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Agenti russi «hanno lasciato feci» nella valigia di un diplomatico americano

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Un’unità segreta del Servizio di sicurezza federale russo (FSB) incaricata di seguire segretamente americani di alto profilo nel Paese spesso lasciava ricordini nelle case dei loro obiettivi, comprese nei loro bagni e una valigia, alcune deiezioni. Lo riporta il Wall Street Journal che cita fonti a conoscenza della materia.

 

Secondo alti funzionari occidentali, giornalisti e analisti russi fuggiti dal Paese, il Dipartimento per le operazioni di controspionaggio (DKRO) dell’FSB, che secondo il giornale è responsabile dell’arresto del giornalista del WSJ Evan Gershkovich e di molti altri cittadini statunitensi, sarebbe responsabile «di una serie di strani incidenti».

 

Si ritiene che gli agenti russi abbiano qualcosa a che fare con la «morte misteriosa» di un cane appartenente a un diplomatico statunitense, avrebbero seguito i figli di un ambasciatore e pure sgonfiato le gomme sui veicoli dell’ambasciata.

 

Da quanto si apprende gli agenti che lavorano per l’unità segreta presumibilmente vogliono che i loro obiettivi sappiano che sono seguiti. Per raggiungere questo obiettivo, in almeno un caso hanno presumibilmente lasciato una sigaretta bruciata su un sedile del water.

 

Sono anche arrivati ​​al punto di lasciare «feci nei bagni senza sciacquone delle case dei diplomatici e nella valigia di un alto funzionario in visita da Washington», scrive il WSJ. Non è chiaro, aggiungiamo noi, se gli agenti del servizio di sicurezza russo si siano ispirati all’attrice americana Amber Heard secondo quanto emerso nel processo con l’ex marito Johnny Depp.

 

Secondo il giornale dei Murdoch, gli agenti del DKRO hanno anche fatto irruzione nelle stanze degli americani per piantare cimici, hanno cercato di reclutare impiegati dell’ambasciata e hanno persino usato giovani donne per convincere i marines statunitensi di stanza a Mosca a rivelare loro segreti.

 

Né il Cremlino, né l’FSB, né le autorità statunitensi hanno commentato il rapporto.

 

Il giornalista del WSJ Evan Gershkovich è ancora dietro le sbarre in Russia. Il giornalista di 31 anni è stato arrestato alla fine di marzo nei pressi di un’installazione militare nella città di Ekaterinburg, nella Russia centrale, e accusato di spionaggio. Sia il WSJ che le autorità statunitensi hanno negato l’accusa, con il segretario di Stato americano Antony Blinken che ha affermato che Gershkovich è stato «detenuto ingiustamente».

 

Parlando di un possibile scambio di prigionieri che coinvolge Gershkovich, il segretario stampa del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che la Russia mantiene i contatti con gli Stati Uniti sulla questione, ma ha osservato che tutti i colloqui pertinenti dovrebbero essere svolti «in completo silenzio».

 

I negoziati in corso sono stati confermati dalla Casa Bianca, con il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan che ha affermato che «ci sono state discussioni, ma quelle discussioni non hanno prodotto un chiaro percorso verso una risoluzione».

 

Negli ultimi anni gli USA avevano accusato i russi di essere dietro alla «sindrome dell’Avana» che colpiva i diplomatici statunitensi, per poi stranamente ritirare l’accusa, nonostante il numero enorme di casi che avrebbero interessato il personale delle ambasciate di Parigi, Ginevra, Berlino, Vienna e perfino un membro dello staff della vicepresidente Kamala Harris, cosa che fece tardare il viaggio della numero 2 della Casa Bianca in Vietnam.

 

Durante la guerra fredda, i diplomatici americani di stanza nella capitale sovietica lamentano l’uso di armi segrete e avveniristiche da parte dei russi. Dal 1953 al 1976 si parlò del «Moscow Signal»: una trasmissione di microonde variabile tra 2,5 e 4 gigahertz, diretta all’Ambasciata degli Stati Uniti a Mosca dal 1953 al 1976. La sua scoperta portò ad un incidente diplomatico.

 

 

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