Persecuzioni
Filippine, ucciso in un agguato docente di ingegneria dell’università cattolica

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Colpito dai killer che su una motocicletta che hanno affiancato la sua auto in pieno giorno. La Notre Dame University: «Non lasciamo che diventi un altro caso irrisolto nella lista crescente di atti di violenza insensata nel nostro Paese». Pochi giorni fa la decisione di rinviare le elezioni del Bangsamoro.
L’assassinio di Israel Abas Angas – un docente di ingegneria della Notre Dame University, l’università cattolica della città di Cotabato, titolare di un’impresa di costruzioni – ha riacceso ieri i riflettori sulla violenza a Mindanao, evidenziando come dietro la facciata e le indicazioni ufficiali la violenza sia sempre pronta a emergere nel tormentato sud delle Filippine, dove appena cinque giorni fa sono state rinviate le elezioni previste per la piena autonomia di aree a forte presenza musulmana, tra cui Cotabato City.
Angas, docente nelle facoltà di Ingegneria e Studi informatici, stava recandosi all’ateneo quando in pieno giorno la sua auto è stata affiancata da una motocicletta con due uomini armati a bordo, fuggiti immediatamente dopo l’omicidio. Immediato l’avvio di una caccia all’uomo che con l’aiuto di una videocamera dell’area dell’agguato ha permesso di avere delle immagini dei presunti killer.
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Ignote restano però le ragioni del crimine, anche se quello di ieri è l’ennesimo atto di violenza che segna la regione di cui Cotabato, oltre 300mila abitanti, è la principale città. Tra gli ultimi, simile per le circostanze, quello di una dipendente della University of Southern Mindanao, Shiela Ramos Bautista, pure lei docente e di professione ingegnere, avvenuto il 30 dicembre nella città di Kidapawan.
Di «atto di violenza che non rappresenta soltanto una perdita per la comunità accademica ma anche un’offesa alla santità della vita e ai valori di umanità a noi cari» ha parlato in un comunicato la Notre Dame University sottolineando anche come l’uccisione di Angas rappresenti «una perdita dolorosa sia per la comunità accademica, sia per la società».
Senza puntare il dito verso possibili colpevoli, l’amministrazione dell’ateneo gestito dagli Oblati di Maria immacolata, nel ricordare la figura del docente e facendo le condoglianze alla famiglia, ha sollecitato le autorità a individuare e arrestare rapidamente i responsabili ma anche ad impegnarsi per impedire che questo fatto di sangue resti impunito.
«Non lasciamo che diventi un altro caso irrisolto nella lista crescente di atti di violenza insensata nel nostro Paese. Chiediamo a chiunque abbia informazioni di farsi avanti per partecipare alle indagini. Soltanto attraverso un’azione collettiva possiamo assicurarci che sia fatta giustizia e che in futuro queste atrocità possano essere prevenute».
L’inclusione di Cotabato, 330 mila abitanti, nel Bangsamoro Authonomous Region of Muslim Mindanao (BARMM), nata ufficialmente nel gennaio 2019 per garantire una pace duratura nell’estremo Sud dell’arcipelago filippino e lo sviluppo delle comunità musulmane locali, è stata oggetto di un percorso complesso che si è concretizzato solo nel 2023 con la sua definizione di «città autonoma» nel BARMM.
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Immagine di George Parrilla via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Persecuzioni
Ciad, lo spettro dell’islamizzazione strisciante

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Persecuzioni
Terra Santa, il Patriarca latino di Gerusalemme vuole credere al piano di Trump

Dopo l’intercettazione da parte di Israele della flottiglia internazionale islamo-sinistra partita da Barcellona, in Spagna, per bloccare il blocco di Gaza, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, discute delle speranze di pace in Terra Santa, riaccese dal piano di pace proposto da Donald Trump.
Il giornalista italiano Mario Calabresi cede la parola a un alto prelato lucido e moderatamente ottimista: «L’abbordaggio della flottiglia era inevitabile. Avevo però parlato con gli organizzatori per dissuaderli dal giungere allo scontro con le autorità israeliane. (…) Tanto più che questa flottiglia non porta nulla agli abitanti di Gaza e non cambia in alcun modo la situazione», spiega il Patriarca latino della Città Santa.
Un giudizio finale che contrasta con la beata ingenuità dei media progressisti occidentali, che vorrebbero dipingere gli agitatori islamo-goscisti della flottiglia in rotta verso la Striscia di Gaza come chierichetti animati da uno spirito di pace e fratellanza.
Tornando alla situazione dei cristiani nella regione, il cardinale Pizzaballa ricorda che nei suoi trentacinque anni a Gerusalemme non ha mai vissuto un periodo così doloroso e tragico. «C’è stato il tempo della guerra, il tempo della speranza, il tempo della faticosa costruzione di un processo di pace, poi il tempo del crepuscolo di ogni possibile convivenza, segnato dalla vittoria degli estremisti e del radicalismo. E oggi stiamo attraversando l’era delle rovine», ritiene.
E a sostegno delle sue affermazioni: «La situazione è drammatica. Le immagini rendono solo in parte giustizia a ciò che si sta vivendo sul campo. La distruzione è colossale. Oltre l’ottanta per cento delle infrastrutture è ridotto in macerie e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto essere sfollate ed evacuate tre, quattro, cinque, persino sette volte. Famiglie che hanno perso tutto».
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La sua descrizione della vita a Gaza evoca la fame «reale» provata dagli abitanti, anche se evita di usare il termine carestia, spesso utilizzato a fini propagandistici: «Non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità: non arrivano né frutta, né verdura, né carne; due anni senza vitamine né proteine. Un disastro assoluto», spiega l’alto prelato.
A questo si aggiunge «la quasi totale assenza di ospedali, che rende impossibile curare i feriti, i mutilati, ma anche le malattie comuni che non possono più essere monitorate. Penso alla dialisi, che è scomparsa; al cancro, dove l’oncologia non esiste più». I bisogni non si limitano a quelli materiali: «Penso ancora che stiamo entrando nel terzo anno senza scuola per bambini e adolescenti. È molto difficile parlare di speranza se non forniamo una scuola, se l’istruzione diventa impossibile».
La comunità di rifugiati della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza ha scelto di rimanere. Una decisione rischiosa ma inevitabile: «In parrocchia ci sono musulmani gravemente disabili che non hanno modo di muoversi, assistiti dalle suore. E anziani molto fragili per i quali andarsene significherebbe la morte. Devono rimanere, e i nostri sacerdoti e le nostre suore hanno deciso di rimanere con loro. È la scelta della Chiesa, che decide di rimanere come presenza attiva e pacifica», sottolinea Pizzaballa.
Riguardo al piano di pace imposto alle parti dall’inquilino della Casa Bianca, il patriarca vuole credere che una soluzione pacifica sia ancora possibile: «Il piano di Trump ha molti difetti, ma è vero che nessun piano sarà mai perfetto. Tutti sono stanchi, esausti e devastati da questa guerra, e ormai sembra chiaro che ci stiamo muovendo verso una conclusione».
Tuttavia, anche se le armi tacessero e Hamas accettasse di consegnare gli ostaggi e disarmare, ciò non significherebbe la fine del conflitto: «Il conflitto continuerà a lungo, perché le cause profonde di questa guerra non sono ancora state affrontate. Il conflitto israelo-palestinese non finirà finché al popolo palestinese non verrà offerta una prospettiva chiara, evidente e reale. Le conseguenze e le ripercussioni di questa guerra su entrambe le popolazioni, israeliana e palestinese, dureranno per molti anni», conclude il Patriarca di Gerusalemme.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
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