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Cina

Partito Comunista Cinese, la «Risoluzione sulla storia» che esalta Xi pubblicata solo dopo il summit con Biden

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Il 6° Plenum del Partito comunista cinese l’aveva approvata l’11 novembre. Il documento rivela l’ambizioso progetto a lungo termine del PCC. Linea dura su Hong Kong e Taiwan. La narrazione della Rivoluzione culturale e di Tiananmen non cambia. Coperti gli errori del Partito.

 

 

Le autorità hanno pubblicato la terza «Risoluzione sulla storia» solo il 16 novembre, a poche ore dalla conclusione del primo faccia a faccia (virtuale) tra Xi Jinping e Joe Biden.

Oltre a esaltare il potere di Xi, la risoluzione  ribadisce l’importanza della sicurezza nazionale, così come la posizione del regime su Hong Kong e Taiwan: nei fatti una risposta alle preoccupazioni sollevate da Biden durante il vertice

 

Il documento era il piatto forte del 6° Plenum del Partito Comunista Cinese (PCC), che si è chiuso l’11 novembre; la riunione ha dato il via ai preparativi per il 20° Congresso del Partito, programmato nell’autunno 2022.

 

Oltre a esaltare il potere di Xi, la risoluzione  ribadisce l’importanza della sicurezza nazionale, così come la posizione del regime su Hong Kong e Taiwan: nei fatti una risposta alle preoccupazioni sollevate da Biden durante il vertice.

 

Il lungo documento ripercorre la storia del Pcc dalla sua fondazione un secolo fa. Metà del testo si concentra sulla «nuova era», il periodo dopo il 18° Congresso del 2012, quando Xi ha preso il potere come segretario generale del Partito e presidente del Paese.

 

Si sostiene che la diplomazia cinese ha creato una nuova situazione nell’ordine mondiale, in cui è cresciuta l’influenza globale del Paese

La risoluzione enfatizza Xi come «nucleo» del PCC e il suo «pensiero» come linea guida, senza menzionare il meccanismo di transizione del potere.

 

Il Partito sottolinea i suoi risultati economici, compresa la crescita del PIL e «l’eliminazione» della povertà. Conferma che il modello di crescita si basa prima di tutto sulla «circolazione interna» (mercato interno), ed è integrato da quella «esterna» (commercio e investimenti dall’estero).

 

Anche se la risoluzione ammette i rischi e le sfide internazionali, sostiene che la diplomazia cinese ha creato una nuova situazione nell’ordine mondiale, in cui è cresciuta l’influenza globale del Paese.

 

Quanto alla sicurezza dello Stato, il testo afferma che il Partito «preverrà in modo rigoroso e reprimerà severamente l’infiltrazione, il sabotaggio, la sovversione e le attività separatiste di forze ostili».

 

Il Partito «preverrà in modo rigoroso e reprimerà severamente l’infiltrazione, il sabotaggio, la sovversione e le attività separatiste di forze ostili»

Il PCC resisterà e contrasterà anche la pressione e il contenimento da parte di forze esterne su nodi come Hong Kong, Taiwan, Xinjiang, Tibet e acque contese nel Mar Cinese meridionale e orientale.

 

Il Partito mantiene la linea dura su Hong Kong, che deve essere governata da «patrioti», e sulla riunificazione con Taiwan – senza dare un preciso arco temporale per il secondo obiettivo.

 

Secondo la risoluzione, le Forze armate devono modernizzarsi entro il 2035, per avere un esercito di valore mondiale entro il 2050.  L’addestramento orientato alla guerra reale e la leadership assoluta del Partito sono le linee guida per i militari.

 

Secondo la risoluzione, le Forze armate devono modernizzarsi entro il 2035, per avere un esercito di valore mondiale entro il 2050.  L’addestramento orientato alla guerra reale e la leadership assoluta del Partito sono le linee guida per i militari.

La stretta sull’ideologia e la propaganda è vista come una grande conquista dalla «nuova era» di Xi. Riguarda una gamma completa di settori: arte, media, internet e istruzione superiore.

 

La leadership e il controllo esercitati sul web  sono oggetto di particolare attenzione; la rete è definita come «campo e frontiera di guerra» nei conflitti ideologici: «se [il Partito] non può vincere la sfida di internet, il governo a lungo termine è impossibile».

