Epidemie

Minorenni resi violenti dalla pandemia

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Il problema della violenza giovanile – pure tra i giovanissimi – durante e dopo le restrizioni pandemiche sta assumendo tratti preoccupanti.

 

Negli scorsi giorni a Napoli un ragazzino si è presentato all’ospedale con una chiave conficcata nella testa. L’autore della crudeltà pare essere un coetaneo, che aveva infilato il pezzo di metallo fin dentro la nuca.

 

In una intervista alla radio, il direttore dell’ospedale partenopeo ha dichiarato di essere «estraneamente preoccupato» dalla sequenza di episodi «aggressivi post-COVID» visti negli ultimi 5 mesi.

 

«Purtroppo stiamo assistendo a una drammatica impennata di disturbi del comportamento tra i minori, con continui episodi psicopatologici e azioni aggressive verso gli altri e anche autolesionistiche» dice il medico, citato dal quotidiano La Verità.

 

Si tratta, continua il dottore, «di un fenomeno post-COVID che, oserei dire, sta raggiungendo livelli epidemici. Siamo estremamente preoccupati».

 

L’articolo del quotidiano milanese prosegue parlando del fatto che «l’esplosione di violenza nelle scuole è all’ordine del giorno dopo il rientro dalla Didattica a Distanza (DAD)».

 

Gli episodi si fanno sempre più gravi: studenti che attaccano gli insegnanti (rei di aver fatto un rimprovero) mentre sono in motorino, video sui social di aggressioni a coetanei, video sui social di vandalismi scolastici, studenti che portano a scuola pistole ad aria compressa.

 

E poi ancora: i suicidi

 

Va considerato, inoltre, il fenomeno nuovo: quello degli appuntamenti in piazza, dove decine se non centinaia di ragazzini si trovano per picchiarsi anche senza un motivo ben preciso – violenza totale così, spudorata, senza inibizione alcuna, davanti agli adulti allibiti, davanti ai genitori e alle forze dell’ordine.

 

Si tratta, di certo, di una tribalizzazione dei più giovani rovinati dal lockdown pandemico: una sorta di regressione della civiltà, come descritto nel romanzo del premio Nobel William Golding Il Signore delle Mosche.

 

Secondo JAMA Pediatrics sarebbero 80 mila in tutto il mondo i componenti della cosiddetta «generazione COVID» che presenta sintomi di ansia, un aumento del 20,5%. In Italia, dove il lockdown è stato più feroce che altrove, secondo dati nazionali dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) vi sarebbe stato un 30% in più di disturbi emotivi, e addirittura un 70% dei disturbi alimentari, con l’anoressia che colpisce a 8 anni, cioè 2-4 anni prima dell’età in cui colpiva prima della pandemia.

 

Tuttavia, come puntualizza il quotidiano meneghino, nel PNRR «della salute mentale non c’è traccia», se non nella mancetta costituita dal contestato «bonus psicologo».

 

Come riportato da Renovatio 21, anche l’ISS ha riportato la settimana scorso che vi è stato un aumento significativo di depressione tra i giovani.

 

Se guardiamo al mondo, vediamo ogni sorta di danno su nostri bambini.

 

Baby gang spietate, quozienti intellettivi ridotti, risse di massa che coinvolgono la popolazione giovanile di intere città, ritardi nelle relazioni e nell’apprendimentoautolesionismoanoressiadisperazionesuicidio.

 

Tutto questo non è per caso ascrivibile alla categoria dell’abuso di minori?

 

Qualcuno pagherà per questo danno immane?

 

 

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