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Ambiente

Il papato eco-maoista è qui

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È accaduto domenica durante la Messa al Duomo di Torino. A celebrare c’era l’arcivescovo. I giornali ne hanno parlato, talvolta con un certo pudore.

 

Alcuni attivisti ambientalisti hanno interrotto la funzione religiose. Due attiviste sono salite sul pulpito per lanciare il loro messaggio sul Cambiamento Climatico.

 

Tuttavia, per un cortocircuito di senso reso possibile dalla deriva della neochiesa, non hanno fatto altro che leggere brani dell’enciclica Laudato si’ e dal suo seguito, la recente esortazione apostolica Laudate Deum. Le attiviste hanno operato «per portare l’attenzione dei fedeli sulle parole del Pontefice sulla crisi climatica».

 

Il gruppo ambientalista, di fatto, hanno interrotto la cerimonia in chiesa ma per leggere le parole del vertice della chiesa stessa. Un paradosso che poteva capitare solo durante questo papato dove la follia diviene ogni giorno più indicibile.

 

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Si tratta del gruppo Extinction Rebellion, di cui Renovatio 21 vi ha già parlato in passato, un gruppo ultra-ambientalista transnazionale che negli ultimi tempi l’interesse del mainstream. In Italia si è cominciato a parlarne dopo essere sbucato durante le «proteste» contro il G20 a Roma a fine 2021 tra le manifestazioni, ribelli davvero, dove si vedevano sfilare cartelli per la vaccinazione gratuita del Terzo Mondo. I rapporti con quelli di Last Generation (in italiano Ultima Generazione: quelli che bloccano il traffico e si attaccano alle opere d’arte) variano, per profondità e natura, da Paese a Paese.

 

È gustosa assai la reazione dell’arcivescovo della città della Sindone.

 

«Ho grande stima per chi si mobilita per la difesa del Creato e accoglie gli appelli di Papa Francesco, apprezzo l’impegno in questo senso delle attiviste di Extinction Rebellion, ma mi è dispiaciuto che abbiano ritenuto di prendere la parola in Duomo senza prima volermene parlare e chiedere se potevano intervenire» ha dichiarato l’arcivescovo Roberto Repole. «Avrei risposto che a Messa si prega spesso per la pace e per la salvaguardia del Creato [con la maiuscola, ndr], ma la celebrazione eucaristica non è un momento idoneo a ospitare interventi pubblici: ho inizialmente lasciato che le attiviste parlassero, poi ho chiesto che terminassero perché la Messa è un momento di preghiera e in quanto tale dev’essere rispettata, anche e soprattutto da coloro che dichiarano di voler operare nel rispetto di tutti».

 

L’imbarazzo del prelato è piuttosto tangibile. Il discendente degli Apostoli parte in lode di chi – inaudito – gli ha fermato il rito. Poi, come si vede nel video, sul posto aveva riconosciuto che si trattava proprio di parole di papa Francesco. Non è il caso di turbarsi più di tanto, quindi.

 

Né l’arcivescovo né i giornali che hanno parlato dell’accaduto sembrano ricordare che l’interruzione di funzione religiosa è un reato penale previsto nel nostro codice, e con punizioni neanche tanto lievi. Art. 405 C.P., «Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa», anche detto Turbatio sacrorum: «chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni».

 

Non sappiamo se tra la folla dei fedeli in Duomo, o tra chi legge i giornali, potrebbe esserci qualche magistrato, che crediamo abbia, secondo l’art.112 della Costituzione della Repubblica Italiana, obbligo di azione penale.

 

Non abbiamo idea, quindi, se le attiviste verranno perseguite ai sensi della legge dello Stato. Tuttavia, spezziamo, anche noi, una lancia in loro favore.

 

Il vescovo Repole ha torto: la celebrazione religiosa cattolica dopo il Concilio, con l’orrido degrado della «messa nuova» è esattamente un «intervento pubblico», con il popolo che sale sul pulpito per far ripetere messaggi sociopolitici («per i migranti… ‘scoltaciossignore!») e l’omelia, e neanche solo quella, trasformata in un comizio.

