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Politica

Domenica con il Sanseito. Incontro con una deputata della nuova destra giapponese

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Domenica stavo tornando dalla Messa come Dio comanda di Omiya (celebrata da padre Summers, Superiore del distretto dell’Asia della FSSPX), quando guidato dalla nostalgia sono sceso alla stazione di Nishi Nippori, invece che proseguire per Nippori e da lì cambiare linea in direzione casa.

 

La nostalgia dovuta al fatto che per sei anni ho vissuto in queste zone, dove l’atmosfera è inconfondibilmente quella della shitamachi (下町, letteralmente, «città bassa»), la città popolare e ruspante della vecchia Tokyo. Passeggio fino alla stazione di Machiya quando, in procinto di passare I tornelli, sento la voce amplificata di un comizio elettorale. Caso vuole che si tratti di un comizio del discusso partito Sanseito, su cui Renovatio 21 ha attivato un osservatorio permanente, quindi cerco un angolo all’ombra da cui seguire gli eventi.

 

Sono le 14:00 e ci sono circa 35 gradi, uniti all’umidità mefitica dell’estate giapponese. I passanti sono comunque numerosi e molti lanciano incitamenti ai relatori, benché solo una ventina di persone si fermino a seguire il comizio nelle poche zone all’ombra disponibili.

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Alcuni attivisti distribuiscono volantini e sistemano bandiere attorno allo spazio antistante alla stazione – a Machiya si incrociano la metro, una linea di superficie della compagnia Keisei e il tram Toden Arakawa: si tratta di un piccolo paradiso per gli appassionati di treni nipponici, i quali, nella terra dello Shinkanesen, non sono pochi.

 

La prima a salire sul palchetto allestito sul tetto di un microfurgone (le famigerate kei-car, auto-scatoletta che tanto fanno inorridire gli italiani) è la deputata Rina Yoshikawa. Nativa di Osaka, infermiera e madre di tre figli, Yoshikawa-san è stata eletta alla Camera nel 2024: oggi indossa una polo arancione del partito e irradia energia in quantità nel raccontare il suo approccio alla politica.

 

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L’onorevole Yoshikawa si presenta come una principiante della politica che si è avvicinata al Sanseito per insoddisfazione nei confronti degli altri partiti e per il desiderio di poter fare qualcosa di utile per il futuro del proprio paese. Enfatizza come il partito nasca dal basso e come sia compito di tutti i sostenitori informarsi ed educare se stessi in modo tale da poter portare il proprio contributo a questo progetto a lungo termine. 

 

Da segnalare come una delle sue dichiarazioni che più hanno destato scalpore più scalpore può essere tradotta come «l’unità fondamentale di cui è costituita la società giapponese non è l’individuo, ma la famiglia». Mica male.

 

 

Successivamente il microfono passa alla neoeletta biancovestita Saya, cantante jazz prestata alla politica che oggi si presenta al pubblico con il suo vero nome: Sayaka Shioiri. Questo è un gesto significativo, perché il cognome Shioiri è quello del marito, famoso pianista, che l’ha sposata in seconde nozze.

 

In campagna elettorale, gli avversari del Sanseito avevano insinuato l’accusa di furinryakudatsukon(不倫略奪婚, letteralmente «matrimonio rubato tramite un’infedeltà»), cioè che fosse una spaccafamiglie, mentre è poi risultato che il matrimonio è stato contratto ben quattro anni dopo il divorzio dell’uomo. Tutto il mondo è paese e la macchina del fango si attacca a qualsiasi appiglio che trova.

 

Inizia dicendo che le polemiche riguardo allo slogan «Prima i giapponesi» (nihonjin first) sono state dure e che potere parlare direttamente alle persone, in pubblico o attraverso i social media, permette di evitare equivoci e strumentalizzazioni. 

 

Sottolinea che non c’è nessun intento discriminatorio nei confronti degli stranieri, ma che dare priorità alle esigenze degli autoctoni è una politica normale e comune a moltissime altre nazioni. Non solo, è la condizione fondamentale per costruire un paese sufficientemente forte da garantire benessere a tutti.

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Vale la pena di fare notare come questo discorso lo fa in un quartiere ad alta presenza di non giapponesi: la zona ospita una delle comunità storiche di coreani tokyoti (nella vicina chiesa di Mikawashima c’è anche la Messa in coreano) e ha visto anche un notevole afflusso di stranieri negli ultimi anni (durante il comizio un vietnamita in bici rischia di finire sotto al tram…).

