Politica
Scoppia la violenza durante le proteste in Serbia: le immagini

Violenti scontri sono scoppiati in tutta la Serbia tra manifestanti antigovernativi e sostenitori del partito al governo, provocando decine di feriti. Il Paese balcanico è scosso da disordini da mesi. Gli attivisti chiedono elezioni parlamentari anticipate e l’assunzione di responsabilità per il crollo mortale della pensilina di una stazione ferroviaria alla fine dello scorso anno.
Lo scontro più violento si è verificato mercoledì nella città di Novi Sad, dove i manifestanti si sono radunati attorno alla sede del Partito Progressista Serbo (SNS), il partito al governo. Sostenitori e manifestanti del partito si sono lanciati addosso razzi e altri oggetti, e i dimostranti hanno anche rotto le finestre dell’edificio.
Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato che 64 persone sono rimaste ferite nella sola sede dell’SNS a Novi Sad. Ha affermato che i manifestanti «si sono avvicinati da dietro con bastoni, colpi di cannone e hanno attaccato», aggiungendo che gli attivisti filo-governativi «non si ritireranno, si sono opposti ai picchiatori e ai blocchi», che ha definito «teppisti».
Big protests are happening tonight across Serbia 🇷🇸 against Vučić’s regime. Tension is growing, and there are clashes with police in many cities.
Vučić should call early elections before things get worse.
This is video from Novi Sad. pic.twitter.com/IXkuzwYGHb
— Based Serbia (@SerbiaBased) August 13, 2025
🇷🇸 #Serbia: A new wave of anti-government protests is underway across Serbia. In some places, clashes between protesters and Serbian security forces are very intense.
Demonstrations are taking place in major Serbian cities, including Belgrade and Novi Sad. pic.twitter.com/dxW1qnNtTy
— Status-6 (Military & Conflict News) (@Archer83Able) August 13, 2025
This is the situation in Novi Sad tonight.
Serbian security forces surrounded by demonstrators. Some of them throwing things, some carrying sticks. pic.twitter.com/IkcdqOU69h
— Status-6 (Military & Conflict News) (@Archer83Able) August 13, 2025
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l presidente ha aggiunto che 16 agenti di polizia intervenuti sono rimasti feriti, accusando potenze straniere non identificate di aver orchestrato i disordini. «Le persone che hanno violato la legge saranno arrestate… Stasera abbiamo scongiurato uno scenario catastrofico pianificato da qualcuno dall’estero», ha affermato.
Il movimento di opposizione Move-Change, tuttavia, ha accusato gli attivisti filogovernativi di aver attaccato i manifestanti con dispositivi pirotecnici.
Serbia is once again going through difficult times
In its northern city of Novi Sad, protesters against the government smashed the offices of the ruling Serbian Progressive Party, while in Belgrade, they called for the “destructions of Serbi.” These and many other terrible acts… pic.twitter.com/ZfsYKeTZV8
— Bernadette 🏴🇮🇪🇷🇺🇵🇸 (@BDooher) August 16, 2025
Novi Sad pic.twitter.com/fnrB6Umrbb
— Џyлc (@doprinositelj) August 15, 2025
Nas je ipak više!
📍Novi Sad pic.twitter.com/Oe0Q8LMmtA— Veterina u blokadi (@fvm_blokade) August 15, 2025
#BREAKING #Serbia JUST IN: Another round of intense protests is taking place across Serbia.
Initial incidents have been reported at the protests taking place in the capital, Belgrade.
The demonstrations have been ongoing for months, with protesters demanding snap elections. pic.twitter.com/qKAYFY6VbX
— The National Independent (@NationalIndNews) August 15, 2025
In Novi Sad, protest participants smashed the offices of the ruling Serbian Progressive Party
The crowd chanted “He is gone,” referring to the 13-year rule of President Aleksandar Vučić. Later, police in full gear cordoned off the area and used tear gas.
