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Economia

Xi Jinping e Biden servono lo stesso potere economico

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di padre Bernardo Cervellera su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21

 

 

 

 

Nel discorso di Davos, Xi rivendica la forza vincente del «modello Cina». La stabilità politica a prezzo della repressione. Anche il «modello Usa», con il suo «virus democratico», ha delle vittime: immigrati, afro-americani, ma anche bianchi, piccoli imprenditori, operai. Fra i manifestanti a Washington vi erano molte vittime del sistema globalizzato. Le borse e il mondo finanziario guadagnano anche con la crisi del Covid. Il potere finanziario gioca con il «modello Cina» e con il «modello Usa».

Nei suoi 20 minuti di intervento, il presidente cinese ha riempito l’atmosfera dell’élite del commercio internazionale di slogan che vanno per la maggiore: no alla «guerra fredda»; sì al «dialogo e alla collaborazione»; «multilateralismo» e non «dominio l’uno sull’altro»; aiuto ai Paesi poveri

 

 

All’indomani dell’irenico discorso di Xi Jinping a Davos, c’è chi rivendica ancora una volta la forza vincente del «modello Cina». Nei suoi 20 minuti di intervento, il presidente cinese ha riempito l’atmosfera dell’élite del commercio internazionale di slogan che vanno per la maggiore: no alla «guerra fredda»; sì al «dialogo e alla collaborazione»; «multilateralismo» e non «dominio l’uno sull’altro»; aiuto ai Paesi poveri e in via di sviluppo; etc…

 

Una simile cesellatura di così tanti luoghi comuni è evidente per il fatto che proprio il Paese di Xi ha rifiutato la firma del trattato sulla messa al bando delle armi nucleari; che la Cina continua a costruire basi militari nel Mar Cinese meridionale, incurante delle rivendicazioni degli altri Paesi del sud-est asiatico; che sono i suoi jet militari – e lo stesso Xi Jinping – a minacciare Taiwan di una possibile riconquista con la forza.

 

Ma l’intervento fumoso e dolciastro aveva un messaggio chiaro, anzi due. Il primo è che solo la Cina sa garantire la «stabilità politica». Xi ha detto: «Il criterio migliore [nel valutare i meriti di un sistema politico] è se il sistema storico, culturale, sociale di un Paese funziona in una situazione particolare, se riceve sostegno dal popolo, se serve a garantire la stabilità politica, il progresso sociale e una vita migliore, dando il suo contributo al progresso umano».

 

Il secondo, molto simile al primo, è: non scegliete il modello USA, sopravvissuto all’assalto a Capitol Hill da poche settimane e segnato dal virus della democrazia.

 

Proprio il Paese di Xi ha rifiutato la firma del trattato sulla messa al bando delle armi nucleari; che la Cina continua a costruire basi militari nel Mar Cinese meridionale

È da anni che la «bontà del modello Cina» viene discusso fra economisti, politici e imprenditori.

 

Dopo la crisi del 2008, solo la Cina è capace di mostrare e impressionare con la crescita del suo PIL . E anche se la pandemia ha rallentato la sua corsa, essa è la prima ad essersi ripresa.

 

Che Taiwan abbia fatto meglio di Pechino, non va considerato: ciò che importa è applaudire ai successi economici e pandemici che vengono da un sistema autoritario, che non si perde dietro l’ascolto delle diverse voci della società e alla libertà di espressione, così legata alla libertà di commercio.

 

Che Taiwan abbia fatto meglio di Pechino, non va considerato: ciò che importa è applaudire ai successi economici e pandemici che vengono da un sistema autoritario, che non si perde dietro l’ascolto delle diverse voci della società e alla libertà di espressione

Che tale sistema produca delle vittime sembra non interessare. Imprenditori come Jack Ma si vedono frenare nel loro slancio di globalizzazione; musulmani uiguri vengono costretti a campi di lavoro forzato e di de-islamizzazione; cristiani sono accusati di essere untori di COVID; intellettuali, dissidenti, nuovi cittadini, giornalisti vengono silenziati gettandoli nella miseria e in prigione. Tutto questo è considerato solo «un danno collaterale» al bene supremo della «stabilità politica».

 

(…)

 

Anche la società americana ha le sue vittime «collaterali» (…)  Come diversi studiosi e osservatori hanno sottolineato, lo stesso assalto a Capitol Hill non può essere cancellato come un tentativo eversivo e presuntuoso di suprematisti. Molti – la maggior parte – di coloro che hanno manifestato il 6 gennaio a Washington erano le vittime di un sistema che con la scusa della globalizzazione, ha dimenticato le loro esigenze di salute, di dignità, di cultura, di lavoro. Da questo punto di vista, il tentativo di Biden di riportare tutto sotto l’inflessibilità della legge, quasi a voler cancellare questi elementi della società civile, è molto simile alla «stabilità politica» voluta da Xi.

