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Vaccini

«Saltare il richiamo del vaccino COVID potrebbe ridurre il tuo QI»: la propaganda della siringa genica diventa barzelletta

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Non fare il richiamo del vaccino anti-COVID potrebbe ridurre il Quoziente Intellettivo (QI). A sostenerlo, su un editoriale del Los Angeles Times, due professori della prestigiosa università statunitense di Yale, alma mater di presidenti e dirigenti dell’establishment a stelle e strisce.

 

Il duo accademico argomenta apparentemente basandosi su di uno studio recente pubblicato sul New England Journal of Medicine che scoperto che il COVID stesso riduce il QI, il che, scrivono, «suggerisce un’altra ragione per vaccinarsi: potrebbe proteggere l’intelletto».

 

«Molte persone considerano la loro capacità di ragionare come un aspetto fondamentale della loro identità; questo è uno dei motivi per cui la prospettiva della demenza è così spaventosa» dichiarano i due professori. «Questa ricerca suggerisce che ottenere il booster potrebbe essere un modo per preservare tale capacità e promuovere la salute del cervello. Se vuoi continuare a risolvere il cruciverba del sabato, hai un motivo in più per fare il booster».

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Va detto che gli autori dello studio citato hanno scoperto che i deficit cognitivi erano in gran parte osservati nei soggetti affetti dai ceppi originali del COVID, non da quelli recenti.

 

Piuttosto incredibilmente, l’articolo del LA Times ignora anche il fatto che i vaccini e i richiami per il COVID-19 non prevengono l’infezione, come oramai universalmente accettato, e ignora anche che gli autori dello studio del NEJM «hanno riscontrato deficit cognitivi minori tra i partecipanti che erano stati infettati durante i recenti periodi di variante rispetto a quelli che erano stati infettati dal virus originale o dalla variante alfa».

 

Gli autori hanno esaminato specificamente i dati relativi ai vaccinati e ai non vaccinati e hanno osservato solo «un piccolo vantaggio cognitivo tra i partecipanti che avevano ricevuto più vaccinazioni». «I deficit più ampi nei punteggi cognitivi globali sono stati osservati nel gruppo di partecipanti infettati da SARS-CoV-2 durante i periodi in cui il virus originale o la variante alfa era predominante rispetto a quelli infettati da varianti successive».

 

Alcuni commentatori del sito Zerohedge hanno ribaltato interamente la lettura dei dati, ricavando un’idea completamente opposta. «La vaccinazione è correlata in modo altamente significativo (oltre il 99%) a un calo delle capacità cognitive o del QI, in misura maggiore per la prima dose rispetto al richiamo» scrive un utente.

 

«Tutto ciò è assolutamente esilarante, il documento citato afferma l’esatto opposto di quanto afferma l’editoriale del LA Times, la vaccinazione è invece associata a un CALO del QI simile a quanto si dice riguardo al COVID».

 

«Quel documento e quelle statistiche dicono che un calo del QI è correlato all’avere il COVID e peggiora con la durata (long COVID), tuttavia l’editoriale presuppone che essere vaccinati riduca le possibilità di contrarre il COVID, il che non è vero, quindi giunge alla conclusione che fare un vaccino di richiamo impedirà di contrarre il covid abbassando il QI, mentre le statistiche sull’essere vaccinati una volta o un richiamo rispetto a non vaccinati nell’articolo affermano il contrario, la vaccinazione è associata a un calo del QI simile a quello di contrarre il virus».

 

«Gli autori dell’editoriale devono aver fatto un richiamo» nota il lettore.

 

Secondo uno studio pubblicato a maggio, gli attuali richiami sono efficaci solo al 52% nel proteggere dall’infezione dopo 4 settimane e al 20,4% dopo 20 settimane. Quindi, in sostanza, prendi il vaccino, rischiando i suoi potenziali effetti collaterali, per un lancio di moneta per sapere se contrarrai il COVID.

 

Gli autori suggeriscono inoltre che «i giovani, la cui vita sociale più attiva spesso determina la diffusione del COVID, possono salvaguardare non solo la propria salute, ma anche la propria intelligenza e il proprio futuro vaccinandosi».

