Persecuzioni
Leader nazionalista indù chiede l’uccisione dei cristiani

Un video, online al momento in cui scrivo, mostra un certo Aadesh Soni che, con voce tremante, invita migliaia di nazionalisti indù ad attaccare i cristiani, in particolare le donne, e a «cancellare ogni traccia della loro fede nella regione».
Il piano dell’omicidio designa geograficamente gli obiettivi: i villaggi di Bishrampur, Ganeshpur e Jhanakpur nello stato del Chhattisgarh. Incita allo stupro delle donne e all’uccisione dei cristiani, accusandoli di «fare il lavaggio del cervello ai bambini» attraverso le conversioni.
Questo leader locale dei nazionalisti indù, nonché influencer sui social network, indica perfino una data: il 1° marzo 2025, giorno in cui sarà necessario «mobilitare almeno 50.000 persone» per «prendere di mira le famiglie cristiane, giustiziare i loro leader e cancellare ogni traccia della loro fede nella regione».
Location: Prayagraj, Uttar Pradesh
Date: January 26Cow vigilante Aadesh Soni, speaking at a Param Dharm Sansad organised by Avimukteshwaranand Saraswati, called for “teaching a lesson” to alleged cow smugglers by breaking their limbs to instill a fear of death. He also… pic.twitter.com/bjn1Z4QfiW
— HindutvaWatch (@HindutvaWatchIn) February 24, 2025
Il video è stato visto da più di 30.000 persone. La scena si svolge durante un incontro di sostenitori dell’Hindutva, una dottrina che vuole cacciare tutti i non indù dal territorio indiano. Riprende anche un’affermazione contro i cristiani fatta da uno «swami»:
«Uccidete coloro che uccidono le mucche senza risparmiare nessuno. Non chiedete per loro la pena di morte, ma agite voi stessi senza aspettare la legge. Commentando queste parole, l’arcivescovo di Raipur Victor Henry Thakur ha detto ad AsiaNews:
«Ora che il discorso d’odio di Aadesh Soni è diventato virale, se dovesse verificarsi un incidente o un attacco in quella zona, non si tratterebbe di un incidente, ma piuttosto di una chiara indicazione che l’amministrazione non solo ha fallito, ma ha anche permesso che qualcosa accadesse.
«In questo caso, il governo del Chhattisgarh sarà pienamente responsabile. Finora il governo non ha detto o fatto nulla contro Aadesh Soni».
L’episodio mette in luce l’escalation di violenza contro i cristiani in alcune parti dell’India, nonché l’inerzia dei governi locali guidati dal Bharatiya Janata Party, il partito del primo ministro Narendra Modi, molto attivo nella promozione dell’Hindutva.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine screenshot da Twitter
Persecuzioni
Ciad, lo spettro dell’islamizzazione strisciante

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Persecuzioni
Terra Santa, il Patriarca latino di Gerusalemme vuole credere al piano di Trump

Dopo l’intercettazione da parte di Israele della flottiglia internazionale islamo-sinistra partita da Barcellona, in Spagna, per bloccare il blocco di Gaza, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, discute delle speranze di pace in Terra Santa, riaccese dal piano di pace proposto da Donald Trump.
Il giornalista italiano Mario Calabresi cede la parola a un alto prelato lucido e moderatamente ottimista: «L’abbordaggio della flottiglia era inevitabile. Avevo però parlato con gli organizzatori per dissuaderli dal giungere allo scontro con le autorità israeliane. (…) Tanto più che questa flottiglia non porta nulla agli abitanti di Gaza e non cambia in alcun modo la situazione», spiega il Patriarca latino della Città Santa.
Un giudizio finale che contrasta con la beata ingenuità dei media progressisti occidentali, che vorrebbero dipingere gli agitatori islamo-goscisti della flottiglia in rotta verso la Striscia di Gaza come chierichetti animati da uno spirito di pace e fratellanza.
Tornando alla situazione dei cristiani nella regione, il cardinale Pizzaballa ricorda che nei suoi trentacinque anni a Gerusalemme non ha mai vissuto un periodo così doloroso e tragico. «C’è stato il tempo della guerra, il tempo della speranza, il tempo della faticosa costruzione di un processo di pace, poi il tempo del crepuscolo di ogni possibile convivenza, segnato dalla vittoria degli estremisti e del radicalismo. E oggi stiamo attraversando l’era delle rovine», ritiene.
E a sostegno delle sue affermazioni: «La situazione è drammatica. Le immagini rendono solo in parte giustizia a ciò che si sta vivendo sul campo. La distruzione è colossale. Oltre l’ottanta per cento delle infrastrutture è ridotto in macerie e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto essere sfollate ed evacuate tre, quattro, cinque, persino sette volte. Famiglie che hanno perso tutto».
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La sua descrizione della vita a Gaza evoca la fame «reale» provata dagli abitanti, anche se evita di usare il termine carestia, spesso utilizzato a fini propagandistici: «Non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità: non arrivano né frutta, né verdura, né carne; due anni senza vitamine né proteine. Un disastro assoluto», spiega l’alto prelato.
A questo si aggiunge «la quasi totale assenza di ospedali, che rende impossibile curare i feriti, i mutilati, ma anche le malattie comuni che non possono più essere monitorate. Penso alla dialisi, che è scomparsa; al cancro, dove l’oncologia non esiste più». I bisogni non si limitano a quelli materiali: «Penso ancora che stiamo entrando nel terzo anno senza scuola per bambini e adolescenti. È molto difficile parlare di speranza se non forniamo una scuola, se l’istruzione diventa impossibile».
La comunità di rifugiati della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza ha scelto di rimanere. Una decisione rischiosa ma inevitabile: «In parrocchia ci sono musulmani gravemente disabili che non hanno modo di muoversi, assistiti dalle suore. E anziani molto fragili per i quali andarsene significherebbe la morte. Devono rimanere, e i nostri sacerdoti e le nostre suore hanno deciso di rimanere con loro. È la scelta della Chiesa, che decide di rimanere come presenza attiva e pacifica», sottolinea Pizzaballa.
Riguardo al piano di pace imposto alle parti dall’inquilino della Casa Bianca, il patriarca vuole credere che una soluzione pacifica sia ancora possibile: «Il piano di Trump ha molti difetti, ma è vero che nessun piano sarà mai perfetto. Tutti sono stanchi, esausti e devastati da questa guerra, e ormai sembra chiaro che ci stiamo muovendo verso una conclusione».
Tuttavia, anche se le armi tacessero e Hamas accettasse di consegnare gli ostaggi e disarmare, ciò non significherebbe la fine del conflitto: «Il conflitto continuerà a lungo, perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state affrontate. Il conflitto israelo-palestinese non finirà finché al popolo palestinese non verrà offerta una prospettiva chiara, evidente e reale. Le conseguenze e le ripercussioni di questa guerra su entrambe le popolazioni, israeliana e palestinese, dureranno per molti anni», conclude il Patriarca di Gerusalemme.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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