 

Sulla storia la risoluzione segue il vecchio schema. Minimizza la Rivoluzione culturale, sfiorando con poche frasi le colpe e l’esito disastroso del movimento politico lanciato da Mao. Il massacro di Tiananmen nel 1989 è ancora descritto come «grave agitazione politica». Dopo che il regime ha represso con la forza militare il movimento democratico, sotto la guida di Deng Xiaoping la leadership ha messo agli arresti domiciliari fino alla morte l’ex leader riformista Zhao Ziyang; Il nome di Zhao non è citato nella risoluzione.

 

«Se [il Partito] non può vincere la sfida di internet, il governo a lungo termine è impossibile»

Seguendo la logica del documento, solo unendosi attorno al Comitato centrale del Partito con Xi come fulcro si può realizzare il sogno cinese del “ringiovanimento” nazionale.

 

La risoluzione ricorda i principali eventi sotto il governo di Xi; essa omette però l’emendamento del 2018 che ha inserito il pensiero del segretario generale nella prefazione della Costituzione e che ha abolito i limiti di mandato per il presidente: punti inclusi nei testi di storia delle superiori.

 

 

 

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Cina

Pechino dichiara guerra al fumo

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La Cina è il primo produttore e consumatore di tabacco, con 300 milioni di fumatori e oltre un milione di morti l’anno. Decine di divisioni provinciali hanno già stretto le norme e il piano «Healthy China 2030» punta a ridurre al 20% i fumatori adulti. Shanghai da mesi sta sperimentano i divieti anche all’aperto in aree sensibili. Intanto cresce l’attivismo civico e anche gli studenti spingono per campus liberi da fumatori.

 

In Cina è guerra aperta contro il vizio del fumo. Si tratta di un problema molto serio per un Paese considerato il maggiore produttore e consumatore di tabacco al mondo, con oltre 300 milioni di fumatori e più di un milione di persone che muoiono ogni anno per malattie legate ad esso.

 

Già nella prima metà dello scorso anno, 24 divisioni provinciali avevano introdotto normative locali per contrastare il consumo di tabacco. Mentre da tempo è in vigore l’iniziativa nazionale «Healthy China 2030», che mira a ridurre al 20% la percentuale dei fumatori dai 15 anni in su entro il 2030.

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Pioniera nel controllo del tabacco in Cina è stata la città di Shanghai, avendo istituito per prima il divieto di fumo nei locali pubblici al chiuso nel 2010. Da allora chiunque venga sorpreso accendersi una sigaretta all’interno di ambienti come scuole, ospedali, mezzi pubblici e ristoranti, riceverà prima un avvertimento e poi una multa da 50 a 200 yuan (da 6 a 24 euro circa), in caso di resistenza.

 

Nel tentativo di compiere un ulteriore sforzo per ridurre la dipendenza da tabacco, a marzo di quest’anno la città ha lanciato un programma pilota per combattere il fumo anche negli spazi pubblici all’aperto. Secondo le linee guida pubblicate dalle autorità locali, siti turistici, scuole, ristoranti e bar in tutta la città sono tenuti ad apporre cartelli antifumo nelle aree di attesa e a formare il personale per scoraggiare il vizio. I cittadini possono segnalare le violazioni chiamando un numero verde governativo. I trasgressori individuali rischiano multe fino a 200 yuan (circa 24 euro), mentre i locali possono essere multati fino a 30.000 yuan (circa 3.600 euro).

 

L’iniziativa sembra essere stata molto apprezzata dai residenti. Rispondendo a un sondaggio condotto dagli enti di regolamentazione sanitaria della città, oltre il 90% degli intervistati ha ammesso di non tollerare di essere costantemente esposto al fumo passivo mentre cammina per strada.

 

Tra di loro vi è anche Zhang Yu, impiegato finanziario di professione e fervente influencer antifumo. Alcuni video apparsi sui social media cinesi mostrano Zhang mentre affronta con modi gentili ma decisi coloro che violano il divieto di fumo nei centri commerciali, nei condomini, negli ospedali e in altri spazi pubblici di Shanghai, esortandoli a «spegnere la sigaretta o andarsene».

