Civiltà
Hulk Hogan e il Dio che distrugge
«In tre brevi mesi, proprio come ha fatto con le piaghe dell’Egitto, Dio ha portato via tutto ciò che adoriamo. Dio ha detto: “Tu vuoi adorare gli atleti, io chiuderò gli stadi. Tu vuoi adorare i musicisti, io chiuderò gli auditorii. Tu vuoi adorare gli attori, io chiuderò i teatri. Tu vuoi adorare i soldi, io chiuderò l’economia e farò crollare la borsa. Non vuoi andare in chiesa ed adorarmi, io farò in modo che non potrai più andare in chiesa”».
«“Se il mio popolo chiamato con il mio nome si umilierà, pregherà e cercherà il mio volto e si allontanerà dalle loro vie malvagie, allora ascolterò dal cielo e perdonerò il loro peccato e guarirò la loro terra”».
«Forse non abbiamo bisogno di un vaccino, forse dobbiamo prendere questo tempo di isolamento dalle distrazioni del mondo e avere un risveglio personale in cui ci concentriamo sull’UNICA cosa al mondo che conta davvero. Gesù».
Il pulpito di questa predica tagliente sorprende non poco. È un post su Facebook di Hulk Hogan, il massiccio vecchio numero uno di quella lotta fittizia super-televisiva chiamato wrestling.
Hogan era il la star indiscussa dello show, il suo personaggio incarnava valori nazionalisti americani (la sua canzone diceva), era quello, tamarrissimo, che arrivato sul ring si strappava la maglia gialla di dosso mostrando un torso fatto di anabolizzanti e raggi ultravioletti.
«Forse non abbiamo bisogno di un vaccino, forse dobbiamo prendere questo tempo di isolamento dalle distrazioni del mondo e avere un risveglio personale in cui ci concentriamo sull’UNICA cosa al mondo che conta davvero. Gesù».
Era il campione del match più importante della serata, sfidava solo i big, le buscava ma poi, con una resilienza applaudita dal pubblico sino a spellarsi le mani, resisteva ad ogni manata e pedata (Dan Peterson cercava di tradurre in italoamericano la sua gestualità di incassatore che andava alla riscossa: «nou nou, tu no puoy fare questouh», e vinceva – come da copione.
Hulk Hogan, all’anagrafe Terry Bollea (sì, è di origina italiana), ha avuto fama e danari ma anche una vita irta di disgrazia e di peccato. Molti dei suoi amici sono morti, e non è mai stato chiarito se è per ormoni sintetici ed affini utilizzati per le performances. Suo figlio finì coinvolto, come responsabile, in un incidente che costò la morte ad un altro ragazzo. Seguì collasso finanziario, e divorzio dalla moglie. Il Viale del Tramonto era bello che imboccato, come si conviene ad ogni oscura parabola hollywoodiana.
Venne poi la cosa più triste ed incredibile. Emerse in rete un filmato di lui che andava a letto con la moglie di quello che era allora il suo migliore amico, un conduttore radiofonico che non si è mai capito che ruolo abbia svolto nello scandalo.
Un potentissimo sito di pettegolezzi americano, Gawker, pubblicò il video. Hulk Hogan tentò di denunciare, ma non aveva abbastanza danari per mandare avanti una simile imprese tribunalizia, visto che in USA possono davvero brandire il Primo Emendamento della Costituzione – la libertà di espressione – per coprire la pubblicazione di immagini della vita intima di qualcuno.
Con parole del genere, il lottatore dimostra che la devastazione che ha vissuto gli ha lasciato qualcosa. La devastazione che ha vissuto ha, in verità, costruito
Qualcuno gli diede segretamente una mano: il miliardario Peter Thiel, creatore di PayPal e primo investitore in Facebook, uno degli uomini più intelligenti del pianeta, che con Gawker aveva un conto in sospeso. La storia incredibile di questo milionario complotto tribunalizio è raccontata in un libro-rivelazione di qualche anno dopo, Conspiracy.
Arrivò al processo Bollea vs Gawker un vero principe del foro di Los Angeles, uno studio la cui parcella sarebbe costata, solo per andare a processo, forse una diecina di milioni di dollari. La situazione si capovolse.
Si arrivò al verdetto. Hogan chiedeva 100 milioni di dollari di risarcimento. La giuria gliene assegnò 115. Più 25 milioni in «danni punitivi», un istituto giuridico della common law americana. Gawker andò in bancarotta; Bollea, a fine 2016, arrivò ad un accordo, se ne portò a casa 31. Circa 28,5 milioni di euro.