 

Il tentativo di Biden di riportare tutto sotto l’inflessibilità della legge, quasi a voler cancellare questi elementi della società civile, è molto simile alla «stabilità politica» voluta da Xi

Il vero problema è che sia negli USA come in Cina – come in tutto il mondo – domina un potere, quello finanziario, che è incurante di quanto succede nella bassura della realtà e se ne discosta usando la legge del «politicamente corretto» di Biden o quella dispotica del Partito comunista cinese.

 

Nel 2020, a causa della pandemia sono morte quasi 2 milioni di persone; milioni di individui hanno perso il lavoro; i nuovi poveri sono cresciuti di almeno 100 milioni; l’economia globale ha perso un decimo della sua ricchezza. Eppure è impressionante che nello stesso periodo, il mondo della finanza abbia guadagnato come non mai: le borse sono state positive, le azioni sono cresciute di valore.

 

Come nota l’economista Andy Xie, «la Tesla è cresciuta 10 volte; i bitcoin cinque volte e il NASDAQ è quasi raddoppiato». Allo stesso tempo, in Cina, i prezzi delle case si sono innalzate, proprio mentre con il lockdown le città erano deserte.

Domina un potere, quello finanziario, che è incurante di quanto succede nella bassura della realtà e se ne discosta usando la legge del «politicamente corretto» di Biden o quella dispotica del Partito comunista cinese

 

Noi continuiamo a litigare fra sostenitori del «modello Cina» o «modello USA», ma in realtà dovremmo pensare come cambiare questa economia troppo basata sulla finanza e non sulla produzione reale di ricchezza.

 

È questo potere finanziario che usa ora l’uno ora l’altro modello, ora tutti e due per accrescere il suo dominio, a cui va bene sia il potere di Biden, sia quello di Xi.

 

 

Padre Bernardo Cervellera

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

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Economia

Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros

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Netflix avrebbe raggiunto un accordo per acquisire Warner Bros., inclusi i suoi studi cinematografici e televisivi, HBO e HBO Max, attraverso una transazione mista in contanti e azioni che valuta Warner Bros. Discovery a un valore aziendale di 82,7 miliardi di dollari (valore azionario di 72 miliardi di dollari), pari a 27,75 dollari per azione.

 

L’intesa dovrebbe essere finalizzata nel terzo trimestre del 2026, dopo lo scorporo programmato da parte di WBD della sua divisione Global Networks in una società quotata autonoma («Discovery Global»). Questa operazione giunge a pochi mesi dalla proposta avanzata da Paramount-Skydance per rilevare WBD.

 

L’accordo tra Netflix e WBD fonderà la piattaforma di streaming con un catalogo secolare e con franchise iconici come i supereroi della DC Comics, Harry Potter, Game of Thrones, I Soprano e The Big Bang Theory.

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In una nota ufficiale, Netflix ha dichiarato che l’operazione espanderà la sua library di contenuti, potenzierà le capacità produttive e favorirà una crescita sostenibile nel lungo periodo: «fornendo agli utenti una gamma più vasta di serie e film di alto livello, Netflix si attende di conquistare e trattenere un maggior numero di abbonati, incrementare l’engagement e generare entrate e profitti operativi aggiuntivi. L’azienda prevede inoltre di conseguire risparmi sui costi per almeno 2-3 miliardi di dollari annui entro il terzo anno e che la fusione avrà un effetto positivo sull’utile per azione GAAP già a partire dal secondo anno».

 

Secondo i termini dell’accordo, ogni azione WBD sarà convertita in 23,25 dollari in contanti più 4,50 dollari in azioni Netflix. I board di entrambe le società hanno approvato l’operazione all’unanimità.

 

La chiusura è attesa tra 12 e 18 mesi, subordinata all’esame regolatorio e all’ok degli azionisti di WBD. All’inizio dell’anno, Netflix ha superato le controfferte, tra cui quelle di Paramount-Skydance e Comcast.

 

Bloomberg ha rilevato che Hollywood non accoglie con entusiasmo questo nuovo connubio tra Netflix e WBD.

 

Warner Bros. Discovery ha avviato negoziati esclusivi per cedere i suoi studi cinematografici e televisivi insieme a HBO Max a Netflix, stando a fonti interne alla major – un’indicazione che il colosso dello streaming ha avuto la meglio su Paramount-Skydance e Comcast. Un’intesa del genere ridisegnerebbe il settore dell’intrattenimento e rappresenterebbe un turning point strategico per Netflix, già leader per capitalizzazione a Hollywood. Paramount ha bollato il processo di cessione come «contaminato», mentre l’attrice Jane Fonda, due volte premio Oscar, ha descritto il suo potenziale effetto sull’industria con un aggettivo più severo: «catastrofico».

