Sport e Marzialistica
I giapponesi finalmente si riprendono il Sumo

Il 23 maggio 2025 potrebbe avere segnato l’inizio di una nuova epoca per il Sumo.
La lotta tradizionale giapponese (quella degli ultra-obesi che si prendono a sberle, per dirla in modo semplice) si trovava ormai dal 2003 sotto il dominio dei lottatori mongoli, che hanno praticamente monopolizzato la posizione di yokozuna nell’ultimo ventennio.
Yokozuna è il titolo che viene attribuito ai lottatori che raggiungono il vertice delle graduatorie in questo sport, ma comporta un sostanziale cambio di status: mentre dalle altre posizioni nella gerarchia del Sumo si può venire retrocessi, questo non è possibile per lo yokozuna. Se le prestazioni di un lottatore non sono più degne di questo titolo, l’unica possibilità è quella di ritirarsi. Lo stesso discorso vale se il comportamento del lottatore nella vita privata dovesse renderlo indegno di questo status.
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Si tratta di un titolo quasi equivalente a quello di ningen kokuho («tesoro nazionale vivente»), lo yokozuna – 横綱, «fune di lato» può essere una traduzione approssimativa del titolo – sale sul ring cinto da una esattamente fune del peso di 20 chili (!), che richiama simbolicamente la shimenawa, la corda che delimita gli spazi sacri nello scintoismo. Il Sumo ha un aspetto religioso evidente, sono difatti religiose le sue origini, e questo contribuisce ad ammantare i lottatori di un prestigio particolare.
Anche se il primo yokozuna straniero fu lo hawaiano Akebono negli anni Ottanta, è stato il dominio mongolo iniziato con Asashoryu nel 2003, e che ad oggi prosegue con suo nipote Hoshoryu (il giapponese Kisenosato ha nel frattempo affiancato gli yokozuna per soli due brevi anni), che ha causato un calo dell’interesse del pubblico nipponico per questo sport, anche a causa di uno scandalo legato a incontri truccati negli anni 2010.
La Mongolia ha anche donato al Sumo il più forte lottatore di sempre, lo straordinario Hakuho, che ha regnato come yokozuna per quattordici anni, dal 2007 al 2021, stabilendo record che sarà difficile superare.
Un atleta di livello talmente stellare non poteva però non diventare un’ispirazione per tanti giovani lottatori, motivo per cui il Giappone sta vedendo salire alla ribalta una nuova generazione di fortissimi rikishi («uomini forti», così si chiamano gli atleti del Sumo in giapponese) autoctoni.
E così torniamo a venerdì 23 maggio: al Kokugikan di Tokyo, la casa del Sumo nella capitale giapponese, c’era palpabile entusiasmo nell’aria prima del penultimo incontro di giornata, che vedeva contrapposti i due ozeki (secondo grado nella gerarchia della disciplina) Kotozakura e Onosato.
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Gli occhi del pubblico erano tutti per quest’ultimo: imbattuto per dodici incontri, una sola vittoria lo separava dalla conquista del torneo. Si è trattato quasi di una formalità: Kotozakura viene spinto fuori dal ring, Onosato vince il suo secondo torneo consecutivo da ozeki e il Giappone si prepara a festeggiare il suo nuovo yokozuna.
Onosato, 24 anni, é un colosso da 192 centimetri per 191 chili con un faccione simpatico da ragazzo di provincia. La sua immagine da bravo ragazzo fa da perfetto controllare al carattere dello yokozuna Hoshoryu, che sembrava avere ereditato le maniere da bullo dallo zio campionissimo Asashoryu. La rivalità tra i due sembra essere già iniziata: l’ultimo giorno del torneo Hoshoryu ha sconfitto Onosato, negandogli la soddisfazione di chiudere il torneo imbattuto e ribadendo il fatto di non essere diventato yokozuna per caso.
Ma il Sumo giapponese non ripone le sue speranze nel solo Onosato: altri giovani rikishi stanno emergendo prepotentemente. Il primo che viene in mente è il ventiseienne Takerufuji, che nel 2024 è riuscito a vincere il torneo della massima divisione (makuuchi) al suo esordio, qualcosa che non accadeva da 110 anni!
Occhi puntati anche su Hakuhoo, Atamifuji, Asakoryu, Kayo, Kusano, oltre che sul 21enne ucraino Aonishiki in grandissima crescita.
Lunedì 26 maggio Onosato è stato ufficialmente riconosciuto come yokozuna.
Taro Negishi
Corrispondente di Renovatio 21 dal Giappone
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Immagine di FourTildes via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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Sport e Marzialistica
Monaci shaolini, dall’incontro con papa Francesco e la caduta in disgrazia del bonzo manager

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
I social network cinesi discutono sull’inchiesta per corruzione e scandali sessuali aperta contro l’abate Shi, l’uomo che ha trasformato in un impero economico il tempio famoso per il Kung Fu. Queste accuse erano emerse già in passato senza però scalfirne il potere. Per questo alcuni commentatori hanno osservato che i suoi guai sono cominciati una volta tornato in Cina dopo la visita in Vaticano, di cui Pechino non ha mai dato notizia. L’ipotesi che si sia spinto troppo oltre, con un’iniziativa non concordata con il Partito.
