Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

Il bluff Zelens’kyj agli sgoccioli

Pubblicato

il

Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Il viaggio del presidente Volodymyr Zelens’kyj negli Stati Uniti ha fatto cadere le ultime ambiguità del personaggio. Tutti si chiedevano che strategia avesse. Non sembra voler difendere gli ucraini, perché ne mobilita più che può per mandarli a morire al fronte, dove non hanno alcuna speranza di vincere. Sembra non esitare a mentire, a barare nonché a tentare con ogni mezzo di espellere alcuni Stati dalle organizzazioni intergovernative. Come non fare un parallelo con Stepan Bandera, che pure mandò al massacro migliaia di compatrioti negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale, quando la sconfitta del Reich era inevitabile?

 

 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è intervenuto alla 78^ assemblea generale delle Nazioni Unite per propinarle il solito discorso sul terrorismo russo. È stato il suo primo intervento a questa tribuna.

 

Quest’anno quattro dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza Cina, Francia, Regno Unito e Russia non hanno inviato i loro capi di Stato o di governo. Un segno evidente che, nonostante le belle dichiarazioni, qualcosa nell’istituzione ha smesso di funzionare.

 

Riassumiamo il discorso di Zelens’kyj:

Dice che la Russia usa il cibo come arma contro il resto del mondo e strumentalizza il «gioco» di alcuni Paesi europei a proprio favore.

 

Dice che usa i reattori nucleari civili come armi, vedi Zaporiggia.

 

Dice che deporta «centinaia di migliaia» di bambini ucraini per rieducarli in Russia nell’odio verso l’Ucraina: un «genocidio».

 

Dice che la Russia provoca una guerra ogni dieci anni; che oggi minaccia il Kazakistan e gli Stati baltici, che molti seggi nell’emiciclo dell’ONU sarebbero vuoti se la Russia, grazie ai suoi tradimenti, raggiungesse i propri obiettivi.

 

Dice che, se grazie a Dio nessuno ha ancora escogitato il modo di usare il clima come arma, le catastrofi naturali uccidono ma queste sopraggiungono quando a Mosca si è deciso di uccidere decine di migliaia di persone.

 

Dunque, continua, dobbiamo far fronte comune per vincere queste sfide e che possiamo ridare vita all’«Ordine mondiale fondato sulle regole» basandoci sulla proposta di pace ucraina che a breve Zelens’kyj presenterà al Consiglio di sicurezza.

 

E conclude: Vi invito tutti al Summit per la pace che stiamo organizzando; non possiamo fare affidamento sulla parola della Russia: chiedete a Prighozin come Mosca tiene fede alla parola data! Slava Ukraini!

 

Applausi fragorosi da parte di tutte le delegazioni dei Paesi alleati degli Stati Uniti, discrezione da parte delle altre.

 

Il discorso di Zelensky sollecita diverse osservazioni:

  • L’argomentazione dell’uso del cibo come arma rinvia all’assedio per affamare le popolazioni, come ieri accadde in Corea del Nord e oggi accade in Yemen. Ma non è quello che fanno i russi in Ucraina, dove attaccano i profitti di grandi società statunitensi (Cargill, Dupont e Monsanto), proprietarie di un terzo delle colture ucraine. L’uso di centrali nucleari civili come arma di guerra produrrebbe solamente effetti circoscritti. Giacché i soldati russi occupano la centrale di Zaporiggia, sarebbero loro a morire se fosse danneggiata e fuoruscissero radiazioni. Al contrario, sono le forze ucraine a rappresentare una minaccia per la centrale nucleare: vogliono costringere i russi a lasciarla. Infine, la Russia non ha mai rapito bambini ucraini, ma ha spostato nel proprio territorio i bambini che si trovavano nelle zone di combattimento per proteggerli. La condanna della Corte Penale Internazionale si fonda esclusivamente sul rifiuto di considerare legale l’adesione alla Federazione russa di Crimea, Donbass e di parte della Novorossia.