 

«Fumare è una questione molto personale, ma quando danneggia gli altri, diventa una cosa davvero brutta», ha dichiarato a Sixth Tone. Ha aggiunto, inoltre, che la maggior parte dei suoi interventi si risolve senza grossi intoppi e che solo in rari casi, trovandosi di fronte a dei fumatori ostinati, è stato costretto a chiamare la polizia. Sui social il sostegno a Zhang è pressoché unanime: in molti dichiarano di aver iniziato a seguire il suo esempio e lo incoraggiano a «continuare così».

 

Tra le fila dei paladini antifumo vi è anche Xu Lihong, operatrice sanitaria 26enne di Chengdu con oltre 5.600 follower su Xiaohongshu. «Non chiediamo ai fumatori di smettere definitivamente, ma crediamo che la libertà di fumare non debba andare a discapito del diritto altrui a evitare il fumo passivo», ha affermato Xu, autoproclamandosi «ambasciatrice del controllo del tabacco».

 

Per rendere più efficaci le misure antifumo nella sua città, l’attivista suggerisce di distinguere in modo inequivocabile le aree dove è consentito fumare da quelle dove invece non lo è. Ha notato infatti che quando i cartelli che indicano il divieto sono chiaramente visibili, le persone sono molto più propense ad accondiscendere ai suoi richiami.

 

Secondo Xu, inoltre, le sanzioni previste per chi viola la normativa sono troppo blande e per questo inefficaci. Nonostante le difficoltà, la giovane è ferma nel suo impegno e ha costruito una rete con altri attivisti antifumo per condividere esperienze e offrire supporto. «Spero in un futuro in cui tutti gli spazi pubblici siano liberi dal fumo passivo», ha affermato.

 

Zhang Ruicong, studentessa universitaria della provincia dello Zhejiang, ha raccontato di essere stata aggredita verbalmente dopo aver chiesto a una persona di smettere di fumare su una scala mobile della stazione ferroviaria. Le è capitato anche di vedere diversi uomini in un ristorante che continuavano a fumare accanto a dei bambini, nonostante i ripetuti solleciti a smettere.«Molte persone considerano il fumo una cosa normale o temono di causare problemi parlandone», ha affermato, sottolineando i radicati atteggiamenti sociali in Cina nei confronti di questa abitudine. Ha aggiunto che persino sua madre considera la sua posizione «estrema».

 

Nonostante tutto la giovane resta ottimista. Crede che a guidare il cambiamento su questo tema siano soprattutto le giovani generazioni e, citando la campagna «campus senza fumo» della sua università, ha ribadito come secondo lei «gli studenti siano catalizzatori del progresso sociale».

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Il cambiamento di atteggiamento nei confronti del fumo si riflette anche nella cultura popolare. Recentemente, diversi comici hanno incorporato una sorta di «propaganda antifumo» nei loro spettacoli, incontrando il favore del pubblico a livello nazionale.

 

Particolarmente indicativa è una vicenda accaduta lo scorso agosto a Shaoxing, città natale di Lu Xun (1881-1936), uno dei principali intellettuali della Cina moderna. Un murale raffigurante il famoso scrittore che fuma, situato presso il memoriale a lui dedicato, è stato al centro di un acceso dibattito dopo la denuncia di un visitatore, preoccupato per l’influenza negativa che l’immagine avrebbe potuto avere sui giovani. L’uomo, un certo Sun, non ha esitato a presentare un reclamo tramite la piattaforma governativa della provincia di Zhejiang, ritenendo che l’opera rischiava di rendere il fumo un’abitudine affascinante per gli adolescenti.

 

L’opinione pubblica si è quindi divisa tra i sostenitori di Sun, convinti che gli spazi pubblici dovrebbero evitare immagini che tendono a normalizzare il fumo, e i suoi oppositori, secondo cui rimuovere o apportare modifiche all’iconico ritratto avrebbe causato solo uno spreco di risorse pubbliche. Per questi ultimi, inoltre, agire in tal senso avrebbe significato compiere una distorsione storica, dal momento che all’epoca di Lu Xun il fumo non era considerato un vizio, né era condannato come un pericolo per la salute pubblica. Alla fine ha prevalso il secondo fronte: le autorità culturali locali hanno deciso di preservare il murale, in quanto ritenuto parte dell’immagine storica di Lu Xun.