 

 

Il Nord-Est di Tokyo è da sempre zona popolare, nella fattispecie qui a Machiya la presenza di una struttura per le cremazioni contribuisce a rendere la zona relativamente economica dal punto di vista immobiliare. Quindi qui si sta parlando di immigrazione a persone che con gli immigrati ci convivono, non con gente che li vede solo in televisione.

 

Successivamente Saya tocca uno dei cavalli di battaglia del Sanseito: la stagnazione economica del paese e le difficoltà che l’onere dell’IVA (al 10%…) causa al cittadino comune. Punta il dito contro la mancanza di progettualità dei governi precedenti e ribadisce che di fronte al carovita montante gli stipendi non aumentano, lasciando la popolazione senza alcun tipo di sostegno di fronte al gramo quadro macroeconomico che si delinea.

 

Mi strappa poi un sorrisone con una captatio benevolentiae fatta davvero bene: dice che se i giapponesi non si sono ancora dati a rivolte spontanee e disordinate, come le ikki (一揆) dell’epoca Edo, questo è dovuto all’alta statura morale di questo popolo. Brava davvero.

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Il comizio finisce con i saluti di rito, il piccolo corteo si appresta a spostarsi verso il vicino quartiere di Kita Senju. Una spettatrice mi chiede perché ho preso note e fatto foto durante il comizio: una volta spiegatale la situazione, insiste per presentarmi ai membri del partito.

 

Così mi trovo a scambiare due parole con l’onorevole Yoshikawa e a farle vedere un paio di articoli di Renovatio 21 riguardo al Sanseito.

 

Pare contenta anche se non eccessivamente stupita, mi da la mano e anche il suo biglietto da visita.

 

Che dire, l’osservatorio Sanseito di Renovatio 21 marcia a pieno regime.

 

Taro Negishi

Corrispondente di Renovatio 21 da Tokyo.

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Politica

Il socialista ugandese Zohran Mamdani eletto sindaco di Nuova York: è affiliato con chi vuole la distruzione della famiglia e gli aborti in chiesa

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Il socialista radicale musulmano Zohran Mamdani ha trionfato nella corsa per la carica di sindaco della città di Nuova York, diventando il primo musulmano a ricoprire tale ruolo nella storia della metropoli.   Il 4 novembre, martedì, il candidato democratico, che si definisce «socialista democratico», è stato proclamato vincitore dell’elezione a sindaco neoeboraceno, raccogliendo poco oltre il 50% delle preferenze.   «In questo momento di oscurità politica, Nuova York sarà la luce», ha esordito Mamdani nel suo intervento di vittoria.   «Insieme, inaugureremo una generazione di cambiamenti e, se abbracceremo questa nuova rotta audace invece di rifuggirla, potremo contrastare l’oligarchia e l’autoritarismo con la forza che li spaventa, non con l’appeasement che desiderano», ha proseguito.

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Mamdani ha poi attaccato direttamente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che si era scagliato contro di lui per il suo programma di estrema sinistra.   «Non è solo così che bloccheremo Trump, è così che bloccheremo anche il prossimo», ha dichiarato Mamdani. «Quindi, Donald Trump, visto che so che mi stai guardando, ho quattro parole per te: alza il volume».   Dai dati elettorali diffusi dalla NBC, Mamdani ha ottenuto 1.036.051 voti, equivalenti al 50,4%, mentre l’ex governatore Andrew Cuomo, sceso in campo come indipendente, ne ha incassati 854.995, pari al 41,6%. Il repubblicano Curtis Sliwa si è piazzato terzo con 146.137 voti, il 7,1%.   Martedì sera, Cuomo ha tenuto un discorso di concessione, ammettendo la sconfitta e assicurando che richiamerà il nuovo esecutivo alle sue responsabilità. «Quasi la metà dei newyorkesi non ha votato per un’agenda di governo che fa promesse che sappiamo essere irrealizzabili. Questa campagna da indipendente, dopo la sconfitta alle primarie democratiche, era indispensabile per evidenziare questo aspetto: un campanello d’allarme che stiamo imboccando una via pericolosa, estremamente pericolosa», ha proseguito Cuomo.   A giugno, Mamdani era balzato agli onori delle cronache tra i newyorkesi per il suo passato radicale, che comprendeva l’adozione dello slogan marxista «sequestrare i mezzi di produzione», la richiesta di defunding della polizia e la proposta di supermercati gestiti dallo Stato, tra altre battaglie di sinistra.   Il suo programma elettorale socialista prevedeva supermercati pubblici, trasporti autobus gratuiti, asili nido senza costi e il congelamento degli affitti per tutti gli alloggi con canone stabilizzato a New York. Inoltre, malgrado l’incremento della criminalità e della violenza in città, in passato aveva sostenuto il movimento «defund the police».   Su una nota più fosca, l’affiliazione di Mamdani ai Democratic Socialists of America (DSA) potrebbe indicare una linea radicale pro-aborto e anti-famiglia. Durante una tavola rotonda di agosto, la DSA ha svelato l’intenzione di «eseguire aborti in una chiesa prima che tutto sia detto e fatto…»  