In Belgrade, on one of… pic.twitter.com/Tmfgmg6fCl
— 🇺🇦 paolo (@paolobucci18) August 15, 2025
As protesters in Novi Sad demolish the ruling SNS offices, they paint an anti-Albanian, xenophobic ‘Šiptar’ sign, insulting Vučić by implying he is Albanian. pic.twitter.com/TAQxr6gYm0
— Xhemajl Rexha (@xhemajl_rexha) August 14, 2025
Potpuni haos ispred prostorija SNS na Bulevaru oslobođenja. #NoviSad pic.twitter.com/OipLPPKzHn
— Razglas news (@razglasnews) August 13, 2025
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Scene simili si sono verificate nella capitale Belgrado, dove la polizia antisommossa ha utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti nei pressi di un parco nei pressi del palazzo del parlamento. Ai dimostranti è stato impedito di avanzare ulteriormente verso gli uffici dell’SNS.
Si sono verificati scontri anche a Kraljevo, Kragujevac, Nis e Cacak, con la polizia che è intervenuta per separare le fazioni opposte in diverse città.
🇷🇸🚨 BREAKING: Belgrade looks like a War Zone!
Police are charging at protesters with armored vehicles — loud explosions can be heard in Serbian capital. pic.twitter.com/n9ldbqZ7Y3
— Global Dissident (@GlobalDiss) August 15, 2025
Not Gaza.
Belgrade. pic.twitter.com/jv5eV371KR— ETF Blokada (@etfblokada) August 14, 2025
🇷🇸🚨 BREAKING: Massive anti-government protests in Belgrade tonight!
For several months now, Aleksandar Vučić’s regime has been refusing the protesters’ main demand – to call new elections. pic.twitter.com/9h43qOgQfe
— Global Dissident (@GlobalDiss) August 15, 2025
Belgrade pic.twitter.com/0M4f6dAxSo
— Based Serbia (@SerbiaBased) August 13, 2025
Le proteste sono scoppiate a novembre, dopo il crollo di una pensilina di cemento nella stazione ferroviaria di Novi Sad, recentemente ristrutturata, che ha causato la morte di 16 persone. I manifestanti, per lo più studenti, hanno accusato il governo di corruzione e insabbiamento. Le richieste si sono poi estese alla riforma dell’istruzione e all’indizione di elezioni parlamentari anticipate.
Vucic ha più volte definito i manifestanti come «terroristi» che cercano di «far crollare lo Stato», lasciando intendere che agivano sotto l’influenza straniera.
Diversi ministri serbi, tra cui il premier Milos Vucevic, si sono dimessi in seguito ai disordini. Il governo ha pubblicato documenti relativi al crollo della volta.
Il presidente Vucic in passato ha evocato l’opera del Deep State americano sotto Biden come longa manus dietro le proteste che scuotono la Serbia.
Come riportato da Renovatio 21, le grandi manifestazioni contro Vucic di marzo erano seguite la visita pubblica del figlio del presidente USA Don Trump jr. al premier di Belgrado.
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Come riportato da Renovatio 21, Vucic giorni fa ha accusato le potenze occidentali di aver cercato di orchestrare il suo rovesciamento. In un’intervista su Pink TV trasmessa lunedì, il presidente serbo aveva affermato che le «potenze straniere» hanno speso circa 3 miliardi di euro nell’ultimo decennio nel tentativo di estrometterlo dal potere.
Come riportato da Renovatio 21, Belgrado nel dicembre 2023 produsse evidenti segni di «maidanizzazione» in corso. Già allora presidente serbo accusò le potenze occidentali di tentare di «ricattare» la Serbia affinché sostenga le sanzioni e di tentare di orchestrare una «rivoluzione colorata» – una sorta di Maidan belgradese –contro il suo governo a dicembre.
All’epoca il governo serbo in quel caso aveva ringraziato pubblicamente i servizi segreti russi per il loro aiuto, come confermato in seguito dal Vucic.
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Immagine screenshot da Twitter
Politica
Costantinopoli, arresti, divieti e blocco a internet. Erdogan «oscura» la protesta del partito di opposizione

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Politica
Iraq, i cristiani si mobilitano in vista delle elezioni

Con l’avvicinarsi delle elezioni legislative irachene previste per novembre 2025 e con oltre 30 candidati cristiani in lizza per i cinque seggi riservati alla loro comunità dalla legge elettorale irachena, resta una domanda centrale: le loro voci saranno realmente prese in considerazione o saranno soffocate dagli interessi dei principali partiti politici e dei blocchi influenti?
