Geopolitica
Il battaglione Azov vola in Israele

Il famigerato Battaglione Azov ha inviato una delegazione in Israele la scorsa settimana, e il capo della delegazione, il tenente Ilya Samoilenko, ha fatto una foto il 17 dicembre a Masada, anche mentre indossava la sua svastica.
Il Samoilenko ha spiegato al Jerusalem Post del 20 dicembre che «il battaglione è cambiato. Si è purificato del suo oscuro passato. L’unico radicalismo che abbracciamo oggi è la nostra volontà radicale di difendere l’Ucraina».
Samoilenko, uno dei resistenti all’acciaieria Azovstal’ di Mariupol a maggio, si sarebbe unito al Battaglione con insegna runica tra il 2014 e il 2015.
Ma come spiega il simbolo nazista del Wolfsangel ancora in mostra? La storia raccontata in questi mesi sarebbe che il fondatore neonazista del battaglione Azov, Andriy Biletsky, ha messo una «I» dentro una «N» romana per dire «Idea Natsii», cioè «idea di Nazione», con il risultato di ottenere accidentalmente proprio un simbolo runico caro alle SS.
Il quotidiano dello Stato ebraico Times of Israel ha quindi raccontato che il Samoilenko «vede Israele e Ucraina dalla stessa parte, i civili che combattono gli incivili in una lotta per il futuro dell’umanità». Il Samoilenko è un eroe di guerra in Ucraina, essendosi perso la mano, maneggiando male gli esplosivi nel Donbass cinque anni fa. Era accompagnato da Yulia Fedosiuk, il cui marito Arseniy Fedosiuk era fin dall’inizio nel Battaglione Azov.
Secondo Yulia, suo marito è stato pesantemente coinvolto nella violenza fisica al Maidan, che ha immediatamente dato origine all’Azov, e Arseniy Fedosiuk ne è stato uno dei membri fondatori.
«Il viaggio è stato organizzato dagli Amici israeliani dell’Ucraina, finanziati dalla NADAV Foundation, fondata con il denaro sporco dell’oligarca russo-israeliano Leonid Nevzlin, partner del famigerato oligarca russo Mikhail Khodorkovsky» scrive EIRN.
I due oligarchi di origine ebraica «quando non stavano depredando la compagnia petrolifera russa Yukos, erano coautori di un libro, il cui titolo inglese sarebbe stato Man With a Ruble. Odiano il presidente russo Vladimir Putin perché ha posto fine al loro saccheggio di Yukos».
Khodorkovsky è stato condannato per evasione fiscale e frode e imprigionato a Chita, in Siberia, dopo essere stato arrestato spettacolarmente su un aereo pronto al decollo. Nel 2003, le azioni di Khodorkovsky in Yukos sono passate al barone Jacob Rothschild in base a un accordo che avevano concluso prima dell’arresto di Khodorkovsky. In quella che sembrava un segno di apertura alle élite occidentali, Putin ha liberato il giovane oligarca poco prima delle Olimpiadi di Sochi nel 2014. Servì a poco: al termine dei Giochi, con la popolarità internazionale di Putin alle stelle, scoppiò il golpe di Maidan. Parimenti, invece che mettersi quieto, il Khodorkovsky invece ha ricominciato i suoi attacchi, peraltro sempre più sbilenchi, a Vladimir Putin. In Italia rimane l’appello in Parlamento di Pier Ferdinando Casini (quello che i bolognesi hanno preferito a Sgarbi) per i «diritti umani» il «diritto alla difesa» di Khodorkovsky imprigionato.
Il Leonid Nevzlin invece è riparato in Israele nel 2003, Paese che non ha concesso l’estradizione ha Mosca. È stato quindi processato in contumacia in Russia nel marzo 2008, riconosciuto colpevole di diversi capi d’accusa di cospirazione per omicidio e condannato all’ergastolo.
Ora Nevzlin, che ha preso la cittadinanza israeliana, è comproprietario del quotidiano Ha’aretz e ha insediato sua figlia a dirigere la sua NADAV Foundation, che sostiene progetti in studi e istruzione ebraici, relazioni Israele-Diaspora e popolo ebraico. Il suo «NADAV Peoplehood Prize» annuale è stato assegnato a personalità come l’autore Elie Wiesel, un sopravvissuto dell’olocausto.
Quindi, davvero, niente di strano che la Fondazione ora porti personaggi tatuati con svastiche e sonnenrad in Israele. L’importante è attaccare la Russia – magari pure con i soldi, russi, della Yukos.
Come riportato da Renovatio 21, gli Azov è da mo’ che sono in tour: tre mesi fa erano al Congresso USA, quattro mesi fa un loro veterano si è fatto premiare a Disneyworld (!) al termine delle paralimpiadi militari, simbolo runico e tatuaggi in bella vista. A conferirgli il premio, tra personaggi vestiti da Topolino, l’emozionato comico ebreo John Stewart. Zelens’kyj ha fatto avere ad alcuni combattenti dell’Azovstal’, attualmente agli arresti in Turchia, il più alto premio dello Stato ucraino.
Come noto, a inizio conflitto emerse che Facebook aveva deciso di permettere post di elogio del battaglione Azov. Il processo di censura nei confronti di chiunque ricordasse le origini naziste di Azov (compresi i giornali stessi di pochi anni prima) è stato uno dei fenomeni più grotteschi veduti in questo pazzo 2022, anche e soprattutto in Italia, così come vedere inni il Battaglione runico a Nuova York, al Parlamento di Atene, e simboli ukronazi in mano al vicepremier canadese.
Secondo alcune analisi, sono gli stessi Paesi occidentali che cominciano a ritenere l’Azov una possibile minaccia a causa della radicalizzazione dei foreign fighters che, tornati in patria, possono agire da ingrediente esplosivo nel contesto locale.
Di recente vi è stata la testimonianza di Kent McLellan, un americano che ha ammesso che dietro ad un video sanguinario circolato anni fa e intitolato «gli ebrei si beccano la corda» c’erano in effetti miliziani ucronazisti. Negli anni i fact-checker hanno sostenuto che il video era solo una calunnia. Il filmato mostrava una donna incinta e suo marito, accusati di essere ebrei e linciati dai combattenti.
È vero anche, tuttavia, che negli anni gli ideologi dell’Azov hanno dichiarato che i loro modelli sono etnostati come il Giappone e, sorpresa, Israele.
Come riportato da Renovatio 21, la Knesset, il Parlamento di Tel Aviv, fu uno degli unici consessi politici internazionali a non esprimere entusiasmo per il collegamento con Zelens’kyj (il quale, di origine ebraica, ha fatto nella vita tanti viaggi in Israele per andare a trovare l’oligarca che lo ha creato prima come fenomeno TV e poi come candidato presidenziale, Igor Kolomojskij, anche lui ebreo con cittadinanza israeliana). Israele sembrava altresì in grado di resistere alle pressioni americane di fornire aiuti militari all’Ucraina, nonostante le accuse degli anni scorsi di aver armato Azov dotandoli anche dei fucili Tavor, mitragliatori distintamente prodotti dall’industria bellica israeliana. È stato riportato che, ad esempio, lo Stato ebraico ha evitato la vendita di armi cibernetiche a Paesi come l’Estonia temendo che sarebbero poi state passate a Kiev, facendo adirare Mosca.
Tuttavia, a quanto stiamo comprendendo, altre forze lavorano in Israele per distogliere definitivamente lo Stato ebraico dal suo asse, invisibile ed inevitabile, con Mosca.
Immagine di Immanuelle via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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