Utero in affitto
La rivoltante propaganda dell’utero in affitto «reato universale»
Il battimani è stato globale, il nostro voltastomaco pure. E, come sa il lettore, la nausea la abbiamo da mo’.
Il beau geste del governo Meloni che rende l’utero in affitto «reato universale» ha fatto spellare le mani non solo degli scherani – ingenui o a libro paga destroide – nazionali, ma pure a tanti oltre i confini: l’operazione pubblicitaria, perché di questo si tratta, è riuscita. E la pubblicità politica ha una bella parola latina, un neutro purale, che la definisce sinteticamente: propaganda.
Pura propaganda, nulla di più: la vera lotta contro la barbarie non è stata nemmeno abbozzata. Perché quello, chiaro, costa veramente. La propaganda invece ha costi risibili, e risultati che – se si misura il proprio operato con l’immagine di sé – possono produrre soddisfazioni. E la politica odierna, lo sappiamo, ha come metrica il like.
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Innanzitutto, anche chi non mastica di giurisprudenza può arrivare a chiedersi che cosa sia un «reato universale». Di fronte alla romana imperiosità di un tale binomio, alcuni si sono spinti a dire che il «reato universale» di fatto non esiste, perché non esiste un vero ordinamento internazionale – almeno non ancora, anche se sappiamo che il Nuovo Ordine Mondiale è in caricamento, e Giorgia talvolta ha dato il suo contributo, come quando fresca d’elezione andò a Bali e firmò per il passaporto vaccinale elettronico mondiale.
Altri sono più cauti, e dicono che magari invece – ma crediamo si tratti di una loro supposizione – i «reati universali» esistono, ma sono reati, si suppone, in tutti i Paesi. «I reati universali sono di una gravità assoluta, come la tortura, il genocidio, la riduzione in schiavitù e i crimini contro l’umanità» scrive nel suo commento, che pende dalla parte che indovinerete, Amnesty International.
«Questo non è il caso della GPA» continua Amnesty, utilizzando l’acronimo orwelliano per l’affitto degli uteri: «gestazione per altri». «Mentre in Italia era già un reato, tale pratica non è vietata, anzi è regolamentata, in molti altri Stati, anche europei».
Diciamo alla celeberrima ONG della candelina col filo spinato (a proposito: dove erano durante il green pass?) che cosa sia di «gravità assoluta» non è che possono deciderlo loro, e che la tortura non era reato in Italia fino al governo Gentiloni, che la illegalizzò per atto cosmetico (cioè, propaganda) nel 2017, una manovra non dissimile da questa meloniana.
Tuttavia c’è da dire che sì, se si vuole considerare l’universalità di un reato – quindi, perseguibile se eseguito anche al di fuori dei confini nazionali – si dovrebbe almeno porre l’attenzione sull’illegalità del crimine nel luogo in cui si consuma. Niente di tutto questo ovviamente: e non è banale ricordare come le donne possano prostituire tranquillamente i loro uteri (altruisticamente o per tanti danari) in Paesi UE, nel grande alleato USA, nel paradiso eutanatico-socialista del Canada, e perfino – aprite le orecchie fan di Vladimiro! – nella Federazione Russa.
Quindi, universale, de che?
Luciana Littizzetto, con quella voce stridula che non sappiamo chi possa trovare divertente, ha rinfacciato alla Meloni che se l’utero in affitto è reato universale allora dovrebbe arrestare il suo amico Elon Musk, il quale si sa che di certo ha fatto almeno un figlio affittando l’utero con, si suppone, i gameti della cantante Grimes (il primogenito dei due, invece, potrebbe essere l’unico della tanta prole muskiana concepito naturalmente: per qualche ragione è il figlio che si porta sempre dietro, X). Un altro figlio via surrogata il Musk potrebbe averlo fatto con la diva hollywoodiana Amber Heard (quella della cacca sul letto dell’ex marito Johnny Depp, finita in tribunale), ma sono speculazioni.
La Littizzetto, che non lo sa, o che sa che non le conviene parlarne, omette un’ipocrisia più grande: il governo Giorgia sostiene, con armi e centinaia di milioni di euro del contribuente, il Paese-guida della surrogata nel mondo – l’Ucraina. Renovatio 21 ha dettagliato in vari articoli come, perfino durante i mesi di guerra più bui, il business dell’affitto degli uteri in Ucraina mai e poi mai si è fermato.
Ricorderete le immagini: bunker pieni di neonati, culle che vengono portate in giro da sgherri con abiti combat e Kalashinkov. Rammenterete anche le parole di uno dei boss delle surrogata ucraina, che, con una certa saggezza, dice che a breve non avrà più bisogno delle povere ragazze ucraine, perché tra 5 anni avremo l’ectogenesi, l’utero artificiale… Nel frattempo però, in Ucraina il grembo materno è un affare fiorente assai, e lo sappiamo pure da tanto tempo. Forse il premier non lo sa…? Non lo sa il suo partito? Non lo sa il fido Alfredo Mantovano, in teoria cattolico?