 

Negli ultimi anni, riferisce chi ancora riesce ad entrare in una chiesa con una messa nuova, le prediche si sono trasformate, letteralmente, in pubblicità progresso per la raccolta differenziata, e propaganda dell’impronta carbonica, il nuovo peccato originale di cui siam tutti macchiati.

 

E quindi, se dobbiamo sentire una predica sull’ambiente (pardon, «il creato») è giusto che la sentiamo dalle fonti originali, dai movimenti a cui il papa gesuita ha conformato con veemenza l’intera chiesa. Tanto più che questi, dopo vari pizzicotti sulle gote e stropicciamenti di occhi (immaginatevi lo stupore degli eco-estremisti: «il papa ha davvero scritto questo?»), hanno il bon ton di citare direttamente documenti pontifici quando vanno in chiesa a fare la loro propaganda – che oggi assurge al ruolo di propaganda fidei.

 

Raccontiamo quindi brevemente chi sono quelli di Extinction Rebellion, definiti dal giornale di Travaglio (per una volta dimentico dei possibili reati coinvolti) «movimento che si batte contro l’inazione dei governi nel contrasto al cambiamento climatico». Il gruppo non è nuovo ad azioni che superano di gran lunga le trovate eclatanti di Greenpeace: negli scorsi anni ha bloccato il traffico delle auto e tentato pure di fermare gli aerei e pure il metrò di Londra.

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Renovatio 21 aveva raccontato già due anni fa il caso di Roger Hallam, il co-fondatore di Extinction Rebellion. L’uomo avrebbe scritto un opuscolo del 2019 in cui affermava che il cambiamento climatico – causato dagli esseri umani, ovvio – porterà allo stupro di gruppo di «tua madre, sorella e fidanzata».

 

Lo Hallam avrebbe scritto il pamphlet mentre era incarcerato nelle prigioni londinesi di Wormwood Scrubs. Verrebbe automatico alla memoria un parallelo con un altro battagliero libro scritto in carcere da un fondatore di un movimento poi tristemente specializzatosi in estinzioni, ma quivi non parliamo di un imbianchino che aveva fatto la Prima Guerra Mondiale, ma di un signore che nel curriculum ha al massimo l’attività da agricoltore biologico.

 

Il titolo del libretto è Advice to Young People, as you Face Annihilation («Consiglio ai giovani, mentre affrontate l’annientamento»): già da subito capiamo il tono. In esso si racconta che il caos ecologico avrebbe portato a una situazione in cui «una banda di ragazzi irromperà in casa tua chiedendo cibo», dopo di che «vedranno tua madre, tua sorella, la tua ragazza e le violenteranno di gruppo sul tavolo della cucina». Su quest’ultimo punto il capo ecologista è, per qualche ragione, prodigo di ulteriori dettagli, scrivendo che «ti costringeranno a guardare, ridendo di te. Alla fine ti accuseranno di divertirti».

 

Il film uscito dalla mente dell’attivista climatico continua con sorprendente precisione: «prenderanno una sigaretta e ti bruceranno gli occhi. Non potrai più vedere nulla. Questa è la realtà del cambiamento climatico».

 

Due anni fa, quando emerse l’esistenze del libello, il giornale britannico Spectator aveva efficacemente dato una sintesi del suo contenuto: «se non riduciamo le emissioni di carbonio, tua madre verrà violentata».

 

Le immagini di violenza e stupro di femmine parenti aveva colpito anche al di fuori della cerchia dei conservatori. E infatti si erano arrabbiate anche nel mondo di chi difende le donne. L’amministratore delegato di Women’s Aid aveva sentenziato che «la violenza contro le donne non dovrebbe essere usata come una minaccia».

 

Lui però nel testo fornisce passaggi logici al limite dell’infallibile: il cambiamento climatico, scrive, «distruggerà il tempo meteorologico» e «quindi la nostra capacità di coltivare cibo». E questo significa «il crollo della nostra società». «Questo significa guerra e violenza, massacro di giovani uomini e stupri di giovani donne su scala globale». Eccerto.

