Economia
Anche la Svizzera congela i soldi russi: sono 8 miliardi di dollari

Il ministero dell’Economia svizzero ha annunciato giovedì di aver congelato beni russi per un valore di 7,94 miliardi di dollari (7,5 miliardi di franchi svizzeri) a partire dal 25 novembre 2022. Questo a parte 15 proprietà appartenenti a persone giuridiche e persone fisiche sanzionate dalla Russia. Lo riporta il sito governativo russo RT.
Anche la Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SECO) ha rivelato i dati sull’ammontare dei depositi dichiarati dai russi.
«L’importo sanzionato è solo una frazione di tutti i beni russi in Svizzera», ha detto alla testata economica statunitense Bloomberg Erwin Bollinger, responsabile delle relazioni economiche bilaterali della SECO.
Secondo il rapporto, un totale di 123 cittadini o entità russi hanno segnalato all’ente 7.548 «rapporti d’affari», pari a 48,8 miliardi di dollari (46,1 miliardi di franchi) di attività.
«Gli importi congelati possono aumentare se, ad esempio, si aggiungono nuove persone all’elenco o se vengono individuati nuovi beni», si legge nel comunicato, aggiungendo che «possono diminuire se i beni che erano stati congelati in via cautelare devono essere nuovamente rilasciati una volta completati i chiarimenti».
La Svizzera si è unita ai paesi dell’UE nell’imporre diverse tornate di sanzioni anti-russe per l’operazione militare di Mosca in Ucraina. Ad agosto, Berna ha congelato i beni appartenenti alla russa Sberbank e vietato il commercio di prodotti in oro con Mosca.
A marzo, il Cremlino ha inserito la Svizzera in un elenco di Paesi ostili, che comprende membri dell’UE e altri Stati. Ad agosto Il vicedirettore del dipartimento Informazione e stampa del ministero Ivan Nechaev ha quindi detto ai giornalisti in una conferenza stampa a Mosca che la Russia da tanto tempo non considera più la Confederazione Elvetica come neutrale.
Di recente, tuttavia, Berna aveva dato segni che andavano in un’altra direzione, ribadendo che non avrebbe fornito armi a Kiev – aveva già bloccato la riesportazione di sue munizioni sette mesi fa – e rifiutando le rivendicazioni di Zelens’kyj riguardo ai beni russi confiscati. A ottobre infatti, Fabian Maienfisch, portavoce del Dipartimento federale svizzero dell’economia, dell’istruzione e della ricerca, aveva dichiarato che la Svizzera non avrebbe sostenuto la richiesta del presidente ucraino Vladimir Zelensky di consegnare i beni russi congelati a Kiev.
Il quadro tuttavia potrebbe essere più complesso. Come riportato da Renovatio 21, le banche svizzere sarebbero tuttavia facendo richieste assai massicce di dollari. Il sito web finanziario svizzero In$ide Paradeplatz ha ipotizzato che dietro il raddoppio degli swap in dollari tra la Federal Reserve statunitense e la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ci sarebbe proprio questa domanda senza precedenti di dollari da parte delle banche svizzere, una situazione che potrebbe essere stata ingenerata nel contesto di massicce richieste di margini sui fondi pensione britannici e di una presunta crisi di Credit Suisse, una delle principali controparti di derivati.
Sia le autorità dell’UE che quelle statunitensi stanno attualmente lavorando alla confisca dei beni russi congelati dalle sanzioni relative all’Ucraina, cercando di trovare modi per rendere legali i sequestri.
Come noto, Ursula Von der Leyen con l’ausilio di Mario Draghi ha congelato 300 miliardi di dollari di beni russi detenuti all’Estero, una mossa senza precedenti che ha fatto scrivere al Financial Times riguardo al primo vero atto di una guerra economica, finora inedita nella storia umana.
Economia
Il debito francese è un pericolo per tutta l’Eurozona

