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Geopolitica

329° giorno di guerra

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– Zelens’kyj nel discorso a Davos ha dichiarato di non poter negoziare con Putin perché non c’è: «oggi non capisco bene con chi parlare e di cosa parlare. Non sono sicuro che il presidente della Russia, che a volte appare su chromakey, sia lui. Non capisco completamente se sia vivo, se è lui che prende decisioni o qualcun altro. Cos’è questa cerchia di persone? Non ho alcuna informazione».

 

– Kleshcheevka, uno dei sobborghi importanti di Artiomovsk, è completamente sotto il controllo delle unità Wagner, ha detto Prigozhin. Le forze ucraine dovrebbero aver conservato il controllo delle alture subito a ovest della città.

 

– Domani la NATO discuterà la consegna di nuove armi pesanti e sistemi di attacco all’Ucraina presso la base di Ramstein. Scholz ha dichiarato ieri che la Russia deve perdere. Medvedev avverte oggi che la sconfitta di una potenza nucleare in una guerra convenzionale potrebbe scatenare una guerra nucleare. E le potenze nucleari non perdono nei grandi conflitti da cui dipende il loro destino.

 

– Gli USA hanno deciso che per indurre la Russia alla resa bisogna aiutare l’ Ucraina a colpire la Crimea. «Senza la Crimea, tutto andrà in pezzi», ha detto Evelyn Farkas, un alto funzionario del Pentagono per l’Ucraina durante l’amministrazione Obama al New York Times.

 

– La Germania darà Leopard all’ Ucraina solo se gli Usa daranno Abrams. È quello che Scholz avrebbe detto a Biden in una conversazione telefonica. Lo riporta Süddeutsche Zeitung. Nota bene: gli Stati Uniti vogliono rompere le attuali dinamiche della guerra in Ucraina, ma non sono ancora pronti a fornire carri armati Abrams. Lo ha confermato il vice segretario alla Difesa USA Colin Kahl in un’intervista a Reuters.

 

– Il Parlamento Europeo ha votato a favore di una risoluzione non vincolante che chiede la creazione di un tribunale internazionale speciale per indagare sui crimini della Russia contro l’Ucraina.

 

– Sergej Lavrov dopo l’incontro con il presidente bielorusso Alexander Lukashenko: «Abbiamo una posizione comune su quali obiettivi devono essere raggiunti e su come cercare di garantire che nessuna minaccia provenga dai nostri vicini nei confronti della Russia o della Bielorussia»

 

– Secondo il Wall Street Journal i servizi ucraini hanno ucciso, il 5 marzo 2022, Denis Kireev, il mediatore che partecipava ai colloqui con la Russia. Secondo il giornale Kireev faceva il doppio gioco, e in questo modo forniva a Kiev informazioni vitali.

 

– Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna pagavano segretamente il trasporto di munizioni e gasolio per le forze armate ucraine dalla Bulgaria attraverso Rzeszów, in Polonia. Secondo Die Welt, in alcuni momenti la Bulgaria ha coperto oltre il 30% di tutte le esigenze dell’esercito ucraino.

 

– Il vice segretario generale della NATO Mircea Geoana ha affermato in una riunione a Bruxelles che i paesi della NATO dovrebbero aumentare la produzione bellica sia per l’Ucraina che per la propria difesa.

 

– L’ex consigliere dell’ufficio di Zelens’kyj Olexej Arestovich è finito nella data base del sito Mirotvorets descritto come: «Provocatore professionista. Esecutore del sabotaggio informativo pubblico a favore degli invasori russi. Partecipa ad atti di aggressione umanitaria contro l’Ucraina. Partecipa consapevolmente alle attività che minano la capacità di difesa dell’Ucraina demoralizzando le forze armate ucraine e screditando le autorità e l’amministrazione statali».

 

– «Come il nemico aggira e sovraccarica la difesa aerea russa»: l’analisi del canale @rybar.


– Gli Stati Uniti consegneranno all’Ucraina circa 300mila proiettili di artiglieria 155-mm dai magazzini americani in Israele, scrive il New York Times. Gli Stati Uniti immagazzinano notevoli quantità di munizioni in Israele. Sono destinati all’uso da parte dell’esercito americano nelle operazioni in Medio Oriente. Questo arsenale può essere utilizzato anche da Israele in situazioni di emergenza.