 

  • L’argomento dell’espansionismo russo forse preoccupa kazaki e baltici, ma è un processo alle intenzioni. Evocare la possibilità di usare il clima come arma significa non conoscere la storia. Gli Stati Uniti l’hanno già usato nella guerra del Vietnam, causando per mesi piogge sulla Pista di Ho Chi Min, la via di approvvigionamento dei Vietcong attraverso la giungla laotiana (Operazione Popeye). Al termine della guerra firmarono la Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente a fini militari o a ogni altro scopo ostile.

 

  • Affermare, senza nemmeno nominarle, che Polonia, Ungheria e Slovacchia fanno il gioco dei russi perché vietano l’importazione di cereali ucraini a prezzi stracciati è un insulto nei loro confronti. La Polonia che, dimenticando il massacro da parte dei nazionalisti integralisti ucraini di oltre centomila polacchi durante la seconda guerra mondiale, dall’inizio della guerra ha accolto un milione e mezzo di rifugiati ucraini, sicuramente apprezzerà.

 

  • L’appello a difendere l’«Ordine mondiale fondato sulle regole» non può che essere interpretato come sfida alla maggioranza dei membri delle Nazioni Unite che si batte invece perché si torni al Diritto internazionale. Il Piano di pace ucraino riguarda solo il campo occidentale e ha lo scopo di estendere la guerra.

 

  • La formula conclusiva del presidente Zelensky, Slava Ukraini!, evoca un poema di Taras Shevchenko (1814-1861). L’espressione era diventata il grido distintivo dei nazionalisti integralisti ucraini di Dimitry Dontsov e Simon Petlioura durante la guerra contro la rivoluzione sovietica, mentre massacravano ebrei e anarchici della Novorossia. In seguito divenne il grido di vittoria dei nazionalisti integralisti ucraini di Dimitry Dontsov e Stepan Bandera, mentre massacravano ebrei, zingari e partigiani. Infine nel 1941 divenne l’equivalente di Heil Hitler! Usarlo oggi, per giunta alle Nazioni Unite, rinvia alle risoluzioni del dopoguerra contro la propaganda nazista; risoluzioni cui l’Ucraina ora si oppone.

 

Dopo l’assemblea generale si è riunito il Consiglio di sicurezza. La riunione doveva durare due giorni. Oltre ai Paesi membri, 45 Stati avevano chiesto di prendervi la parola.

 

L’Albania, presidente di turno, ha deciso di far intervenire il presidente ucraino immediatamente dopo il segretario generale dell’ONU e prima dei membri del Consiglio. Ha inoltre iscritto l’OSCE [Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa] tra gli oratori.

 

All’apertura dei lavori il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha depositato una mozione d’ordine per contestare il privilegio accordato al presidente ucraino, in violazione del regolamento del Consiglio, e per esigere che il rappresentante della Macedonia del Nord, in quanto presidente in carica dell’OSCE, intervenisse solo sull’argomento per il quale aveva ricevuto mandato dall’Organizzazione.

 

Il presidente albanese della riunione, Edi Rama, dopo aver ironizzato sulla «grandiosa» mozione d’ordine, ha fatto rilevare che esistono precedenti di interventi prima di quelli dei membri del Consiglio (certo, ma tutti accettati all’unanimità) e ha concluso osservando che, per evitare che il presidente ucraino prendesse la parola per primo, la Russia non doveva far altro che ritirarsi dall’Ucraina. A norma dell’art. 33 del Regolamento interno ha rinviato la mozione d’ordine a successiva discussione.

 

Sergej Lavrov ha incassato il colpo. Non ha lasciato la riunione, rammentandosi che durante la guerra di Corea l’URSS lasciò le discussioni alle Nazioni Unite per protestare contro la partecipazione dei ribelli di Chiang Kai-shek al posto dei rappresentanti di Mao Zedong; Washington ne approfittò per far votare il sostegno della comunità internazionale alla Corea del Sud contro la Corea del Nord.

 

In ogni caso l’incidente dimostra la parzialità della presidenza albanese e non potrà non avere conseguenze. È pieno diritto dell’Albania essere nemico dichiarato della Russia (ha organizzato un dibattito, secondo la formula Arria [meccanismo informale di consultazione, introdotta nel 1992 da Diego Arria, ambasciatore del Venezuela], sulla deportazione di bambini da parte della Russia). Ma ogni volta che presiede il Consiglio, l’Albania ne viola il regolamento.

