Connettiti con Renovato 21

Geopolitica

Arrestato l’ex capo di governo del Nagorno-Karabakh. Baku lo accusa di terrorismo

Pubblicato

il

Le autorità azere hanno arrestato Ruben Vardanyan, ex alto funzionario armeni del Nagorno-Karabakh, con l’accusa di terrorismo e altri reati. Il sito governativo russo RT si riferisce all’uomo come ad un «miliardario» che «in precedenza aveva la cittadinanza russa».

 

Vardanyan è stato arrestato mentre tentava di lasciare l’enclave armena la settimana scorsa, quando è iniziato l’esodo di forse 100 mila armeni.

 

In una dichiarazione di giovedì, il Servizio di Sicurezza dello Stato dell’Azerbaigian ha annunciato che il magnate degli investimenti è accusato di finanziare il terrorismo, di partecipare alla creazione e al funzionamento di gruppi armati illegali e di aver attraversato illegalmente il confine del Paese. La prima accusa prevede una pena da dieci a 14 anni di carcere, mentre la seconda potrebbe portare all’ergastolo.

 

Citando l’accusa, l’agenzia azera ha affermato che Vardanyan avrebbe attraversato illegalmente il confine con l’Azerbaigian nel settembre 2022 «per commettere atti di terrorismo e sabotaggio» ed era entrato nella residenza temporanea delle forze di pace russe nel Nagorno-Karabakh.

 

 

«Inoltre, ha finanziato il terrorismo destinando fondi all’organizzazione di attività terroristiche» di formazioni armate nella regione contesa, si legge nella dichiarazione.

 

Vardanyan è stato arrestato mercoledì dalle guardie di frontiera azerbaigiane a un posto di blocco nel corridoio Lachin, mentre tentava di lasciare il Nagorno-Karabakh per l’Armenia, scrive RT.

 

Yerevan ha fatto appello alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per garantire la sua protezione, mentre il ministero degli Esteri armeno ha promesso di fare tutto il possibile per garantire il suo rimpatrio.

Sostieni Renovatio 21

Il 55enne armeno ha fatto fortuna negli anni ’90 quando ha co-fondato la società di investimenti Troika Dialogue, acquisita da Sber, la più grande banca russa, per 1,4 miliardi di dollari nel 2011. Nel 2021, Forbes ha stimato il suo patrimonio netto a 1 miliardo di dollari.

 

Nel settembre 2022, Vardanyan aveva annunciato che avrebbe rinunciato alla cittadinanza russa, richiesta ufficialmente accolta dal presidente Vladimir Putin a dicembre. Il miliardario si era trasferito nel Nagorno-Karabakh, dove ha ricoperto la carica di capo del governo tra novembre 2022 e febbraio 2023.

 

 

L’Azerbaigian ha rivelato le accuse contro Vardanyan lo stesso giorno in cui le autorità del Nagorno-Karabakh hanno annunciato lo scioglimento della repubblica, che inizialmente si era staccata da Baku negli anni del tramonto dell’Unione Sovietica.

 

La settimana scorsa, la regione a maggioranza armena ha concordato un cessate il fuoco con l’Azerbaijan, mediato dalla Russia, sotto la pressione di quelle che Baku descriveva come «misure antiterrorismo di natura locale» nell’area.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’esodo degli armeni dell’Artsakh (così chiamano l’area) arriverebbe a contare 100 mila persone, in una zona dove la popolazione armena ha un numero di poco superiore. Le immagini del corridoio di Lachin intasato da vetture di famiglie che fuggono sono a dir poco impressionanti.

 

Il disastro arriva in un momento dove la frattura tra il governo armeno e il Cremlino, che finora aveva agito proteggendo Yerevan, è divenuta molto visibile.

 

Il primo ministro Pashinyan, cedendo alle lusinghe dell’Ovest, ha irritato giocoforza la Russia, che è l’unico Paese che si era impegnato davvero per la pace nell’area. Mosca non può aver preso bene né le esercitazioni congiunte con i militari americani (specie considerando che Yerevan aderisce al CSTO, il «Patto di Varsavia» dei Paesi ex sovietici) né l’adesione dell’Armenia alla Corte Penale Internazionale, che vuole processare Putin.

 

Qualsiasi sia stata la promessa di Washington a cui l’Armenia ha voluto credere, essa non sembra in nessun modo essere stata onorata: con evidenza, l’amministrazione Biden non ha intenzione di impelagarsi in una guerra ulteriore, soprattutto per un Paese che ha scarso significato strategico, anche a livello elettorale (la diaspora armena in USA è influente ma non estesa).

 

Bisogna aggiungere anche i rapporti dell’Occidente con Baku, considerato un fornitore energetico affidabile e ora piuttosto necessario all’Europa privata del gas russo. L’Azerbaigian è una delle ex repubbliche sovietiche ritenute più strategicamente vicine all’Occidente: si consideri inoltre le frizioni con l’Iran e quindi il ruolo nel contenimento degli Ayatollah.