 

Hallam aveva destato stupore ed imbarazzo, e susseguente sdegno, altre volte. Nel 2019, secondo Die Zeit, aveva dichiarato che non c’era nulla di «unico» nell’uccisione di 6 milioni di ebrei durante il cosiddetto Olocausto. «I belgi sono venuti in Congo alla fine del XIX secolo e l’hanno decimato». Quindi, «a voler essere onesti (…) si potrebbe dire che è un evento quasi normale (…) solo un’altra stronzata nella storia dell’umanità». Il paragone tra Olocausto e l’ecatombe inflitta agli africani da Leopoldo II del Belgio non è piaciuta, soprattutto in Germania, dove una casa editrice ha cancellato l’uscita del suo libro Common Sense – The Nonviolent Rebellion against Catastrophe and for the Survival of Humanity («Senso comune. La ribellione non violenta contro la catastrofe per la sopravvivenza dell’umanità») prevista per martedì 26 novembre.

 

L’uomo, che ha cofondato anche il movimento Just Stop Oil e il partito politico Burning Pink, è stato arrestato durante un raid in casa sua lo scorso 13 ottobre. La contiguità ideale di questo personaggio con quello del romano pontefice potrebbe mandare la mente in cortocircuito. Ma possiamo tentare qui una spiegazione.

 

Possiamo dire che questa situazione incredibile, dove i rivoltosi antisistema parlano secondo le parole stesse del vertice del potere, ha un precedente storico evidente – e tragicamente catastrofico: il maoismo.

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Mao Tse-Tung (1893-1976), il padre della Cina moderna, quella con cui Bergoglio fa i suoi accordi segreti che costano il sangue dei cristiani.

 

Mao Zedong (potete scriverlo anche così, in pinyin, la traslitterazione del mandarino Repubblica Popolare ora dominante internazionalmente), il «Grande Timoniere»), il «quattro volte grande»: wěidà dǎoshī, wěidà lǐngxiù, wěidà tǒngshuài, wěidà duòshǒu: Grande maestro, grande capo, grande condottiero, il Grande Timoniere.

 

Mao fu il creatore di una delle operazioni politiche del Novecento, la wénhuà dà gémìng, «Grande Rivoluzione Culturale», che in realtà non fu «culturale», e forse nemmeno fu una rivoluzione. Fu una enorme manovra di palazzo che costò milioni di vite umane.

 

La Rivoluzione Culturale di Mao, secondo alcuni, nacque dal suo fallimento: pur potendo rimanere il volto visibile del potere sinocomunista, nel 1966 il Mao aveva perduto ogni incarico di rilievo dentro il sistema pechinese. Il motivo poteva essere il suo insuccesso principale, il dàyuèjìn, il «grande balzo avanti», la riforma economica che in pochi anni avrebbe dovuto portare la Cina a produrre tanto acciaio quanto la Gran Bretagna. I risultati furono di rovina apocalittica: in Cina li chiamano sān nián zì rán zāi hài, «tre anni di disastri naturali», un eufemismo per riferirsi all’infernale carestia del 1960.

 

Non c’erano solo i milioni di morti a pesare su Mao. Ancora peggiore forse era il fatto che anche ideologicamente sembrava che la situazione si stesse compromettendo: l’invasione dei tank sovietici a Budapest segnava per il Comunismo internazionale la prova del proprio scacco, e la relazione di Pechino con Mosca andava sempre più deteriorandosi sino a raggiungere la paranoia nucleare che scatenò la costruzione di un’intera città-rifugio sotterranea sotto la capitale (ancora oggi in parte visitabile).

 

La reazione di Mao, oramai piegato, marginalizzato, negato dalla Storia fin dentro i suoi ideali, fu semplice: scatenare i demoni. Non è un caso che l’unica figura folklorica che venne salvata dalla riforma del pensiero della Rivoluzione Culturale maoista fu quella dello scimmiotto Sun Wukong, forse il massimo esempio orientale della figura del trickster, entità che porta lo sconvolgimento dell’ordine naturale. Nella leggenda, la scimmia invincibile, prima di compiere il suo viaggio verso l’Ovest, si ribellava contro il Cielo – cioè il Paradiso. 