Il crescente debito sovrano della Francia, unito alle lotte politiche interne, potrebbe minacciare la stabilità fiscale dell’Eurozona. Lo riporta l’emittente pubblica tedesca Deutsche Welle, citando un esperto.
La Francia ha uno dei debiti nazionali più elevati dell’UE, attualmente pari a 3,35 trilioni di euro (3,9 trilioni di dollari), pari a circa il 113% del PIL. Si prevede che il rapporto salirà al 125% entro il 2030. Il deficit di bilancio è previsto al 5,4-5,8% quest’anno, ben al di sopra del limite del 3% previsto dall’Unione.
Friedrich Heinemann del Centro Leibniz per la Ricerca Economica Europea ZEW di Mannheim, in Germania, ha dichiarato alla testata in un articolo pubblicato sabato: «dovremmo essere preoccupati. L’eurozona non è stabile in questo momento».
Un drastico piano di austerità proposto dal primo ministro francese François Bayrou, membro del governo di minoranza, ha innescato un voto di sfiducia, che ha perso lunedì sera, portando al collasso il governo francese.
Il piano del Bayrou prevedeva tagli ai posti di lavoro nel settore pubblico, una riduzione della spesa sociale e la soppressione di due festività. Il Rassemblement National di Marina Le Pen, i Socialisti e il partito di sinistra La France Insoumise si sono opposti con veemenza alla proposta.
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Anche un sondaggio Elabe condotto prima del voto ha mostrato che la maggior parte degli intervistati era contraria alle misure.
Lo Heinemann ha dichiarato a DW di dubitare che la Francia troverà presto una via d’uscita, visti gli aspri scontri politici.
A luglio, Bloomberg, citando gli esperti di ING Groep NV, ha affermato in modo analogo che il crescente debito della Francia potrebbe rappresentare una «bomba a orologeria» per la stabilità finanziaria dell’UE.
Nonostante il considerevole deficit di bilancio, la Francia prevede di aumentare la spesa militare a 64 miliardi di euro nel 2027, il doppio di quanto speso nel 2017.
Il presidente Emmanuel Macron ha ripetutamente citato una presunta minaccia russa. Il Cremlino ha costantemente liquidato le accuse come «assurdità», accusando l’UE di una rapida militarizzazione.
A maggio, gli Stati membri hanno approvato un programma di debito da 150 miliardi di euro per l’approvvigionamento di armi.
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Immagine di Philippe Druesne via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
Economia
Trump porge il ramoscello d’ulivo a Musk. Cui Tesla prepara un possibile pagamento da un trilione

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Economia
La Turchia interrompe totalmente gli scambi commerciali con Israele

La Turchia ha interrotto tutti i legami commerciali ed economici con Israele, chiudendo il suo spazio aereo ad alcuni voli israeliani, ha annunciato il Ministro degli Esteri Hakan Fidan. I due Paesi sono in conflitto da mesi a causa della campagna militare israeliana a Gaza, con la Turchia che accusa il Paese di aver commesso un genocidio.
In un discorso al parlamento nazionale di venerdì, il Fidan ha affermato che la Turchia ha «completamente interrotto i nostri scambi commerciali con Israele» e «chiuso i nostri porti alle navi israeliane».
«Non permettiamo alle navi portacontainers che trasportano armi e munizioni verso Israele di entrare nei nostri porti e agli aerei di entrare nel nostro spazio aereo», ha aggiunto il ministro di Ankara, affermando che alle navi battenti bandiera turca è vietato fare scalo nei porti israeliani e che alle imbarcazioni israeliane è vietato entrare nei porti turchi.
Come riportato da Renovatio 21, la guerra commerciale con Israele era partita un anno fa con la sospensione degli scambi.
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Una fonte diplomatica turca ha dichiarato all’agenzia Reuters che le restrizioni ai voli riguardano solo i voli ufficiali israeliani e gli aerei con armi o munizioni, non il transito di routine dei vettori commerciali.
L’agenzia ha inoltre riferito che le autorità portuali turche stanno ora richiedendo informalmente agli agenti marittimi di attestare che le navi non sono collegate a Israele e non trasportano carichi militari o pericolosi diretti nel Paese.
Tuttavia, un funzionario israeliano ha dichiarato al Jerusalem Post che la Turchia aveva «già annunciato in passato la rottura delle relazioni economiche con Israele, e che tali relazioni sono continuate», riferendosi apparentemente alla sospensione delle importazioni ed esportazioni da parte di Ankara a maggio.
I commenti del ministro sono l’ultimo segnale del deterioramento delle relazioni tra Turchia e Israele, rese ancora più tese dalla guerra a Gaza. La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, in settimana i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
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Immagine di Rob Schleiffert via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 4.0
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