Geopolitica
Il Washington Post ammette: il Nord Stream non è stato distrutto dalla Russia. E allora, da chi?
Il 21 dicembre il Washington Post ha rivelato che, anche se i leader occidentali si sono affrettati ad accusare Mosca di aver fatto saltare in aria i gasdotti del Nord Stream, dopo mesi di indagini non è stata trovata alcuna prova a sostegno dell’accusa, secondo 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence in nove Paesi occidentali sentiti dal giornale di Jeff Bezos.
Il giornale ha scritto che alcuni funzionari europei non pensavano che la Russia fosse responsabile delle esplosioni; e anche coloro che sono a conoscenza dell’indagine in corso «non collegano in modo definitivo la Russia all’attacco».
Da parte loro, gli analisti dell’intelligence statunitense non hanno intercettato nulla dalla parte russa che indichi che Mosca fosse coinvolta nell’incidente, secondo i media. Inoltre, Mosca ha avuto poco da guadagnare dalla distruzione dei gasdotti che trasportavano il gas naturale russo verso l’Europa occidentale e dalla generazione di miliardi di entrate annuali, hanno ammesso i media, citando gli «scettici» europei.
Il WaPo cita funzionari occidentali che hanno espresso rammarico per il fatto che così tanti leader mondiali si siano affrettati a incolpare Mosca senza considerare altri attori statali e non statali, «che potrebbero avere la capacità e il movente per condurre l’attacco».
Nell’articolo si presume anche che sia abbastanza probabile che le esplosioni non possano mai essere attribuite in modo definitivo. Ovviamente, i funzionari europei si sentono male per questo, lamentando il fatto che «chiunque sia stato potrebbe farla franca», ha concluso il quotidiano.
Come riportato da Renovatio 21, il dito puntato verso gli Stati Uniti – viste le molteplici occasioni in cui avevano annunziato la volontà di bloccare il gasdotto – ha porto la Casa Bianca a respingere le accuse.
Secondo il Cremlino gli USA sono giocoforza i principali beneficiari del sabotaggio ai Nord Stream.
Non pochi in America credono che sia proprio Washington il colpevole: il conduttore di Fox News Tucker Carlson, il colonnello dell’esercito americano in pensione Douglas Macgregor, il professore della Columbia Jeffrey Sachs e Ron Unz, hanno espresso apertis verbis l’ipotesi che Washington potesse in qualche modo essere coinvolta nella distruzione della grande infrastruttura energetica euro-russa.
Il professor Jeffrey Sachs ha citato diverse ragioni a sostegno della sua ipotesi: primo, «prove radar dirette che elicotteri militari statunitensi che normalmente hanno base a Danzica stavano sorvolando quest’area»; in secondo luogo, la minaccia di Biden all’inizio di quest’anno che «in un modo o nell’altro, [gli Stati Uniti] metteranno fine al Nord Stream»; terzo , la «dichiarazione notevole» del segretario di Stato USA Anthony Blinken, che definì l’accaduto «una straordinaria opportunità» per l’UE «per rimuovere una volta per tutte la dipendenza dall’energia russa».
Nel frattempo, Germania, Danimarca e Svezia hanno avviato indagini separate sul sospetto sabotaggio, con i media tedeschi che hanno segnalato problemi di fiducia tra le tre nazioni dell’UE. Nessun, tuttavia, si è impegnato con gli specialisti russi, con il pretesto assurdo che Mosca fosse il «probabile colpevole» dietro le esplosioni. La Svezia ha tuttavia confermato che si tratta proprio di un sabotaggio.
Tuttavia, il Ministero della Difesa russo ha condotto le proprie indagini sull’incidente ed è giunto alla conclusione che la Royal Navy britannica aveva preso parte alla pianificazione e all’esecuzione del sabotaggio.
In questo quadro si inserisce il presunto SMS che l’allora premier britannico Liz Truss avrebbe mandato al Blinken: «it’s done», è fatta, un messaggino inviato esattamente all’ora della detonazione. Per quanto ci siano discrepanze con la tempistica dell’hacking dell’iPhone della Truss (che in effetti era stato scoperto a giugno essere stato violato) la Russia ha portato avanti questa ipotesi chiedendo a riguardo spiegazioni a Londra.
Come riportato da Renovatio 21, il colosso energetico russo Gazprom, comproprietario dell’impianto, aveva già trovato un ordigno esplosivo NATO accanto al Nord Stream nel 2015.
Vicino ai gasdotti, prima delle esplosioni, sono state individuate due navi non identificate.
Renovatio 21 aveva riportato la coincidenza di BALTOPS, l’esercitazione del Patto Atlantico tenuta lo scorso giugno esattamente nei tratti di mare dove si è registrato il sabotaggio dei gasdotti russo-tedeschi Nord Stream e Nord Stream 2, con mostruosa catastrofe ambientale, che ci ha ricordato il mito nordico del Mulino di Amleto.
Lo scorso 27 agosto l’emittente Sky News ha mandato in onda un servizio televisivo dove che raccontava come i marinai della Royal Navy britannica insegnavano alle loro controparti ucraine a usare droni sommergibili per ripulire le mine sottomarine sul Mar Nero.
Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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