 

Tuttavia, il consulente della FDA Paul A. Offitt – il volto del vaccinismo americano – afferma che le persone giovani e sane non dovrebbero sottoporsi agli ultimi richiami COVID, citando due studi che suggeriscono che i richiami bivalenti, che hanno come bersaglio il ceppo originale COVID-19 e due sottovarianti Omicron BA.4 e BA. 5, non «suscitano risposte immunitarie superiori».

 

Nel frattempo, Svezia, Norvegia e Finlandia hanno sospeso o limitato l’uso del vaccino COVID di Moderna per i bambini, mentre il Regno Unito ha ridotto gli sforzi per la vaccinazione COVID per i bambini sani dopo che uno studio ha mostrato «un aumento del rischio di ricovero ospedaliero per miocardite dopo una prima o seconda dose di BNT162b2» negli adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni.

 

L’ articolo del Los Angeles Times afferma inoltre falsamente che «oltre il 95% di un gruppo che conosce il COVID meglio della maggior parte delle persone, ovvero i medici, si fa vaccinare».

 

Questa affermazione si basa su dati di giugno 2021, prima ancora che esistessero i richiami. In realtà, un numero crescente di dottori non riceve i richiami, mentre quasi la metà degli operatori sanitari è titubante nel farsi vaccinare.

 

Zerohedge cita la sezione dei commenti del sito dello stesso Los Angeles Times, che rivela che perfino i lettori del quotidiano losangelino non crede più alla propaganda vaccinista.

 

«Questo articolo è estremamente fuorviante e, in quanto medico, mi sento insultato dal fatto che il LA Times non abbia verificato meglio i fatti» scrive un lettore sedicente medico. «Quella statistica sul 95% dei medici che si fa vaccinare risale a giugno 2021, prima ancora che esistesse il richiamo del COVID (è stato autorizzato a settembre 2021). Il 95% dei medici NON si fa vaccinare di richiamo, anche se la conclusione fa sembrare che lo faccia, questo è palesemente fuorviante. C’è già così tanta disinformazione sui vaccini là fuori, ed è esasperante che il LA Times possa contribuire a questo. Per favore correggete».

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«Ci sono molte persone là fuori che sono state “completamente vaccinate” con più richiami e hanno comunque contratto il COVID numerose volte. È ancora più forzato collegare la vaccinazione a QI più elevati quando non può nemmeno fare molto per sedare la malattia» scrive un altro lettore.

 

«Uno studio recente nel Regno Unito dimostra che il vaccino non fa quasi nulla per prevenire il COVID nei bambini, risultando completamente inefficace dopo 14-15 settimane. Lo studio dimostra che il vaccino provoca una grave infiammazione (miocardite e pericardite) dei tessuti cardiaci e non è chiaro per quanto tempo duri, ma potrebbe essere permanente» scrive un altro.

 

La propaganda vaccinista sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più una barzelletta, che continua a non far ridere, ma a cercare di sottomettere le persone ad una pratica pericolosa.

 

Oramai, quanti davvero credono ancora alle storielle raccontate da medici, politici, giornali? Quanti sono arrivati alle 10 dosi raccomandate negli USA?

 

Quanti in Italia sono arrivati alla 5ª, 6ª, 7ª dose?

 

Quanti non hanno compreso che il vaccino non li risparmia dalla malattia, né dall’infettare gli altri, e al contempo prevede rischi consistenti per la salute?

