Droga

Rottura delle relazioni diplomatiche. Il Venezuela avverte gli USA della minaccia di attentato all’ambasciata di Caracas.

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ordinato ai suoi diplomatici di interrompere i tentativi di dialogo con Caracas, aprendo la strada a una «potenziale escalation militare» o a un tentativo di rimuovere il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Lo riporta il New York Times, citando fonti informate.

 

Le tensioni bilaterali si sono intensificate nel contesto di quella che gli Stati Uniti definiscono una campagna contro i cartelli della droga.

 

Secondo il NYT, Trump avrebbe dato queste istruzioni al suo inviato speciale Richard Grenell, incaricato dei negoziati con Maduro e il suo governo, durante un incontro con alti vertici militari la settimana precedente.

 

Il quotidiano neoeboraceno ha riferito che il presidente statunitense era «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere e dalla continua negazione da parte dei funzionari venezuelani di un coinvolgimento nel traffico di droga. Il giornale ha indicato che i funzionari hanno discusso diverse opzioni militari per un’escalation, che «potrebbero includere anche piani volti a costringere Maduro a lasciare il potere».

 

Secondo il giornale di Nuova York, prima dell’interruzione dei canali diplomatici, Grenell cercava di raggiungere un accordo per evitare un conflitto più ampio e consentire alle aziende americane di accedere al petrolio venezuelano. Tuttavia, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha considerato tali sforzi «inutili e creassero confusione».

 

Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver distrutto diverse presunte «barche della droga» al largo delle coste del Venezuela, causando la morte di oltre una dozzina di persone.

 

I funzionari americani sostengono che il governo venezuelano abbia stretti legami con i cartelli, definendo Maduro «di fatto un boss di uno stato narcotrafficante» e rifiutando di riconoscerlo come presidente legittimo. Tuttavia, pubblicamente, Trump ha negato di perseguire un cambio di regime nel Paese latinoamericano.

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa gli USA accusarono di «narcoterrorismo» Maduro ma gli offrirono l’amnistia qualora avesse fatto un passo indietro.

 

Maduro ha respinto con forza le accuse di legami con il narcotraffico, inquadrando le azioni di Washington come tentativi di destituirlo. Ha avvertito che, in caso di attacco al Venezuela, dichiarerebbe lo stato di «lotta armata». Caracas ha già intensificato la sua presenza militare per contrastare l’aumentata attività militare statunitense nella regione.

 

In uno sviluppo successivo, il Venezuela ha messo in guardia Washington su un presunto complotto di gruppi estremisti per collocare esplosivi nell’ambasciata statunitense, chiusa a Caracas. Jorge Rodriguez, presidente dell’Assemblea Nazionale, ha dichiarato lunedì sui social media che il governo aveva informato gli Stati Uniti «attraverso tre canali diversi» di «una grave minaccia».

 

«Attraverso un’operazione sotto falsa bandiera preparata da settori estremisti della destra locale, si sta tentando di piazzare esplosivi letali presso l’ambasciata statunitense in Venezuela», ha scritto Rodriguez su Telegram, precisando che anche un’ambasciata europea, non specificata, è stata avvisata.

 

L’ambasciata statunitense è chiusa dal 2019, ma è ancora presidiata da personale addetto alla sicurezza e alla manutenzione. Le relazioni diplomatiche si interruppero quell’anno, dopo che Washington riconobbe il leader dell’opposizione Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela, contestando la rielezione di Nicolas Maduro come illegittima e imponendo dure sanzioni a Caracas.

 

Le tensioni tra i due Paesi sono aumentate nelle ultime settimane a seguito di attacchi militari statunitensi contro navi al largo delle coste venezuelane, definiti da Washington parte di una campagna antidroga. Gli attacchi, che hanno causato oltre una dozzina di morti, sono stati collegati da funzionari americani a cartelli criminali che opererebbero, secondo loro, sotto la protezione del governo di Maduro. I funzionari statunitensi hanno accusato il leader venezuelano di avere stretti legami con i trafficanti, descrivendolo come «di fatto un boss di un narco-stato».

 

Maduro ha rigettato le accuse, imputando a Washington l’intenzione di destituirlo e appropriarsi delle risorse naturali del Venezuela. Caracas ha già rafforzato le sue misure difensive per contrastare la crescente presenza militare statunitense nella regione.

 

La settimana scorsa, il New York Times ha riferito che alcuni alti funzionari hanno esortato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a perseguire la rimozione di Maduro, sebbene il leader statunitense abbia smentito piani per un cambio di regime.

 

Il Venezuela ha denunziato voli «illegali» di caccia F-35 americani nei suoi spazi aerei negli ultimi giorni. Si moltiplicano intanto le notizie di preparativi di ulteriore attacchi al narcotraffico venezuelano, con minaccia diretta di Trump agli aerei di Caracas che avevano sorvolato una nave da guerra USA mandata nell’area.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Trump ha dichiarato che gli USA sono in «conflitto armato» con i cartelli della droga.

 

Secondo alcuni analisti, la nuova «guerra alla droga» altro non è che una copertura della riattivata Dottrina Monroe, che prevede l’egemonia assoluta degli USA sul suo emisfero – qualcosa del resto di detto apertamente quando si parla della cosiddetta «difesa emisferica» dell’amministrazione Trump, con varie opzioni di annessioni di Panama, Groenlandia, Canada, e perfino il Messico.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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