 

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Cina

La Cina impone controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare

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Il ministero del Commercio cinese, ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali. Lo riporta il quotidiano del Partito Comunista Cinese in lingua inglese Global Times.   Questi controlli riguardano «l’estrazione, la fusione e la separazione delle terre rare, la produzione di materiali magnetici e il riciclaggio delle risorse secondarie delle terre rare». Le aziende potranno richiedere esenzioni per casi specifici. In assenza di esenzioni, il ministero della Repubblica Popolare obbligherà gli esportatori a ottenere licenze per prodotti a duplice uso non inclusi in queste categorie, qualora sappiano che i loro prodotti saranno utilizzati in attività connesse alle categorie elencate.   Il precedente tentativo del presidente statunitense Donald Trump di avviare una guerra tariffaria con la Cina si è rivelato un fallimento, principalmente a causa del dominio preponderante della Cina nell’estrazione e nella lavorazione dei minerali delle terre rare. Delle 390.000 tonnellate di ossidi di terre rare estratti nel 2024, la Cina ne ha prodotte circa 270.000, rispetto alle 45.000 tonnellate degli Stati Uniti, e detiene circa l’85% della capacità di raffinazione globale.

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La decisione odierna della Cina avrà certamente un impatto a Washington, soprattutto in vista dell’incontro tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping previsto per fine mese. Oggi si è registrata una corsa all’acquisto delle azioni di MP Materials, il principale concorrente statunitense della Cina nella produzione di terre rare.   All’inizio dell’anno, il dipartimento della Difesa statunitense aveva investito in MP Materials, dopo che Trump aveva evidenziato il divario tra Stati Uniti e Cina. Tuttavia, tale investimento è stato considerato insufficiente e tardivo.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.   Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.   Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.  

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Cina

Trump: gli USA imporranno dazi del 100% alla Cina

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Il presidente Donald Trump ha dichiarato che, a partire dal 1° novembre 2025, gli Stati Uniti applicheranno dazi del 100% sui prodotti cinesi, in reazione a quelle che ha definito restrizioni commerciali «straordinariamente aggressive» introdotte da Pechino.

 

Giovedì, la Cina ha reso noti nuovi controlli sulle esportazioni di minerali strategici con applicazioni militari, giustificando la misura come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale e adempiere agli obblighi internazionali, inclusi quelli legati alla non proliferazione.

 

In un messaggio pubblicato venerdì su Truth Social, Trump ha accusato la Cina di aver assunto «una posizione estremamente ostile in materia di commercio», annunciando l’intenzione di imporre «controlli su larga scala sulle esportazioni di quasi tutti i prodotti che producono, inclusi alcuni non realizzati da loro», secondo una comunicazione inviata a livello globale. Tali misure, ha sottolineato il presidente, avrebbero impatto su tutti i paesi «senza eccezioni».

 

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«In risposta a questa posizione senza precedenti della Cina, gli Stati Uniti imporranno un dazio del 100% sui prodotti cinesi, in aggiunta a qualsiasi tariffa attualmente in vigore», ha scritto Trump, specificando che, dalla stessa data, saranno introdotti controlli sulle esportazioni di «qualsiasi software critico».

 

Ad agosto, Stati Uniti e Cina avevano concordato una tregua tariffaria di 90 giorni, che ha ridotto i dazi americani sui prodotti cinesi dal 145% al 30% e quelli cinesi sui prodotti americani dal 125% al 10%. Questa tregua scadrà a novembre. Trump ha definito la mossa di Pechino «assolutamente inaudita nel commercio internazionale» e «una vergogna morale nei rapporti con altre nazioni», precisando di parlare esclusivamente a nome degli Stati Uniti, non di altre nazioni similmente minacciate.

 

L’annuncio ha provocato un forte impatto sui mercati globali, con un crollo delle borse statunitensi nella giornata di venerdì. Come visibile nella finance card sopra, l’indice S&P 500 ha registrato un calo del 2,7%, segnando la peggiore perdita giornaliera da aprile, mentre il Dow Jones Industrial Average è sceso di circa 900 punti, pari all’1,9%.

 

Il NASDAQ, fortemente legato al settore tecnologico, ha subito un ribasso del 3,6%, con gli investitori che hanno venduto titoli ad alta crescita, particolarmente vulnerabili alle interruzioni nelle catene di approvvigionamento cinesi.

 

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