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Cancro

Impronta genetica del vaccino COVID nel DNA di un paziente oncologico: l’mRNA può integrarsi con il genoma umano

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Un nuovo studio preprint presenta la prima prova diretta che il materiale genetico dei vaccini mRNA contro il COVID-19 può integrarsi nel genoma umano, potenzialmente innescando tumori aggressivi, secondo gli autori. I risultati contraddicono le rassicurazioni secondo cui i vaccini non possono alterare il DNA o trasportare frammenti di DNA dannosi.   Una nuova ricerca suggerisce che il materiale genetico contenuto nei vaccini mRNA contro il COVID-19 può integrarsi nel genoma umano, contribuendo potenzialmente all’insorgenza di un cancro aggressivo.   «Riteniamo che questo sia un segnale d’allarme che il mondo non può permettersi di ignorare», ha affermato l’epidemiologo Nicolas Hulscher, uno dei coautori.   Secondo Hulscher, i risultati dello studio contraddicono le affermazioni dei produttori di vaccini e delle agenzie di sanità pubblica secondo cui i vaccini mRNA contro il COVID-19 non possono alterare il DNA umano e non sono contaminati da frammenti di DNA.   Lo studio preprint è stato pubblicato lunedì su Zenodo, un archivio di ricerca online gestito dal CERN, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare.   Secondo gli autori, si tratta del primo studio a presentare prove dirette dell’integrazione del materiale genetico nel genoma umano.

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«Questo modello è biologicamente plausibile per accelerare la progressione del cancro»

Lo studio si è concentrato sul caso di una donna di 31 anni, precedentemente sana, che ha sviluppato un «cancro alla vescica in stadio IV a rapida progressione» entro un anno dalla somministrazione di tre dosi del vaccino Moderna mRNA contro il COVID-19. Il caso è stato descritto come «una presentazione insolita e aggressiva per questa età».   Secondo Hulscher, lo studio ha scoperto che la sua vaccinazione ha causato una serie di eventi avversi che probabilmente hanno portato all’insorgenza del cancro.   «Abbiamo assistito a una tempesta perfetta: i geni che normalmente causano il cancro sono stati attivati, i geni che normalmente riparano il DNA sono stati danneggiati e in ogni campione biologico testato sono state riscontrate ampie interruzioni nella segnalazione cellulare. Tutto questo è emerso entro un anno dall’inizio della sua serie di vaccinazioni a mRNA» ha affermato.   «Nel complesso, questo modello è biologicamente plausibile per accelerare la progressione del cancro».   Lo studio ha rivelato che un frammento di materiale genetico del paziente corrispondeva al 100% a una sequenza contenuta nella porzione della proteina spike del vaccino mRNA COVID-19 di Pfizer-BioNTech.   Sebbene il paziente abbia ricevuto solo il vaccino Moderna, Hulscher ha scritto che i due vaccini «condividono tratti identici di sequenza nucleotidica” all’interno della proteina spike.   La «sequenza plasmidica proprietaria di Moderna non è stata depositata nel NCBI», un database del governo statunitense, quindi il vaccino Pfizer è stato identificato come quello più simile, hanno affermato gli autori.   Secondo lo studio, le probabilità che un frammento del genere corrisponda al 100% a una sequenza contenuta nei vaccini sono circa 1 su un trilione.   «Dovrebbe far suonare un campanello d’allarme» il fatto che questa corrispondenza si sia verificata in un contesto di diffusa mutazione cellulare in un cancro così raro e aggressivo, ha affermato Hulscher.   La contaminazione del DNA può avere effetti negativi sulla salute, tra cui tumori multipli e la potenziale insorgenza di tumori maligni, infiammazioni croniche e un rischio maggiore di coaguli di sangue, ictus e morte improvvisa. I contaminanti del DNA possono anche essere trasmessi ai bambini.   «Per anni, le autorità di regolamentazione hanno insistito sul fatto che l’integrazione fosse impossibile. Il nostro studio è la prima prova molecolare diretta del DNA derivato da vaccino incorporato nel genoma umano. E non è stato un evento casuale: si è verificato insieme a prove di mutazioni cancerogene e caos genetico» ha detto Hulscher.