 

– Per la prima volta nella storia, il metropolita della Chiesa ortodossa russa ha parlato davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in relazione alla situazione in Ucraina e alla brutale persecuzione della Chiesa ortodossa, legalizzata dal regime di Kiev. Il metropolita ha definito ciò che sta accadendo con il clero in Ucraina repressione politica e ha invitato le Nazioni Unite a fermare le autorità di Kiev. «Le liste di proscrizione dell’episcopato e del clero ucraini sono compilate dallo SBU senza una procedura giudiziaria e investigativa legale e senza la possibilità di impugnare questa decisione. La privazione della cittadinanza degli esponenti della Chiesa Ortodossa Ucraina è senza dubbio una forma di repressione politica di massa che contraddice la Costituzione dell’Ucraina e gli accordi internazionali adottati da questo Stato».

 

– Il Kazakistan ha cambiato le leggi sull’ immigrazione per rendere impossibili lunghe permanenze ai cittadini russi sprovvisti di permesso di soggiorno.

 

– Ministro della difesa Ben Wallace: 20 mila militari ucraini saranno addestrati nel Regno Unito quest’anno.

 

– Nuovo fronte di polemica fra Prigozhin ed il governo. Ieri il capo dei Wagner aveva chiesto la chiusura di YouTube dicendo che gli oppositori erano traditori che lavoravano alla sconfitta. Oggi il ministro Shadaev dice che YouTube resta aperto.

 

– Putin ha visitato lo stabilimento di Obukhov, che fa parte del gruppo di difesa aerospaziale Almaz-Antey. Ha detto che i lavoratori del settore difesa saranno esentati dalla mobilitazione viste le necessità produttive e che la vittoria è «inevitabile».

 

– Se Erdogan vince le elezioni presidenziali in Turchia, la Turchia dovrebbe essere espulsa dalla NATO, ha scritto John Bolton nell’articolo «NATO’s Electoral Message for Erdogan» su the Wall Street Journal. «La NATO può segnalare che l’incapacità della Turchia di tenere elezioni libere ed eque sarà la ragione finale per la decisione di revocare la sua adesione alla NATO».

 

– Stepanakert denuncia la cessazione della fornitura di gas al Nagorno-Karabakh: «l’Azerbaigian continua le sue azioni con lo scopo di espellere gli armeni dell’Artsakh».

 

– Putin ha celebrato l’ 80° anniversario della fine del blocco di Leningrado ricordando le sofferenze della sua famiglia (morì il fratello). Ricorda che la madre non nutriva odio per i soldati invasori: «che responsabilità possono avere? li hanno presi e mandati al fronte».

 

– Agli Australian Open di tennis sono ammessi gli atleti russi, ma i tifosi non possono portare le bandiere del paese. In un primo tempo era stato consentito di portarle, ma senza agitarle. Poi la stretta, causata dalle proteste di spettatori ucraini.

 

– Kazakistan, Tokayev ha sciolto la camera bassa del Parlamento (Mazhilis) e ha indetto elezioni anticipate per il 19 marzo.
Le prossime elezioni di Mazhilis avrebbero dovuto svolgersi nel 2025, ma l’anno scorso Tokayev ha proposto di tenerle in anticipo, dopo dei cambiamenti costituzionali

 

 

 

 

 

Rassegna tratta dal canale Telegram La mia Russia

 

 

 

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Geopolitica

Putin: la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi nel conflitto ucraino

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La Russia porterà a compimento tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina, ha dichiarato il presidente Vladimir Putin.

 

Tra gli scopi principali enunciati da Putin nel 2022 vi sono la protezione degli abitanti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall’aggressione delle forze di Kiev, nonché la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina.

 

«Naturalmente porteremo a termine questa operazione fino alla sua logica conclusione, fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale», ha affermato Putin in videocollegamento durante la riunione del Consiglio presidenziale per i diritti umani di martedì.

 

Il presidente russo quindi ricordato che il conflitto è scoppiato quando l’esercito ucraino è stato inviato nel Donbass, regione storicamente russa che nel 2014 aveva respinto il colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente. Questo, secondo il presidente, ha reso inevitabile l’intervento delle forze armate russe per porre fine alle ostilità.

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«Si tratta delle persone. Persone che non hanno accettato il colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e contro le quali è stata scatenata una guerra: con artiglieria, armi pesanti, carri armati e aviazione. È lì che è iniziata la guerra. Noi stiamo cercando di mettervi fine e siamo costretti a farlo con le armi in pugno».

 

Putin ha ribadito che per otto anni la Russia ha cercato di risolvere la crisi per via diplomatica e «ha firmato gli accordi di Minsk nella speranza di una soluzione pacifica». Tuttavia, ha aggiunto la settimana scorsa in un’intervista a India Today, «i leader occidentali hanno poi ammesso apertamente di non aver mai avuto intenzione di rispettarli», avendoli sottoscritti unicamente per guadagnare tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi.