 

Accadde il 28 giugno 2022, quando di propria iniziativa convocò una riunione sulla situazione in Ucraina, senza consultare i membri del Consiglio. Invitò il presidente Zelens’kyj a parteciparvi, autorizzandolo «eccezionalmente» a intervenire in videoconferenza. Pure senza avvertire i membri del Consiglio, fece rispettare un minuto di silenzio.

 

Il giorno successivo, il 29 giugno, l’Albania presiedeva una seduta sulla situazione in Siria. Prese l’iniziativa di invitarvi, di nuovo senza consultare i membri del Consiglio, un’associazione statunitense, la Syrian Emergency Task Force, che si espresse grossolanamente e insultò diversi membri del Consiglio.

 

Il dibattito è proseguito con l’intervento del segretario generale Antonio Guterres, che dapprima ha ricordato come alcune riunioni multilaterali siano efficaci, come quella sul piano di salvaguardia degli obiettivi per uno sviluppo durevole. Poi ha definito l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia una flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Ha inoltre comunicato che, sul piano giudiziario, sono al lavoro équipe d’inchiesta per raccogliere prove di violazioni dei diritti umani raccapriccianti e diffuse, «commesse soprattutto dalla Federazione di Russia», compresi i trasferimenti forzati di bambini. Guterres si è infine complimentato per l’accordo sui cereali e si è dispiaciuto che la Russia non l’abbia rinnovato.

 

La posizione del segretario generale riflette soltanto il suo pensiero personale. Nell’attuale circostanza non poggia su alcuna decisione giudiziaria e non tiene conto della posizione russa. Durante il processo alla Corte Internazionale di Giustizia, il tribunale interno delle Nazioni Unite, verranno ascoltate entrambe le parti. A esso e soltanto a esso spetta giudicare se ci sia stata una violazione della Carta, sebbene la Russia dichiari di aver lanciato l’operazione militare speciale per conformarsi alla risoluzione 2202 (Accordi di Minsk) del Consiglio di sicurezza. Del resto la Corte dovrà deliberare su un’unica questione: stabilire se prima dell’operazione militare speciale russa l’Ucraina massacrava i propri concittadini. Si parla di 20 mila persone.

 

Dopo Guterres è intervenuto il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj chiedendosi innanzitutto come possa sedere nel Consiglio di sicurezza uno Stato che viola la Carta delle Nazioni Unite. Ha proseguito sottolineando che l’Assemblea generale ha attribuito la responsabilità della guerra alla Russia, non all’Ucraina. Poi ha esposto il suo piano di pace, articolato in dieci punti.

 

La proposta, che era già stata presentata al G20 di Bali, non tiene conto delle rivendicazioni della Russia. Per l’esattezza non è un piano di pace, ma soltanto un elenco delle pretese dell’Ucraina. En passant ha chiesto che l’Assemblea generale adotti a maggioranza di due terzi una modifica del proprio statuto allo scopo di privare la Russia del diritto di veto. Infine ha invitato tutti gli Stati presenti a partecipare al vertice mondiale sulla «pace» che organizzerà l’Ucraina.

 

Il presidente Edi Rama si è in seguito interrogato sulla situazione attuale: un membro del Consiglio di sicurezza che viola la Carta costitutiva dell’ONU! Per fortuna, ha osservato, nonostante l’abuso del diritto di veto da parte della Russia la maggioranza dei membri del Consiglio veglia sul rispetto dei suoi valori. Poi ha dato la parola ai membri del Consiglio nel rispetto dell’ordine d’iscrizione.

 

Nessuna novità è emersa da questi interventi. Nessuno ha osato riprendere l’esortazione dell’Ucraina a privare la Russia del diritto di veto.

 

È opportuno fare qui un passo indietro: al momento della creazione dell’ONU, lo statunitense Franklin D. Roosevelt e il britannico Winston Churchill dissentivano dal sovietico Joseph Stalin: Stati Uniti e Regno Unito volevano creare un’organizzazione per governare il mondo in funzione delle proprie concezioni, mentre l’URSS voleva un’organizzazione che dettasse il Diritto internazionale e prevenisse le guerre. Trionfò la concezione sovietica. Il diritto di veto tiene conto della realtà militare dell’epoca.

