Economia
Arriva il default per una dozzina di Nazioni in via di sviluppo?
Un pezzo dell’agenzia Reuters del 15 luglio (intitolato «The Big Default») svolge il ruolo di utile compendio nell’individuazione delle Nazioni in via di sviluppo il cui debito si trova nella «zona di pericolo» dell’insolvenza, «poiché l’aumento dei costi finanziari, l’inflazione e il debito alimentano tutti i timori di un collasso economico».
Il lungo articolo afferma che «sono in gioco 400 miliardi di dollari di debito. L’Argentina è di gran lunga al vertice con oltre 150 miliardi di dollari, mentre i prossimi in linea sono Ecuador ed Egitto con 40-45 miliardi di dollari».
Andando Paese per Paese, Reuters scrive:
Argentina: «il peso ora viene scambiato con uno sconto di quasi il 50% sul mercato nero, le riserve sono estremamente basse e le obbligazioni vengono scambiate a soli 20 centesimi per dollaro, meno della metà di quello che erano dopo la ristrutturazione del debito del paese nel 2020 (…) Le preoccupazioni si sono insinuate nel fatto che la potente vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner possa spingere a rinnegare il Fondo monetario internazionale».
Ucraina: «L’Ucraina dovrà quasi certamente ristrutturare il suo debito di oltre 20 miliardi di dollari, avvertono gli investitori di peso massimo come Morgan Stanley e Amundi. La crisi arriva a settembre, quando sono dovuti 1,2 miliardi di dollari di pagamenti obbligazionari».
Tunisia: «Gli spread obbligazionari tunisini – il premio richiesto dagli investitori per acquistare il debito piuttosto che le obbligazioni statunitensi – sono saliti a oltre 2.800 punti base e, insieme a Ucraina ed El Salvador, la Tunisia è nella lista dei primi tre probabili inadempienti di Morgan Stanley».
Egitto: «Il Cairo ha svalutato la sterlina del 15% e ha chiesto aiuto al FMI a marzo, ma gli spread obbligazionari ora superano i 1.200 punti base e i credit default swap (CDS) (…) valutano con una probabilità del 55% che fallisca un pagamento».
Kenya: «Spende circa il 30% dei ricavi per il pagamento degli interessi. Le sue obbligazioni hanno perso quasi la metà del loro valore e attualmente non ha accesso ai mercati dei capitali, un problema con un’obbligazione da 2 miliardi di dollari in scadenza nel 2024».
Pakistan: «Il Pakistan ha raggiunto un accordo cruciale con il FMI questa settimana. La svolta non potrebbe essere più tempestiva (…) Le riserve di valuta estera sono scese fino a 9,8 miliardi di dollari, appena sufficienti per cinque settimane di importazioni. La rupia pachistana si è indebolita ai minimi storici. Il nuovo governo deve tagliare rapidamente la spesa ora poiché spende il 40% delle sue entrate per il pagamento degli interessi».
EIRN sostiene che «questi 400 miliardi di dollari sono solo la proverbiale punta dell’iceberg di una bolla finanziaria molto più grande di derivati e altri strumenti speculativi che si accumula in cima alla bolla del debito».
«I 400 miliardi di dollari sono solo la miccia di una bomba finanziaria molto, molto più grande che è destinata a esplodere». La stima fornita indica che vi sarebbe invece «circa 2 quadrilioni di dollari di aggregati finanziari totali a livello globale».
Un quadrilione corrisponde a 1000 trilioni. Un trilione corrisponde a mille miliardi. Un miliardo a mille milioni. Un quadrilione è quindi un milione alla quarta potenza, o più linearmente detto, è un «milione di milioni», fantasioso tormentone del personaggio del bocconiano calabrese interpretato da Sergio Vastano in episodi di Drive In, antico varietà berlusconiano.
Bene, ecco: di quadrilioni di materia finanziaria aggregata, ribadiamo, ce ne sarebbero due… Sì: due milioni di milioni.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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