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Nata come servizio di noleggio DVD via posta, Netflix ha prima annientato la catena Blockbuster e ora sta replicando il colpo con Hollywood, snobbando in larga misura le uscite cinematografiche in sala. L’accordo catapulterebbe Netflix al rango di superpotenza negli studi hollywoodiani. Tuttavia, il tutto resta appeso all’approvazione dei regolatori, con il repubblicano californiano Darrell Issa che ha già espresso opposizione a qualsivoglia acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix.

 

L’industria cinematografica è minacciata dall’avvento dell’IA, che potrebbe presto consentire a chiunque di produrre contenuti di livello cinematografico in un click, disintegrando un’intera filiera di lavoratori che vanno dagli attori ai cineoperatori, agli addetti al casting, agli elettricisti, registi, etc.

 

Si spiega così la corsa di Netflix verso le IP, cioè le proprietà intellettuali: avere un personaggio conosciuto e diffuso come, ad esempio Harry Potter, anche nell’era del cinema generato dall’AI potrebbe avere un valore strategico ed economico.

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Immagine di Fourbyfourblazer via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

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Economia

L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo

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Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.   A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.   Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.

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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.   Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.   Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.   Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».  

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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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Economia

La BCE respinge il ladrocinio dei fondi russi congelati proposto dalla Von der Leyen

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La Banca Centrale Europea ha declinato di avallare il progetto della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per un finanziamento di 140 miliardi di euro a beneficio dell’Ucraina, da assicurare mediante i patrimoni russi immobilizzati. Lo riporta il Financial Times, attingendo a fonti informate sui negoziati.

 

Il quotidiano britannico ha precisato che la BCE ha ritenuto l’iniziativa della Commissione – che fa leva sugli attivi sovrani russi custoditi presso Euroclear, la società depositaria belga – estranea al proprio ambito di competenza.

 

Bruxelles ha impiegato mesi a sondare l’utilizzo delle riserve congelate della banca centrale russa per strutturare un «mutuo di indennizzo» da 140 miliardi di euro (equivalenti a 160 miliardi di dollari) in appoggio a Kiev. Il Belgio ha più volte espresso allarmi su potenziali controversie giudiziarie e pericoli finanziari in caso di attuazione del meccanismo.

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In base alla bozza elaborata dalla Commissione, i governi degli Stati membri dell’UE offrirebbero garanzie pubbliche per distribuire il peso del rimborso del prestito ucraino.

 

Tuttavia, i rappresentanti della Commissione hanno segnalato che i Paesi UE potrebbero non riuscire a reperire celermente risorse in scenari di urgenza, con il pericolo di generare turbolenze sui mercati finanziari.

 

A quanto risulta, i funzionari UE hanno sollecitato alla BCE se potesse intervenire come prestatore estremo per Euroclear Bank, la branca creditizia dell’ente belga, al fine di scongiurare una carenza di liquidità. Gli esponenti della BCE hanno replicato alla Commissione che tale opzione è impraticabile, ha proseguito il Financial Times, basandosi su interlocutori vicini alle consultazioni.

 

«Un’ipotesi di tal genere non è oggetto di esame, in quanto verosimilmente contravverrebbe alla normativa dei trattati UE che esclude il finanziamento monetario», ha chiarito la BCE.

 

Bruxelles starebbe ora esplorando vie alternative per assicurare una provvista temporanea a supporto del mutuo da 140 miliardi di euro.

 

«Assicurare la liquidità indispensabile per eventuali obblighi di restituzione dei beni alla banca centrale russa costituisce un elemento cruciale di un eventuale mutuo di indennizzo», ha dichiarato FT, citando un portavoce della Commissione.

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La direttrice di Euroclear, Valerie Urbain, ha ammonito la settimana scorsa che l’iniziativa verrebbe percepita a livello mondiale come una «espropriazione delle riserve della banca centrale, che erode il principio di legalità». Mosca ha reiteratamente definito qualsiasi ricorso ai suoi attivi sovrani come un «saccheggio» e ha minacciato ritorsioni.

 

L’urgenza del piano si inserisce in un frangente in cui l’UE, alle prese con vincoli di bilancio, deve reperire risorse per Kiev nei prossimi due anni, aggravata dalla congiuntura di liquidità critica ucraina, con gli sforzi per attingere ai fondi russi che si acuiscono mentre Washington avanza una nuova proposta per dirimere il conflitto. Gli analisti prevedono che l’Ucraina affronterà un disavanzo di bilancio annuo di circa 53 miliardi di dollari nel quadriennio 2025-2028, al netto degli stanziamenti militari extra.

 

L’indebitamento pubblico e garantito dal governo del Paese ha raggiunto picchi storici, oltrepassando i 191 miliardi di dollari a settembre, ha comunicato il Ministero delle Finanze. Il mese scorso, il Fondo Monetario Internazionale ha aggiornato al rialzo le stime sul debito ucraino, proiettandolo al 108,6% del PIL.

 

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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