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Il gruppo spinge per l’abolizione della famiglia, argomentando che «l’unica vera differenza tra matrimonio e prostituzione è il prezzo e la durata del contratto».   «Noi sosteniamo l’abolizione della famiglia in generale… l’istituzione della famiglia agisce come parte del sistema carcerario» viene detto da una speaker nel video mostrato qui sopra. «Quando parliamo di abolizione della famiglia, parliamo dell’abolizione dell’unità economica… tutti i nostri bisogni materiali sono soddisfatti dalla collettività».   Poche ore prima del trionfo elettorale di Mamdani, Trump aveva ammonito gli americani che «come comunista, questa città un tempo grande ha ZERO possibilità di successo, o addirittura di sopravvivenza! Con un comunista al timone, la situazione può solo peggiorare».   «È mio dovere governare la nazione, ed è mia ferma convinzione che la città di Nuova York  sarà un disastro economico e sociale totale se Mamdani vincerà», aveva  predetto. «I suoi principi sono stati messi alla prova per oltre mille anni, e non hanno mai avuto successo».   Lungi dall’essere un uomo del popolo, il Mamdani è un immigrato di lusso figlio di papà. Suo padre è un professore di «studi post-coloniali di origine ugandese-gujarati e di famiglia sciita, la madre è la regista indiana nota internazionalmente (in particolare, per il film 2001 Monsoon Wedding – Matrimonio indiano), premiata anche al Festival di Venezia nel 1991, Mira Nair. Il secondo nome dato al pargolo, Kwame, fu un omaggio a Kwame Nkrumah, primo presidente del Ghana   SOSTIENI RENOVATIO 21
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Politica

Trump jr. contro la BBC: «fake news»

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Donald Trump Jr. ha accusato la BBC di «fake news» dopo che è emerso che l’emittente avrebbe «manipolato» il video di un discorso del padre, il presidente Donald Trump, per far sembrare che incitasse i rivoltosi del Campidoglio nel gennaio 2021.

 

Lunedì, il figlio maggiore del presidente ha scritto su X: «I “reporter” di FAKE NEWS nel Regno Unito sono disonesti e dicono cazzate tanto quanto quelli qui in America!!!!» Il post si riferiva a un articolo del Telegraph pubblicato lo stesso giorno, che citava un «memorandum interno di denuncia» di Michael Prescott, ex consulente esterno del Comitato per le linee guida e gli standard editoriali della BBC.

 

L’inchiesta riguardava una puntata di BBC Panorama intitolata «Trump: una seconda possibilità?», trasmessa a fine ottobre 2024, circa una settimana prima delle elezioni presidenziali statunitensi.

 


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Nel programma, Trump appare dire ai suoi sostenitori: «Andremo al Campidoglio, sarò lì con voi e combatteremo. Combatteremo con tutte le nostre forze e se non combatterete con tutte le vostre forze non avrete più un Paese». Secondo il promemoria, le parole di Trump sono state alterate: il filmato ha unito frasi pronunciate a circa 54 minuti di distanza.

 

I manifestanti mostrati mentre marciano verso il Campidoglio subito dopo il montaggio erano in realtà stati ripresi prima che Trump iniziasse a parlare.

 

 

Il documento sottolinea che il documentario non fornisce alcuna indicazione che il video sia stato modificato o mostrato fuori sequenza.

