Spirito
Il corpo di Santa Teresa d’Avila ancora incorrotto dopo più di 400 anni
Il corpo di Santa Teresa d’Avila, risalente a più di 400 anni fa, è stato scoperto ancora incorrotto dopo essere stato riesumato per la prima volta dal 1914.
Il 28 agosto, i ricercatori hanno aperto per la prima volta in 110 anni la bara di Santa Teresa d’Avila e hanno scoperto che il suo corpo è ancora incorrotto, secondo Marco Chiesa, postulatore generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi.
Secondo Chiesa, è stata aperta la tomba di Santa Teresa ed è stato verificato che si trova nelle stesse condizioni dell’ultima volta che fu aperta nel 1914.
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«Le parti esposte, che sono il viso e il piede, sono le stesse del 1914. Non c’è colore della pelle, perché la pelle è mummificata, ma si vede, soprattutto al centro del viso. I medici esperti vi scorgono in modo chiaro il volto di Teresa» ha continuato il postulatore.
«L’Ordine ritiene opportuno svolgere questi lavori e saranno gli specialisti che, dopo il loro esauriente operato, ci mostreranno le loro conclusioni a riguardo. Sappiamo, da studi simili, che potremo conoscere dati di grande interesse su Teresa e anche raccomandazioni per la conservazione delle reliquie, ma ciò avverrà in un’altra fase».
Lo scopo della riesumazione del suo corpo era di confermare che fosse rimasto incorrotto dal 1914, quando la sua tomba fu aperta l’ultima volta. La monaca carmelitana e Dottore della Chiesa fu scoperta per la prima volta incorrotta nel 1585, dopo la sua morte nel 1582.
Da allora, il suo corpo è rimasto nella Basilica dell’Annunciazione ad Alba de Tormes, nella Spagna nordoccidentale, ad eccezione di alcune reliquie che sono state inviate ad altre chiese per la venerazione.
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L’apertura della bara di Santa Teresa è un processo complicato, che richiede 10 chiavi. Tre delle chiavi sono conservate ad Alba de Tormes, tre in prestito dal Duca di Alba e tre conservate a Roma dal Padre Generale dei Carmelitani Scalzi, insieme alla chiave del re.
Le prime tre chiavi servono per aprire la grata esterna, le seconde tre per aprire il sepolcro di marmo e le altre quattro per aprire lo scrigno d’argento.
Chiesa ha spiegato che la ricerca mira a «verificare aspetti della vita della santa come le sue malattie e i suoi problemi, nonché lo stato di conservazione del corpo per vedere come si possa intervenire per preservarlo nei secoli».
Il processo è stato avviato nell’agosto 2022 dal priore di Alba de Tormes e ha ottenuto l’approvazione del Vaticano e di Papa Francesco.
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Il priore ha espresso la speranza di «conoscere meglio la santa, la sua offerta, i suoi ultimi anni di vita segnati dal dolore».
«È già stato scoperto che soffriva di una spina calcarea al piede che le rendeva impossibile camminare, ma ha camminato ed è arrivata ad Alba de Tormes e il suo desiderio era di continuare ma era fisicamente difficile», ha rivelato.
Si prevede che la ricerca richiederà del tempo e comprenderà tre fasi. La prima sarà quella di utilizzare il riconoscimento visivo, fotografie e raggi X, poi i risultati saranno esaminati dai laboratori italiani dal team di medici e scienziati partecipanti.
Infine, la quadra di ricertatori probabilmente suggerirà metodi per conservare meglio il corpo, prima che la tomba venga chiusa e sigillata.
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Immagine: Francçois Gérard (1770-1837), Teresa d’Avila (1827), Infirmerie Marie-Thérèse, Parigi.
Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia.
Spirito
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Cina
Partita autunnale tra Santa Sede e Pechino
Mentre il Partito Comunista Cinese aumenta la pressione sulla Chiesa cattolica in Cina, la consacrazione episcopale del nuovo vescovo ausiliare di Shanghai, il 15 ottobre 2025, riaccende le tensioni e illustra tutta la complessità del dossier avvelenato ora sulla scrivania di Papa Leone XIV.
L’ordinazione episcopale del vescovo Wu Jianlin si è svolta il 15 ottobre con misure di sicurezza degne di quelle imposte durante l’epidemia di COVID-19 nel Regno di Mezzo. Al punto che alcuni testimoni l’hanno descritta come una «cerimonia gremita»: circa seicento fedeli, tra sacerdoti, religiosi e laici, selezionati con cura, hanno partecipato all’evento, ma sono stati sottoposti a rigorosi controlli.
