Geopolitica
Gli USA sospendono tutti gli aiuti militari all’Ucraina. Il Cremlino: «passo significativo verso la risoluzione del conflitto»

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato al Dipartimento della Difesa di sospendere tutti gli aiuti militari all’Ucraina in seguito al suo battibecco pubblico con Volodymyr Zelens’kyj, hanno riferito lunedì le agenzie di stampa citando funzionari americani. Lo riporta Bloomberg.
Secondo la testata economica neoeboracena, il blocco riguarda le attrezzature già destinate alla consegna, comprese le armi in transito su aerei e navi o in attesa nelle aree di transito in Polonia.
La sospensione rimarrà in vigore finché Trump non vedrà che i leader ucraini «dimostreranno un impegno in buona fede per la pace», ha affermato Bloomberg, citando un alto funzionario del Pentagono.
Secondo il New York Times, l’ordine entra in vigore immediatamente e riguarda più di 1 miliardo di dollari in «armi e munizioni in arrivo e in ordine».
«Il presidente ha detto chiaramente di essere concentrato sulla pace. Abbiamo bisogno che anche i nostri partner si impegnino per raggiungere questo obiettivo. Stiamo sospendendo e rivedendo i nostri aiuti per assicurarci che contribuiscano a una soluzione», ha detto un funzionario della Casa Bianca a Reuters.
Lunedì mattina il Wall Street Journal ha riferito che Washington ha smesso di finanziare nuove vendite di armi all’Ucraina e sta valutando la possibilità di congelare le spedizioni di armi.
Trump ha ripetutamente accusato Zelens’kyj di minare il suo sforzo di mediare un accordo di pace tra Kiev e Mosca. La loro faida pubblica è culminata in una lite senza precedenti durante un incontro nello Studio Ovale venerdì, dopo la quale Trump ha detto che Zelens’kyj era irrispettoso nei confronti degli Stati Uniti.
Zelens’kyj ha insistito sul fatto che un cessate il fuoco deve essere legato alle garanzie di sicurezza fornite dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali. Trump, tuttavia, si è rifiutato di impegnarsi in garanzie specifiche e ha escluso di rendere l’Ucraina un membro della NATO o di contribuire con truppe americane a una potenziale missione di mantenimento della pace.
Domenica, Zelens’kyj aveva detto ai giornalisti che «un accordo per porre fine alla guerra è ancora molto, molto lontano e nessuno ha ancora avviato tutti questi passaggi». Trump ha condannato la sua dichiarazione sui social media, promettendo che «l’America non lo sopporterà ancora per molto». Tuttavia nelle ultime ore da varie parti sono emerse notizie riguardo l’apertura di Kiev nei confronti dell’accordo sui minerali.
«Questo tizio non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell’America», ha scritto Trump sulla sua piattaforma Truth Social.
Il mese scorso lo Zelens’kyj aveva detto ai giornalisti che l’Ucraina aveva «basse possibilità» di sopravvivenza senza gli aiuti americani.
Gli Stati Uniti sono uno dei principali fornitori di armi di Kiev, tra cui carri armati M1 Abrams, veicoli blindati Bradley, obici M777, lanciarazzi multipli HIMARS e proiettili di artiglieria. A dicembre 2024, il Pentagono ha impegnato più di 66 miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza per l’Ucraina dal 2022.
La Russia ha sottolineato che nessun aiuto occidentale fermerebbe la presenza delle sue truppe in Ucraina.
Nelle ultime ore il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato che sospendere gli aiuti militari statunitensi all’Ucraina costituirebbe un passo significativo verso la risoluzione del conflitto.
Parlando ai giornalisti Peskov ha dichiarato che, sebbene i dettagli di queste notizie debbano ancora essere confermati, una mossa del genere potrebbe rivelarsi un passo significativo verso la de-escalation.
«È ovvio che gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore» di aiuti militari a Kiev, ha osservato Peskov, aggiungendo che se gli Stati Uniti rinunciassero a questo ruolo o sospendessero del tutto le forniture, ciò «sarebbe probabilmente il miglior contributo alla causa della pace».
Il portavoce ha affermato che se gli Stati Uniti avessero effettivamente interrotto tutti gli aiuti militari all’Ucraina, ciò avrebbe significato che Kiev avrebbe di fatto perso la stragrande maggioranza delle sue munizioni, equipaggiamenti e Intelligence.
«Se è davvero così… allora forse, senza abbandonarci a un eccessivo ottimismo, possiamo modestamente sperare che questo possa incoraggiare il regime di Kiev a propendere per tentativi di risolvere la situazione con mezzi pacifici», ha detto Peskov al giornalista del canale televisivo Rossija 1 Pavel Zarubin.
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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
Fico: l’UE «si spara sulle ginocchia»