La desertificazione si sta diffondendo ovunque: persino tra i cristiani iracheni. Per lo più affiliati alla Chiesa cattolica caldea, la loro popolazione è diminuita drasticamente negli ultimi decenni. Un tempo stimati in oltre 1,4 milioni di anime nel 1987, pari a circa il 6% della popolazione irachena, il loro numero è crollato a circa 400.000 nel 2013, prima di subire una nuova ondata di devastazione con l’arrivo dell’organizzazione dello Stato Islamico (IS) nel 2014.
La brutale occupazione delle regioni cristiane, in particolare nella piana di Ninive, ha costretto decine di migliaia di famiglie a fuggire, abbandonando le loro case, le loro terre e il loro patrimonio. E nonostante la sconfitta militare dell’ISIS nel 2017, molti esitano ancora a tornare nei loro villaggi a causa della persistente insicurezza e della pressione delle milizie locali.
Il cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca della Chiesa caldea e figura centrale della comunità cristiana irachena, ha ripetutamente lanciato nelle ultime settimane l’allarme sulle condizioni di vita dei suoi fedeli.
Nel suo intervento, l’alto prelato ha sottolineato l’urgenza di tutelare i diritti dei cristiani e di garantire la loro sicurezza di fronte alle crescenti minacce, in particolare quelle provenienti dalle fazioni armate che continuano a controllare alcune aree della Piana di Ninive. Questi gruppi, spesso legati a interessi politici o stranieri, esercitano pressioni attraverso ricatti, molestie e persino confische di proprietà, rendendo insostenibile la vita quotidiana dei cristiani.
Sebbene i cinque seggi riservati ai cristiani nel parlamento iracheno – distribuiti tra le province di Baghdad, Ninive, Kirkuk, Dohuk ed Erbil – possano sembrare insignificanti rispetto agli oltre 300 membri del Parlamento, rappresentano un’opportunità per la comunità cristiana di affermare i propri diritti. Tuttavia, l’attuale sistema elettorale pone sfide importanti.
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Il cardinale Sako, fervente sostenitore della partecipazione elettorale, si batte da tempo affinché il voto per questi seggi sia riservato esclusivamente ai cristiani. Questa proposta mira a impedire che grandi coalizioni politiche, spesso dominate da interessi non cristiani, manipolino i risultati mobilitando elettori esterni alla comunità.
Questa pratica, purtroppo comune, diluisce la rappresentatività dei rappresentanti eletti cristiani e limita la loro capacità di difendere gli interessi dei loro correligionari. La campagna elettorale è in pieno svolgimento nell’estate del 2025 e mette in luce l’impegno di molti candidati cristiani, sia che si presentino in modo indipendente o sotto l’egida di blocchi politici.
Tuttavia, la frammentazione della comunità e la competizione tra i candidati rischiano di disperdere i voti, indebolendo così il loro impatto complessivo. Inoltre, i cristiani devono fare i conti con un clima politico in cui i grandi partiti, spesso sostenuti da potenze regionali, esercitano un’influenza sproporzionata.
Oltre alle prossime elezioni, la Chiesa caldea chiede una riforma del sistema politico iracheno, per garantire una migliore tutela alla minoranza cristiana e arginare la tentazione di un esodo che spazzerebbe via una delle comunità più antiche del Medio Oriente.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Aziz1005 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Politica
Le spiagge italiane, la loro storia, la questione politica intorno ad esse. Intervista ad una balneare

Ieri Renovatio 21 ha cercato di descrivere in profondità il tema, sia politico che antropologico, dei cosiddetti «balneari» e del clamore che ciclicamente si genera intorno ad esso.
Oggi, per avere un quadro più nitido della tematica spiagge, abbiamo fatto quattro chiacchiere con la signora Monica, titolare di un bagno riccionese, persona molto gentile ed equilibrata, che ci ha raccontato in maniera schietta e sincera questa spinosa problematica. Ci potrebbe spiegare, per sommi capi, questa controversa questione? Io cerco di parlarti del dato oggettivo. C’è una normativa non facile e soprattutto tante sentenze avute in Consiglio di Stato e nella Corte di Giustizia Europea. Uno rischia di perdersi e poi ci sono singole situazioni in varie località balneari sparse nella penisola. Mancando una normativa unitaria nazionale, i singoli comuni si muovono un po’ come vogliono loro.Sostieni Renovatio 21
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