 

Nella capitale armena si sono tenute nelle scorse settimane manifestazioni di protesta con masse inferocite che hanno gridato a Pashinyan di essere un traditore. Parimenti, si dice sia grande la delusione degli azeri nei confronti della Russia, che li avrebbe lasciati soli nonostante le promesse fatte in questi anni.

 

Da segnalare la visita degli scorsi giorni del presidente turco Erdogan, aperto sostenitore di Baku e la sua guerra anti-armena con ampie forniture di armi ed altro, presentatosi subito in Nagorno-Karabakh. «Si è aperta una finestra di opportunità per risolvere la situazione nella regione», ha detto Erdogan. «Questa opportunità non deve essere persa». È stato accompagnato nel suo viaggio dal capo dell’Agenzia turca per l’industria della difesa, Haluk Gorgun.

 

Come riportato da Renovatio 21, il clan Erdogan farebbe affari milionari in Nagorno-Karabakh e la Turchia, come noto, è già stata accusata di genocidio per il massacro degli armeni ad inizio Novecento.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21



Immagine screenshot da Twitter

Continua a leggere

Geopolitica

La Spagna si è rifiutata di attraccare una nave che trasportava armi verso Israele

Pubblicato

il

Da

Il 16 maggio la Spagna ha rifiutato la richiesta di una nave che trasportava armi destinate a Israele di attraccare nel porto di Cartagena, ha riferito la rete spagnola EFE, secondo la testata israeliana Ynet.   La nave Marianne Danica sarebbe partita dalla città di Chennai (un tempo conosciuta come Madras) in India con un carico di circa 27 tonnellate di esplosivo.   La notizia è stata confermata dal ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares, il quale ha affermato che alla nave era stato rifiutato l’ingresso dopo che aveva chiesto il permesso di fare scalo a Cartagena il 21 maggio.   Secondo il sito di localizzazione navale Vessel Finder, la Marianne Danica è una piccola nave da carico secco che naviga sotto bandiera danese.

Sostieni Renovatio 21

Amnesty International riferisce che è gestito dalla H. Folmer & Co., che a quanto pare è specializzata nel trasporto di munizioni.   Lo scorso novembre il primo ministro Pedro Sanchez aveva dichiarato che la Spagna è disposta ad andare avanti da sola sulla questione del riconoscimento dello Stato palestinese, anche se preferirebbe agire insieme ad altri membri dell’UE.   Come riportato da Renovatio 21, lo scorso ottobre il ministro spagnuolo per i diritti sociali Ione Belarra ha esortato i leader europei a intraprendere azioni immediate contro Israele, paventando la possibilità che altrimenti la UE diventi «complice del genocidio».   A marzo parlamentari spagnuoli avevano firmato – assieme ad altri circa 200 colleghi di Australia, Belgio, Brasile, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti – un appello intitolato «Non saremo complici della grave violazione del diritto internazionale da parte di Israele» per esprimere opposizione ai «Paesi esportatori di armi verso Israele», chiedendo un embargo immediato sulle armi spedite da Paesi partner militari dello Stato Ebraico.   All’appello non pare abbia partecipato alcun parlamentare italiano.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Øyvind Holmstad via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Continua a leggere

Geopolitica

L’operazione israeliana a Rafah si espande. Con conseguenze disastrose

Pubblicato

il

Da

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato ieri che l’esercito invierà più truppe per «intensificare» l’invasione. Gallant si è ventato che «stiamo logorando Hamas». Israele sostiene che ci sono sei battaglioni di Hamas ora a Rafah insieme agli ostaggi presi il 7 ottobre, e altri due battaglioni sarebbero nel centro di Gaza.

 

Nel suo ultimo articolo intitolato «Bibi va a Rafah», il reporter indipendente premio Pulitzer Seymour Hersh riferisce che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno allagato 5 dei 12 tunnel di Hamas sotto Rafah, e «alcuni battaglioni israeliani agguerriti, i cui ranghi includono molti ingegneri di combattimento esperti in demolizione, si stanno facendo strada nei tunnel bui e pieni di trappole esplosive verso Yahya Sinwar, il leader di Hamas che è l’obiettivo finale di Netanyahu».

 

Secondo un informato funzionario americano citato da Hersh, Netanyahu ha promesso che «moriranno tutti nei tunnel».

 

Si stima che circa 730.000 palestinesi siano fuggiti da Rafah. L’Ufficio del Coordinatore degli Affari Umanitari (OCHA) delle Nazioni Unite riferisce che un totale di 285 kmq, ovvero circa il 78% della Striscia di Gaza, sono ora soggetti agli ordini di evacuazione dell’IDF. Viene riferito di continui bombardamenti «dall’aria, dalla terra e dal mare… su gran parte della Striscia di Gaza».

Sostieni Renovatio 21

Nel Nord ci sono state incursioni di terra dell’IDF e pesanti combattimenti nel campo profughi di Jabalia e anche a Deir al Balah, nel centro di Gaza. I carri armati israeliani si sono spinti nel centro stesso di Jabalia, affrontando i razzi anticarro e i colpi di mortaio dei militanti di Hamas. Al Jazeera riferisce che ci sono vittime da entrambe le parti e che i carri armati e gli aerei israeliani hanno spazzato via «quasi tutto» a Jabalia.