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Geopolitica
Il colonnello Macgregor: gli USA «di nuovo in rotta di collisione con l’Iran»

«Il potenziale di degenerazione incontrollata dei conflitti in Ucraina e con l’Iran è enorme. Sembra che siamo di nuovo in rotta di collisione con l’Iran». Lo sostiene il colonnello Douglas Macgregor, uno dei più noti esperti americani di questioni militari e di sicurezza globale, nonché ex consigliere del presidente Donald Trump durante il suo primo mandato, rispondendo a LifeSiteNews che chiedeva se «gli Stati Uniti si stanno preparando per una guerra più grande?»
Secondo l’ex ufficiale, uno dei principali fattori di rischio per l’escalation sarebbe la svolta di Donald Trump sulla questione ucraina. L’ex presidente, infatti, avrebbe abbandonato la sua iniziale posizione di non intervento, adottando una linea più vicina a quella dell’amministrazione Biden.
Come riporta il New York Post, «Trump ha accettato di fornire a Kiev informazioni di Intelligence statunitensi per sostenere attacchi alle infrastrutture energetiche nel profondo della Russia, aiutando l’Ucraina a portare la guerra fino alle porte del presidente Vladimir Putin».
Un ulteriore elemento di rischio, secondo Macgregor, è rappresentato dall’aumento delle critiche internazionali contro la politica israeliana a Gaza. Le crescenti denunce di genocidio e le pressioni internazionali potrebbero, secondo il colonnello, spingere Israele a una reazione drastica: il primo ministro Benjamin Netanyahu, afferma Macgregor, «deve agire al più presto o rischia di perdere il sostegno incondizionato al progetto del Grande Israele».
Durante un incontro svoltosi il 30 settembre a Quantico, in Virginia, il presidente Trump e il Segretario alla Difesa Pete Hegseth hanno riunito centinaia di alti funzionari militari provenienti da tutto il mondo. Il messaggio, scrive LifeSiteNews, è stato chiaro: il «dipartimento woke» è finito e il Pentagono sarà trasformato in un «Dipartimento della Guerra», con l’invito a dimettersi rivolto a chi non condivide la nuova linea.
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Alla domanda sul significato di questa mossa, Macgregor ha risposto: «Il POTUS [cioè il presidente USA, ndr]è tutto una questione di apparenza e glamour. Il messaggio riguardante la forma fisica e l’avanzamento basato sul merito era genuino, ma il resto era un flusso di coscienza poco chiaro. Non siamo pronti a combattere una guerra importante a questo punto. Farlo sarebbe sciocco e pericoloso».
Alla richiesta di confermare i segnali di una crescente attività militare, il colonnello ha aggiunto: «Le forze statunitensi si stanno concentrando in modi che ricordano l’ultimo scontro tra Israele e Iran. Sembra che siamo di nuovo in rotta di collisione con l’Iran».
Riguardo a un possibile scenario di guerra, Macgregor ha ribadito: «il potenziale di degenerazione incontrollata dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente con l’Iran è enorme. Il recente sequestro francese di una petroliera russa in mare è un atto di guerra. La NATO è senza leadership a seguito della decisione di Trump di adottare la politica di Biden nei confronti di Mosca. In Medio Oriente, siamo in balia delle azioni di Israele. Nei Caraibi siamo pronti a scatenare un nuovo conflitto con il Venezuela».
Le critiche alla politica israeliana nei confronti di Gaza stanno aumentando anche negli Stati Uniti. Persino la CNN ha pubblicato un articolo dal titolo: «Come le azioni israeliane hanno causato la carestia a Gaza». Diversi paesi europei hanno preso posizione contro Israele, mentre anche nel campo conservatore americano si registrano segnali di cambiamento.
Secondo Macgregor, «Israele sta perdendo il sostegno popolare negli Stati Uniti, ma controlla ancora Washington e la Casa Bianca. Il primo ministro Netanyahu deve agire al più presto o rischia di perdere il sostegno incondizionato al progetto del Grande Israele. Gli Stati Islamici in Medio Oriente e in Egitto si stanno allineando al sostegno della Cina e della Russia. Non c’è alcun incentivo per Israele a scendere a compromessi o a ritardare l’azione».
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Immagine di Neil Hester via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Geopolitica
Gli USA hanno dato a Israele 21,7 miliardi di dollari in aiuti militari durante il conflitto di Gaza

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