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Economia

Bollette neozelandesi impazzite per colpa delle politiche green

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Le bollette pazze continuano, anche agli antipodi. Dopo lo shock mondiale delle forniture di gas interrotte dalla guerra ucraina, ecco il nuovo grande mostro che minaccia l’esistenza quotidiana delle famiglie: le politiche «verdi».

 

Recentemente, nel 2022, il governo della Nuova Zelanda si era compiaciuto del fatto che la parte verde del proprio consumo energetico fosse ai massimi storici: geotermico (18%) e idroelettrico (60%) rappresentavano il 78% del consumo di elettricità.

 

Nella loro euforia green, il governo aveva dismesso 600 MW di capacità di impianti a gas. Due anni dopo, i nodi vengono al pettine.

 

I prezzi all’ingrosso nel mercato elettrico neozelandese sono aumentati vertiginosamente nelle ultime settimane, arrivando fino a 1.000 dollari neozelandesi (910 dollari americani, o 816 euro) per MWh.

 

Si può fare un raffronto con i prezzi statunitensi al 20 giugno2024: nello Stato del New England 162 dollari/MWh; New York City 86 dollari/MWh, California settentrionale 45 dollari/MWh.

 

Il ministro dell’Energia neozelandese Simeon Brown ha dichiarato che «la Nuova Zelanda attualmente ha una carenza di energia. I laghi sono bassi, il sole non splende, il vento non soffia e abbiamo una fornitura di gas naturale inadeguata per soddisfare la domanda», aggiungendo che «è devastante per i settori manifatturiero ed esportatore della Nuova Zelanda».

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Gli stabilimenti di pasta e carta dell’Isola del Nord hanno temporaneamente chiuso i battenti a causa dell’impennata dei costi.

 

Il ministro associato dell’Energia Shane Jones ha accusato i grandi produttori di energia di fare profitti e ha affermato che il governo sta studiando modi per costringerli a tagliare i prezzi.

 

Governata per anni da una discepola diretta del World Economic Forum, la Young Global Leader schwabiana Jacinda Ardern, la Nuova Zelanda si dimostra sempre più come laboratorio del Nuovo Ordine Mondiale.

 

Due settimane fa è stato esposto un nuovo piano pandemico che prevede le vaccinazioni forzate. Nel biennio pandemico, la Ardern – che per qualche ragione si è dimessa, e ora si occupa, coincidenza, di controllo delle espressioni in rete – era arrivata a chiudere in lockdown l’intero Paese anche per un solo caso positivo, a comandare ai suoi cittadini di non conversare, nonché a teorizzare apertamente una società two tier, cioè a due livelli, in cui i vaccinati hanno più diritti dei non vaccinati, ridotti a cittadini di serie B, in un contesto dove «non ci sarà fine al programma di vaccinazione».

 

In un caso di due anni fa che ha implicazioni ramificate anche sul nostro presente, l’Alta Corte di Auckland tolse la patria potestà ai genitori che chiedevano trasfusioni di sangue non vaccinati per l’operazione del figlio neonato. Nel Paese si discusse perfino dell’eutanasia per i pazienti COVID.

 

Fece scalpore, inoltre, quando il servizio di Intelligence per la sicurezza del Paese chiese ai cittadini di denunziare i dissidenti politici come «terroristi».

 

Il governo altresì ha annunciato iniziative di ingegneria genetica del bestiame.

 

Il Paese è a tal punto pervaso dallo zelo del Nuovo Ordine da aver vietato completamente il tabacco per i nati dal 2008 in poi.

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa le autorità locali hanno dato il semaforo verde per l’estradizione dell’imprenditore tecnologico Kim Dotcom, divenuto assai noto in questi anni per le sue posizioni scomode su vaccini, COVID, guerra antirussa e Deep State americano.

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Immagine di Marco Klapper via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Economia

Angolano fermato a Francoforte con 11.000 diamanti nel bagaglio a mano

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Secondo quanto comunicato venerdì dal servizio doganale tedesco, gli agenti dell’aeroporto di Francoforte sul Meno hanno sequestrato 11.276 diamanti non dichiarati a un passeggero in arrivo dall’Angola.   L’uomo, 53 anni, di cui non è stata resa nota l’identità, è stato arrestato e posto in custodia per non aver dichiarato il carico di diamanti grezzi e per essere privo della certificazione obbligatoria per il trasporto di tali pietre preziose.   Stando alla dogana tedesca, i diamanti sono stati rinvenuti durante un normale controllo di sicurezza aeroportuale. «L’uomo proveniente dall’Angola aveva nascosto i diamanti in un doppio fondo del suo bagaglio a mano, all’interno di due borse», hanno precisato le autorità.     Il valore delle pietre non è ancora stato stimato e verrà determinato tramite una valutazione esperta, ha spiegato il servizio doganale. «Ora dovrà rispondere delle violazioni alla normativa sul commercio estero», ha aggiunto l’agenzia. «Inoltre, è accusato di evasione dei dazi doganali per l’importazione di diamanti grezzi di contrabbando».   Le indagini sul caso sono ancora in corso.

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L’Angola figura tra i principali produttori di diamanti in Africa e rappresenta una delle fonti più importanti al mondo di diamanti grezzi, avendo registrato una produzione record di circa 14 milioni di carati nel 2024, secondo i dati del settore. Nel 2025, a settembre la produzione aveva raggiunto circa 10,7 milioni di carati, con l’obiettivo delle autorità di arrivare a quasi 14,8 milioni di carati entro fine anno.   Tutti i diamanti grezzi esportati dall’Angola devono essere accompagnati dal certificato del Kimberley Process, il programma internazionale creato per impedire la commercializzazione dei cosiddetti diamanti di sangue. Le spedizioni prive della documentazione richiesta sono considerate illegali sia secondo la legislazione angolana che dalle norme del commercio internazionale.   Le autorità angolane hanno già effettuato diversi sequestri legati al traffico illecito di diamanti. Nel 2024, la polizia della provincia diamantifera di Lunda Norte ha confiscato 2.468 diamanti grezzi nel comune di Lucapa nell’ambito di un’operazione contro il possesso e il commercio illegale.  

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Cina

La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale

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Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.

 

Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.

 

Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.

 

«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».

 

Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Economia

Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros

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Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.   L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.   L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.

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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».   Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.   La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.   Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.   Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».

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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.   L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.   Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.

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Immagine di Fourbyfourblazer via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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