 

Non esistono un diritto di veto legittimo e uno abusivo; semplicemente non è possibile che il Diritto internazionale venga rispettato se è contrario agli interessi di uno dei suoi più potenti membri.

 

L’idea di privare la Russia del diritto di veto non era mai stata espressa pubblicamente; l’anno scorso però il dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva sondato il parere di tutti gli Stati membri dell’ONU è emerso che non è possibile raggiungere la maggioranza di due terzi.

 

Subito dopo aver pronunciato il suo discorso, il presidente Zelens’kyj, che non aveva tempo per ascoltare gli interventi delle altre delegazioni, ha lasciato la sala.

 

Si è precipitato a Washington per parlare al Congresso, come già fece a dicembre 2022. Ma all’arrivo al Campidoglio il presidente della Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, gli ha detto senza mezze misure che non era possibile perché l’agenda dei parlamentari è molto densa d’impegni.

 

Sconcertato, il presidente ucraino ha dovuto accontentarsi di un incontro con i presidenti delle due Camere e alcuni senatori Democratici.

 

Non è più tempo di sostegno incondizionato. Al pari degli omologhi occidentali i parlamentari statunitensi hanno preso atto che:

 

  • scarseggiano le munizioni e l’industria bellica occidentale non può competere né a breve né a medio termine con quella della Russia;

 

  • la ribellione del proprietario del Gruppo Wagner, Evgeni Prigozhin, è fallita;

 

  • la controffensiva ucraina è estremamente costosa in termini di vite umane: oltre un migliaio di morti al giorno da due settimane, senza ottenere successi significativi.

 

 

Molti desidererebbero perciò negoziare un’uscita dalla crisi o perlomeno cessare di sprecare cifre astronomiche. Alcuni Repubblicani hanno chiesto all’amministrazione Biden un resoconto preciso su come è stato speso il denaro già versato. In attesa della risposta, non voteranno un altro solo dollaro di aiuti all’Ucraina.

 

Il Pentagono sta studiando come stornare materiale bellico per continuare a sostenere Kiev. Si trincera dietro il possibile blocco del budget dello Stato federale in caso di disaccordo di merito tra Campidoglio e Casa Bianca.

 

Per ridimensionare l’affronto dei parlamentari, il segretario alla Difesa e il presidente Joe Biden hanno incontrato separatamente il presidente ucraino. Zelens’kyj ha poi visitato un’università, la Clinton Foundation e l’Atlantic Council, nonché discusso con i proprietari di società finanziarie.

 

Ma il fatto rimane: tutti hanno potuto osservare gli eccessi del presidente Zelens’kyj e la sua incapacità a vincere la guerra.

 

Ormai chiunque ha potuto constatare che Volodymyr Zelens’kyj non sta cercando di difendere il proprio Paese. Anzi, manda uomini a morire per nulla davanti alla linea di difesa russa.

 

Agisce come hanno sempre fatto i nazionalisti integralisti e i nazisti: non esita a mentire ai suoi, a barare e con ogni mezzo tenta di provocare uno scontro generale al prezzo del sacrificio del proprio popolo.

 

Thierry Meyssan

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

Fonte: «Il bluff Zelensky agli sgoccioli», Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 settembre 2023.

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

 

 

Continua a leggere

Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

Pubblicato

il

Da

La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.   Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.   «Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.   Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

Sostieni Renovatio 21

«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».   Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.   Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.   Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
Continua a leggere

Geopolitica

Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina

Pubblicato

il

Da

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.

 

Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.

 

«Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.

 

Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».

Aiuta Renovatio 21

Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».

 

Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.

 

Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».

 

Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».

 

Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

Continua a leggere

Geopolitica

Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025

Pubblicato

il

Da

I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).   A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.   L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.

Iscriviti al canale Telegram

Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.   «È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».   Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.   L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.   Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.   In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».   Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».   Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.   Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.   Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 
Continua a leggere

Più popolari