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«Abbiamo trovato un’impronta genetica del vaccino nel suo DNA»

Secondo lo studio, la paziente trentunenne è stata selezionata per la sua rara diagnosi.   Il cancro alla vescica è «una malattia che colpisce prevalentemente gli anziani e la sua incidenza nelle donne giovani è eccezionalmente rara». Quando si verifica, «è tipicamente aggressivo e comporta una prognosi sfavorevole», afferma la pre-stampa.   Il coautore dello studio John A. Catanzaro, Ph.D., medico naturopata, CEO e co-fondatore di Neo7Bioscience, ha affermato che l’età media dei pazienti con diagnosi di cancro alla vescica è di 73 anni. Meno del 2% dei casi si verifica in persone di età inferiore ai 40 anni. Nelle donne di età inferiore ai 35 anni, «è straordinariamente raro, stimato ben al di sotto dello 0,5% di tutte le diagnosi».   «Data la rarità del cancro alla vescica in fase avanzata in questa fascia demografica, il suo caso ha richiesto un’indagine molecolare approfondita», afferma lo studio.   Tra le giovani donne, la maggior parte delle diagnosi di cancro alla vescica riguarda tumori di basso grado e non muscolo-invasivi «che di solito vengono individuati e trattati prima che si diffondano», ha affermato Catanzaro.   «Al contrario, il cancro alla vescica in stadio IV (metastatico) in una donna di poco più di 30 anni rappresenta un’eccezione assoluta, documentata principalmente in casi isolati. Una malattia così avanzata a questa età si colloca ben al di fuori del consueto quadro epidemiologico e sottolinea la natura altamente insolita della presentazione di questa paziente» ha affermato.   La paziente, che è ancora viva e «sottoposta a trattamento attivo con un disegno terapeutico mirato personalizzato», non aveva una storia personale o familiare di cancro ed è stata ðidentificata attraverso la sorveglianza molecolare di routine durante il suo trattamento in corso», ha affermato Catanzaro.   Attraverso i dati derivati ​​dal suo trattamento, Neo7Bioscience ha eseguito un’analisi multi-omica, che Catanzaro ha definito come «una scansione molecolare a quattro strati del cancro e del sangue della paziente».   Questa analisi includeva un’analisi del DNA tumorale circolante, o «biopsia liquida», per rilevare «piccoli frammenti di DNA tumorale nel flusso sanguigno» e il sequenziamento funzionale dell’esoma, che è «un esame ravvicinato delle sezioni chiave dei suoi geni per individuare mutazioni importanti», secondo Catanzaro.   L’analisi ha incluso anche la profilazione del trascrittoma dell’RNA, ovvero «un controllo di quali geni sono attivamente attivati ​​o disattivati ​​all’interno delle cellule», e un’analisi del proteoma di escrezione, ovvero «l’esame delle proteine ​​rilasciate nelle urine e in altri fluidi corporei per mostrare come si comportano il tumore e il corpo».   Secondo lo studio, i vaccini a mRNA introducono nell’organismo «molecole di RNA fortemente modificate e vettori di nanoparticelle lipidiche», comportando il rischio di alterazione genomica e di sviluppo oncogeno, ovvero canceroso.   Le nanoparticelle lipidiche possono trasportare il DNA del vaccino in tutto il corpo.   Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso Children’s Health Defense, ha affermato che inizialmente i produttori di vaccini avevano affermato che le nanoparticelle lipidiche non si sarebbero diffuse oltre il sito di vaccinazione.    «Consapevoli dei pericoli che il DNA avrebbe rappresentato se fosse stato racchiuso in una nanoparticella lipidica, i produttori hanno tentato di distruggerlo utilizzando un enzima chiamato DNasi. Non solo la DNasi non è riuscita a scomporre il DNA, ma i produttori non hanno nemmeno controllato. Il DNA era racchiuso nella nanoparticella lipidica e ora si trova nelle cellule tumorali».   «La conseguenza di questa imprudenza non è solo che una persona ora ha il cancro a causa dell’iniezione di mRNA. L’implicazione è che indagare sulle radici di tutti i tumori in tutte le persone vaccinate deve prendere in considerazione la possibilità di un’origine vaccinale».   Hulscher ha affermato che i risultati dello studio hanno confermato questo rischio nel paziente.   «Abbiamo trovato un’impronta genetica del vaccino nel suo DNA… in una regione instabile e ricca di geni», ha detto Hulscher. «Questo sito di integrazione non si trovava in un ‘porto sicuro’ benigno, ma in un’area in cui un’alterazione avrebbe potuto influenzare molti altri geni».   Secondo lo studio, questa integrazione ha un «potenziale oncogeno» e un potenziale tumorale, che porta a «un panorama permissivo per la malignità aggressiva».   Hulscher ha affermato che i vaccini a mRNA presentano diversi possibili meccanismi che potrebbero portare a un simile risultato. La spiegazione più plausibile è il trasporto di frammenti di DNA plasmidico dal processo di produzione, miliardi dei quali sono stati quantificati per dose, ha affermato.   «Esistono altri meccanismi biologicamente fattibili, come la trascrizione inversa dell’mRNA di Spike da parte di enzimi endogeni seguita dall’integrazione, o l’instabilità genomica indiretta innescata dall’esposizione cronica alla proteina Spike», ha aggiunto Hulscher.