 

Stregone del profondo, Mao cominciò a trafficare con questi spiriti, manipolando gli umori più bassi del popolo cinese. I giovani, i loro desideri, la naturale propensione della gioventù a mettere sotto accusa l’ordine degli adulti, specie quello eterno e immobile prodotto dallo spirito confuciano.

 

Questo commercio con l’inferno funzionò.

 

La radicalizzazione delle giovani masse – tra eventi di popolo, urla, marce, messa alla gogna dei «reazionari» – diede a Mao la legittimità di riacquistare il potere, spedire il ministro dell’economia Bo Yibo in galera e l’arcinemico Deng Xiaoping a fare l’impiegato nella lontana provincia di confine dello Xinjiang. Epurazioni a go-go, quando non omicidi.

 

Il timone del partito, e della Terra di Mezzo tutta, era tornato nelle mani di Mao, i cui attivisti principali, le Hóng Wèi Bīng (le famose Guardie Rosse) erano radicalizzati sino alla disumanizzazione definitiva, con episodi di cannibalismo, infanticidio e atrocità di ogni sorta – quel tipo di immagini di cui abbiamo letto sopra, insomma.

 

Sulla mistica isterica della Rivoluzione Culturale ha scritto pagine molto dense lo psichiatra americano Robert Jay Lifton, che nel saggio Revolutionary Immortality (1976) ha studiato la trasformazione del Presidente Mao in idolo assoluto, oggetto metafisico, concetto religioso che permea tutta la società e rende possibili le più infime nefandezze. «L’essenza della “lotta per il potere” che ha luogo in Cina» teorizzava Lifton riguardo la Rivoluzione Culturale «come di tutte queste “lotte per il potere” è il potere sulla morte». Il simbolo dell’immortalità che collega Mao agli agenti di rivolta di massa è la Rivoluzione, che diviene una sorta di processo magico, di deificazione del vertice che irradia la base esaltata.

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Nella sua negromanzia politica, Mao aveva compreso che per scatenare i demoni del popolo, e riacquistare il potere in un balzo di consenso super-legittimante, doveva procedere affinché si attivasse non un culto della personalità, ma l’idolatria di se stesso – e insufflarsi nelle masse giovani, anche di due generazioni dopo, cavalcando la loro suscettibilità e inquietudine, rendendo il loro ardore di giovinezza come la base di una manipolazione radicale.

 

Bergoglio ha compiuto un percorso non dissimile. Lo ricordiamo, appena eletto al Soglio nel 2013, nel suo viaggio in Brasile, dove, tra immagini di folla festante, parlò ai giovani per dire loro di, testuale, «hacer lio», «fare casino». Ricorderete che a fine di quel viaggio, in aereo, venne evocato il risveglio di un’altra tipologia di «guardie rosse» che da allora difendono a spada tratta il papato del gesuita: fu allora che disse, a domanda precisa della giornalista Ilze Scamparini su un monsignore accusato da un settimanale italiano di essere «il prelato della Lobby Gay», rispose «chi sono io per giudicare», scatenando il favore degli LGBT e della stampa internazionale e dei padroni di entrambi, nonché quella del Vaticano gay (il cardinale McCarrick doveva ancora trovare lo scandalo per cui sarebbe stato, infine, molto infine, allontanato e sberrettato).

 

Poco oltre, Bergoglio procedette ad evocare altri demoni, quelli della Terra: ecco la Pachamama, ecco Gaia, il pianeta reso ente senziente superiore, divinizzato, deificato. Ecco che si aprono altri fronti di sostegno, altre Guardie Rosse – Guardie Verdi – si palesano esaltate dal pensiero papale.

 

Così, gli ecologisti, anche estremisti, sono finiti per divenire pretoriani del papa-Mao, che esattamente come il cinese durante la Rivoluzione ha deciso, dal primo giorno, di bombardare il quartier generale, e vivere sugli spiriti che riesce ad evocare sulle masse superficiali – magari partendo con il lavaggio del cervello dei bambini piccoli, come visto pochi giorni fa in Aula Paolo VI, quando il gesuita argentino ha condotto una sessione di indottrinamento ecofascista su bimbi piccoli da tutto il mondo.