Dio permette la distruzione. Dio distrugge.
In pratica, ad Hulk Hogan sono tornati i soldi in tasca. Eppure, con parole del genere, dimostra che la devastazione che ha vissuto gli ha lasciato qualcosa. La devastazione che ha vissuto ha, in verità, costruito.
Sì, Dio permette la distruzione. Dio distrugge.
Sta scritto: «Anche sull’Oreb provocaste all’ira il Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione» (Deutoronomio, 9,8)
Il Dio dei cristiani, lungi dall’essere un idolo da ONG della parrocchia moderna, è anche un Dio distruttore.
Sta scritto: «Tale condotta costituì, per la casa di Geroboamo, il peccato che ne provocò la distruzione e lo sterminio dalla terra» (1Re 13,34)
Non solo il Dio dell’Antico Testamento è uso a catastrofi e distruzione.
Dal Vangelo secondo Marco (27, 51): « Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono».
Il Dio dei cristiani, lungi dall’essere un idolo da ONG della parrocchia moderna, è anche un Dio distruttore.
La Passione, la Croce. Tutti conosciamo questa meccanica spirituale cristiana; non tutti però realizzano quanto sia necessaria. E quanto sia dolorosa
Decenni fa mi ritrovavo ad interrogarmi su questa cosa che la Chiesa moderna, né al catechismo dell’infanzia né altrove, mi aveva insegnato. Dio crea, Dio distrugge, Dio salva.
Inabissatomi in India, mi ritrovai a rimirare l’abbaglio della corrispondenza con la Trimurti indù, cioè la principale terna di divinità che comandano l’induismo post-vedico. (Ne ho scritto a lungo in un libro di un paio di anni fa, Cristo o l’India, una delle mie digestioni della cultura orientale in cui mi è capitato di immergermi).
Qualcosa non tornava, ovviamente. Brahma, il creatore, era decisamente una divinità negletta, poco menzionata, poco adorata – e da qui è facile vedere come l’induismo si riveli una gnosi, una religione che odia la creazione, che vive il mondo fisico come un fastidio da cui liberarsi con la liberazione del nirvana (cioè, letteralmente, l’estinzione).
Shiva, il distruttore, era ancora più complicato. Era il dio del divenire ma anche dei ladri. La sua storia è piena di cose cose disdicevoli: taglia la testa al figlio perché non lo riconosce, e ci trapianta la testa di un elefante (e la nascita del dio Ganesh); un nano lo sfida a ballare e lui mette su uno ballo ultraspettacolare che culmina con una danza proprio sopra il corpo dle povero nano – chi la fa l’aspetti: una delle sue mogli ammazza Shiva e balla sopra al suo cadavere con una collana di teste mozzate (Kali, la dea della morte); poi c’è l’episodio non chiarissimo nel quale si sarebbe accoppiato con Vishnu, l’altro personaggio della Trimurti. Dai loro semi nasce il Gange, ma pure un bebé, cui fu dato il nome di Arikaputtiran.
«Il Signore ti distrugge fino a che non lo lasci costruire»
Il quale Vishnu, il dio che conserva, il dio che salva, si incarna (la parola è «discesa», avatar in sanscrito) in creature mondane più o meno una dozzina di volte per salvare il mondo. Diventa tartaruga, pastorello, uomo leone, principe, immenso cinghiale, cacciatore, pescione cosmico. Secondo alcune scuole di pensiero, anche Buddha, Gesù Cristo e – qualcuno vagheggia dentro e fuori dell’India – perfino Adolf Hitler sarebbero suoi avatara.
Voi capite, niente di tutto questo poteva aiutarmi a comprendere il mistero divino della distruzione. Soprattutto quando essa riguardava la mia vita interiore.
Così, sempre tanti anni fa, mi ritrovai a Milano, con ospite in casa un ragazzo cattolico che era sì un bravo ragazzo, ma di cui – dall’alto della mia spocchia farisaica di sapientone –non avevo un gran rispetto sul piano intellettuale. Non apprezzavo la sua fede cieca, genuina, che mi pareva tutto sommato superficiale. Invece avevo solo da imparare da lui.
Parlavamo del suo gruppo cattolico, ora forse dissolto, che stava attraversando un momento difficile. Non sembrava turbato dalla cosa. «Il Signore ci distruggerà fino a che non saremo a posto». Era perentorio, sicuro.