Universale, dove? Kiev è fuori dall’universo….?
Lettore, mettitela via: i missili SAMP-T che hai pagato affinché ti difendessero, ora stanno difendendo gli uteri affittati in Ucraina. Milioni delle tue tasse, più tante armi, proteggono il traffico di uteri ed embrioni sotto Zelens’kyj. E parliamo proprio del governo dell’utero in affitto «reato universale». Quello lì.
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Tuttavia è un’altra la cosa che fa bollire il sangue a chi ha presente davvero gli ultimi lustri di battaglia sull’utero in affitto, e quindi non può scinderla dal conflitto più grande, e perennemente insabbiato, della riproduzione artificiale (la FIVET): la legge esisteva già.
Sì: il governo Meloni non ha inventato nulla. Non ha creato una nuova legge, non ha studiato, riflettuto, ricercato, pensato, scritto nulla di nuovo. Si è limitato ad inventare uno slogan, anche vergognosamente sintetico, «reato universale». Nulla di più. Non sono cambiati i termini, le pene, nulla. Chi non si sente preso per i fondelli ha decisamente dei problemi di percezione delle cose.
L’utero affittato «reato universale» altro non è se non la riproposizione di una legge di venti anni fa – 20 tondi, e credeteci, nel frattempo il mondo, a livello della riprogenetica, della bioetica e non solo, è cambiato un po’ – e cioè la famosa legge 40/2004, la «Cappella Sistina» dei caporioni democristiani infiltrati nella Seconda Repubblica dai vescovi italiani (Ruini, soprattutto), una legge che – il lettore di Renovatio 21 lo sa – calcoliamo faccia più morti della 194/78: sì, muoiono più embrioni per arredare con un bambino le case delle famiglie sterili che non per gli squartamenti chirurgici o chimici dell’aborto di Stato.
La 40/2004, ritenuta «cattolica» e attaccata in ogni modo dai «laici» che non hanno capito che stanno facendo recitare anche a loro una parte del copione del venturo bambino sintetico di Stato con imprimatur ecclesiastico, è più che una legge genocida: è una legge che, ad un’analisi nemmeno troppo attenta, pare essere stata scritta proprio per implodere, per essere fatta a pezzi, anno dopo anno, dalla magistratura. E così è stato: puoi scrivere che se impianti un embrione poi non puoi ucciderlo, ma come questo stia in piedi davanti al giudice esistendo la legge 194, che ti garantisce la possibilità di uccidere il bambino, non è dato saperlo. O meglio, si capisce benissimo: la struttura stessa della legge è fatta per crollare, e così è stato.
La 40 conteneva anche una parte relativa all’utero in affitto. Art. 6: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro».
Crediamo che sia sulla base di questo articolo che, negli anni, tante coppie, ad esempio quelle di ritorno dall’Ucraina con un pargolo casualmente nato laggiù, siano state segnalate. Così almeno mi aveva detto, una diecina di anni fa, un funzionario dell’ambasciata di Kiev che avevo sentito sull’argomento. Non mi diede un numero, mi disse solo che le segnalazioni che facevano erano «parecchie».
E quindi, se così stanno le cose, in qualche modo il reato all’estero era già perseguito – con almeno inizi di procedimenti – con l’oscena legge 40, da anni.
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È così? Difficile saperlo. Nel Paese in cui il vertice della Corte Costituzionale parla di «Costituzione materiale» – ovvero facciamo un po’ come ci pare, come ci dice l’esprit du temps, la situazione sociopolitica, etc., e pazienza se esistono o non esistono le leggi – i giudici non sembrano aver preso sul serio l’obbligo di azione penale nei confronti di tanti casi macroscopici di violazione: figure politiche omosessuali che tornano in Italia con il figlio surrogato, magari proprio in Paesi dove è possibile sceglierselo a catalogo, non ci risulta siano mai stati oggetto delle attenzioni della magistratura. Lo saranno ora che il marketing del governo melone ha inventato l’hashtag «reato universale»? Abbiamo la vaga impressione che ci sia da dubitarne.
Vorremmo, tuttavia, sottolineare l’ulteriore dimensione di voltastomaco che dovrebbe prendere il lettore: quello dei delitti e delle pene.
Perché il governo legge e ordine (gli autoritari, i «postfascisti», i «duri»…), non si sente di ritoccare nemmeno la risibile pena delineata dalla 40: al massimo, se mai dovesse succedere, per esserti prodotto un bambino con l’utero affittato ti danno due anni di galera. Il che vuol dire che sei, ma guarda che coincidenza, esattamente dentro il limite dei due anni di sospensione condizionale della pena. Il che vuol dire, ad essere grossolani, che per un bambino prodotto tramite utero affittato in galera non ci vai.