 

Attaccare il quartier generale: distruggere la dottrina, minare le basi stesse del Sacro Palazzo, eliminare gli avversari (Strickland, Burke) mantenendo un potere sempre più assoluto – e il plauso delle orde titillate dagli spiriti evocati su di esse.

 

Ecco perché non ci stupiamo se Extinction Rebellion vuole leggere nel Duomo della Sindone le parole del papa: sono prodotti di un processo di negromanzia politica globale che il pontefice ha programmato ed eseguito inesaustamente per un’intera decade.

 

Come le giovani guardie rosse radicalizzate da Mao prevalevano sui mandarini degli apparati comunisti, al punto di schernirli e attaccarli, gli eco-zeloti sono in linea con il verbo bergogliano più dei fedeli cattolici, più vescovi.

 

Come siamo arrivati fin qui a noi è chiarissimo. Spero che a voi sia altrettanto chiaro verso cosa stiamo andando. Se non lo è, ripensate alle immagini disseminate da questo articolo, tra i libretti ambientalisti e la Rivoluzione Culturale cinese: stupri, bambini uccisi, parricidi, crudeltà efferate, stragi, cannibalismo.

 

La pensatrice ciber-genderista preferita da papa Francesco, quella citata nella Laudate Deum, parla Cthulhucene, un’era di morte devastata da veri mostri, dove dissolvere la famiglia e coltivare i rapporti con gli animali.

 

Assomiglia, sì, al Regno dell’Anticristo. Ci sta portando, per mano, il papa ecomaoista.

 

Roberto Dal Bosco

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Studi sui metodi per testare le sostanze chimiche della pillola abortiva nelle riserve idriche

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I funzionari governativi USA stanno valutando se sia possibile sviluppare metodi per rilevare le sostanze chimiche contenute nella pillola abortiva nelle riserve idriche degli Stati Uniti, in seguito all’iniziativa del gruppo Students for Life. Lo riporta LifeSite.   Quest’estate, i funzionari dell’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA) hanno incaricato gli scienziati di determinare se fosse possibile sviluppare metodi per rilevare tracce di pillole abortive nelle acque reflue. Sebbene al momento non esistano metodi approvati dall’EPA, è possibile svilupparne di nuovi, hanno recentemente dichiarato al New York Times due fonti anonime.   La divulgazione fa seguito alla richiesta di 25 membri repubblicani del Congresso USA che hanno chiesto all’EPA di indagare sulla questione.   «Esistono metodi approvati dall’EPA per rilevare il mifepristone e i suoi metaboliti attivi nelle riserve idriche?», chiedevano i deputati in una lettera del 18 giugno. «In caso contrario, quali risorse sono necessarie per sviluppare questi metodi di analisi?»

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I legislatori hanno osservato che il mifepristone è un «potente bloccante del progesterone» che altera l’equilibrio ormonale e potrebbe «potenzialmente interferire con la fertilità di una persona, indipendentemente dal sesso».   Dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade, Students for Life aveva rilanciato una campagna per indagare sulle tracce di pillole abortive e sui resti fetali nelle acque reflue. Il gruppo ha affermato che il mifepristone e i resti fetali potrebbero potenzialmente danneggiare gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.   Nel novembre 2022, i dipendenti di Students for Life si sono lamentati del fatto che le agenzie governative non controllassero le acque reflue per individuare eventuali sostanze chimiche contenute nelle pillole abortive e hanno deciso di assumere i propri «studenti investigatori» per analizzare l’acqua.   La campagna era fallita sotto l’amministrazione Biden. Nella primavera del 2024, undici membri del Congresso, tra cui il senatore Marco Rubio della Florida, attuale Segretario di Stato, scrissero all’EPA chiedendo in che modo il crescente uso di pillole abortive potesse influire sull’approvvigionamento idrico.   Secondo due funzionari, l’EPA ha scoperto di non aver condotto alcuna ricerca precedente sull’argomento, ma non ha avviato alcuna nuova indagine correlata.   Kristan Hawkins, presidente di Students for Life, ha annunciato venerdì: «tre presidenti democratici hanno promosso in modo sconsiderato l’uso della pillola abortiva chimica. Ora l’EPA sta finalmente indagando sull’inquinamento causato dalla pillola abortiva».   «Ogni anno oltre 50 tonnellate di sangue e tessuti contaminati chimicamente finiscono nei nostri corsi d’acqua», ha continuato su X. «Spetta al presidente Trump e al suo team ripulire questo disastro».   A giugno un rapporto pubblicato da Liberty Counsel Action indicava che più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane.   «Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto di 86 pagine. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».  
Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».
Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.   Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».

