Politica
L’ex premier israeliano Olmert definisce Netanyahu «signor Stronzate» e un «pericolo per Israele»

L’ex premier israeliano Ehud Olmert attacca l’attuale primo ministro dello Stato Ebraico Benjamin Netanyahu.
In un’intervista dell’8 novembre sul sito Politico, l’Olmert ha lanciato pesanti accuse contro il Netanyahu, dicendo che è nel mezzo di un esaurimento nervoso.
Secondo Olmert, Netanyahu «si è rimpicciolito. È distrutto emotivamente (…) Bibi ha lavorato tutta la sua vita con la falsa pretesa di essere il signor Sicurezza. È il signor Stronzate».
«Ogni minuto in cui è primo ministro rappresenta un pericolo per Israele. Lo dico sul serio. Sono certo che gli americani capiscono che è in cattive condizioni» ha continuato l’ex sindaco di Gerusalemme.
All’affermazione di Netanyahu secondo cui Israele deve restare a Gaza per ragioni di sicurezza, Olmert ha risposto: «non è nell’interesse di Israele vigilare sulla sicurezza di Gaza. È nel nostro interesse poterci difendere in modo diverso rispetto a prima dell’attentato del 7 ottobre. Ma controllare nuovamente Gaza? No»
L’ex membro del Likud, lo stesso partito dell’odierno premier, ha detto che la pazienza degli alleati occidentali di Israele si sta esaurendo, perché Netanyahu e i suoi ministri non sono riusciti a delineare un piano realistico per il governo di Gaza post-Hamas.
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«C’è molto che possiamo fare, ma non possiamo fare tutto ciò che desideriamo», ha avvertito. Olmert ha affermato che la sua più grande paura è che Israele continui a esitare e non riesca ad affrontare ciò che dovrebbe accadere a Gaza nel dopoguerra, il che, sostiene, aumenterà l’esasperazione dell’Occidente.
L’ex primo ministro non definibile come un attivista pacifista e crede che Israele possa spezzare Hamas, ma è preoccupato per il fatto che «c’è una totale mancanza di pianificazione per la fase successiva (…) Qualcuno ci pensa? Dobbiamo presentare alla comunità internazionale la nostra idea di fine partita».
In una possibile teorizzazione sul da farsi, Olmert dice che «se Israele presentasse una proposta seria per i negoziati a due Stati, ciò avrebbe un impatto drammatico sulla comunità internazionale. Ci darebbe più spazio e tempo per raggiungere gli obiettivi delle nostre operazioni militari e avrebbe un impatto sull’opinione pubblica nei paesi occidentali e sui media. Dimostrerebbe che Israele è impegnato a fare qualcosa che non ha voluto fare negli ultimi 15 anni. Quindi da tutto questo potrebbe uscire qualcosa di positivo. Ma non lo faremo e nessuno vuole pensarci. Nessuno vuole dirlo chiaramente. Nessuno vuole dirlo».
Al contrario, secondo l’ex primo ministro dello Stato Ebraico l’obiettivo di Netanyahu «sembra essere quello di non venire cacciato dall’incarico il giorno in cui finirà la guerra e forse anche prima di allora».
«Ti aspetti che adesso parli della seconda e della terza fase. Non è sicuro di sopravvivere politicamente a questa fase», ha osservato Olmert.
Come riportato da Renovatio 21, secondo documenti USA trapelati il Mossad era implicato nelle guida delle grandi proteste contro Netanyahu che riempivano le piazze e le strade prima del 7 ottobre. Tali manifestazioni, dopo il massacro, sono ovviamente sparite, lasciando l’eterno premier di Israele al comando con un governo ancora più serrato.
Netanyahu due settimane fa si è scusato per un post in cui accusava i servizi di sicurezza del paese di non aver previsto l’attacco di Hamas in cui hanno perso la vita almeno 1.200 persone.
Secondo il New York Times, servizi di sicurezza israeliani avevano avvertito per mesi il primo ministro Netanyahu che le sue politiche interne stavano alimentando pericolosi disordini politici. Il rapporto faceva parte di un esame di ciò che ha portato alle ultime ostilità tra Israele e Gaza. Ad un certo punto, nel mese di luglio, il primo ministro avrebbe addirittura rifiutato di incontrare un generale anziano che stava cercando di fornire un avvertimento di minaccia basato su informazioni riservate.
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Immagine di U.S. Embassy Jerusalem via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro

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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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Immagine screenshot da YouTube
Politica
Sarkozy sarà messo in cella di isolamento

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