Geopolitica
L’Iran respinge le condizioni proposte dagli europei per evitare le sanzioni internazionali
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri a porte chiuse per discutere la notifica europea del 28 agosto per avviare la «ripristino» delle sanzioni ONU contro l’Iran per le presunte violazioni da parte dell’Iran dei limiti imposti al suo programma nucleare nell’ambito del JCPOA, l’accordo sul nucleare iraniano del 2015. Lo riporta l’agenzia Reuters.
Secondo Reuters, Gran Bretagna, Francia e Germania – gruppo detto E3 – hanno esortato l’Iran a soddisfare tre requisiti affinché la loro minaccia di reimporre le sanzioni ONU possa essere ritardata e lasciare spazio ai colloqui per un accordo che affronti le loro preoccupazioni sul programma nucleare di Teheran.
«Le nostre richieste erano giuste e realistiche», ha affermato l’ambasciatrice britannica alle Nazioni Unite Barbara Woodward in una dichiarazione letta davanti ai giornalisti, con le sue controparti tedesca e francese in piedi accanto a lei. «Tuttavia, ad oggi, l’Iran non ha mostrato alcuna indicazione di essere seriamente intenzionato a soddisfarle. Esortiamo l’Iran a riconsiderare questa posizione, a raggiungere un accordo basato sulla nostra offerta e a contribuire a creare lo spazio per una soluzione diplomatica a lungo termine a questa questione».
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In risposta, l’ambasciatore iraniano all’ONU, Amir Saeid Iravani, ha rilasciato una dichiarazione forte e schietta in cui ha accusato Gran Bretagna, Germania e Francia di aver invocato «il cosiddetto processo di notifica snapback con il solo intento di ricattare l’Iran ed esercitare pressioni politiche», ha riferito l’agenzia stampa iraniana IRNA. «Parallelamente, Francia e Regno Unito hanno richiesto una riunione a porte chiuse del Consiglio nel tentativo di giustificare questa mossa illegittima e politicamente motivata e di strumentalizzare il Consiglio contro l’Iran».
La dichiarazione dell’E3, ha aggiunto, «è stata l’ennesimo tentativo disperato e cinico di distorcere la realtà sul campo e di legittimare le loro azioni politicamente motivate»
Tra la lunga lista di punti sollevati da Iravani : l’Iran è impegnato nella diplomazia, ma non negozierà sotto minacce o coercizione; le tattiche di pressione sono concepite per imporre diktat, non per risolvere i problemi, e l’Iran non vi si sottometterà mai; la decisione sconsiderata dell’E3 mina la cooperazione dell’Iran con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e costituisce un’escalation inutile e provocatoria. Se non controllata, la strada intrapresa dall’E3 danneggerà gravemente la credibilità e l’integrità del Consiglio di Sicurezza e metterà a serio rischio la pace e la sicurezza internazionale.
Iravani sostiene che la proposta di Russia e Cina di una breve proroga tecnica della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – la risoluzione che ha ratificato l’accordo nucleare del 2015, ma che scadrà il prossimo ottobre – è un passo concreto in questa direzione.
L’E3, tuttavia, ha presentato un piano di proroga pieno di precondizioni irrealistiche, sottolinea la diplomazia iraniana.
Alcuni ritengono la una mossa E3 come molto ipocrita. Stanno chiedendo condizioni che dovrebbero essere il risultato dei negoziati, non il punto di partenza, e sanno che queste richieste non possono essere soddisfatte.
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Geopolitica
Putin e Witkoff concludono i colloqui di pace «costruttivi e sostanziali»
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Geopolitica
Il premier belga: la convinzione della sconfitta russa è «una totale illusione»
Il premier belga Bart De Wever ha sferrato un’ulteriore offensiva contro il progetto europeo di impiegare i patrimoni russi congelati per finanziare un prestito a Kiev, liquidando come «un’illusione assoluta» l’ipotesi che l’Ucraina possa piegare Mosca e imporle indennizzi bellici.
La bozza in esame prevede che l’Unione Europea attinga a circa 140 miliardi di euro di attivi sovrani russi bloccati – per lo più custoditi presso Euroclear, la camera di compensazione con sede a Bruxelles – per strutturare un cosiddetto «mutuo di risarcimento» a beneficio di Kiev. Il Belgio ha aspramente contestato l’iniziativa, esigendo che gli altri Stati membri UE assumano una quota paritaria di responsabilità.
Da parte sua, Mosca ha stigmatizzato simili proposte come un «saccheggio» e ha minacciato azioni giudiziarie e contromisure estese nel caso le sue riserve venissero espropriate.
In un colloquio concesso martedì al quotidiano La Libre, De Wever ha ammesso che la pressione sul dossier del finanziamento è «formidabile», osservando che l’appeal politico di appoggiare «il buono, l’Ucraina», a discapito della Russia, cela pericoli legali inediti e violerebbe un tabù storico. «Nemmeno nella Seconda Guerra Mondiale i fondi tedeschi furono confiscati», ha argomentato.
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«Al termine del conflitto, lo Stato soccombente dovrebbe cedere tutti o parte di quei beni per compensare i vincitori. Ma chi seriamente crede che la Russia soccomberà in Ucraina? È una leggenda, un’illusione totale».
A giudizio del capo del governo belga, malgrado le frizioni correnti, «non è neppure auspicabile che la Russia soccomba» per via dell’instabilità presumibile e del pericolo che l’arsenale nucleare sfugga al controllo in tale evenienza.
De Wever ha pure ammonito che il Cremlino non digerirebbe «con rassegnazione» l’esproprio, evocando il rischio che Mosca confischi impianti occidentali e i circa 16 miliardi di euro depositati da Euroclear in Russia e notando che Bielorussia o Cina potrebbero emularne l’esempio, prendendo di mira gli averi occidentali nei loro confini.
In precedenza, De Wever aveva già allertato sul fatto che l’appropriazione sostanziale dei beni – la cui decisione definitiva è attesa al summit di Bruxelles il 18 dicembre – deraglierebbe irrimediabilmente il negoziato di pace ucraino. Tale processo ha guadagnato trazione con l’incontro di martedì tra il presidente russo Vladimir Putin e l’emissario americano Steve Witkoff a Mosca.
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Geopolitica
Kuleba: l’Ucraina deve accettare la «sconfitta tattica»
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