Consegna obbligatoria dei cellulari all’ingresso, controlli di accesso e una laconica dichiarazione ufficiale dell’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, che ignora le varie parole – peraltro molto consensuali – pronunciate dai prelati sul posto.
La cerimonia non ha mancato di lasciare un retrogusto: il prelato che ha presieduto la cerimonia non era altri che mons. Joseph Shen Bin, vescovo di Shanghai e presidente del Consiglio dei vescovi cinesi, non riconosciuto da Roma e strettamente soggetto al Partito Comunista Cinese (PCC).
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Il vescovo Shen Bin, la cui nomina nell’aprile 2023 è stata imposta unilateralmente da Pechino, prima di essere ratificata retroattivamente da papa Francesco il 15 luglio, era circondato da tre vescovi riconosciuti in base all’accordo provvisorio concluso tra la Santa Sede e il Vaticano nel 2018: il vescovo Yang Yongqiang di Hangzhou, il vescovo Li Suguang di Nanchang e il vescovo Xu Honggen di Suzhou.
La situazione non è migliore per il vescovo ordinato il 15 ottobre: l’elezione del vescovo Wu Jianlin, 55 anni e originario del distretto di Chongming, risale al 28 aprile 2025, periodo in cui la sede papale è vacante. Non si tratta di una circostanza di poco conto: ha permesso al regime cinese di aggirare i fragili meccanismi di consultazione previsti dall’accordo provvisorio del 2018.
Il nuovo prelato, che ha assunto l’incarico di amministratore diocesano dopo la morte del precedente vescovo nel 2013, incarna la fedeltà alla linea del presidente Xi Jinping. La sua approvazione da parte di Papa Leone XIV, datata 11 agosto 2025, è stata rivelata dalla Sala Stampa vaticana il giorno stesso dell’ordinazione: un modo per dimostrare che la Santa Sede si è trovata ancora una volta di fronte al fatto compiuto.
La consacrazione del 15 ottobre risuona come un gesto di fragile unità, illustrato dal messaggio inviato dal vescovo Thaddée Ma Daqin, l’altro vescovo ausiliare di Shanghai, confinato nel seminario di Sheshan per tredici anni per essersi dimesso dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, dimostrando così la sua distanza dal PCC.
Assente alla cerimonia, il vescovo Ma Daqin, ordinato nel 2012 con l’accordo del Vaticano, ha espresso il suo auspicio per l’armonia sulla rete WeChat controllata da Pechino: «sono lieto di apprendere che il vescovo Shen Bin ha ordinato stamattina padre Wu Jianlin come vescovo ausiliare. Credo fermamente che, con questo collaboratore, il vescovo Shen potrà guidare le opere della Chiesa cattolica a Shanghai verso uno sviluppo sempre maggiore, per la maggior gloria del Signore».
Eppure, lungi dal suscitare una gioia unanime, questa ordinazione provoca una lacerazione personale tra i cattolici di Shanghai, come testimonia una voce anonima raccolta da AsiaNews il 16 ottobre 2025: «a Shanghai, dovremmo gioire o dovremmo piangere?», si chiede questo fedele locale.
L’incoronazione del vescovo Wu Jianlin avviene in un contesto di relazioni sino-vaticane erose nel tempo: Sandro Magister interpreta questa sequenza come una manifestazione dell’arroganza di Pechino, amplificata dalla «sinizzazione» delle religioni voluta da Xi Jinping. L’accordo del 2018, che affida alle autorità cinesi la proposta iniziale dei candidati episcopali prima dell’approvazione papale, verrebbe così «disprezzato», nelle parole dell’esperto vaticano.
E il Vaticano, dopo aver protestato nel 2023 contro l’insediamento del vescovo Shen Bin, si accontenterebbe di una conferma silenziosa, ratificando peraltro altre tre nomine cinesi dall’elezione di papa Leone XIV. «Se ignoriamo la verità dei fatti; se non interveniamo nella reclusione di un vescovo già legittimamente consacrato (…), è ancora questa la comunione voluta da Cristo?», si chiede il vaticanista italiano, che parla di uno «schiaffo in faccia» dato al nuovo sovrano pontefice.
Più che uno schiaffo in faccia per un papa – Xi Jinping non è certo Filippo il Bello – potrebbe trattarsi di una prova? Da bravi giocatori di Go, gli inventori del gioco più antico del mondo elogiano l’efficacia delle famose «mosse sentite», che costringono l’avversario a rispondere per mantenere l’iniziativa. La sfida per Roma sarebbe ora quella di riconquistare il vantaggio perso, probabilmente durante il precedente pontificato.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
Spirito
Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
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