Shi Yongxin, l’abate del Tempio Shaolin famoso per il Kung Fu, è sotto indagine da parte delle autorità cinesi. Secondo un comunicato del tempio, è accusato di appropriazione indebita, relazioni improprie con donne e di aver avuto figli illegittimi. L’Associazione Buddista Cinese ufficiale ha dichiarato che l’ordinazione monastica di Shi Yongxin è stata revocata.
Secondo il sito cinese Caixin, Shi è stato prelevato a mezzanotte il 25 luglio. Lo stesso giornale ha riferito che, dopo una visita all’estero durante la Festa di Primavera (il capodanno lunare cinese, caduto quest’anno in febbraio, ndr), gli è stato proibito di lasciare la Cina. Dopo tale visita, è stato convocato dalle autorità, ma poteva ancora viaggiare all’interno del Paese.
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Il rapporto di Caixin non specifica né la destinazione né il contenuto della visita all’estero. Ma è noto che a febbraio, Shi ha guidato una delegazione del Tempio Shaolin in Vaticano che incontrò il 1 febbraio papa Francesco. Quella visita non venne menzionata dalle autorità cinesi e i media statali non ne diedero alcuna notizia.
La stessa Santa Sede mantenne un profilo basso sulla visita, data la natura non ufficiale dell’incontro. Ma sui social network cinesi alcuni analisti ipotizzano che questa sia la vera causa dei problemi per Shi.
Commenti online ricordano che non esistono relazioni diplomatiche formali tra la Cina e il Vaticano; per questo suggeriscono che Shi potrebbe aver aggirato l’autorizzazione delle autorità, giocando d’azzardo per accrescere il proprio prestigio come leader religioso, cosa non tollerata da Pechino. Altri commentatori ritengono che la visita sia stata un errore politico, dovuto a un errato calcolo del clima: in un contesto in cui le autorità cinesi spingono per la sinicizzazione e il controllo ideologico, ogni passo oltre i limiti è visto come una sfida al Partito Comunista, anche se non verrà mai menzionato ufficialmente.
Non stupisce comunque che la motivazione ufficiale di cui si parla sia l’appropriazione dei profitti generati dal Tempio Shaolin. Shi è diventato monaco qui nel 1981, all’età di 16 anni, ed è abate dal 1999. Sotto la sua guida, il tempio con 1500 anni di storia si è trasformato in un marchio globale che ogni anno attira migliaia di seguaci buddhisti e appassionati di Kung Fu da tutto il mondo. Shi ha costruito un impero economico, guadagnandosi il soprannome di «monaco CEO».
Ma oltre al successo commerciale, Shi ha alle spalle anche una carriera politica. È stato vicepresidente dell’Associazione Buddhista Cinese e membro della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese. Per oltre un decennio, è stato anche rappresentante al Congresso Nazionale del Popolo. Ha sostenuto le direttive delle autorità sulla sinicizzazione del buddhismo.
Nel 2018, il Tempio Shaolin è stato il primo ad issare la bandiera nazionale cinese, gesto che ha generato ampi dibattiti sul web cinese.
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In Cina, le organizzazioni religiose ufficiali sono sotto la guida del Dipartimento del Fronte Unito del Partito Comunista Cinese. Gli analisti affermano che Shi non è solo un leader religioso, ma anche un funzionario statale per via del suo coinvolgimento politico. Non è ancora chiaro, dunque, se la visita in Vaticano sia stata approvata dalle autorità: le foto mostrano un colloquio privato tra Shi e papa Francesco, senza la presenza di funzionari cinesi.
Il Tempio Shaolin ha guadagnato popolarità nella cultura pop grazie a un film interpretato da Jet Li. Tuttavia, la sua commercializzazione è stata fortemente criticata. I media cinesi hanno stimato che, in passato, le entrate turistiche del tempio rappresentassero quasi un terzo del bilancio annuale della città di Dengfeng, dove si trova il tempio. Il tempio è stato criticato per l’alto prezzo dei biglietti, la vendita di incenso e prodotti buddhisti. Si vociferava persino un piano per quotarlo in borsa. Nel 2015, i progetti di costruzione di un hotel, una scuola di Kung Fu e un campo da golf suscitarono forti polemiche.
L’impero del Tempio Shaolin si è espanso anche all’estero. Attualmente, truppe di monaci viaggiano per il mondo per esibirsi in spettacoli di arti marziali. Il tempio ha anche fondato filiali in vari Paesi. Con questa espansione le voci su Shi circolavano da tempo. Già nel 2015, un suo discepolo lo aveva accusato di corruzione e di avere due figli illegittimi. Ma allora – a differenza di oggi – un’indagine delle autorità concluse che mancavano prove.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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