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Geopolitica

Gli assistenti di Zelens’kyj credono che sia «delirante»: lo scrive Time

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Gli alti funzionari di Kiev credono che il presidente Zelens’kyj sempre più «messianico» e sia diventato «delusional», cioè delirante, scrive Time.

 

La rivista americana prevede che il leader sostenuto dall’Occidente lancerà un «grande cambiamento» della leadership militare e politica del Paese. L’imminente rimpasto ha lo scopo di dimostrare la «responsabilità» per la mancanza di progressi nella controffensiva in stallo contro la Russia, nonché di affrontare l’apparentemente crescente opposizione al desiderio di Zelens’kyj di continuare le ostilità, qualunque cosa accada.

 

Zelens’kyj rimane irremovibile nel suo desiderio di «sconfiggere» la Russia sul campo di battaglia, ma la sua «testardaggine» è diventata al limite del «messianico», ha detto uno dei consiglieri del presidente, a condizione di anonimato. «Si illude. Abbiamo esaurito le opzioni. Non stiamo vincendo. Ma prova a dirglielo».

 

La realtà sul campo, tuttavia, è molto diversa dalla visione di Zelens’kyj di ottenere una vittoria definitiva su Mosca, e a quanto pare il dissenso sta crescendo. Secondo uno dei suoi aiutanti, «alcuni comandanti in prima linea… hanno iniziato a rifiutare gli ordini di avanzare, anche quando provenivano direttamente dall’ufficio del presidente».

 

«Loro [i militari] vogliono solo sedersi in trincea e mantenere la linea. Ma non possiamo vincere una guerra in questo modo», ha detto l’aiutante, ammettendo che le truppe in realtà non stavano «andando avanti». Inoltre, il Paese non è molto ben preparato per il prossimo inverno, hanno suggerito gli assistenti presidenziali ucraini, aggiungendo che attribuire esclusivamente alla Russia le infrastrutture in crisi e altre difficoltà questa volta potrebbe non funzionare.

 

«L’anno scorso la gente incolpava i russi», ha detto uno di loro. «Questa volta ci accuseranno di non aver fatto abbastanza per prepararci».

 

Per risolvere la situazione, lo Zelens’kyj dovrebbe lanciare a breve un importante rimpasto della sua squadra, con lo «scossone» che interesserà sia la leadership militare che quella civile.

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«Bisognerebbe licenziare almeno un ministro e un generale responsabile della controffensiva», suggerisce l’articolo, citando gli assistenti, che non forniscono i nomi esatti dei potenziali capri espiatori. La mossa ha principalmente lo scopo di creare «responsabilità» per la mancanza di progressi in prima linea, hanno affermato.

 

L’articolo di Time scrive inoltre che il presidente ucraino si sentirebbe «tradito» dall’Occidente, che gli avrebbe negato il sostegno e l’attenzione a cui Zelens’kyj si era abituato.

 

«Zelens’kyj si sente tradito dai suoi alleati occidentali. Lo hanno lasciato senza i mezzi per vincere la guerra, ma solo con i mezzi per sopravvivere», si legge nel lungo (3.700 parole) reportage, citando un membro di lunga data della sua squadra.

 

Nonostante la promessa del presidente americano Joe Biden di sostenere Kiev «per tutto il tempo necessario», il Congresso non è riuscito a trovare un accordo su un nuovo disegno di legge sugli aiuti per l’Ucraina. Dieci giorni dopo il ritorno di Zelens’kyj a Kiev da Washington, i legislatori sono riusciti ad approvare un disegno di legge di spesa per evitare la chiusura del governo, ma solo dopo aver sottratto 6 miliardi di dollari ai finanziamenti all’Ucraina.

 

«Zelens’kyj si sente tradito dai suoi alleati occidentali. Lo hanno lasciato senza i mezzi per vincere la guerra, ma solo con i mezzi per sopravvivere», ha scritto Time, citando un membro della sua squadra.