 

Mosca ha accolto positivamente il nuovo slancio diplomatico impresso dal presidente statunitense Donald Trump, che ha proposto il suo piano di pace in 28 punti come base per un’intesa.

 

Lunedì Trump ha pubblicamente invitato Volodymyr Zelens’kyj ad accettare le proposte di pace, lasciando intendere che il leader ucraino non abbia nemmeno preso in esame l’ultima offerta americana.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 

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Geopolitica

Lavrov elogia la comprensione di Trump delle cause del conflitto in Ucraina

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Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che il presidente statunitense Donald Trump rappresenta l’unico leader occidentale in grado di cogliere le vere motivazioni alla base del conflitto ucraino.   Parlando mercoledì al Consiglio della Federazione, la camera alta del parlamento russo, Lavrov ha spiegato che, mentre gli Stati Uniti manifestano una «crescente impazienza» verso il percorso diplomatico mirato a cessare le ostilità, Trump è tra i pochissimi esponenti occidentali a comprendere le dinamiche che hanno originato la crisi.   «Il presidente Trump… è l’unico tra tutti i leader occidentali che, subito dopo il suo arrivo alla Casa Bianca nel gennaio di quest’anno, ha iniziato a dimostrare di aver compreso le ragioni per cui la guerra in Ucraina era stata inevitabile», ha dichiarato.   Lavrov ha proseguito sottolineando che Trump possiede una «chiara comprensione» delle dinamiche che hanno forgiato le politiche ostili nei confronti della Russia da parte dell’Occidente e dell’ex presidente statunitense Joe Biden, strategie che, a suo dire, «erano state coltivate per molti anni».

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Il ministro ha indicato che «si sta avvicinando il culmine dell’intera saga» ucraina, affermando che Trump ha sostanzialmente ammesso che «le cause profonde identificate dalla Russia devono essere eliminate».   Il vertice della diplomazia russa ha menzionato in modo specifico le storiche riserve di Mosca sull’aspirazione ucraina all’adesione alla NATO e la persistente violazione dei diritti della popolazione locale.   Lavrov ha poi precisato che Trump resta «l’unico leader occidentale a cui stanno a cuore i diritti umani in questa situazione», contrapposto ai governi dell’UE che, secondo Mosca, evadono il tema. Ha svelato che la roadmap statunitense per un’intesa includeva esplicitamente la tutela dei diritti delle minoranze etniche e delle libertà religiose in Ucraina, «in linea con gli obblighi internazionali».   Tuttavia, sempre secondo Lavrov, tali clausole sono state indebolite nel momento in cui il documento è stato sottoposto all’UE: il testo è stato modificato per indicare che l’Ucraina dovrebbe attenersi agli standard «adottati nell’Unione Europea».   Da tempo Mosca denuncia la soppressione della lingua e della cultura russa da parte di Kiev, oltre ai sforzi per limitare i diritti delle altre minoranze nazionali, e al contempo accusa i leader ucraini di fomentare apertamente il neonazismo nel paese.

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Immagine dell’Ufficio stampa della Duma di Stato della Federazione Russa via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Geopolitica

Gli europei sotto shock per la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per il 2025

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I leader europei e i media dell’establishment sono in preda al panico dopo la diffusione, sul portale ufficiale della Casa Bianca, della «Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America 2025» (NSS).

 

A terrorizzare Bruxelles e dintorni è l’impegno esplicito del governo USA a privilegiare «Coltivare la resistenza all’attuale traiettoria dell’Europa all’interno delle nazioni europee», descritta in termini aspri ma realistici. Il report si scaglia in particolare contro l’approccio dell’UE alla Russia.

 

L’NSS ammonisce che il Vecchio Continente rischia la «cancellazione della civiltà» se non invertirà la rotta imposta dall’Unione Europea e da altre entità sovranazionali. La «mancanza di fiducia in se stessa» del Continente emerge con evidenza nelle interazioni con Mosca. Gli alleati europei detengono un netto primato in termini di hard power rispetto alla Russia in quasi tutti i campi, salvo l’arsenale nucleare.

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Dopo l’invasione russa in Ucraina, i rapporti europei con Mosca sono drasticamente deteriorati e numerosi europei vedono nella Federazione Russa una minaccia esistenziale. Gestire le relazioni transatlantiche con la Russia esigerà un impegno diplomatico massiccio da Washington, sia per reinstaurare un equilibrio strategico in Eurasia sia per scongiurare frizioni tra Mosca e gli Stati europei.

 

«È un interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché per consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina, consentendole di sopravvivere come Stato vitale».

 

Il conflitto ucraino ha paradossalmente accresciuto la vulnerabilità esterna dell’Europa, specie della Germania. Oggi, le multinazionali chimiche tedesche stanno erigendo in Cina alcuni dei più imponenti complessi di raffinazione globale, sfruttando gas russo che non possono più procurarsi sul suolo patrio.

