Suicidio

Suicidio giovanile, tentativi di avvelenamento sono aumentati del 30% durante il COVID in USA

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I tassi di sospetti tentativi di suicidio per avvelenamento tra bambini e adolescenti statunitensi sono aumentati del 30% rispetto ai livelli pre-pandemia, secondo un rapporto dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), l’ente americano preposto al controllo delle epidemie.

 

Lo studio, che ha analizzato i dati dei centri antiveleni, ha mostrato che tra i 10 e i 19 anni il picco maggiore proveniva dai preadolescenti, con un aumento del 73% nel 2021 rispetto al 2019, riporta Bloomberg.

 

«Circa il 40% degli incidenti riguardava comuni farmaci da banco, come paracetamolo, ibuprofene e difenidramina. Le versioni di marca di questi farmaci sono rispettivamente Tylenol, Advil e Benadryl».

 

La pandemia ha avuto effetti diffusi sulla salute mentale, causando un aumento dei tassi di ansia e depressione in tutto il mondo. I giovani, in particolare le donne, erano a più alto rischio di suicidio e autolesionismo.

 

Negli Stati Uniti, quasi un terzo delle ragazze adolescenti ha dichiarato di aver preso seriamente in considerazione il suicidio nel 2021 e il 57% ha riferito di sentirsi triste o senza speranza.

 

Il rapporto, pubblicato giovedì, riportava 114.700 sospetti tentativi di suicidio per autoavvelenamento nel 2021, rispetto agli 88.500 del 2019.

 

I dati fino a settembre dello scorso anno hanno mostrato che gli incidenti sono rimasti elevati rispetto a prima della pandemia.

 

Il 30% delle ragazze delle scuole superiori negli Stati Uniti che sono state intervistate a inizio anno dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha affermato di aver «seriamente preso in considerazione il tentativo di suicidio» nel 2021, rispetto al 19% nel 2011.

 

Lo stress, l’isolamento e la perdita durante la pandemia hanno amplificato i problemi di salute mentale tra i giovani che erano già, già da prima, in difficoltà per via dei mutamenti della vita degli adolescenti, per esempio l’onnipresenza dei social che mette in competizioni i ragazzini. Gli effetti altamente depressivi dei social sono un fenomeno oramai studiato da anni.

 

L’Italia è stata teatro di multipli casi di suicidio pediatrico riusciti, lo stesso giorno, e senza correlazione tra le giovani vittime, con un +75% di casi di tentato suicidio di bimbi rilevati dall’ospedale Bambin Gesù.

 

Per quanto riguarda l’anoressia, essa non solo è aumentata in lockdown, ma pare addirittura essere scesa di anni: ora i primi segni del disturbo comparirebbero nelle bambine di 8 anni.

 

Come scritto da Renovatio 21, ancora due anni fa, è indiscutibile che le restrizioni pandemiche abbiano trasformato i nostri figli in senso negativo, rendendoli più malati (è l’ipotesi recente dell’inspiegabile apparizione delle epatiti infantili), ma anche più violenti (con il grande incremento di atrocità, sempre più belluine e spudorate, commesse anche da adolescenti anche fuori dalle baby gang) e infine suicidi, come testimoniato del resto in tutto il mondo – nel Regno Unito è stato calcolato nel 2020 che, stando ai numeri, un bambino ha 10 volte più probabilità di morire per suicidio che non per COVID. Un anno fa emerse che forse 25 erano morti di COVID, centinaia erano morti invece per suicidio e traumi.

 

Anche nel lontano Vietnam, si è registrato un inaspettato aumento di suicidi nelle scuole riaperte dopo le chiusure pandemiche. Suicidi giovanili in aumento perfino in un Paese specializzato sul tema, il Giappone.

 

Il Nevada nel 2020 fu il primo Stato a porsi seriamente il problema di riaprire le scuole il prima possibile dopo che si verificò un’ondata di suicidi tra i ragazzini, che di fatto raddoppiò il tasso usuale.

 

Secondo la Royal Society Open Science, in Gran Bretagna i lockdown hanno portato alla depressione almeno 60 mila bambini.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli ultimi mesi anche alcuni dati italiani sembrano confermare il fenomeno, a partire dal forte aumento del consumo pediatrico di psicofarmaci durante la pandemia.

 

 

 

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