«Il Signore ti distrugge fino a che non lo lasci costruire». Dio ti umilia e ti mortifica, perché quella è la via per prepararti ad accettare il suo disegno, la sua costruzione.
Nessun edificio sarà costruito se prima non saranno distrutte le macerie della Civiltà della Morte che ha creato e diffuso il Coronavirus
Era un momento in cui per varie ragioni non ero al massimo del mio splendore, diciamo così, ma al ragazzo non volevo certo lasciarlo vedere. Per quanto semplici, queste parole potevano non rimbombare nel mio essere. Perché, essendo una verità spirituale ultima ed incontrovertibile, parlavano dritto a me, di me, per me.
Sta scritto: «Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni» (Mt 26, 61)
Dio mi stava distruggendo – o stava permettendo che mi distruggessero, o che io mi distruggessi da solo. Il chi non aveva importanza, importava il cosa, cioè la realtà vera, predisposta dal disegno di Dio. Realtà che per me, in quel momento tetro, era sofferenza e disintegrazione di sentimenti e certezze.
La Passione, la Croce. Tutti conosciamo questa meccanica spirituale cristiana; non tutti però realizzano quanto sia necessaria. E quanto sia dolorosa.
E così eccoci nell’era della croce pandemica. Una croce alla quale in un modo o nell’altro stato chiesto a tutta l’umanità di sottoporvisi. Alcuni hanno perso cari e conoscenti (a me è capitato), altri hanno perso la vita. Altri ancora la salute, il senso del gusto e dell’olfatto, il fatturato, la pazienza, il lavoro.
Prego solo che mi sia ridata la libertà per concentrarmi sulle cose essenziali: l’unità della mia famiglia, le sostanze per alimentarle, il cibo, forse anche la lotta contro chi ci ha fatto piombare in quest’incubo
Eppure tutte queste – compresa la vita – sono cose secondarie dinanzi a Cristo. Il lottatore peccatore ha ragione. La Terra desolata non potrà tornare fertile se prima non prepariamo il terreno perché la natura fiorisca.
Nessun edificio sarà costruito se prima non saranno distrutte le macerie della Civiltà della Morte che ha creato e diffuso il Coronavirus.
Prendetela un’ottava più in basso, se non ce la fate. Il wrestler ci parla dell’inutilità di stadi e sale concerti, campioni dello sport e musicisti famosi. Se penso alla mia vita, vedo quanto ha ragione: oggi non è possibile aver fiducia in nessuna celebrità, politica o musicale, scientifica o sportiva; oggi non penso nemmeno lontanamente ad intrupparmi ad un concertone o ad una partita di calcio, non penso a festoni scatenati.
Il virus ha contaminato il mondo, ma la purezza del cuore è lì, disponibile a tutti quanti, così come l’amore del Dio che ci distrugge e che ci salva
Prego solo che mi sia ridata la libertà per concentrarmi sulle cose essenziali: l’unità della mia famiglia, le sostanze per alimentarle, il cibo, forse anche la lotta contro chi ci ha fatto piombare in quest’incubo. Prego per la religione, nel senso etimologico: l’unione. Il nuovo legarsi delle persone attorno non agli idoli, ma a ciò che è necessario, essenziale. I legami di sangue. Il Paese. La comunità. La vita biologica. L’umanità. E poi certo, l’unica vera Religione, quella che ci dà la comunione, quella che ci connette fisicamente a Dio.
Dovrei pensare più a Gesù, vero. Ai tempi del Coronavirus, scopro che ho tanto da imparare da Hulk Hogan e da quelli come lui.
«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio».
Il virus ha contaminato il mondo, ma la purezza del cuore è lì, disponibile a tutti quanti, così come l’amore del Dio che ci distrugge e che ci salva.
Roberto Dal Bosco
Civiltà
Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana
Circola da ieri in rete l’indignazione per il nuovo spot pubblicitario di un noto marchio di patatine.
La storia è raccontata con il linguaggio tipico della pubblicità TV: mentre sullo sfondo odiamo la melodia dell’Ave Maria di Schubert, vediamo un gruppo di novizie di un convento che si allinea per ricevere la comunione dalle mani del parroco. Tuttavia, la prima a ricevere l’ostia consacrata si ritrova a masticare una patatina. Scopriamo quindi una suora ai margini del gruppo fa lo stesso direttamente dalla busta.