 

Il Telegraph ha riportato le parole di Prescott, secondo cui «ciò ha creato l’impressione che Trump abbia detto qualcosa che non ha detto e, così facendo, ha materialmente tratto in inganno gli spettatori». Sempre secondo il giornale, la direzione della BBC «si è rifiutata di accettare che ci fosse stata una violazione degli standard».

 

L’episodio non è al momento disponibile.

 

 

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Politica

Satana Cheney muore a 84 anni

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L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Dick Cheney è deceduto per complicazioni legate a polmonite e patologie cardiache e vascolari, ha annunciato la sua famiglia martedì in un comunicato.   «Richard B. Cheney, 46° Vicepresidente degli Stati Uniti, è mancato ieri sera, 3 novembre 2025. Aveva 84 anni», si legge nella nota. «La sua adorata moglie Lynne, sposata da 61 anni, le figlie Liz e Mary e altri familiari erano al suo fianco. Liz è divenuta famosa per il suo antitrumpismo al punto da sostenere, dopo aver condotto la carica contro i patrioti del J6, la candidatura di Kamala Harris, trascinando con sé anche il grottesco endorsement del padre. L’altra figlia invece è una lesbica «sposata» con figli ottenuti chissà come.   L’ex vicepresidente è morto a causa di complicazioni da polmonite e malattie cardiache e vascolari».   Al fianco dell’ex presidente George W. Bush dal 2001 al 2009, Cheney è stato tra i principali promotori dell’invasione americana dell’Iraq nel 2003. Difese strenuamente l’idea che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa, tesi poi smentita. Fu inoltre artefice della più ampia «guerra al terrore», avallò l’uso della tortura su sospetti terroristi e autorizzò la sorveglianza senza mandato di chiamate ed e-mail dei cittadini statunitensi con il Patriot Act.

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Secondo i maggiori sondaggisti USA, lasciò la carica con uno dei tassi di approvazione più bassi mai registrati per un vicepresidente, ma non manifestò mai pentimento per le sue decisioni, ribadendo di aver agito in modo necessario dopo gli attentati dell’11 settembre, che causarono quasi 2.800 vittime.   «Lo rifarei senza esitare», dichiarò nel 2014 in risposta a un rapporto del Senato che bollava come brutali, inefficaci e lesivi dell’immagine globale dell’America i metodi d’interrogatorio della CIA, come il «waterboarding», che simula l’affogamento, e tante altri metodi di tortura, che hanno spesso condotto alla morte del prigioniero invece che al rilascio di informazioni utili.. Il comico giudeo Sacha Baron-Cohen, travestito da zelota colonnello israeliano, riuscì a farsi autografare un ipotetico «kit da waterboarding»  

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Per i critici, la linea di politica estera aggressiva di Cheney e il suo ruolo nella guerra irachena hanno prodotto conseguenze durature e negative per gli Stati Uniti e il mondo. L’invasione, secondo loro, generò un vuoto di potere che alimentò la violenza settaria, destabilizzò il Medio Oriente e favorì l’ascesa di gruppi estremisti come l’ISIS. Il conflitto provocò la morte di oltre 4.600 militari americani e fino a 300.000 civili iracheni, con alcune stime che superano le 500.000 vittime totali legate alla guerra.   Cheney ha convissuto per gran parte della vita adulta con gravi problemi cardiovascolari, sopravvivendo a più infarti. Il primo lo colpì nel 1978, a soli 37 anni.   Ne seguì altri quattro, che lo portarono a sottoporsi a numerosi interventi: bypass, angioplastiche, impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare sinistra nel 2010 e, infine, un trapianto di cuore nel 2012.   Il trapianto fu eseguito con il cuore di un giovane che faceva jogging quando era stato colpito da un’auto: essendo che il cuore era necessariamente battente, è stato assassinato per squartamento da predazione degli organi al fine di salvare il malvagio vicepresidente. Si tratta quindi di una vittima ulteriore della vita del personaggio.   La figura è stata narrata nel film Vice (2018) con Christian Bale, il quale, vincendo ai Golden Globe il premio per l’interpretazione, ringraziò «Satana» per avergli dato materiale cui ispirarsi, e per Satana intendeva proprio Cheney. Che, viste le sue partecipazioni in colossi energetici e della Difesa, proprio non era un povero diavolo.   Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic   

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