 

Secondo il Times of Israel, l’IDF riferisce di aver ucciso qui 200 uomini armati di Hamas. Anche se Jabalia era stata precedentemente «autorizzata» dall’IDF, a quanto pare non era andata abbastanza in profondità nel campo per trovare i militanti di Hamas che vi avevano sede.

 

Il valico di Rafah resta chiuso. Israele chiede che l’Egitto si unisca a lui nella supervisione del valico di Rafah, ma l’Egitto rifiuta, insistendo sul fatto che solo i palestinesi dovrebbero farlo.

 

Il Programma Alimentare Mondiale, nel frattempo, avverte che «sono necessari più punti di ingresso per gli aiuti per invertire sei mesi di condizioni di quasi fame ed evitare una carestia». È necessario un flusso costante di scorte di cibo ogni giorno, ogni settimana, avverte. «La minaccia della carestia a Gaza non è mai stata così grande».

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir aveva minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non fosse entrato a Rafah.

 

I carrarmati entrati a Rafah, dove hanno distrutto perfino le scritte «I LOVE GAZA», avrebbero la benedizione degli USA. Atroci filmati sono usciti già nelle prime ore dell’invasione di Rafah da parte dei soldati dello Stato degli ebrei.

 

L’Egitto ha avvertito Israele che l’invasione di Rafah potrebbe porre fine al trattato di pace siglato nel 1979. Il Cairo ha inoltre segnalato di voler partecipare al processo per «genocidio» della Corte Internazionale di Giustizia.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Geopolitica

Orban collega la sparatoria di Fico ai preparativi di guerra dell’Occidente

Pubblicato

il

Da

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha collegato l’uccisione di ieri del primo ministro slovacco Robert Fico con i preparativi attivi dei Paesi occidentali per partecipare direttamente al conflitto in Ucraina.   I vicini Ungheria e Slovacchia, sia membri dell’UE che della NATO, confinanti con l’Ucraina, ed entrambi i paesi hanno cercato che il paese si impegnasse in negoziati di pace.   L’attentato al Fico «ha coinciso con altri eventi che indicavano preparativi di guerra», ha detto Orbán in un programma mattutino su Radio Kossuth, facendo quindi riferimento alla visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken a Kiev il 14 e 15 maggio, ai piani degli Stati Uniti di organizzare 100 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina nei prossimi cinque anni e ai dibattiti sull’invio di truppe occidentali sul territorio.   Questo mi fa venire i brividi», ha detto Orban secondo la TASS, per poi rivelare che il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha intenzione di visitare l’Ungheria in vista delle elezioni per il Parlamento europeo.

Sostieni Renovatio 21

«I grandi attori globali stanno cercando di trascinare l’Ungheria nella guerra», come è già successo più volte nel corso della storia, ma questo non accadrà ora, ha detto l’Orbano.   Per quanto riguarda l’Ucraina, ha insistito sul fatto che «il proseguimento delle ostilità significherebbe continua sofferenza, poiché il conflitto può essere risolto solo al tavolo dei negoziati, e non sul campo di battaglia».   Orban ha sottolineato che Fico era determinato a negoziare la pace in Ucraina, offrendo «grande sostegno» all’Ungheria, che ha costantemente favorito la risoluzione del conflitto ucraino attraverso i colloqui.   In Europa occidentale, ha proseguito il premier magiaro, solo il Vaticano promuove la pace, ma la Santa Sede «non vota per risolvere le questioni politiche» negli incontri dell’UE. «Ciò significa che dovremmo raddoppiare gli sforzi, e il mio lavoro diventa sempre più difficile a Bruxelles, dove devo discutere con i politici del campo della guerra».   Un sondaggio della Fondazione ungherese Szazadveg rivela che Orbán esprime solo la volontà della stragrande maggioranza degli ungheresi di opporsi all’invio di truppe NATO in Ucraina. Nel sondaggio Project Europe, Szazadveg ha scoperto che il 91% degli ungheresi intervistati è contrario all’invio di truppe in Ucraina.   Per quanto riguarda la media dei 27 paesi dell’UE, il 69% sarebbe contrario alla partecipazione dei soldati dell’UE in Ucraina.   Come riportato da Renovatio 21, una ridda di leader europei sta ricevendo in queste ore minacce di morte, sia che si tratti di filorussi che di antirussi.   La storia si ripete: anche nel 1914 spararono ad un regnante mitteleuropeo per innescare un’infame Guerra Mondiale – l’inutile strage, come disse il papa Benedetto XV nella sua lettera ai capi dei popoli belligeranti il 1° agosto 1917 – che nessuno in realtà voleva. Qui abbiamo l’impressione che la storia si ripete, più che per imperscrutabili leggi cosmiche, per la mancanza di originalità dei padroni del mondo, che tirano avanti sempre con la stessa sceneggiatura – la quale prevede il sacrificio di milioni di vite umane, fiumi di sangue in cui potrebbe andare a finire anche il vostro.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Continua a leggere

Più popolari