In pratica, una suora ha sostituito la Santa Eucarestia con delle patatine fritte prodotto industrialmente. La voce fuori capo è di una femmina che con voce languida dice «Il divino quotidiano».
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Il canale YouTube della casa di produzione specializzata in pubblicità, che sul sito dice di essere il marchio di una società a responsabilità limitata con sede in una località termale austriaca, ha caricato il video ieri. Al momento è ancora visibile.
È segnato il nome del regista, Dario Piana, che spiega il linguaggio classico, qualcuno direbbe un po’ antiquato, del filmato: si tratta di uno dei più grandi nomi della pubblicità TV italiana, certo forse conosciuto poco oltre la cerchia dei pubblicitari milanesi e della loro filiera, uno specialista ultrasettantenne con decenni di esperienza fatti negli anni d’oro dell’ascesa delle réclame nelle TV berlusconiane, una firma-garanzia vista per qualche ragione come il pinnacolo cui aspirare per chi vuole fare uno spottone per un’aziendona.
La pubblicità, scrivono i giornali, sarebbe visibile nei canali social dell’azienda, che ricordiamo è nota per aver fatto in passato spot con l’attore pornografico Rocco Siffredi, e polemiche per lo slogan scelto per la campagna pubblicitaria – «la patata tira».
Era inevitabile che i cattolici si incazzassero. Ha chiesto l’immediata sospensione dello spot che «offende la sensibilità religiosa di milioni di cattolici praticanti» una sigla chiamata AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione), che mai avevamo sentito prima e che dicono sia di ispirazione cattolica.
Secondo l’associazione dei catto-ascoltatori cui sarebbe oltraggioso «banalizzare l’accostamento tra la patatina e la particola consacrata», e si potrebbe parlare di un vero ricorso alla blasfemia: «strappare un applauso ad un pubblico compiacente con riferimenti blasfemi, è degradante per chi fa, o pretende di fare, pubblicità», dicono.
«Ci si appella al politically correct e alla cancel culture, ma solo contro la religione cristiana (ma solo quella) ci si sente autorizzati a qualsiasi obbrobrio?».
Notiamo che siamo davanti ad una posizione moderata. Quanto mostrato è gravissimo: perché la Santa Eucarestia è il centro della religione cristiana, o meglio è Cristo stesso, è Dio stesso.
L’Eucarestia è il miracolo fondamentale della fede cattolica. Insultare la Santa Comunione è offendere la Fede, e direttamente Dio in persona. Quei cattolici che credono si tratti di un atto perfettamente equivalente alla bestemmia, ragionano con logica basica, inevitabile.
Non per scandalizzarci, tuttavia, che scriviamo, aggiungendosi a quanti ora si battono il petto. Ricordiamo che qualche anno fa un gruppo di avvocati denunciò un cantante del concerto dei sindacati – quello del 1° maggio, dove ora si tifa per armi ucraine e vaccini – per aver simulato l’atto di consacrazione dell’Eucarestia con un preservativo – grande provocazione, davvero… se poi un giorno ci spiegano pure perché uno deve rivendicare felice di coprirsi la parte più sensibile del suo corpo con un pezzo di gomma sintetica che per soprammercato lo sterilizza). Non sappiamo quanta strada abbia fatto quella denunzia…
Non è la blasfemia ad essere rilevante qui, ma il come possa, contro ogni logica, essere prodotta. Perché c’è un grosso problema in tutta la storiella dello spot raccontato.
La trama è palesemente incongrua ed irreale, per il motivo semplice che prima di venire data ai fedeli, l’eucarestia viene consacrata. Che vuol dire, perfino nel rito postconciliare, innalzata dal sacerdote che pronuncia le formule necessarie a che avvenga la transustanziazione. Cioè: il prete della finzione pubblicitaria, avrebbe dovuto accorgersi che stava consacrando delle patatine. E nel caso il sacerdote fosse orbo od ubriaco, se ne sarebbero accorti i chierichetti, i fedeli, tutti.
In pratica: chi ha scritto e girato e mandato in giro lo spot, sembra ignorare come funziona una Messa, come funziona la Comunione. Ciò potrebbe includere una discreta quantità di persone che vanno dai geniali pubblicitari che l’hanno pensata, ai committenti che l’hanno accettata, ai produttori, al regista, alle maestranze presenti, agli attori, ai montatori, all’ufficio marketing dell’azienda, etc. Tanta gente. Nessuno a cui sia venuto il dubbio: ma non è che questa storia della pisside piena di patatine non tiene? Non è che qualcuno si può accorgere di questo errore narrativo gigantesco – quello che in gergo cinematografico è chiamato «buco di sceneggiatura»?
