Geopolitica
L’ayatollah Khamenei: USA e Israele dietro la detronizzazione di Assad
Il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha puntato il dito contro gli Stati Uniti e Israele per la cacciata dell’ex presidente siriano Bashar Assad. Ha anche respinto le affermazioni secondo cui Teheran sarebbe stata indebolita dagli ultimi sviluppi in Medio Oriente.
Diversi gruppi armati di opposizione hanno lanciato un’offensiva a sorpresa in Siria alla fine del mese scorso, guidata da Hayat Tahrir-al-Sham (HTS). Con le forze governative che hanno offerto poca o nessuna resistenza, i militanti hanno rapidamente conquistato diverse città importanti, prendendo infine la capitale, Damasco, sabato. Assad è fuggito in Russia con la sua famiglia, dove hanno ottenuto asilo.
Rivolgendosi a una congregazione di migliaia di persone mercoledì, l’ayatollah Khamenei ha detto che «non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che ciò che è accaduto in Siria sia stato il risultato di un complotto congiunto americano-sionista». Affrontando il futuro del cosiddetto «Fronte della Resistenza» – una coalizione di gruppi sostenuti dall’Iran in tutto il Medio Oriente – il religioso ha insistito sul fatto che, nonostante le previsioni contrarie di alcuni analisti, la struttura «abbraccerà l’intera regione più che mai».
«La resistenza è… una dottrina che diventa più forte sotto pressione», ha affermato il Khamenei.
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Il leader supremo iraniano ha anche insistito sul fatto che «l’Iran è forte e potente, e diventerà ancora più potente» nonostante la caduta del suo alleato di lunga data a Damasco. Ha anche previsto che gli Stati Uniti alla fine saranno spinti fuori dal Medio Oriente dal «Fronte di Resistenza».
In un video messaggio di domenica, il presidente degli Stati Uniti uscente Joe Biden ha affermato che Assad era stato deposto a causa dei continui sforzi di Washington per indebolire l’Iran, la Russia e il gruppo militante sciita Hezbollah con base in Libano. Tutti e tre avevano attivamente sostenuto Assad sin dallo scoppio della guerra civile siriana nel 2011.
Biden ha citato anche le sanzioni imposte da Washington al governo siriano, nonché la presenza militare statunitense nel Paese e il suo sostegno alle milizie curde nel Nord-Est della Siria.
«Il nostro approccio ha spostato l’equilibrio di potere in Medio Oriente», ha proclamato il presidente degli Stati Uniti.
I am not 100% sure what is going on in Syria.
But it did not take much time for the Biden regime to support the rebels, demand regime change, and look to send foreign aid.
Which leads me to believe our CIA/State Dept are heavily involved, per usual.
— Clandestine (@WarClandestine) December 8, 2024
Lo stesso giorno, il primo ministro israeliano Beniamino Netanyahu ha affermato in modo simile che la cacciata di Assad era stata una «conseguenza diretta dei colpi che abbiamo inflitto all’Iran e a Hezbollah».
Come riportato da Renovatio 21, l’esercito israeliano ha preso il controllo della zona cuscinetto demilitarizzata al confine con la Siria, istituita come parte dell’accordo di disimpegno del 1974 non lontano dalle alture del Golan occupate da Israele. Le Forze di difesa israeliane hanno anche condotto massicci attacchi a numerose strutture militari in Siria, citando presunte minacce alla sicurezza.
La Turchia ha accusato Israele, tramite le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri Hakan Fidand di «minacciare la pace in Siria». L’Arabia Saudita ha dichiarato che Israele sta «sabotando» le possibilità di stabilità nel Paese.
Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri iraniano due settimane fa, prima della caduta di Damasco, aveva già parlato del «complotto americano-sionista» in atto in Siria.
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Immagine di Khamenei.ir via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Mearsheimer: l’Europa occidentale si trova di fronte a un «futuro desolante»
Secondo il politologo statunitense John Mearsheimer, capofila della scuola realista nello studio delle relazioni internazionali, l’Europa occidentale è destinata a un «futuro tetro» a causa del conflitto ucraino, provocato – a suo avviso – dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti.
In un’intervista concessa al politologo Glenn Diesen e diffusa martedì, Mearsheimer ha spiegato che la guerra ha generato un’insicurezza profonda nel Vecchio Continente e ha creato «enormi difficoltà» nelle relazioni tra Washington e gli alleati europei.
Il professore di scienze politiche all’Università di Chicago ha osservato che la collaborazione su piani politici, militari ed economici si è complicata, citando i recenti negoziati come esempio di come gli europei stiano «litigando con gli USA su come gestire l’Ucraina».
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L’Europa, ha proseguito Mearsheimer, è «in guai seri» per due motivi principali legati al declino dell’impegno americano nel continente, che attribuisce in gran parte alla «presenza storica di una robusta forza militare statunitense in Europa».
Dopo la Guerra Fredda, governi di Washington e Bruxelles hanno esteso la NATO proprio per «collocare l’ombrello di sicurezza americano sulle teste degli europei orientali e occidentali», ha ricordato.
Tuttavia, questo equilibrio è ora minacciato da un «profondo mutamento nella distribuzione del potere» a livello globale. Negli anni Novanta e nei primi 2000 gli USA potevano mantenere massicci contingenti in Europa, ma l’ascesa della multipolarità li ha spinti a «rivolgere l’attenzione all’Asia».
Le sue parole riecheggiano il discorso tenuto da Mearsheimer al Parlamento europeo all’inizio di novembre, dove ha proclamato la fine dell’era unipolare con l’emergere di Cina e Russia come superpotenze. «Gli Stati Uniti non sono più l’unica grande potenza mondiale», ha concluso il professore statunitense a Brusselle.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva sostenuto in un’intervista che i governi occidentali continuano a perseguire politiche mirate a indebolire la Russia fino a privarla definitivamente del suo status di grande potenza.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva preconizzato ancora nel 2015 lo sfascio dell’Ucraina, accusando, già all’ora, l’Occidente di portare Kiev verso la sua distruzione invece che verso un’era florida che sarebbe seguita alla neutralità dichiarata dagli ucraini.
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Il politologo appartiene alla schiera delle grandi figure politiche americane che hanno rifiutato la NATO, talvolta prima ancora che nascesse. Uno è George Frost Kennan (1904-2005), ex ambasciatore USA in URSS, lucido, geniale mente capofila della scuola «realista» delle Relazioni Estere (quella oggi portata avanti accademicamente proprio da Mearsheimer) e funzionario di governo considerato «il padre della guerra fredda».
Mearsheimer è noto altresì per il controverso libro La Israel lobby e la politica estera americana, tradotto in Italia da Mondadori. Il libro contiene una disamina dell’influenza di Tel Aviv sulla politica americana, e identifica vari gruppi di pressione tra cui i Cristiani sionisti e soprattutto i neocon.
Il cattedratico statunitense ha anche recentemente toccato la questione israeliana dichiarando che le intenzioni dello Stato Ebraico sarebbero quelle di allargare il più possibile il conflitto nell’area di modo da poter svuotare i territori dai palestinesi: «più grande è la guerra, maggiore è la possibilità di pulizia etnica».
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Immagine di Maarten via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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Gli Stati Uniti avvertono l’Ucraina di una «sconfitta imminente»
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