Vi sono quindi quantità di reati, anche non universali, che sono puniti più severamente.
Lo spaccio di droghe leggere prevede la reclusione da due e sei anni: trafficare erba per lo Stato italiano è molto peggio che trafficare embrioni.
Lesioni personali, da tre a sette anni: picchiare qualcuno è punito più che far prostituire una donna nella sua funzione più sacra, prenderne il figlio dopo averlo prodotto sinteticamente.
Il reato di furto è punito da sei mesi a tre anni, cioè con una pena massima che supera il limite della condizionale scartando la pena massima della 40 di un anno: con buona pace di chi dice che chi ricorre all’utero in affitto «ruba» i bambini alle loro madri (ah sì? In che senso? Chi è la madre «biologica» con la riproduzione zootecnica? La «gestante»? Quella che «dona» l’ovulo? Quella che «dona» il mitocondro?), per la legge italiana rubare un oggetto può essere più grave che «rubare un bambino».
Il lettore che ci ha seguito ora può capire perché l’eterna Roccella e tutto il network democristiano importato dalla Meloni con benedizione vescovile abbia tanto spinto per questa pagliacciata: l’ennesima, gattopardesca manovra per non far accadere nulla che non sia pura propaganda, buona per i gonzi cattolici e qualche osservatore internazionale che non può capire cosa stia accadendo (risposta: nulla, se non la morte di centinaia di migliaia di embrioni).
Quello dell’utero in affitto è, come l’aborto, un altro stalking horse, uno specchietto per le allodole, come lo è stato qualche anno fa il matrimonio gay, o – per chi segue il mondo cattolico e il vaudeville delle encicliche bergogliesche, la comunione ai risposati, cose così… Sono solamente armi di distrazione di massa, investimenti per mantenervi concentrati su inutili beghe di superficie, mentre nel profondo avanza il piano, che è spaventoso al punto da non essere proponibile alle masse se non come fait accompli o come rana bollita anno dopo anno.
Il piano, Renovatio 21 lo ha scritto ad nauseam, è quello di arrivare al bambino sintetico totale, alla riproduzione interamente artificializzata, controllata dallo Stato o da enti parigrado (società transnazionali, ONG, multinazionali private: ora tutto si fonde nella grande convergenza tecnocratico-mondialista che per un po’ hanno chiamato Grande Reset), e programmata a livello eugenetico (con il CRISPR o con la bioingegneria che verrà), forse perfino creato a partire da cellule non sessuali (gametogenesi), forse perfino da tessuti non umani (organoidi), forse nemmeno concepito secondo la biochimica così come la conosciamo (mirror humans).
Senza vaccino i vostri figli non possono entrare a scuola: la bioingegneria famigliare «sarà come vaccinarli», è stato già detto anni fa.
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A chi si fa crasse risate, dinanzi al dipinto distopico che stiamo qui tratteggiando, vogliamo dire di tacersi, e di guardare quanti segni, nella società, nella politica, nella chiesa, sono già stati dati in questo senso.
A quei cattolici piagnucoloni, quelli dei diritti immaginari – quelli che «un bambino ha diritto ad una mamma ed un papà», quelli che «ma il diritto alla vita» – vogliamo dire «idioti», dapprima, e poi informarli che la loro lotta di retroguardia per l’utero in affitto «universale» a breve sarà spenta come un mozzicone di sigaretta. L’utero artificiale – e ripetiamo, ce lo dicono perfino i ras affittauteri ucraini che proteggiamo con le nostre tasse – è dietro l’angolo.
Vogliamo vedere, allora, che «reati universali» i catto-ebeti, e con loro le mezze alleate femministe, tireranno fuori: «sfruttamento della donna»? «Diritto a mamma e papà»? Quale «reato universale», quando magari a Cipro, o in Olanda, o in Francia, Svezia, Spagna o qualsiasi altro Paese UE o meno vi saranno migliaia di forni ectogenetici pronti alla produzione del bambino Ikea perfetto per la coppietta borghese, omo od eterosessuale che sia?
Come sempre, il problema è un pochino più radicale della pantomima vuota con cui sperano di rincoglionirci.
E la questione dell’utero affittato è, in realtà, la questione del bambino artificiale. E la questione del bambino artificiale – cioè della riprogrammazione dell’intera riproduzione dell’essere umano – è, avventurandoci in territori dove non osano i teologi, una questione apocalittica.
Apocalisse 13, 8: «E l’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro di vita dell’agnello sgozzato, fin dalla fondazione del mondo». Il corsivo è nostro, lo stupore, pure: ed è uno stupore fatto di orrore escatologico, terminale, universale.
L’Orrore, l’orrore. Quello sì universale.
Roberto Dal Bosco
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