Qui, secondo noi, sta il vero scandalo. La società è talmente decristianizzata che pure nella blasfemia non c’è conoscenza della tradizione cattolica che si va a negare, o deridere, o anche solo a criticare. Non hanno idea di come sia fatta, eppure vogliono usare la chiesa cattolica e le sue forme, ci si avvicinano appena possono – un fenomeno che appare chiaro anche nel mondo LGBT, dove alla prima fessura che si apre gli attivisti omotransessualisti si ficcano nelle cattedrali, come visto nel caso di San Patrizio a Nuova York usato per le celebrazioni blasfeme di un transessuale argentino.
Va detto che gli LGBT, tuttavia, hanno in qualche modo presente cosa sia la chiesa, e questo spiega perché ne sono ossessionati. I pubblicitari, invece, non è detto che lo sappiano.
Quindi se non sanno quello che fanno, ci si chiede se si può parlare davvero di intenzioni blasfeme. Ma di questo non ci importa. Rileva realizzare come blasfema sia l’intera società post-cristiana dove, in mancanza di fede e pure di conoscenza basilare, cose come questa posson saltar fuori.
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La causa dell’abisso di bestemmia, sciatteria ed ignoranza in cui è caduta la società umana ha un nome ed un cognome: si chiama Concilio Vaticano II, la più grande catastrofe vissuta dall’umanità negli ultimi secoli, l’alterazione profonda del sistema operativo spirituale e personale di miliardi di persone, con conseguente sabotaggio dell’intera civiltà.
Prima del Concilio, lo scandalo dello spottino patatino era impensabile: non solo perché la gente non avrebbe mai accettato un’offesa del genere, non solo perché non gli sceneggiatori nemmeno l’avrebbero concepita, ma perché quasi tutti erano stati almeno una volta a Messa, e sapevano che l’Ostia, prima di essere distribuita, va consacrata pubblicamente (cosa perfino evidente nel nuovo rito, dove si fa ad populum, cioè rivolti ai fedeli).
Lo scandalo vero, dunque, non è la pubblicità blasfema, ma il Concilio che ci ha portato dove siamo ora, dove l’attacco a Dio pare scritto nel codice stesso dello Stato moderno.
E quindi: cari cattolici, cari telespettatori, cari cittadini sincero-democratici, cari democristiani, cari post-cristiani, avete voluto il Paese laico, adesso beccatevi la patatina ignorante, e tutta la sua filiera di lavoratori intellettuali strapagati.
Avete voluto detronizzare Cristo al punto da accostare il suo corpo ad una patata fritta, al punto da dimenticare perfino il rito centrale degli ultimi millenni; adesso proseguite pure con la cancellazione delle statue con donne che allattano e le vacanze scolastiche pel Ramadan.
Blasfemie a parte, lo scandalo è qui: nella decadenza del consorzio umano, nella caduta della civiltà cristiana.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube
Civiltà
«Vediamo i sommi sacerdoti prostrarsi dinanzi agli idoli infernali del Nuovo Ordine Mondiale»: omelia di mons. Viganò nella Domenica di Pasqua
ADHUC TECUM SUM
Omelia nella Domenica di Pasqua
Resurrexi, et adhuc tecum sum. Sono risorto, e sono ancora con te.
