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Il Ghana deporta tre israeliani come misura di ritorsione
Il Ghana ha espulso tre cittadini israeliani come forma di protesta contro il cosiddetto «maltrattamento e l’espulsione ingiustificata» di viaggiatori originari del Paese africano da parte delle autorità di Tel Aviv, avvenuto all’inizio di questa settimana.
Mercoledì mattina, il Ministero degli Esteri ghanese ha riferito che il 7 dicembre sette cittadini ghanesi, tra cui quattro componenti di una delegazione parlamentare diretta a una conferenza sulla sicurezza informatica a Tel Aviv, sono stati fermati all’aeroporto Ben Gurion «senza alcun motivo valido».
«Sono stati liberati solo dopo oltre cinque ore di intenso intervento diplomatico. Gli altri tre sono stati rimpatriati sul primo volo disponibile», recita il comunicato.
Il dicastero ha condannato l’episodio come un «trattamento disumano e traumatico», oltre che come un targeting ingiustificato dei viaggiatori ghanesi da parte delle autorità israeliane, e ha annunciato di star esaminando contromisure reciproche. «Questa condotta biasimevole delle autorità israeliane è altamente provocatoria, inaccettabile e in totale contrasto con i nostri storici rapporti amichevoli», ha osservato il ministero.
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I rapporti tra Ghana e Israele sono stati avviati alla fine degli anni Cinquanta, interrotti dopo la guerra del Kippur del 1973 e ripresi a metà degli anni ’90. Nel settembre 2011, Israele ha riaperto la sua ambasciata ad Accra dopo 38 anni di stallo diplomatico.
Le autorità ghanesi hanno convocato un alto funzionario dell’ambasciata israeliana, in assenza dell’ambasciatore, per manifestare il loro «profondo disappunto nei termini più enfatici».
In un comunicato distinto, il ministero degli Esteri ha indicato che i due governi hanno concordato di perseguire una «risoluzione amichevole», ma ha comunque proceduto a negare l’ingresso ai tre israeliani. Tale decisione è stata motivata dalla necessità di tutelare la dignità dei viaggiatori ghanesi.
«Il Ghana attribuisce grande valore alle relazioni con tutti i paesi amici e pretende che i suoi cittadini siano trattati con dignità e rispetto, esattamente come gli altri governi si attendono che il Ghana tratti i loro», ha dichiarato il ministro degli Esteri Samuel Okudzeto Ablakwa nella nota diffusa.
Lo Stato Ebraico non ha ancora emesso alcuna reazione ufficiale alle accuse mosse dal Ghana.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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L’Australia vieta i social media ai bambini
L’Australia si appresta a inaugurare il divieto mondiale pionieristico sull’accesso ai social media per i minori sotto i 16 anni, impedendolo su servizi come TikTok, YouTube, Instagram e Facebook.
Varato dal Parlamento l’anno scorso, il blocco entrerà in vigore mercoledì. Le società che non vi aderiranno rischiano multe fino a 33 milioni di dollari.
«Dal 10 dicembre 2025, le piattaforme di social media con limiti di età dovranno adottare misure ragionevoli per impedire agli australiani di età inferiore ai 16 anni di creare o mantenere un account», ha annunciato il governo, presentando la norma come uno strumento per salvaguardare i giovani «in una fase critica del loro sviluppo».
Le piattaforme dovranno impiegare un ventaglio di indicatori – come l’attività degli account, le preferenze di visualizzazione e le fotografie caricate – per smascherare gli utenti minorenni. Inoltre, dovranno ostacolare i tentativi di elusione da parte dei ragazzi mediante documenti contraffatti, immagini prodotte dall’IA, deepfake o reti VPN.
Le big tech hanno aspramente contestato la misura, etichettandola come «vaga», «problematica» e «affrettata». TikTok e Meta hanno lamentato le difficoltà applicative, pur impegnandosi a conformarsi: Meta ha già avviato la cancellazione degli account di under-16 in anticipo sul termine del 10 dicembre. Snapchat e altre app hanno paventato il pericolo che i giovani migrino verso «angoli più oscuri di Internet». Reddit ha mosso critiche feroci, definendo la legge «legalmente errata» e «arbitraria».
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Anche altri Paesi stanno esaminando normative analoghe, motivate dalla tutela dell’infanzia.
A novembre, l’Europarlamento ha approvato una mozione non cogente che sollecita un’età minima di 16 anni sui social per assicurare un’interazione online «adeguata all’età». La Danimarca ha avanzato l’ipotesi di proibirne l’uso ai minori di 15 anni, mentre Francia, Spagna, Danimarca e Grecia stanno sperimentando un’app condivisa per la verifica anagrafica. La Malesia ha reso noto di voler introdurre un divieto per gli under-16 a partire dal 2026.
La settimana scorsa, Mosca ha oscurato Roblox – piattaforma ludica rivolta principalmente ai bimbi – per presunta diffusione di «contenuti estremisti» e propaganda LGBTQ. Come riportato da Renovatio 21, Roblox, dice una causa intentata in uno Stato USA, sarebbe invaso da «predatorio di bambini».
Le inquietudini sulla vulnerabilità dei minori in rete stanno alimentando un’escalation di contenziosi giudiziari. Meta è al centro di azioni legali negli USA, accusata di aver tollerato contenuti illeciti sulle sue reti nonostante reiterate infrazioni, tra cui interazioni tra estranei adulti e ragazzini, suicidi, disturbi alimentari e violenze sessuali su minori.
Come riportato da Renovatio21,in questi mesi è emerso il fenomeno dei bambini che usano l’AI come amico surrogato.
Studi hanno mostrato che un uso eccessivo di internet interrompe parti fondamentali del cervello degli adolescenti.
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Trump «deluso» da Zelens’kyj: «non ha letto la mia ultima proposta di pace»
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