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«L’umanità non può rischiare con la distruzione genomica»

Lo studio cita un articolo sottoposto a revisione paritaria pubblicato all’inizio di questo mese sulla rivista Autoimmunity, che ha identificato miliardi di frammenti di DNA plasmidico residuo per dose nei vaccini mRNA COVID-19 di Pfizer e Moderna.   Altri studi recenti hanno identificato la contaminazione del DNA nei vaccini a mRNA e i potenziali danni alla salute che potrebbe causare. Tra questi:             Hulscher ha affermato che il nuovo studio «chiude il cerchio»:   «Altri team hanno documentato la contaminazione del DNA plasmidico nelle iniezioni di mRNA; noi dimostriamo che quei frammenti possono probabilmente integrarsi nel genoma umano».   «Separatamente, è stata osservata l’attivazione del driver oncogenico in associazione all’esposizione a Spike; qui mostriamo sia l’integrazione del plasmide sia la diffusa disregolazione oncogenica che si verificano contemporaneamente in un paziente reale».   Lo studio osserva che, sebbene la causalità «non possa essere stabilita da un singolo caso”, la convergenza dei fattori identificati nello studio «rappresenta un modello altamente insolito e biologicamente plausibile» che collega i vaccini a mRNA all’integrazione genomica e al cancro, che giustifica ulteriori studi.   «Il cancro allo stadio 4 è ormai una reazione avversa documentata, spiegabile solo con la vaccinazione, ed è necessario includere l’oncogenesi quando si ottiene il consenso informato», ha affermato Jablonowski.   I risultati dello studio rafforzano anche le richieste di sospendere o ritirare i vaccini a mRNA, poiché i loro rischi per la salute non sono ancora del tutto noti, ha affermato Hulscher.   «Finora, l’integrazione era considerata impossibile. I nostri risultati dimostrano che può avvenire, in una regione pericolosa del genoma, con evidenti conseguenze funzionali. Ciò richiede l’immediato ritiro dal mercato».   «Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per quantificare la frequenza e il rischio, la sospensione precauzionale è giustificata. L’umanità non può rischiare con l’alterazione del genoma».   Michael Nevradakis Ph.D.   © 16settembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Vaccini

Documentario rivela lo studio bomba sul collegamento tra vaccino ed epidemia di malattie croniche

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Sarà presentato in anteprima il prossimo 3 ottobre An Inconvenient Study, un documentario che svela uno studio bomba che collega la vaccinazione alle malattie croniche. Lo riporta LifeSite.

 

Le malattie croniche sono aumentate vertiginosamente tra i bambini dagli anni Sessanta a oggi, passando dal 6% al 40,7% nel 2022, eppure le istituzioni sanitarie americane non hanno fornito spiegazioni chiare, attribuendole di solito ai soliti sospetti: cattiva alimentazione e mancanza di esercizio fisico.

 

Sebbene svolgano certamente un ruolo, l’impatto delle vaccinazioni infantili sulle malattie è stato ignorato, fino ad ora.

 

 

 

Il giornalista Del Bigtree ha sfidato il responsabile delle malattie infettive dell’Henry Ford Health a condurre «lo studio più approfondito mai condotto tra vaccinati e non vaccinati», racconta il sito web del film. Ha sottolineato che è importante considerare i vaccini come potenziali responsabili delle malattie, in particolare delle malattie autoimmuni, perché alterano il sistema immunitario. Anche il calendario vaccinale è aumentato notevolmente dal 1986.