Salmo 138
Hæc dies, quam fecit dominus. Questo è il giorno che ha fatto il Signore. Sono le parole che la divina Liturgia ripeterà durante tutta l’Ottava di Pasqua, per celebrare la Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, trionfatore della morte. Permettetemi tuttavia di fare un passo indietro, al Sabato Santo, ossia al momento in cui le spoglie del Salvatore giacciono nel Sepolcro senza vita e la Sua anima scende negl’inferi per liberare dal Limbo coloro che morirono sotto l’Antica Legge aspettando il Messia promesso. Una settimana fa il Signore era acclamato Re d’Israele ed entrava trionfalmente in Gerusalemme. Pochi giorni dopo, appena celebrata la Pasqua ebraica, le guardie del tempio Lo arrestavano e con un processo farsa convincevano l’autorità imperiale a metterLo a morte per esserSi proclamato Dio. Abbiamo accompagnato il Signore nel pretorio; abbiamo assistito alla fuga dei Discepoli, alla latitanza degli Apostoli, al rinnegamento di Pietro; Lo abbiamo visto flagellare e coronare di spine; Lo abbiamo visto esposto agli insulti e agli sputi della folla sobillata dal Sinedrio; Lo abbiamo seguito lungo la via che porta al Calvario; abbiamo contemplato la Sua crocifissione, ascoltato le Sue parole sulla Croce, udito il grido con cui spirava; abbiamo visto oscurarsi il cielo, tremare la terra, strapparsi il velo del Tempio; abbiamo pianto con le Pie Donne e San Giovanni la Sua Morte e la deposizione dalla Croce; abbiamo infine osservato la pietra sepolcrale chiudere la Sua tomba e la guarnigione delle guardie del tempio sorvegliare che nessuno vi si avvicinasse per rubarne il corpo e dire che Egli era risorto dai morti. Tutto era già scritto, profetato, annunciato.Sostieni Renovatio 21
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Civiltà
Putin: le élite occidentali si oppongono a tutti i popoli della Russia
Il presidente russo Vladimir Putin ha messo in guardia dai tentativi occidentali di seminare divisione fra le genti russe e dai tentativi di frammentare il suo territorio secondo linee etniche. Lo riporta il sito governativo RT.
Intervenendo alla sessione plenaria del Consiglio internazionale del popolo russo, Putin ha lanciato un appassionato appello alla solidarietà tra i diversi popoli del Paese. Tali sforzi mirano non solo a danneggiare il popolo russo stesso, ma contro tutti i gruppi che compongono il paese, ha dichiarato Putin.
«La russofobia e altre forme di razzismo e neonazismo sono diventate quasi l’ideologia ufficiale delle élite dominanti occidentali. Sono diretti non solo contro i russi, ma contro tutti i popoli della Russia: tartari, ceceni, avari, tuvini, baschiri, buriati, yakuti, osseti, ebrei, ingusci, mari, altaiani. Siamo tanti, non li nominerò tutti adesso, ma, ripeto, questo è diretto contro tutti i popoli della Russia», ha dichiarato il Presidente.
«L’Occidente non ha bisogno di un Paese così grande e multinazionale come la Russia», ha continuato il presidente, aggiungendo che la diversità e l’unità della Russia «semplicemente non si adattano alla logica dei razzisti e dei colonizzatori occidentali».
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Ecco perché, secondo Putin, l’Occidente ha iniziato a suonare «la vecchia melodia» di chiamare la Russia una «prigione di nazioni», descrivendo il popolo russo come «schiavi» e arrivando addirittura a chiedere la «decolonizzazione» della Russia.
«Abbiamo già sentito tutto questo», ha detto, aggiungendo che ciò che gli oppositori della Russia vogliono veramente è smembrare e saccheggiare il paese, se non con la forza, almeno seminando discordia all’interno dei suoi confini.
Putin ha continuato avvertendo che qualsiasi interferenza esterna o provocazione volta a provocare conflitti etnici o religiosi nel Paese sarà considerata un «atto aggressivo» e un tentativo di utilizzare ancora una volta il terrorismo e l’estremismo come strumento per combattere la Russia.
«Reagiremo di conseguenza», ha dichiarato.
Il presidente ha sottolineato che l’attuale lotta della Russia per la sovranità e la giustizia è «senza esagerazione» di «natura di liberazione nazionale» perché è una lotta per la sicurezza e il benessere dei suoi cittadini.
Putin ha anche osservato che il popolo russo, come già fatto in passato, è diventato ancora una volta un ostacolo per coloro che lottano per il dominio globale e cercano di portare avanti la loro «eccezionalità».
«Oggi lottiamo non solo per la libertà della Russia, ma per la libertà del mondo intero», ha detto il presidente, precisando che Mosca è ora «in prima linea nella creazione di un ordine mondiale più equo» e che «senza un governo sovrano, una Russia forte, non è possibile alcun ordine mondiale duraturo e stabile».
Come riportato da Renovatio 21, all’ultima edizione del Club Valdai Putin aveva tenuto un denso discorso dove lasciava intendere una concezione della Russia come Stato-civiltà.
Riguardo alle élite occidentali, parlando di forniture di gas, il presidente russo aveva lamentato due mesi fa la mancanza di «persone intelligenti». Considerando le bollette, è davvero difficile dargli qui torto.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
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