 

«La cosa più spaventosa è che una parte del mondo si è abituata alla guerra in Ucraina», ha detto Zelens’kyj. «L’esaurimento causato dalla guerra scorre come un’onda. Lo vedi negli Stati Uniti, in Europa. E vediamo che non appena iniziano a stancarsi un po’, per loro diventa come uno spettacolo: “Non posso guardare questa replica per la decima volta”».

 

Zelens’kyj ha detto alla testata statunitense che crede ancora che le sue forze possano sconfiggere la Russia sul campo di battaglia e che non intratterrà alcun negoziato con Mosca, nonostante la controffensiva estiva dell’Ucraina non sia riuscita a raggiungere i suoi obiettivi e abbia provocato quelle che la rivista ha definito «enormi perdite». Secondo gli ultimi dati russi, tra l’inizio di giugno e l’inizio di questo mese l’esercito ucraino ha perso più di 90.000 uomini.

 

L’articolo, che descrive incontrovertibilmente il presidente-attore come eccessivamente testardo e incapace di controllare la corruzione, sta inevitabilmente circolando molto in ucraina, anche tra i pezzi grossi del regime.

 

Il capo dello staff di Zelens’kyj, Andrej Yermak, ha fatto marcia indietro dopo aver promosso il reportage di Time.

 

Lunedì l’account Telegram di Yermak aveva inizialmente condiviso un collegamento all’articolo, descrivendolo come «un articolo molto importante», secondo gli screenshot condivisi dai giornalisti ucraini e russi. Da martedì il post non era più disponibile. Alcuni commentatori hanno suggerito che chiunque abbia pubblicato il collegamento non avesse letto prima l’articolo e avesse pensato che fosse zeppo di complimenti a Zelens’kyj e alla sua banda.

 

Lo Yermak aveva contribuito al lavoro del giornalista americano, dichiarandogli che i funzionari ucraini «non sono qui a vivere la bella vita». L’osservazione è stata menzionata nel contesto dell’apparente incapacità di Zelens’kyj di affrontare la corruzione, come invece aveva suggerito da un altro confidente presidenziale.

 

«La gente ruba come se non ci fosse un domani», ha detto al Time un importante consigliere presidenziale.

 

Zelens’kyj ha impiegato  almeno sei mesi per licenziare l’allora ministro della Difesa Oleksyj Reznikov dopo che il leader era stato avvisato di corruzione nel dipartimento, anche se a quel punto «era troppo tardi», ha affermato un’altra fonte. Gli alleati occidentali erano «già consapevoli» dello scandalo di corruzione che coinvolgeva l’aumento dei prezzi degli appalti, così come lo erano i soldati in prima linea.

 

Come riportato da Renovatio 21, il giornalista investigativo Seymour Hersh ha scritto che l’Intelligence USA ritiene il nuovo ministro della difesa ucraino ancora più corrotto del predecessore.

 

Prima della guerra, l’Ucraina era dichiarata dalla stampa internazionale come uno dei Paesi più corrotti del mondo. Alcuni ritengono che Kiev abbia agito da «mangiatoia» anche per il clan Biden.

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Geopolitica

Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»

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Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.   Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.   Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».   Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».  

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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.   I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.   La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.   Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.   Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.   Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.   La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.   Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.   Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.  

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Droga

Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela

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Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.

 

Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.

 

Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».

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A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.

 

Nelle scorse settimane, le forze armate americane hanno condotto vari raid contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico e, secondo Washington, collegate al Venezuela, causando decine di vittime.

 

 

Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.

 

Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».

 

Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.

 

Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.

 

Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso, gli Stati Uniti hanno inviato almeno otto navi della Marina, un sottomarino d’attacco e circa 4.000 soldati vicino alla costa venezuelana, dichiarando che la missione mirava a contrastare i cartelli della droga. Washington ha sostenuto che l’armata ha affondato tre imbarcazioni venezuelane, senza però fornire prove che le persone a bordo fossero criminali.

 

La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.

 

Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.

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Geopolitica

Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco

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Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.   Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.   Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.  

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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.   Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.   Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.   Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.

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