 

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«Avevamo una sola richiesta: qualunque fosse l’esito, pubblicatelo», diceva Bigtree nel filmato. Lo scienziato in questione, Marcos Zervos, raccolse la sfida e «ha condotto lo studio per dimostrare che Del aveva torto». Ciò che rivelò fu così sconvolgente per la narrativa vaccinale dell’establishment sanitario che fu soppresso.

 

Più precisamente, lo studio non è stato sottoposto a pubblicazione perché, come ha affermato Zervos, «non voleva perdere il suo lavoro alla Henry Ford», secondo quanto riportato dal briefing al Senato dell’avvocato Aaron Siri.

 

«Per gli autori, pubblicare questo studio avrebbe messo praticamente ogni persona e istituzione del loro mondo contro di loro. Pubblicare lo studio sarebbe stata la cosa giusta da fare. La cosa coraggiosa da fare. Ma avrebbe scatenato l’ira di quasi tutti e di ogni istituzione che conoscono, su cui fanno affidamento e a cui tengono», ha osservato Siri.

 

 

I risultati dello studio sono stati a dir poco allarmanti. È stato dimostrato che i vaccini contribuiscono in modo significativo non solo a disturbi fisici, ma anche a problemi neurologici: tra le patologie colpite figurano asma, disturbi dello sviluppo neurologico, disturbi del linguaggio e malattie autoimmuni.

 

Sorprendentemente, «mentre nel gruppo vaccinato si sono verificati molti casi di ADHD, disturbi dell’apprendimento e tic, nel gruppo non vaccinato non ce n’è stato nessuno», ha affermato Siri.

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La deputata repubblicana statunitense della Georgia Marjorie Taylor Greene ha recentemente espresso la sua rabbia dicendo che le implicazioni dello studio sono «criminali».

 

«Il primo studio su oltre 18.000 bambini vaccinati rispetto a bambini non vaccinati ha rivelato risultati CRIMINALI e schiaccianti», ha dichiarato Greene su X, in un posto che per qualche motivo la piattaforma non consente di condividere qui. «I vaccini infantili stanno causando una crisi sanitaria. Dovrebbero essere vietati immediatamente».

 

Il cardiologo texano Peter McCullough ha sottolineato nel documentario che i risultati sono ancora più significativi in ​​quanto Zervos e Henry Ford Health sono favorevoli ai vaccini.

 

Lo studio è accessibile, in lingua inglese, sul sito del Senato USA.

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Vaccini

I bambini non vaccinati sono più sani di quelli vaccinati: ricerca mai pubblicata

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I ricercatori di un importante sistema sanitario del Michigan hanno rilevato che i bambini vaccinati avevano una maggiore probabilità di sviluppare patologie croniche, ma i risultati non sono mai stati pubblicati. L’Henry Ford Health System, i cui ricercatori hanno condotto lo studio, lo aveva definito carente. Lo riporta Epoch Times, che avrebbe ottenuto una copia dello studio.   I ricercatori hanno analizzato i dati di 18.468 bambini nati tra il 2000 e il 2016, iscritti al piano assicurativo del sistema sanitario, integrando cartelle cliniche, dati medici e informazioni dal registro delle vaccinazioni del Michigan.   Dopo un decennio, il 57% dei bambini vaccinati soffriva di una patologia cronica come l’asma, rispetto al 17% dei bambini non vaccinati. Gli autori hanno scritto: «Questo studio ha rilevato che l’esposizione alla vaccinazione era associata in modo indipendente a un aumento complessivo di 2,5 volte della probabilità di sviluppare una condizione di salute cronica rispetto ai bambini non vaccinati», indicando come cause principali asma, malattie atopiche, eczema, disturbi autoimmuni e neurologici.