 

L’esecutivo Trump si scontra con i burocrati europei che coltivano illusioni irrealistiche sul prosieguo della guerra, appollaiati su coalizioni parlamentari fragili, molte delle quali calpestano i pilastri della democrazia per imbavagliare i dissidenti. Una vasta maggioranza di europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle scelte politiche, in gran parte ostacolate dal sabotaggio dei meccanismi democratici perpetrato da quegli stessi governi. Per quanto allarmati siano i continentali, l’establishment britannico lo è ancor di più.

 

Ruth Deyermond, docente al dipartimento di Studi della Guerra del King’s College London e specialista in dinamiche USA-Russia, ha commentato su X che il testo segna «l’enorme cambiamento nella politica statunitense nei confronti della Russia, visibile nella nuova Strategia per la Sicurezza Nazionale – il più grande cambiamento dal crollo dell’URSS». Mosca appare citata appena dieci volte nel corposo documento, nota Deyermond, e prevalentemente per evidenziare le fragilità europee.

 

In un passaggio esemplare, il report afferma che «questa mancanza di fiducia in se stessa è più evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia». «L’assenza della Russia dalla Strategia di Sicurezza Nazionale 2025 appare davvero strana, sia perché la Russia è ovviamente uno degli stati che hanno l’impatto più significativo sulla stabilità globale al momento, sia perché l’amministrazione è così chiaramente interessata alla Russia (…) Non è solo la mancanza di riferimenti alla Russia a essere sorprendente, è il fatto che la Russia non venga mai menzionata come avversario o minaccia» scrive l’accademica.«La mancanza di discussione sulla Russia, nonostante la sua importanza per la sicurezza e l’ordine internazionale e la sua… importanza per l’amministrazione Trump, fa sembrare che stiano semplicemente aspettando di poter parlare in modo più positivo delle relazioni in futuro».

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La parte dedicata al dossier ucraino – che allude al fatto che «l’amministrazione Trump si trova in contrasto con i politici europei che nutrono aspettative irrealistiche per la guerra» – pare quasi redatta dal Cremlino. L’incipit della Deyermond è lapidario: «Se qualcuno in Europa si aggrappa ancora all’idea che l’amministrazione Trump non sia inamovibile filo-russa e ostile alle istituzioni e ai valori occidentali, dovrebbe leggere la Strategia per la Sicurezza Nazionale del 2025 e ripensarci».

 

Il NSS dedica scarsa attenzione alla NATO, se non per insistere sulla cessazione della sua espansione indefinita, ma stando ad un articolo Reuters del 5 dicembre, Washington intende che l’Europa rilevi entro il 2027 la gran parte delle competenze di difesa convenzionale dell’Alleanza, dall’intelligence ai missili. Questa scadenza «irrealistica» è stata illustrata questa settimana a diplomatici europei a Washington dal team del Pentagono incaricato della politica atlantica, secondo cinque fonti «a conoscenza della discussione».

 

Nel corso dell’incontro, i vertici del Dipartimento della Difesa avrebbero espresso insoddisfazione per i passi avanti europei nel potenziare le proprie dotazioni difensive dopo l’«invasione estesa» russa in Ucraina del 2022. Gli esponenti USA hanno avvisato i loro omologhi che, in caso di mancato rispetto del termine del 2027, gli Stati Uniti potrebbero sospendere la propria adesione a certi meccanismi di coordinamento difensivo NATO, hanno riferito le fonti. Le capacità convenzionali comprendono asset non nucleari, da truppe ad armamenti, e i funzionari non hanno chiarito come misurare i progressi europei nell’assunzione della quota preponderante del carico, precisa Reuters.

 

Non è dato sapere se il limite temporale del 2027 rifletta la linea ufficiale dell’amministrazione Trump o meri orientamenti di singoli addetti del Pentagono. Diversi rappresentanti europei hanno replicato che un tale orizzonte non è fattibile, a prescindere dai criteri di valutazione di Washington, dal momento che il Vecchio Continente necessita di risorse finanziarie aggiuntive e di una volontà politica più marcata per rimpiazzare alcune dotazioni americane nel breve periodo.

 

Tra le difficoltà, i partner NATO affrontano slittamenti nella fabbricazione degli equipaggiamenti che intendono acquisire. Sebbene i funzionari USA abbiano sollecitato l’Europa a procacciarsi più hardware di produzione statunitense, taluni dei sistemi difensivi e armi made in USA più cruciali imporrebbero anni per la consegna, anche se commissionati oggi.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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