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Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.   Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.   Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.   Come riportato da Renovatio 21, l’OMS poche settimane fa ha aggiunto la pillola figlicida alla lista dei «medicinali essenziali». Il segretario della Salute USA Robert Kennedy jr. aveva promesso una «revisione completa» del farmaco di morte (gli sarebbe stato chiesto dallo stesso Trump) ma negli scorsi giorni esso è stato approvato dall’ente regolatore FDA.

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Donna afferma che il datacenter AI di Zuckerberg le ha inquinato l’acqua del rubinetto

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Una pensionata della Georgia rurale ha accusato il nuovo centro dati AI di Meta, situato a circa 360 metri da casa sua, di inquinarle l’acqua. Lo riporta la BBC.

 

La cittadina Beverly Morris ritiene che la costruzione del data center del gigante della tecnologia abbia danneggiato il suo pozzo d’acqua privato, causando un accumulo di sedimenti. «Ho paura di bere quell’acqua, ma la uso comunque per cucinare e per lavarmi i denti», ha detto Morris. «Se mi preoccupa? Sì».

 

Meta ha negato queste accuse, dichiarando alla BBC che «essere un buon vicino è una priorità». L’azienda ha commissionato uno studio sulle falde acquifere, scoprendo che il suo data center «non ha influito negativamente sulle condizioni delle falde acquifere nella zona».

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L’incidente evidenzia come un’imponente spinta alla costruzione di infrastrutture per supportare modelli di Intelligenza Artificiale incredibilmente dispendiosi in termini di energia, stia sconvolgendo i vari ecosistemi che vedono il nascere di questi data center. Stiamo solo iniziando a comprendere l’enorme impatto ambientale della tecnologia di intelligenza artificiale, dall’enorme consumo di acqua all’enorme impronta di carbonio dovuta alle emissioni in aumento.

 

La situazione non fa che peggiorare, con aziende come OpenAI, Google e Meta che continuano a investire decine di miliardi di dollari nella costruzione di migliaia di data center in tutto il mondo. Recentemente i ricercatori hanno stimato che la domanda globale di intelligenza artificiale potrebbe arrivare a consumare fino a 1,7 trilioni di galloni d’acqua all’anno entro il 2027, più di quattro volte il prelievo idrico totale di uno stato come la Danimarca.

 

Da allora gli attivisti hanno segnalato il rischio di pericolosi deflussi di sedimenti derivanti dai lavori di costruzione, che potrebbero riversarsi nei sistemi idrici, come potrebbe accadere al pozzo della signora Morris.

 

Resta da vedere quanto l’industria dell’Intelligenza Artificiale si impegnerà per la cosiddetta sostenibilità. Dopo aver dato grande risalto ai propri sforzi per ridurre le emissioni all’inizio del decennio, l’aumento di interesse per l’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il dibattito.

 

E man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, necessitano di energia esponenzialmente maggiore, e questa situazione non potrebbe che aggravarsi.

 

Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, nel suo tentativo sempre più disperato di tenere il passo nella corsa all’IA, sta espandendo l’infrastruttura dei data center il più velocemente possibile, con Meta che sta «prioritizzando la velocità sopra ogni altra cosa» allestendo delle «tende» per aggiungere ulteriore capacità e spazio ai suoi campus dei data center. I moduli prefabbricati sono progettati per ottenere la potenza di calcolo online il più velocemente possibile, sottolineando la furiosa corsa di Meta per costruire la capacità di modelli di intelligenza artificiale sempre più richiedenti energia.