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«Ciò suggerisce che in alcuni bambini, l’esposizione alla vaccinazione può aumentare la probabilità di sviluppare una di queste condizioni», hanno aggiunto gli studiosi.   Lo studio è stato riportato per la prima volta questo mese dall’avvocato Aaron Siri nel suo libro Vaccines, Amen: The Religion of Vaccines.   Epoch Times scrive che un portavoce di Henry Ford Health ha confermato che lo studio era stato condotto localmente, ma ha dichiarato: «Questo rapporto non è stato pubblicato perché non soddisfaceva i rigorosi standard scientifici che richiediamo come istituto di ricerca medica di prim’ordine». Ha aggiunto: «I dati dimostrano costantemente che le vaccinazioni sono un modo sicuro ed efficace per proteggere i bambini da malattie potenzialmente fatali».   L’avvocato Siri, che collabora con il Segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr., rappresenta l’Informed Consent Action Network. Insieme a Del Bigtree, CEO del gruppo, afferma di aver incontrato il dottore a capo della ricerca nel 2017, proponendo di confrontare la salute di bambini vaccinati e non vaccinati. Inizialmente si pensava di usare i dati del Vaccine Safety Datalink, ma il medico ha suggerito i dati di Henry Ford Health, scrive Siri nel suo libro.   Siri aveva chiesto la pubblicazione dei risultati, indipendentemente da ciò che mostravano. Il dottore «ci ha guardato negli occhi e ci ha assicurato che era un uomo integro e che avrebbe pubblicato i risultati, qualunque fosse la scoperta», ha detto Siri.   Nel 2020, Siri ha ottenuto una copia dello studio. Siri e Bigtree sostengono che il medico e un coautore abbiano riferito che i superiori di Henry Ford Health si opponevano alla pubblicazione, temendo per i loro posti di lavoro. Siri, durante un’audizione al Senato il 9 settembre, ha dichiarato: «L’unico vero problema di questo studio – e il motivo per cui non è stato pubblicato – è che i suoi risultati non erano in linea con la convinzione e la politica secondo cui “i vaccini sono sicuri”».   «Se avesse scoperto che i bambini vaccinati erano più sani, sarebbe stato pubblicato immediatamente. Ma poiché ha scoperto il contrario, è stato messo in un cassetto» aggiunge l’avvocato.   Studi precedenti su bambini vaccinati e non vaccinati hanno dato risultati contrastanti. Uno studio tedesco del 2011 ha rilevato che i bambini non vaccinati erano più a rischio di malattie prevenibili dai vaccini, mentre uno studio americano del 2020 ha indicato maggiori probabilità di ritardi dello sviluppo, asma e infezioni dell’orecchio nei bambini vaccinati nel primo anno di vita.   Il dottor Jake Scott, specialista in malattie infettive a Stanford, ha definito lo studio problematico, sottolineando che i bambini vaccinati, più spesso visitati dai medici, risultano con più diagnosi registrate. «Questo è un classico errore di rilevazione che gonfia le stime del rischio senza riflettere reali differenze di salute», ha detto.   Tuttavia, i ricercatori hanno risposto che, anche escludendo i bambini non vaccinati mai visitati dopo la nascita, il gruppo vaccinato mostrava un rischio maggiore di patologie croniche a uno, tre e cinque anni. «Pertanto, i nostri risultati non sembrano dovuti a un uso differenziato delle risorse sanitarie», hanno scritto, precisando che i dati «non possono dimostrare la causalità e giustificano ulteriori indagini».

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L’udienza si è tenuta presso la sottocommissione permanente del Senato sulle indagini. Il senatore repubblicano winsconsino Ron Johnson, presidente, ha definito lo studio «di alta qualità» e «sospettosamente nascosto». Il senatore democratico del Connecticut Richard Blumenthal ha chiesto perché siano passati cinque anni prima della divulgazione.   Siri ha risposto: «ho sempre sperato che gli scienziati lo pubblicassero», aggiungendo di aver cercato di convincerli più volte per sottoporlo a revisione paritaria.   Come riportato da Renovatio 21, a maggio il senatore Johnson aveva tenuto un’udienza sull’insabbiamento del vaccino COVID.

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