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Geopolitica

Il Vaticano smentisce le voci per cui il papa starebbe pianificando una visita in Russia

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Papa Francesco non ha ricevuto un invito a visitare la Russia e non sta pianificando alcun viaggio del genere, ha detto mercoledì il Vaticano a RIA Novosti. La confutazione fa seguito alle affermazioni dei media francesi di questa settimana secondo cui il pontefice potrebbe recarsi a Mosca per mediare nel conflitto in Ucraina.

 

Il Papa ha più volte chiesto una soluzione diplomatica al conflitto tra Russia e Ucraina e in più occasioni si è offerto come mediatore. Recentemente il romano pontefice invitato Kiev ad «avere il coraggio della bandiera bianca» e ad avviare negoziati con Mosca, suscitando una raffica di critiche da parte dell’Occidente.

 

Martedì, la testata francese Intelligence Online – che si descrive come una fonte mediatica indipendente focalizzata su reportage «esclusivi» – ha affermato che il papa aveva in programma di visitare Mosca a giugno e che il Vaticano sta già tenendo colloqui con i diplomatici russi sulla questione.

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Mercoledì, parlando all’agenzia russa RIA Novosti, il Vaticano ha affermato che il rapporto «non riflette la situazione reale». Anche una fonte dell’agenzia di stampa russa ha smentito qualsiasi progetto di visita papale in Russia. Il ministero degli Esteri russo, nel frattempo, non ha commentato il rapporto.

 

Poche ore fa la rivista dei gesuiti statunitensi America Magazine, dove lavorava padre James Martin, il gesuita omosessualista vicino al papa, ha battuto che «papa Francesco non ha accettato l’invito ad incontrarsi con Vladimir Putin in Russia». La notizia arriva mentre la comunità LGBT, vicina a Martin, è in collera per l’arresto in Russia di alcuni baristi gay.

 

Nel maggio 2023, il Vaticano aveva cercato di allentare le tensioni tra Russia e Ucraina attraverso la fallimentare missione guidata dal cardinale Matteo Zuppi, che ha visitato Kiev, Mosca, Washington e Pechino, con esiti non visibili.

 

All’inizio di questo mese, il Papa ha invitato Kiev ad avere «il coraggio di negoziare», aggiungendo che ciò significa anche «il coraggio di non portare il Paese al suicidio». Qualsiasi governo dovrebbe pensare al suo popolo e chiedersi quanti morti ci vorranno perché un conflitto finisca, ha affermato Francesco.

 

L’Ucraina ha prontamente respinto il ricorso. Il ministro degli Esteri Dmitry Kuleba ha insistito sul fatto che l’Ucraina «non alzerà mai nessun’altra bandiera», alludendo poi a presunte collaborazioni tra il Vaticano e i nazisti durante il primo Novecento. I commenti del Papa sono stati criticati anche dal massimo diplomatico dell’UE, Josep Borrell («è entrato in un giardino dove nessuno lo aveva invitato»), e dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg.

 

I tentativi di mediazione del papato nel caso della guerra ucraina sono ascrivibili alla categoria del goffo e del grottesco, portando talvolta il Sant’Uffizio ad umiliazioni diplomatiche inaudite nella storia della Chiesa.

 

Bergoglio aveva in passato fatto un timido appello per i monaci della Lavra di Kiev perseguitati dalla banda Zelens’kyj, a quanto pare inascoltato, o sommerso dalle velleità diplomatiche della nuova Santa Sede, che pure in assenza dell’antico prestigio e potere diplomatico, vorrebbe portare Mosca e Kiev ad un negoziato, ricevendo plateali porte in faccia pure quando ospita Zelens’kyj presso il Sacro Palazzo.

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Mihailo Podolyak, ciarliero consigliere del presidente ucraino Zelens’kyj, in un’intervista al Corriere della Sera aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica. Secondo il controverso uomo del regime di Kiev, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».

 

Va notato anche come un sacerdote greco-cattolico ucraino, quindi in comunione con Roma e Bergoglio, sia stato attaccato e costretto a scusarsi per essersi permesso una preghiera Dio per la pace durante un’omelia. Al momento, per questa grave violazione della libertà religiosa di un sacerdote cattolico, non una parola è stata detta dal Vaticano.

 

Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan.

 

Bergoglio era tuttavia riuscito a complicare anche il rapporto con i russi. In questi mesi abbiamo visto anche il papa insultare intere etnie della Federazione Russa. Davanti alle giustissime proteste diplomatiche di Mosca, il Vaticano – fatto rarissimo – si era scusato.

 

Papa Francesco tornando dal viaggio apostolico in Ungheria dichiarò di aver incontrato il metropolita ortodosso Ilarione, millantando il fatto che potrebbero aver discusso di pace. Ilarione, considerato in Russia un modernista (e uno sfrenato vaccinista), era stato mandato a Budapest in una manovra che sembrava un siluramento da parte del poter centrare del Patriarcato ortodosso di Mosca.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.   Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.   «Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.   Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.   All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.   La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.   Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.   Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.  

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.

 

Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.

 

Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».

 

Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».

 

«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.

 

Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.

 

Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».

 

«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.

 

Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».

 

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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.   Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.   Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.   Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.   Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».   «Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».   Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».   Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.  

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