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Un nuovo rapporto del Berkeley Lab – che analizza la domanda di elettricità dei data center – prevede che questa stia esplodendo da un già elevato 4,4% di tutto il consumo di elettricità in ambito statunitense, a un possibile 12% di consumo di elettricità in poco più di tre anni, entro il 2028. 

 

Il fenomeno è globale: in Irlanda, i data center consumano già il 18% della produzione totale di elettricità. Secondo il rapporto, il consumo di energia dei data center è stato stabile con una crescita minima dal 2010 al 2016, ma ciò sembra essere cambiato dal 2017 in poi, con l’uso dei data center e dei «server accelerati» per alimentare applicazioni di Intelligenza Artificiale per il complesso militare-industriale e prodotti e servizi di consumo.

 

Vista l’enormità di energia richiesta da questi Centri di elaborazione dati, vi è una corsa verso l’AI atomica e anche Google alimenterà i data center con sette piccoli reattori nucleari nel prossimo futuro.

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Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso

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In un momento di grottesco vaticano spinto, papa Leone XIV ha benedetto un blocco di ghiaccio durante una conferenza sui «cambiamenti climatici» ospitata dalla Santa Sede. Uno spettacolo che di gatto tocca vette di cringe conciliare mai viste.   La conferenza tenutasi in questi giorni a Castel Gandolfo ha nome «Raising Hope for Climate Justice» – in inglese nel testo anche italiano diffuso dal Sacro Palazzo. In effetti, l’intera conferenza, tenutasi in Italia, è stata svolta nella lingua globalista per antonomasia, il latino del mondo neoliberale, cioè la lingua inglese.   L’evento, trasmesso in diretta streaminga, è stato caratterizzato da una «Benedizione delle Acque», iniziata con papa Leone che ha posato silenziosamente la mano su un blocco di ghiaccio. È stato detto che il blocco di ghiaccio sia venuto dalla Groenlandia, ma non è noto quanta energia a combustibile fossile sia stata impiegata, inquinando il mondo, per far giungere il pezzone sino a Roma senza che si sciogliesse.      

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Durante un evento stampa prima della conferenza, è apparso d’improvviso l’ex culturista cinque volte Mister Olympia, superdivo hollywoodiano d governatore della California Arnoldo Schwarzenegger, il quale ha invitato tutti i cattolici del mondo a «diventare crociati per l’ambiente». Lo Schwarzenegger si era convertito ai temi climatici ai tempi della campagna elettorale per restare in sella come governatore della California – Stato largamente a tendenza democratica – e lui stesso afferma nel suo documentario autobiografico su Netflix che a dargli una mano in questo senso fu Robert F. Kennedy jr., suo parente, visto il matrimonio che Arnoldo ha contratto con Maria Shriver (un altro ramo del casato, ma assolutamente centrale per quella che è la supposta famiglia reale USA, dove ha appeso il cappello un’altra cosa che ad Arnoldo è riuscita nella vita).    

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Oltre a Terminator, accanto al papa ad una certa sono apparsi anche degli hawaiani a caso, che si sono prodotti in un momento musicale pachamamesco. Presentato come i «Pacific Artist for Climate Justice», i figuri, in pantalocini, camicia hawaiana, collanone e ukulele d’ordinanza, hanno avuto l’onore di introdurre musicalmente l’ingresso del papa.   Una schiera di cardinali presenti in prima fila si sono prestati al gioco, dandosi da fare con coreografici teli e cose bellissime così.   Tutto questo mentre un altro americano, il presidente USA Donaldo Trump, va all’ONU è parla della «truffa del Cambiamento climatico», e beccandosi da certuni i giustissimi, sacri 92 minuti di applausi.   Lo spettacolo offerto dall’ostinazione della chiesa climatista è persino più imbarazzante di quelli, blasfemi e occultistici, a cui ci aveva abituato Bergoglio. È innegabile come Leone stia aggiungendo, per quanto possa sembrare impossibile, una quota ulteriore di cringio post-conciliare al disastro dell’ultima papato.

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  Immagine screenshot da YouTube  
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