, e che tale aumento era collegato all’età sempre più precoce in cui i bambini acquistano i cellulari.

 

Questo mese, l’Australia si prepara a implementare il primo divieto nazionale al mondo sui social media per gli adolescenti. A partire dal 10 dicembre, le aziende di social media dovranno adottare «misure ragionevoli» per garantire che i bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 16 anni in Australia non possano creare account sulle loro piattaforme.

 

Entro tale data, le aziende dovranno anche rimuovere o disattivare gli account dei giovani australiani.

 

Ma i cellulari non sono dannosi per i bambini solo a causa dei social media, secondo il dottor Robert Brown, radiologo diagnostico con oltre 30 anni di esperienza e vicepresidente della ricerca scientifica e degli affari clinici per l’Environmental Health Trust.

 

All’inizio di quest’anno, Brown ha pubblicato una ricerca che dimostrava che bastano appena 5 minuti di esposizione al cellulare per far sì che le cellule del sangue di una donna sana si aggregassero in modo anomalo, anche quando il cellulare si trovava a un centimetro dalla pelle.

 

Brown ha dichiarato al The Defender di essere incoraggiato nel vedere istituzioni di alto livello come l’Università della Pennsylvania prestare attenzione alle conseguenze dell’uso dei cellulari sulla salute dei bambini.

 

Tuttavia, vorrebbe anche che la ricerca si concentrasse su come le radiazioni a radiofrequenza (RF) emesse dai telefoni danneggiano la salute dei bambini. «Non è solo la giovane età in cui si acquista un telefono a essere responsabile», ha affermato.

 

Miriam Eckenfels, direttrice del programma sulle radiazioni elettromagnetiche (EMR) e wireless di Children’s Health Defense, è d’accordo.

 

«Lo studio di Pediatrics si aggiunge alla montagna di prove che dimostrano che gli smartphone sono problematici e che i genitori devono proteggere i propri figli. Oltre al contenuto, anche le radiazioni RF sono dannose».

 

Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ormai riconosciuto che ci sono prove «altamente certe» che l’esposizione alle radiazioni dei cellulari provoca due tipi di cancro negli animali, ha affermato.

 

«Genitori e pubblico devono avviare un dialogo sensato sulla tecnologia quando si tratta dei nostri figli e smettere di dare per scontato che queste tecnologie siano innocue», ha affermato Eckenfels.

 

Suzanne Burdick

Ph.D.

 

© 2 dicembre, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

Questo articolo è stato aggiornato per chiarire che il bupropione (Wellbutrin) è un antidepressivo, ma non un SSRI. È un inibitore della ricaptazione della noradrenalina e della dopamina, o NDRI.

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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